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domenica 1 maggio 2011

VEGLIA IN PREPARAZIONE BEATIFICAZIONE GIOVANNI PAOLO II

CITTA' DEL VATICANO, 30 APR. 2011 (VIS). Più di 200.000 persone hanno assistito alla Veglia di preparazione della Beatificazione di Giovanni Paolo II che ha avuto inizio al Circo Massimo a Roma, alle 20:00, con un video sul Grande Giubileo dell’Anno 2000 ed il canto “Jesus Christ you are my life”, interpretato dal Coro della Diocesi di Roma e dall’Orchestra del Conservatorio di “Santa Cecilia”, diretto da Monsignor Marco Frisina.

Trenta giovani delle parrocchie e cappellanie diocesane hanno collocato alcune candele sulla riproduzione dell’immagine di Maria “Salus Populi Romani”, Patrona della Città di Roma. Successivamente un breve video ha rievocato gli ultimi mesi del Pontificato di Giovanni Paolo II, segnati dalla sofferenza.

Dopo l’interpretazione del canto polacco “Oh, Madre di Misericordia”, è intervenuto il Dottor Joaquín Navarro-Valls, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede dal 1984 al 2006.

“Quando durante i funerali di Giovanni Paolo II ho visto gli striscioni con la scritta ‘Santo subito’ ho pensato: Peccato, arrivano in ritardo!’: perché i Santi o lo sono in vita o non lo saranno mai. E Giovanni Paolo II lo è stato” - ha detto l’ex Direttore della Sala Stampa della Santa Sede. - “Per un credente, la preghiera spesso è un obbligo. Oppure il risultato di una convinzione fondata. Per lui era una necessità, non poteva vivere senza pregare. Vederlo pregare era vedere una persona che sta conversando con Dio. (...) Nutriva la sua preghiera con i bisogni degli altri. (...) Gli arrivavano migliaia di messaggi da tutto il mondo (...). L’ho visto in ginocchio per ore nella sua cappella con in mano i bigliettini che contenevano la richiesta di preghiere: ne prendeva uno, ne posava un altro (...), tutte le sofferenze umane erano il tema della sua conversazione con Dio. Penso che per se stesso non rimanesse alcuno spazio nella sua preghiera. Penso che lui non avesse delle ‘cose sue’. (...) Ho imparato molto da lui nel rispetto della persona umana, dove lui vedeva l’immagine di Dio e sta al centro del suo Pontificato il conservare il carattere trascendente della persona, che c’è un grande rischio che venga trattata come cosa, come oggetto. E questo rispetto è una cosa che, vissuta accanto a lui, non ti puoi scordare mai (...). Grazie Giovanni Paolo II per quel capolavoro che, con l’aiuto di Dio, hai fatto della tua vita!”.
“Il mio Giovanni Paolo II”, un video realizzato dalla Pastorale Universitaria ha introdotto la testimonianza di Marie Simon-Pierre, la suora francese la cui guarigione miracolosa ha contribuito alla Beatificazione di Giovanni Paolo II.

“Soffrivo del morbo di Parkinson dal 2001” – ha detto Suor Marie – “I segni clinici della malattia si sono aggravati nelle settimane successive alla morte di Giovanni Paolo II. Nel pomeriggio del 2 giugno, ho chiesto alla Superiora Suor Marie Thomas di trovare un’altra suora che si assumesse la responsabilità del servizio delle Maternità Cattoliche, essendo io priva di forze, sfinita. (...) La Madre Superiora mi ha ascoltato con attenzione (...) ricordandomi che tutte le Comunità pregavano per invocare la mia guarigione per intercessione di Giovanni Paolo II. (...) Tutta la Congregazione aveva cominciato, senza interruzioni, una novena per chiedere la mia guarigione sperando che un miracolo contribuisse alla causa di beatificazione di questo Papa che era stato tanto importante per il nostro Istituto. (...) Sono guarita nella notte dal 2 al 3 giugno 2005. Nella notte mi sono alzata con un balzo e sono scesa all’oratorio della Casa della Comunità per pregare davanti al Santissimo Sacramento. Una grande pace mi aveva invaso, una sensazione di benessere. (...) Ho raggiunto la Comunità nella Cappella per il tempo di preghiera seguito dalle Lodi e dall’Eucaristia. Dovevo percorrere circa 50 metri. Mi accorsi allora, mentre camminavo, che il mio braccio sinistro che era come morto a causa della malattia, ricominciava a muoversi. (...) Sono 6 anni che non assumo più farmaci. Dalla mia guarigione ho ritrovato un ritmo normale. Ciò che il Signore mi ha donato di vivere per l’intercessione di Giovanni Paolo II è un grande mistero difficile da spiegare a parole, talmente grande, talmente forte... (...) Da quando ho accettato che tutta la Congregazione pregasse per l’intercessione di Papa Giovanni Paolo II per la mia guarigione, ho sempre detto che sarei andata fino in fondo, se la nostra preghiera fosse stata esaudita. Si, fino in fondo perché Giovanni Paolo II sia riconosciuto Beato e un giorno Santo, fino in fondo per la Chiesa, fino in fondo perché il mondo creda, fino in fondo perché la vita sia rispettata e tutti coloro che operano al servizio della vita siano incoraggiati”.

