Inizio - VIS Vaticano - Ricevere VIS - Contattaci - Calendario VIS

Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

ultime 5 notizie

VISnews anche in Twitter Anche in YouTube

sabato 13 settembre 2008

"FUGGITE IL CULTO DEGLI IDOLI, NON SMETTETE DI FARE IL BENE!".


CITTA' DEL VATICANO, 13 SET. 2008 (VIS). Alle 10:00 di questa mattina, alla "Esplanade des Invalides", imponente complesso monumentale formato dallo "Hôtel des Invalides", dal Museo dell'Esercito e dalla Chiesa di Saint-Louis des Invalides e dall'annessa "Église du Dôme, che accoglie dal 1840 le ceneri di Napoleone, il Santo Padre ha celebrato la Santa Messa.

  "La prima Lettera di San Paolo, indirizzata ai Corinzi" - ha detto il Papa nell'omelia, davanti a più di 200.000 persone - "ci fa scoprire, in quest'anno paolino, aperto il 28 giugno scorso, quanto i consigli dati dall'Apostolo restino attuali. 'Fuggite l'idolatria' (1 Cor 10, 14), scrive ad una comunità molto segnata dal paganesimo e divisa tra l'adesione alla novità del Vangelo e l'osservanza delle antiche pratiche ereditate dagli avi".

  "A parte il popolo d'Israele che aveva ricevuto la rivelazione del Dio unico"  - ha spiegato il Pontefice - "il mondo antico era asservito al culto degli idoli. Molto presenti a Corinto, gli errori del paganesimo dovevano essere denunciati, perché costituivano una potente alienazione e distoglievano l'uomo dal suo vero destino. Essi gli impedivano di riconoscere che Cristo è il solo Salvatore, il solo che indica all'uomo la strada verso Dio".

  "Questo invito a fuggire gli idoli resta valido anche oggi. (...) La parola 'idolo' deriva dal greco e significa 'immagine', "figura", "rappresentazione", ma anche "spettro", "fantasma", "vana apparenza". L'idolo è un inganno, perché distoglie dalla realtà chi lo serve per confinarlo nel regno dell'apparenza".

  "Ora, non è questa una tentazione propria della nostra epoca" - ha sottolineato il Pontefice - "che è la sola sulla quale noi possiamo agire efficacemente? Tentazione d'idolatrare un passato che non esiste più, dimenticandone le carenze;  tentazione d'idolatrare un futuro che non esiste ancora, credendo che l'uomo, con le sole sue forze, possa realizzare la felicità eterna sulla terra! (...) Il denaro, la sete dell'avere, del potere e persino del sapere non hanno forse distolto l'uomo dal suo Fine vero?".

  "Questa condanna radicale dell'idolatria" - ha affermato ancora il Papa citando San Giovanni Crisostomo di cui oggi si celebra la memoria liturgica - "non è in alcun caso una condanna della persona dell'idolatra. Mai, nei nostri giudizi, dobbiamo confondere il peccato, che è inaccettabile, e il peccatore del quale non possiamo giudicare lo stato di coscienza e che, in ogni caso, è sempre suscettibile di conversione e di perdono".

  "Mai Dio domanda all'uomo di fare sacrificio della sua ragione!" - ha esclamato il Pontefice - "Mai la ragione entra in contraddizione reale con la fede! L'unico Dio - Padre, Figlio e Spirito Santo - ha creato la nostra ragione e ci dona la fede, proponendo alla nostra libertà di riceverla come un dono prezioso. È il culto degli idoli che distoglie l'uomo da questa prospettiva, e la ragione stessa può forgiarsi degli idoli".

  "Domandiamo, dunque, a Dio che ci vede e ci ascolta di aiutarci a purificarci da tutti gli idoli, per accedere alla verità del nostro essere, per accedere alla verità del suo Essere infinito!".

  "San Paolo ci domanda di fare uso non solamente della nostra ragione, ma soprattutto della nostra fede per scoprirlo. Ora, che cosa ci dice la fede? Il pane che noi spezziamo è comunione al Corpo di Cristo; il calice di ringraziamento che noi benediciamo è comunione al Sangue di Cristo".

