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mercoledì 21 maggio 2008

ROMANO IL MELODE: LA FEDE È GIOIA E PERCIÒ CREA BELLEZZA


CITTA' DEL VATICANO, 21 MAG. 2008 (VIS). Il Santo Padre Benedetto XVI ha dedicato la catechesi dell'Udienza Generale di oggi, a Romano il Melode "teologo, poeta e compositore" siriano del VI secolo e diacono permanente in un Monastero presso la Chiesa della "Theotokos", alla periferia di Costantinopoli.

  A causa delle avverse condizioni meteorologiche, l'Udienza Generale di oggi si è svolta in due momenti distinti: alle ore 10:30, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre ha incontrato alcuni gruppi di fedeli; successivamente, nell'Aula Paolo VI, ha tenuto la catechesi e salutato i diversi gruppi di pellegrini provenienti dall'Italia e da ogni parte del mondo.

  Romano il Melode, ha spiegato il Papa, "appartiene alla grande schiera dei teologi che hanno trasformato la teologia in poesia", come "Sant'Efrem di Siria (...) Sant'Ambrogio (...), San Tommaso d'Aquino (...), San Giovanni della Croce. (...) La fede è amore e perciò crea poesia e crea musica. La fede è gioia, perciò crea bellezza".

 "Romano resta nella storia come uno dei più rappresentativi autori di inni liturgici - ha proseguito il Pontefice - "L'omelia era allora, per i fedeli, l'occasione praticamente unica di istruzione catechetica. Romano si pone così come testimone eminente del sentimento religioso della sua epoca, ma anche di un modo vivace e originale di catechesi (...) Attraverso le sue composizioni possiamo renderci conto della creatività di questa forma di catechesi, della creatività del pensiero teologico, dell'estetica e dell'innografia sacra di quel tempo".

  Nelle sue omelie cantate dette "kontakia" Romano "adotta non il greco bizantino,  solenne della corte, ma un greco semplice, vicino al linguaggio del popolo. (...) La forza di convinzione delle sue predicazioni era fondata sulla grande coerenza tra le sue parole e la sua vita".

  Benedetto XVI ha citato successivamente alcuni dei temi fondamentali della predicazione del teologo poeta: "L'unità dell'azione di Dio nella storia, la unità tra creazione e storia della salvezza, l'unità tra Antico e Nuovo Testamento".

  "Un altro tema importante è la pneumatologia, cioè la dottrina sullo Spirito Santo. Nella festa di Pentecoste sottolinea la continuità che vi è tra Cristo asceso al cielo e gli apostoli, cioè la Chiesa, e ne esalta l'azione missionaria nel mondo. (...) Altro tema centrale è naturalmente la cristologia. Egli non entra nel problema dei concetti difficili della teologia, tanto discussi in quel tempo, e che hanno anche tanto lacerato l'unità non solo tra i teologi ma anche tra i cristiani nella Chiesa. Egli predica una cristologia semplice ma fondamentale, la cristologia dei grandi Concili. Ma soprattutto è vicino alla pietà popolare - del resto, i concetti dei concili sono nati dalla pietà popolare e dalla conoscenza del cuore cristiano - e così Romano sottolinea che Cristo è vero uomo e vero Dio, ed essendo vero Uomo-Dio è una sola persona, la sintesi tra creazione e Creatore".

  "Gli insegnamenti morali infine" - ha proseguito il Pontefice - "si rapportano al giudizio finale. Egli ci conduce verso questo momento della verità della nostra vita, del confronto col Giudice giusto, e perciò esorta alla conversione nella penitenza e nel digiuno. In positivo, il cristiano deve praticare la carità, l'elemosina. Egli accentua il primato della carità sulla continenza in due inni (...). La carità è la più grande delle virtù".

  "Umanità palpitante, ardore di fede, profonda umiltà pervadono i canti di Romano il Melode" - ha rilevato il Pontefice - "Questo grande poeta e compositore ci ricorda tutto il tesoro della cultura cristiana, nata dalla fede, nata dal cuore che si è incontrato con Cristo, con il Figlio di Dio. Da questo contatto del cuore con la Verità che è Amore, nasce la cultura, è nata tutta la grande cultura cristiana".

  "E se la fede rimane viva, anche questa eredità culturale non diventa una cosa morta, ma rimane viva e presente. Le icone parlano anche oggi al cuore dei credenti, non sono cose del passato. Le cattedrali non sono monumenti medievali, ma case di vita, dove ci sentiamo 'a casa': incontriamo Dio e ci incontriamo gli uni con gli altri. Neanche la grande musica - il gregoriano, o Bach o Mozart - è cosa  del passato, ma vive della vitalità della liturgia e della nostra fede. Se la fede è viva, la cultura cristiana non diventa 'passato', ma rimane viva e presente".

  "E se le fede è viva," - ha ribadito Benedetto XVI - "anche oggi possiamo rispondere all'imperativo che si ripete sempre di nuovo nei Salmi: 'Cantate al Signore un canto nuovo'. Creatività, innovazione, canto nuovo, cultura nuova e presenza di tutta l'eredità culturale nella vitalità della fede non si escludono, ma sono un'unica realtà; sono presenza della bellezza di Dio, della gioia di essere figli suoi".
AG/ROMANO IL MELODE/...                           VIS 20080521 (640)


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