Ha fatto seguito l’intervento del Cardinale Stanislaw Dziwisz: “Il Papa che appena sei anni fa avevamo affidato al grembo della terra, oggi ci è ridonato ‘beato’ in Cielo” – ha detto il Cardinale Arcivescovo di Cracovia – “E così possiamo anche ufficialmente, comunitariamente invocarlo, invocarne l’intercessione, lodare Dio attraverso di lui. (...) Se oggi è proclamato beato, è perché santo era già in vita, lo era anche per noi che gli eravamo familiari. (...) La maggior parte del tempo che si trascorreva in sua compagnia, passava in silenzio, perché questo era l’atteggiamento che egli preferiva. Stare con Giovanni Paolo II voleva dire amare il suo silenzio. Essergli collaboratore, fargli da segretario, significava anzitutto garantirgli il suo spazio vitale, il suo muoversi autonomo, proteggere il suo raggio di libertà, che includeva primariamente spazio e tempi per Dio. (...) Giovanni Paolo II era un innamorato di Dio. (...) In Dio sapeva immergersi ovunque, in ogni condizione: anche quando studiava o si trovava in mezzo alla gente, lo faceva con la massima naturalezza. (...) La sua disciplina mentale non lo abbandonò mai: fino alla fine proteso allo scopo, alla meta. Come un patriarca biblico ci preparò al distacco, portandoci egli per mano, concentrato in quello che faceva. Moriva come un lottatore esausto e insieme lucido: Eccomi, morte, mi avrai ma per un istante soltanto. Vado a Casa mia, da mio Padre e da mia Madre, vado là dove ho sempre desiderato arrivare. Là dov’è la vita e si è davvero, per sempre, beati”.

La testimonianza del Cardinale Dziwisz ha concluso la prima parte della Veglia di preghiera conclusasi con l’inno “Totus tuus” composto nel 50° anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Giovanni Paolo II (1996).

La seconda parte ha avuto inizio con l’intonazione del canto di Giovanni Paolo II “Aprite le porte a Cristo”, seguito dall’intervento del Cardinale Agostino Vallini, Vicario del Santo Padre per la Diocesi di Roma.

“A sei anni dalla pia morte del grande Papa” – ha detto il Porporato – “è particolarmente viva nella Chiesa e nel mondo la memoria di Lui, per 27 anni Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale. Per l’amato Pontefice sentiamo venerazione, affetto, ammirazione e profonda gratitudine. Della sua vita raccogliamo anzitutto la testimonianza di fede: una fede convinta e forte, libera da paure e compromessi, coerente fino all’ultimo respiro, forgiata dalle prove, dalla fatica e dalla malattia, il cui influsso benefico si è diffuso in tutta la Chiesa, anzi in tutto il mondo; una testimonianza accolta dappertutto, nei suoi Viaggi apostolici, da milioni di uomini e donne di ogni razza e cultura. (...) Testimone dell’epoca tragica delle grandi ideologie, dei regimi totalitari e del loro tramonto, Giovanni Paolo II ha colto con anticipo il forte travaglio, segnato da tensioni e contraddizioni, della transizione dell’epoca moderna verso una nuova fase della storia, mostrando costante premura perché la persona umana ne fosse protagonista. (...) Con lo sguardo fissato in Cristo, Redentore dell’Uomo, ha creduto nell’uomo e gli ha mostrato apertura, fiducia, vicinanza. Ha amato l’uomo e lo ha spinto a sviluppare in se stesso il potenziale della fede per vivere da persona libera e cooperare nella realizzazione di una umanità più giusta e solidale, come operatore di pace e costruttore di speranza. (...) In questo suo straordinario slancio di amore per l’umanità, ha amato, di amore premuroso e tenero, tutti i ‘feriti dalla vita’ – come egli chiamava i poveri, i malati, i senza nome, gli esclusi a priori – ma di amore singolarissimo ha amato i giovani. Le convocazioni delle Giornate Mondiali della Gioventù avevano per lui lo scopo di rendere i giovani protagonisti del loro futuro, diventando costruttori della storia (...). Il ricordo dell’amato Pontefice, profeta di speranza, non deve significare per noi un ritorno al passato, ma facendo tesoro della sua eredità umana e spirituale, sia una spinta a guardare avanti”.