  "Milioni di volte da venti secoli, nella più umile delle cappelle come nella più grandiosa delle basiliche o delle cattedrali, il Signore risorto si è donato al suo popolo, divenendo così, secondo la formula di sant'Agostino, "più intimo a noi che noi medesimi" (cfr Confess.  III, 6.11)".

  "Fratelli e sorelle, circondiamo della più grande venerazione il sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, il Santissimo Sacramento della presenza reale del Signore alla sua Chiesa e all'intera umanità".

  "La Messa è il sacrificio d'azione di grazie per eccellenza, quello che ci permette d'unire la nostra azione di grazie a quella del Salvatore, il Figlio eterno del Padre. (...) La Messa ci invita a discernere ciò che, in noi, obbedisce allo Spirito di Dio e ciò che, in noi, resta in ascolto dello spirito del male".

  "Alzare il calice della salvezza ed invocare il nome del Signore non è forse precisamente il mezzo migliore di 'fuggire gli idoli', come ci chiede san Paolo? Ogni volta che una Messa è celebrata, ogni volta che il Cristo si rende sacramentalmente presente nella sua Chiesa, è l'opera della nostra salvezza che si compie (...). Lui solo ci insegna a fuggire gli idoli, miraggi del pensiero".

  "Ora, cari fratelli e sorelle, chi può elevare il calice della salvezza ed invocare il nome del Signore per conto dell'intero popolo di Dio, se non il sacerdote ordinato per questo scopo dal Vescovo? (...) Permettetemi di lanciare un appello pieno di fiducia nella fede e nella generosità dei giovani, che si pongono la domanda sulla vocazione religiosa o sacerdotale: Non abbiate paura! Non abbiate paura di donare la vostra vita a Cristo! Niente rimpiazzerà mai il ministero dei sacerdoti nella vita della Chiesa".

  "La speranza resterà sempre la più forte! La Chiesa, costruita sulla roccia di Cristo, possiede le promesse della vita eterna non perché i suoi membri siano più santi degli altri uomini, ma perché Cristo ha fatto questa promessa a Pietro: 'Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa'(Mt 16, 18)".

  "In questa speranza indefettibile nella presenza eterna di Dio in ciascuna delle nostre anime, in questa gioia di sapere che Cristo è con noi fino alla fine dei tempi, in questa forza che lo Spirito Santo dona a tutti gli uomini e a tutte le donne che accettano di lasciarsi afferrare da Lui" - ha concluso il Pontefice - "io vi affido, (...) all'azione potente e misericordiosa del Dio d'amore che è morto per noi sulla Croce e risorto vittoriosamente al mattino di Pasqua. A tutti gli uomini di buona volontà che mi ascoltano, io ridico con san Paolo: Fuggite il culto degli idoli, non smettete di fare il bene!".

  Al termine della Celebrazione Eucaristica il Santo Padre si è diretto alla Nunziatura Apostolica per il pranzo con i Vescovi della "Île de France".
PV-FRANCIA/OMELIA/INVALIDES:PARIS                 VIS 20080913 (1030)


VISITA DI BENEDETTO XVI ALL' "INSTITUT DE FRANCE"


CITTA' DEL VATICANO, 13 SET. 2008 (VIS). Alle 9:00 di questa mattina, il Santo Padre ha raggiunto lo "Institut de France", istituzione fondata nel 1795, comprendente cinque Accademie: la "Académie Française"; la "Académie des inscriptions et belles lettres"; la Académie des sciences; la "Académie des beaux-arts e la "Académie des sciences morales set politiques".

  La prestigiosa istituzione riunisce eminenti rappresentanti di tutti gli ambiti dello scibile umano. Nel 1992, l'allora Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, successe come Membro Associato dell'Accademia, al Premio Nobel per la pace russo Andreï Sakharov, deceduto nel 1989.

  Al suo arrivo Papa Benedetto XVI è stato accolto dal Cancelliere dello "Institut de France", Signor Gabriel de Broglie e dal Segretario Perpetuo della "Académie Française, Signora Hélène Carrère d'Encausse, ed è stato introdotto nella Sala della "Coupole" dove erano riuniti i componenti della cinque Accademie. Dopo lo svelamento di un'iscrizione commemorativa della Visita Papale, Bendetto XVI ha pronunciato alcune parole.

  "È per me un grande onore" - ha affermato il Papa - "essere ricevuto stamane sotto la Cupola. Vi ringrazio per le espressioni piene di gentilezza con cui mi avete accolto e  per la medaglia che avete voluto offrirmi. Non potevo venire a Parigi senza salutarvi personalmente. È un piacere per me profittare di questa felice occasione per sottolineare i vincoli profondi che mi legano alla cultura francese, per la quale provo una grande ammirazione".

  "Rabelais, al tempo suo, affermava molto giustamente: 'Scienza senza coscienza non è che rovina dell'anima!' (Pantagruel, 8). E' stato senza dubbio per contribuire ad evitare il rischio di una simile dicotomia che, alla fine di gennaio, per la prima volta in tre secoli e mezzo, due Accademie dell'Istituto, due Accademie Pontificie e l'Institut Catholique di Parigi hanno organizzato un Colloquio inter-accademico su l'identità mutevole dell'individuo. Il Colloquio ha illustrato l'interesse che presentano larghe ricerche pluridisciplinari. Questa iniziativa potrebbe proseguire al fine di esplorare insieme gli innumerevoli sentieri delle scienze umane e sperimentali".

  Al termine dell'incontro, il Papa si è diretto in autovettura panoramica alla "Esplanade des Invalides" per la Celebrazione dell'Eucaristia.
PV-FRANCIA/INSTITUT DE FRANCE/PARIS                   VIS 20080913 (350)


IL PAPA AI GIOVANI: "LA CHIESA CONTA SU DI VOI"


CITTA' DEL VATICANO, 12 SET. 2008 (VIS). Al termine dei Vespri, il Papa ha salutato i giovani che hanno partecipato alla Veglia di Preghiera in preparazione alla Celebrazione Eucaristica in programma domani alla "Esplanade des Invalides".

  Benedetto XVI ha ricordato che la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata a Sydney "ha fatto riscoprire a molti giovani l'importanza dello Spirito Santo nella vita del cristiano. Lo Spirito ci mette intimamente in rapporto con Dio, presso il quale si trova la sorgente d'ogni ricchezza umana autentica".

  "Tutti voi cercate di amare e di essere amati!" - ha esclamato il Pontefice - "È verso Dio che voi dovete volgervi per imparare ad amare e per avere la forza di amare".

  "Vi incoraggio" - ha detto ancora il Papa - "a meditare la grandezza del Sacramento della Confermazione (...) che vi introduce in una vita di fede adulta. È urgente comprendere sempre meglio questo sacramento per verificare la qualità e la profondità della vostra fede e per rafforzarla. Lo Spirito Santo vi fa avvicinare al Mistero di Dio e vi fa comprendere chi è Dio. Egli vi invita a vedere nel vostro prossimo il fratello che Dio vi ha donato per vivere in comunione con lui, umanamente e spiritualmente, per vivere nella Chiesa dunque. Nel rivelarvi chi è il Cristo morto e risuscitato per noi, Egli vi spinge a testimoniare".

  "È urgente parlare di Cristo attorno a voi, alle vostre famiglie e ai vostri amici, nei vostri luoghi di studio, di lavoro o di divertimento. Non abbiate paura! Abbiate 'il coraggio di vivere il Vangelo e l'audacia di proclamarlo'. (...) Portate la Buona Novella ai giovani della vostra età e anche agli altri. Essi conoscono le turbolenze degli affetti, la preoccupazione e l'incertezza di fronte al lavoro ed agli studi. Affrontano sofferenze e fanno l'esperienza di gioie uniche. Rendete testimonianza di Dio, perché, in quanto giovani, voi fate pienamente parte della comunità cattolica in virtù del vostro battesimo e in ragione della comune professione di fede (cfr. Ef  4, 5). La Chiesa conta su di voi, ci tengo a dirvelo!".

  "In questo anno dedicato a san Paolo" - ha proseguito il Pontefice - "vorrei affidarvi un secondo tesoro, che era al centro della vita di questo Apostolo affascinante: si tratta del mistero della Croce".