È seguita la recita dei Misteri della Luce del Santo Rosario, in collegamento diretto con cinque santuari mariani, preceduti da video dei messaggi e omelie di Giovanni Paolo II legate alle intenzioni di preghiera: nel Santuario di Lagiewniki, a Cracovia (Polonia), l’intenzione sono stati i giovani; nel Santuario di Kawekamo-Bugnado (Tanzania), la famiglia; nel Santuario di Nostra Signora del Libano – Harissa (Libano), l’evangelizzazione; nella Basilica di Santa María de Guadalupe, di Città del Messico, la speranza e la pace delle nazioni; nel Santuario di Fatima (Portogallo), la Chiesa.

Infine Benedetto XVI in collegamento dal Vaticano ha recitato una preghiera alla Vergine: “Aiutaci a rendere sempre ragione” – ha detto il Papa – “della speranza che è in noi, confidando nella bontà dell’uomo creato da Dio a sua immagine e nell’amore del Padre. Insegnaci a rinnovare il mondo dal di dentro; nella profondità del silenzio e dell’orazione, nella gioia dell’amore fraterno, nella fecondità insostituibile della Croce”. Al termine di questa invocazione il Santo Padre ha benedetto i partecipanti alla veglia di preghiera.
VEGLIA/ VIS 20110501 (1580)

RITO DI BEATIFICAZIONE

CITTA' DEL VATICANO, 1 MAG. 2011 (VIS). Al termine dell’atto penitenziale della Messa di Beatificazione, si è avvicinato alla sede del Santo Padre il Cardinale Agostino Vallini, Vicario Generale del Papa per la Diocesi di Roma, con il Postulatore, ed ha domandato che si procedesse alla Beatificazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II.

Beatissime Pater,
Vicarius Generalis Sanctitatis Vestrae
pro Romana Dioecesi,
humillime a Sanctitate Vestra petit
ut Venerabilem Servum Dei
Ioannem Paulum II, papam,
numero Beatorum adscribere
benignissime digneris.

Successivamente il Cardinale Vallini ha dato lettura di una breve biografia del pontefice polacco:

Karol Józef Wojtyla nacque a Wadowice (in Polonia), il 18 maggio 1920, da Karol ed Emilia Kaczorowska. Ricevette il battesimo il 20 giugno successivo nella chiesa parrocchiale di Wadowice.

Secondo di due figli, ben presto la gioia e la serenità della sua fanciullezza vennero scosse dalla prematura scomparsa della madre, deceduta quando Karol aveva nove anni (1929). Tre anni più tardi (1932) morì anche il fratello maggiore Edmund, e nel 1941 – all’età di 21 anni – Karol perdette anche il padre.

Educato nella più sana tradizione patriottica e religiosa, imparò dal padre, uomo profondamente cristiano, la pietà e l’amore per il prossimo. che alimentava con assidua preghiera e la pratica dei sacramenti .

I tratti della sua spiritualità, ai quali rimase fedele fino alla morte, furono la devozione sincera allo Spirito Santo e l’amore alla Madonna. La sua relazione con la Madre di Dio era particolarmente profonda e viva, vissuta con la tenerezza di un figlio che si abbandona tra le braccia della madre e con la virilità di un cavaliere, sempre pronto al comando della sua Signora: “Fate tutto ciò che il Figlio vi dirà!” Il totale affidamento a Maria, che da vescovo avrebbe espresso con il motto “Totus tuus”, rivelava anche il segreto di guardare il mondo con gli occhi della Madre di Dio.

La ricca personalità del giovane Karol maturò dall’intreccio delle sue doti intellettuali, morali e spirituali con le vicende del suo tempo, che segnarono la storia della sua patria e dell’Europa.

Negli anni del ginnasio nacque in lui la passione per il teatro e la poesia, che curò attraverso l’attività del gruppo teatrale della Facoltà di filologia dell’Università Jaghellonica, alla quale si iscrisse nell’anno accademico 1938.