  "Molti di voi" - ha detto il Papa - "portano al collo una catena con una croce. Anch'io ne porto una, come tutti i Vescovi del resto. Non è un ornamento, né un gioiello. È il simbolo prezioso della nostra fede, il segno visibile e materiale del legame con Cristo".

  "Per i cristiani la Croce è simbolo della sapienza di Dio e del suo amore infinito rivelatosi nel dono salvifico di Cristo morto e risorto per la vita del mondo, per la vita di ciascuno e di ciascuna di voi in particolare".

  "Possa questa scoperta sconvolgente invitarvi a rispettare e a venerare la Croce! Essa è non soltanto il segno della vostra vita in Dio e della vostra salvezza, ma è anche - voi lo comprendete - la testimone muta dei dolori degli uomini e, allo stesso tempo l'espressione unica e preziosa di tutte le loro speranze".

  "Cari giovani, io so che venerare la Croce attira a volte la derisione e anche la persecuzione. La Croce mette in questione in qualche modo la sicurezza umana, ma rende sicura, anche e soprattutto, la grazia di Dio e conferma la nostra salvezza. Questa sera, io vi affido la Croce di Cristo. (...) Paolo aveva capito la parola di Gesù - apparentemente paradossale - secondo cui solo donando ("perdendo") la propria vita la si può trovare (cfr Mc 8,35; Gv 12,24) e ne aveva concluso che la Croce esprime la legge fondamentale dell'amore, la formula perfetta della vera vita".

   Prendendo congedo dai giovani, il Papa si è trasferito alla Nunziatura Apostolica e, dopo cena, si è affacciato al balcone per un breve saluto ai fedeli radunati davanti all'edificio che ospita il Papa nel suo soggiorno parigino.

  "La vostra accoglienza così calorosa commuove il Papa!" - ha detto Benedetto XVI - "Grazie di aver voluto attendermi qui malgrado l'ora tarda e in modo così entusiastico e incoraggiante!". 

  "Sono felice di unirmi domani alla folla dei pellegrini di Lourdes per celebrare il Giubileo delle Apparizioni della Vergine. I cattolici in Francia hanno più che mai bisogno di rinnovare la loro fiducia in Maria, riconoscendo in Lei il modello del loro impegno a servizio del Vangelo. (...) Conto su di voi e sulle vostre preghiere, perché questo viaggio porti frutti. Che la Vergine Maria vi protegga!".
PV-FRANCIA/GIOVANI/PARIGI                                           VIS 20080913 (770)


VESPRI CON SACERDOTI, RELIGIOSI, SEMINARISTI E DIACONI


CITTA' DEL VATICANO, 12 SET. 2008 (VIS). Questa sera alle 19:15, nella Cattedrale di Notre-Dame, il Papa ha presieduto la Celebrazione dei Vespri con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i diaconi. Alla Celebrazione hanno assistito anche alcuni rappresentanti di altre Chiese e Confessioni cristiane.

  Commentando nell'omelia il Salmo 126,1, "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori", il Papa ha affermato:  "Chi altri è questo Signore, se non il Signore nostro Gesù Cristo? È Lui che ha fondato la Chiesa, che l'ha costruita sulla roccia, sulla fede dell'apostolo Pietro. (...) Agostino si pone la domanda su quali siano questi lavoratori; e lui stesso si dà la risposta: 'Coloro che nella Chiesa predicano la Parola di Dio, tutti i ministri dei divini Sacramenti. Tutti corriamo, tutti lavoriamo, tutti edifichiamo'; ma è Dio soltanto che, in noi, 'edifica, che esorta e incute timore, che apre l'intelletto e volge alla fede il vostro sentire'".

  "Quale meraviglia" - ha esclamato il Pontefice - "riveste la nostra azione al servizio della Parola divina! Siamo gli strumenti dello Spirito; Dio ha l'umiltà di passare attraverso di noi per diffondere la sua Parola. Diveniamo la sua voce, dopo aver teso l'orecchio verso la sua bocca. Poniamo la sua Parola sulle nostre labbra per darla al mondo. L'offerta della nostra preghiera è da Lui gradita e serve a Lui per comunicarsi a quanti incontriamo".