Durante il periodo dell’occupazione nazista della Polonia, insieme allo studio portato avanti clandestinamente, lavorò per quattro anni (ottobre 1940-agosto 1944) come operaio negli stabilimenti Solvay, vivendo dal di dentro i problemi sociali del mondo del lavoro e raccogliendo un patrimonio prezioso di esperienze di cui si avvalse nel futuro magistero sociale, prima come arcivescovo di Cracovia e poi come Sommo Pontefice.

In quegli anni maturò in lui il desiderio del sacerdozio, verso il quale si incamminò frequentando, fin dall’ottobre del 1942, i corsi clandestini di teologia presso il Seminario di Cracovia. Nel discernimento della vocazione sacerdotale fu aiutato molto da un laico, il signor Jan Tyranowski, un vero apostolo della gioventù. Fin da allora il giovane Karol ebbe la chiara percezione della vocazione universale di tutti i cristiani alla santità e del ruolo insostituibile dei laici nella missione della Chiesa.

Fu ordinato sacerdote il 1 novembre 1946 e il giorno dopo, nella suggestiva atmosfera della cripta di San Leonardo della cattedrale del Wawel, celebrò la prima Messa.

Inviato a Roma per completare la formazione teologica, fu alunno della Facoltà di Teologia dell’Angelicum, dove attinse con impegno alle sorgenti della sana dottrina e visse il primo incontro con la vivacità e la ricchezza della Chiesa Universale, nella situazione di privilegio che gli offriva la vita fuori dalla “cortina di ferro”. Ad allora risale l’incontro di don Karol con San Pio da Pietrelcina.

Laureatosi con il massimo di voti nel giugno 1948, ritornò a Cracovia per cominciare l’attività pastorale, come vicario parrocchiale. Nel ministero si spese con entusiasmo e generosità. Ottenuta l’abilitazione alla docenza, intraprese l’insegnamento universitario, nella Facoltà di Teologia dell’Università Jaghellonica, e dopo la soppressione di questa, in quella del Seminario diocesano di Cracovia e dell’Università Cattolica di Lublino.

Gli anni trascorsi con i giovani studenti gli permisero di conoscere a fondo l’inquietudine dei loro cuori e il giovane sacerdote fu per loro non solo insegnante, ma guida spirituale ed amico.

All’età di 38 anni fu nominato Vescovo ausiliare di Cracovia. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958, dalle mani dell’Arcivescovo Eugeniusz Baziak, a cui succedette come Arcivescovo nel 1964. Fu creato cardinale da Papa Paolo VI il 26 giugno 1967.

Pastore della diocesi di Cracovia fu subito apprezzato come uomo di fede robusta e coraggiosa, vicino alla gente e ai problemi reali delle persone.

Interlocutore capace di ascolto e di dialogo, senza mai cedere al compromesso, affermò nei confronti di tutti il primato di Dio e di Cristo, quale fondamento di un vero umanesimo e sorgente dei diritti inalienabili della persona umana. Amato dai suoi diocesani, stimato dai confratelli vescovi, fu temuto da coloro che vedevano in lui un avversario.

Il 16 ottobre 1978 fu eletto Vescovo di Roma e Romano Pontefice e prese il nome di Giovanni Paolo II. Il suo cuore di pastore, totalmente donato alla causa del Regno di Dio, si allargò al mondo intero. La “carità di Cristo” lo portò a visitare le parrocchie di Roma, ad annunciare il Vangelo in tutti gli ambienti e fu la forza motrice degli innumerevoli viaggi apostolici nei diversi continenti, intrapresi per confermare nella fede i fratelli in Cristo, confortare gli afflitti e gli scoraggiati, portare il messaggio di riconciliazione tra le Chiese cristiane, costruire ponti di amicizia tra i credenti nell’Unico Dio e gli uomini di buona volontà.

Il suo luminoso magistero non ebbe altro scopo che proclamare sempre e ovunque Cristo, Unico Salvatore dell’uomo.

Nel suo straordinario slancio missionario ha amato di amore singolarissimo i giovani. Le convocazioni delle Giornate mondiali della Gioventù avevano per lui lo scopo di annunciare alle nuove generazioni Gesù Cristo e il suo vangelo per renderli protagonisti del loro futuro e di cooperare alla costruzione di un mondo migliore.

La sua sollecitudine di Pastore universale si è manifestata nella convocazione di numerose assemblee del Sinodo dei Vescovi, nell’erezione di diocesi e circoscrizioni ecclesiastiche, nella promulgazione dei Codici di diritto canonico latino e delle Chiese orientali e del Catechismo della Chiesa Cattolica, nella pubblicazione di lettere encicliche ed esortazioni apostoliche. Per favorire nel Popolo di Dio momenti di più intensa vita spirituale, indisse il Giubileo straordinario della Redenzione, l’Anno Mariano, l’Anno dell’Eucaristia e il Grande Giubileo dell’anno 2000.

L’ottimismo travolgente, fondato nella fiducia nella Provvidenza divina, spinse Giovanni Paolo II, che aveva vissuto l’esperienza tragica di due dittature, aveva subito un attentato il 13 maggio 1981 e negli ultimi anni era stato provato fisicamente dal progredire della malattia, a guardare sempre ad orizzonti di speranza, invitando gli uomini ad abbattere i muri delle divisioni, a spazzare via la rassegnazione per spiccare il volo verso mete di rinnovamento spirituale, morale e materiale.

Ha concluso la sua lunga e feconda giornata terrena, nel Palazzo Apostolico Vaticano, sabato 2 aprile dell’anno 2005, vigilia della Domenica in Albis, da lui intitolata alla Divina Misericordia. I solenni funerali sono stati celebrati in questa Piazza San Pietro l’8 aprile 2005.

Testimonianza toccante del bene da lui compiuto è stata la partecipazione di numerose delegazioni provenienti dal mondo intero e di milioni di uomini e donne, credenti e non credenti, che hanno riconosciuto in lui un segno evidente dell’amore di Dio per l’umanità.

Benedetto XVI ha dato lettura della formula di beatificazione. Al termine è stato svelato il ritratto del nuovo Beato ed è stato cantato l’Inno al Beato in latino, poi le reliquie di Giovanni Paolo II sono state collocate sull’altare per la venerazione di tutti i fedeli.

Il Cardinale Vallini ha infine ringraziato il Papa con queste parole:

Beatissime Pater,
Vicarius Sanctitatis Vestrae
pro Romana Dioecesi,
gratias ex animo Sanctitati Vestrae agit
quod titulum Beati
hodie
Venerabili Servo Dei
Ioanni Paulo II, papae,
conferre dignatus es.
.../ VIS 20110501 (1320)

BENEDETTO XVI PROCLAMA BEATO GIOVANNI PAOLO II

CITTA' DEL VATICANO, 1 MAG. 2011 (VIS). Alle 10:00 di questa mattina, II Domenica di Pasqua e della Divina Misericordia, Benedetto XVI ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nel corso della quale ha proclamato Beato il Servo di Dio Giovanni Paolo II, Papa (1920-2005), la cui festa si celebrerà, a partire da ora, il 22 ottobre.

Alla cerimonia hanno assistito 87 delegazioni di diversi paesi, fra le quali cinque Case Reali, 16 Capi di Stato – fra cui il Presidente della Polonia e il Presidente della Repubblica Italiana – e 7 Primi Ministri.

Centinaia di migliaia di persone venute da tutto il mondo gremivano Piazza San Pietro e le strade adiacenti. Era possibile seguire la cerimonia da vari schermi giganti installati al Circo Massimo e in altre piazze della città.

Di seguito riportiamo il testo dell’omelia del Papa:

“Cari fratelli e sorelle!

“Sei anni or sono ci trovavamo in questa Piazza per celebrare i funerali del Papa Giovanni Paolo II. Profondo era il dolore per la perdita, ma più grande ancora era il senso di una immensa grazia che avvolgeva Roma e il mondo intero: la grazia che era come il frutto dell’intera vita del mio amato Predecessore, e specialmente della sua testimonianza nella sofferenza. Già in quel giorno noi sentivamo aleggiare il profumo della sua santità, e il Popolo di Dio ha manifestato in molti modi la sua venerazione per Lui. Per questo ho voluto che, nel doveroso rispetto della normativa della Chiesa, la sua causa di beatificazione potesse procedere con discreta celerità. Ed ecco che il giorno atteso è arrivato; è arrivato presto, perché così è piaciuto al Signore: Giovanni Paolo II è beato!”.

“Desidero rivolgere il mio cordiale saluto a tutti voi che, per questa felice circostanza, siete convenuti così numerosi a Roma da ogni parte del mondo, Signori Cardinali, Patriarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, Confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Delegazioni Ufficiali, Ambasciatori e Autorità, persone consacrate e fedeli laici, e lo estendo a quanti sono uniti a noi mediante la radio e la televisione”.

“Questa Domenica è la Seconda di Pasqua, che il beato Giovanni Paolo II ha intitolato alla Divina Misericordia. Perciò è stata scelta questa data per l’odierna Celebrazione, perché, per un disegno provvidenziale, il mio Predecessore rese lo spirito a Dio proprio la sera della vigilia di questa ricorrenza. Oggi, inoltre, è il primo giorno del mese di maggio, il mese di Maria; ed è anche la memoria di san Giuseppe lavoratore. Questi elementi concorrono ad arricchire la nostra preghiera, aiutano noi che siamo ancora pellegrini nel tempo e nello spazio; mentre in Cielo, ben diversa è la festa tra gli Angeli e i Santi! Eppure, uno solo è Dio, e uno è Cristo Signore, che come un ponte congiunge la terra e il Cielo, e noi in questo momento ci sentiamo più che mai vicini, quasi partecipi della Liturgia celeste”.

“’Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!’ (Gv 20,29). Nel Vangelo di oggi Gesù pronuncia questa beatitudine: la beatitudine della fede. Essa ci colpisce in modo particolare, perché siamo riuniti proprio per celebrare una Beatificazione, e ancora di più perché oggi è stato proclamato Beato un Papa, un Successore di Pietro, chiamato a confermare i fratelli nella fede. Giovanni Paolo II è beato per la sua fede, forte e generosa, apostolica. E subito ricordiamo quell’altra beatitudine: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt 16,17). Che cosa ha rivelato il Padre celeste a Simone? Che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Per questa fede Simone diventa “Pietro”, la roccia su cui Gesù può edificare la sua Chiesa. La beatitudine eterna di Giovanni Paolo II, che oggi la Chiesa ha la gioia di proclamare, sta tutta dentro queste parole di Cristo: “Beato sei tu, Simone” e “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”. La beatitudine della fede, che anche Giovanni Paolo II ha ricevuto in dono da Dio Padre, per l’edificazione della Chiesa di Cristo”.

“Ma il nostro pensiero va ad un’altra beatitudine, che nel Vangelo precede tutte le altre. È quella della Vergine Maria, la Madre del Redentore. A Lei, che ha appena concepito Gesù nel suo grembo, santa Elisabetta dice: ‘Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto’ (Lc 1,45). La beatitudine della fede ha il suo modello in Maria, e tutti siamo lieti che la beatificazione di Giovanni Paolo II avvenga nel primo giorno del mese mariano, sotto lo sguardo materno di Colei che, con la sua fede, sostenne la fede degli Apostoli, e continuamente sostiene la fede dei loro successori, specialmente di quelli che sono chiamati a sedere sulla cattedra di Pietro. Maria non compare nei racconti della risurrezione di Cristo, ma la sua presenza è come nascosta ovunque: lei è la Madre, a cui Gesù ha affidato ciascuno dei discepoli e l’intera comunità. In particolare, notiamo che la presenza effettiva e materna di Maria viene registrata da san Giovanni e da san Luca nei contesti che precedono quelli del Vangelo odierno e della prima Lettura: nel racconto della morte di Gesù, dove Maria compare ai piedi della croce (cfr Gv 19,25); e all’inizio degli Atti degli Apostoli, che la presentano in mezzo ai discepoli riuniti in preghiera nel cenacolo (cfr At 1,14)”.

“Anche la seconda Lettura odierna ci parla della fede, ed è proprio san Pietro che scrive, pieno di entusiasmo spirituale, indicando ai neo-battezzati le ragioni della loro speranza e della loro gioia. Mi piace osservare che in questo passo, all’inizio della sua Prima Lettera, Pietro non si esprime in modo esortativo, ma indicativo; scrive, infatti: ‘Siete ricolmi di gioia’ – e aggiunge: ‘Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede: la salvezza delle anime’ (1Pt 1,6.8-9). Tutto è all’indicativo, perché c’è una nuova realtà, generata dalla risurrezione di Cristo, una realtà accessibile alla fede. ‘Questo è stato fatto dal Signore - dice il Salmo (118,23) - una meraviglia ai nostri occhi’, gli occhi della fede”.

“Cari fratelli e sorelle, oggi risplende ai nostri occhi, nella piena luce spirituale del Cristo risorto, la figura amata e venerata di Giovanni Paolo II. Oggi il suo nome si aggiunge alla schiera di Santi e Beati che egli ha proclamato durante i quasi 27 anni di pontificato, ricordando con forza la vocazione universale alla misura alta della vita cristiana, alla santità, come afferma la Costituzione conciliare Lumen gentium sulla Chiesa. Tutti i membri del Popolo di Dio – Vescovi, sacerdoti, diaconi, fedeli laici, religiosi, religiose – siamo in cammino verso la patria celeste, dove ci ha preceduto la Vergine Maria, associata in modo singolare e perfetto al mistero di Cristo e della Chiesa. Karol Wojtyla, prima come Vescovo Ausiliare e poi come Arcivescovo di Cracovia, ha partecipato al Concilio Vaticano II e sapeva bene che dedicare a Maria l’ultimo capitolo del Documento sulla Chiesa significava porre la Madre del Redentore quale immagine e modello di santità per ogni cristiano e per la Chiesa intera. Questa visione teologica è quella che il beato Giovanni Paolo II ha scoperto da giovane e ha poi conservato e approfondito per tutta la vita. Una visione che si riassume nell’icona biblica di Cristo sulla croce con accanto Maria, sua madre. Un’icona che si trova nel Vangelo di Giovanni (1925-27) ed è riassunta nello stemma episcopale e poi papale di Karol Wojtyla: una croce d’oro, una ‘emme’ in basso a destra, e il motto ‘Totus tuus’, che corrisponde alla celebre espressione di san Luigi Maria Grignion de Montfort, nella quale Karol Wojtyla ha trovato un principio fondamentale per la sua vita: ‘Totus tutus ego sum et omnia mea tua sunt. Accipio Te in mea omnia. Praebe mihi cor tuum, Maria – Sono tutto tuo e tutto ciò che è mio è tuo. Ti prendo per ogni mio bene. Dammi il tuo cuore, o Maria’ (Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, n. 266). Nel suo Testamento il nuovo Beato scrisse: ‘Quando nel giorno 16 ottobre 1978 il conclave dei cardinali scelse Giovanni Paolo II, il Primate della Polonia Cardinale Stefan Wyszynski mi disse: ‘Il compito del nuovo papa sarà di introdurre la Chiesa nel Terzo Millennio’. E aggiungeva: ‘Desidero ancora una volta esprimere gratitudine allo Spirito Santo per il grande dono del Concilio Vaticano II, al quale insieme con l’intera Chiesa – e soprattutto con l’intero episcopato – mi sento debitore. Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito. Come vescovo che ha partecipato all’evento conciliare dal primo all’ultimo giorno, desidero affidare questo grande patrimonio a tutti coloro che sono e saranno in futuro chiamati a realizzarlo. Per parte mia ringrazio l’eterno Pastore che mi ha permesso di servire questa grandissima causa nel corso di tutti gli anni del mio pontificato’. E qual è questa ‘causa’? E’ la stessa che Giovanni Paolo II ha enunciato nella sua prima Messa solenne in Piazza San Pietro, con le memorabili parole: ‘Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!’. Quello che il neo-eletto Papa chiedeva a tutti, egli stesso lo ha fatto per primo: ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi politici ed economici, invertendo con la forza di un gigante – forza che gli veniva da Dio – una tendenza che poteva sembrare irreversibile. Con la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana, questo esemplare figlio della Nazione polacca ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia di libertà. Ancora più in sintesi: ci ha ridato la forza di credere in Cristo, perché Cristo è Redemptor hominis, Redentore dell’uomo: il tema della sua prima Enciclica e il filo conduttore di tutte le altre.
“Karol Wojtyla salì al soglio di Pietro portando con sé la sua profonda riflessione sul confronto tra il marxismo e il cristianesimo, incentrato sull’uomo. Il suo messaggio è stato questo: l’uomo è la via della Chiesa, e Cristo è la via dell’uomo. Con questo messaggio, che è la grande eredità del Concilio Vaticano II e del suo ‘timoniere’ il Servo di Dio Papa Paolo VI, Giovanni Paolo II ha guidato il Popolo di Dio a varcare la soglia del Terzo Millennio, che proprio grazie a Cristo egli ha potuto chiamare ‘soglia della speranza’. Sì, attraverso il lungo cammino di preparazione al Grande Giubileo, egli ha dato al Cristianesimo un rinnovato orientamento al futuro, il futuro di Dio, trascendente rispetto alla storia, ma che pure incide sulla storia. Quella carica di speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso, egli l’ha legittimamente rivendicata al Cristianesimo, restituendole la fisionomia autentica della speranza, da vivere nella storia con uno spirito di ‘avvento’, in un’esistenza personale e comunitaria orientata a Cristo, pienezza dell’uomo e compimento delle sue attese di giustizia e di pace”.

“Vorrei infine rendere grazie a Dio anche per la personale esperienza che mi ha concesso, di collaborare a lungo con il beato Papa Giovanni Paolo II. Già prima avevo avuto modo di conoscerlo e di stimarlo, ma dal 1982, quando mi chiamò a Roma come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, per 23 anni ho potuto stargli vicino e venerare sempre più la sua persona. Il mio servizio è stato sostenuto dalla sua profondità spirituale, dalla ricchezza delle sue intuizioni. L’esempio della sua preghiera mi ha sempre colpito ed edificato: egli si immergeva nell’incontro con Dio, pur in mezzo alle molteplici incombenze del suo ministero. E poi la sua testimonianza nella sofferenza: il Signore lo ha spogliato pian piano di tutto, ma egli è rimasto sempre una ‘roccia’, come Cristo lo ha voluto. La sua profonda umiltà, radicata nell’intima unione con Cristo, gli ha permesso di continuare a guidare la Chiesa e a dare al mondo un messaggio ancora più eloquente proprio nel tempo in cui le forze fisiche gli venivano meno. Così egli ha realizzato in modo straordinario la vocazione di ogni sacerdote e vescovo: diventare un tutt’uno con quel Gesù, che quotidianamente riceve e offre nell’Eucaristia”.

“Beato te, amato Papa Giovanni Paolo II, perché hai creduto! Continua – ti preghiamo – a sostenere dal Cielo la fede del Popolo di Dio. Tante volte ci hai benedetto da questo medesima Piazza. Santo Padre benedici noi nuovamente da questa finestra. Amen”.
AC/ VIS 20110501 (2100)

SALUTI AI PARTECIPANTI ALLA BEATIFICAZIONE

CITTA' DEL VATICANO, 1 MAG. 2011 (VIS). Al termine della Messa di Beatificazione e prima della recita del Regina Coeli, il Santo Padre ha salutato i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro e nelle strade adiacenti.

Esprimendosi in francese, Benedetto XVI ha detto: “Cari amici, che la vita e l’opera del Beato Giovanni Paolo II sia fonte di un impegno rinnovato al servizio di tutti gli uomini e di ogni uomo! Gli chiedo di benedire l’impegno di ognuno per costruire una civiltà dell’amore, nel rispetto della dignità di ogni persona umana, creata ad immagine di Dio, con una attenzione particolare ai più fragili”.

Rivolgendosi successivamente ai pellegrini di lingua inglese, Benedetto XVI ha detto: “Possa il suo esempio di solida fede in Cristo, Redentore dell’uomo, ispirarci a vivere pienamente la nuova vita che celebriamo a Pasqua, ad essere icone della divina misericordia ed ad operare per un mondo nel quale la dignità e i diritti di ogni uomo, donna e bambino siano rispettati e promossi”.

“Vi invito” – ha detto il Papa ai pellegrini di lingua spagnola – “a seguire l’esempio di fedeltà e amore a Cristo e alla Chiesa, che ci ha lasciato come preziosa eredità. Che dal cielo vi accompagni sempre la sua intercessione perché la fede dei vostri popoli si conservi nella solidità delle sue radici e la pace e la concordia promuovano il progresso necessario delle vostre popolazioni”.

Nel salutare le autorità polacche il Papa ha auspicato che il Beato connazionale “ottenga per voi e per la sua Patria terrena il dono della pace, dell’unità e di ogni prosperità”.

Benedetto XVI ha infine ringraziato le autorità italiane per la collaborazione nell’organizzazione di questa giornata ed ha detto. “Rivolgo il mio più affettuoso saluto a tutti i pellegrini – raccolti qui in Piazza San Pietro, nelle strade adiacenti e in diversi altri luoghi di Roma – e a quanti sono uniti a noi mediante la radio e la televisione, i cui dirigenti e operatori non si sono risparmiati per offrire anche ai lontani la possibilità di partecipare a questo grande giorno. Ai malati e agli anziani, verso i quali il nuovo Beato si sentiva particolarmente vicino, giunga uno speciale saluto”.

Al termine della Celebrazione Eucaristica il Santo Padre, accompagnato dai cardinali concelebranti, si è diretto all’interno della Basilica Vaticana per la venerazione del nuovo Beato, seguito dalle autorità presenti, dai Vescovi e dai fedeli.
ANG/ VIS 20110501 (410)
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