  "Le nostre liturgie della terra" - ha sottolineato il Pontefice - "interamente volte a celebrare questo atto unico della storia, non giungeranno mai ad esprimerne totalmente l'infinita densità. La bellezza dei riti non sarà certamente mai abbastanza ricercata, abbastanza curata, abbastanza elaborata, poiché nulla è troppo bello per Dio, che è la Bellezza infinita. Le nostre liturgie terrene non potranno essere che un pallido riflesso della liturgia, che si celebra nella Gerusalemme del cielo, punto d'arrivo del nostro pellegrinaggio sulla terra. Possano tuttavia le nostre celebrazioni avvicinarsi ad essa il più possibile e farla pregustare!"

  "Sin d'ora" - ha proseguito il Pontefice - "la Parola di Dio ci è donata per essere l'anima del nostro apostolato, l'anima della nostra vita di sacerdoti. (...) Lungo l'intero arco della giornata, la Parola di Dio diviene materia della preghiera di tutta la Chiesa, la quale vuol così testimoniare la propria fedeltà a Cristo".

  Il Santo Padre ha esortato i sacerdoti con queste parole: "Non abbiate paura di consacrare una parte considerevole del vostro tempo alla lettura, alla meditazione della Scrittura e alla preghiera dell'Ufficio Divino! Quasi a vostra insaputa la Parola letta e meditata nella Chiesa agisce in voi e vi trasforma".

  Rivolgendosi poi ai seminaristi, Benedetto XVI ha detto: "Voi siete destinati a diventare depositari di questa Parola efficace, che compie ciò che dice. Trattenete sempre in voi il gusto della Parola di Dio! Imparate, grazie ad essa, ad amare tutti coloro che si troveranno lungo la vostra strada. Nessuno è di troppo nella Chiesa, nessuno! Tutti possono e devono trovarvi il proprio posto".

  "E voi, cari diaconi" - ha detto ancora il Papa, (...) senza cercare di prendere il posto dei sacerdoti, ma aiutandoli con amicizia ed efficienza, sappiate essere testimoni vivi della infinita potenza della Parola divina!"

  Ai religiosi, alle religiose e a tutte le persone consacrate il Papa ha ricordato che: "La vostra unica ricchezza - la sola, a dire il vero, che supererà i secoli e il velo della morte - è proprio la Parola del Signore. (...) La vostra obbedienza è, etimologicamente, un ascolto, dato che la parola 'obbedire' viene dal latino ob-audire, che significa tendere l'orecchio verso qualcosa o qualcuno. Obbedendo, voi volgete l'anima verso Colui che è la Via, la Verità e la Vita (cfr Gv 14,6). (...) La purezza della Parola di Dio è il modello della vostra stessa castità;  ne garantisce la fecondità spirituale".

  Infine il Santo Padre ha rivolto parole di saluto ai rappresentanti delle Chiese cristiane e delle Comunità ecclesiali "venuti a pregare fraternamente i Vespri con noi in questa cattedrale".

  "La potenza della Parola di Dio è tale che possiamo tutti essere affidati ad essa (...) È il senso di questa unità della Parola di Dio, segno, pegno e garanzia dell'unità della Chiesa, che chiedo ardentemente al Signore" - ha concluso il Pontefice - "di far crescere in noi: non vi è amore nella Chiesa senza amore alla Parola, non vi è Chiesa senza unità attorno a Cristo Redentore, non vi sono frutti di redenzione senza amore a Dio e al prossimo, secondo i due comandamenti che riassumono tutta la Sacra Scrittura!".
PV-FRANCIA/VESPRI/PARIGI                           VIS 20080913 (760)


RICERCA DI DIO E RADICI CULTURA EUROPEA


CITTA' DEL VATICANO, 12 SET. 2008 (VIS). Questa pomeriggio alle 17:30, il Santo Padre Benedetto XVI è stato accolto dagli esponenti del mondo della cultura presso il "College des Bernardins".

  L'istituzione fondata nel 1247 da Etienne de Lexington, abate cistercense di Clairvaux, diventa un centro di formazione teologica per i monaci cistercensi. Confiscato durante la Rivoluzione, l'edificio fu venduto e dopo diverse peripezie nel corso dei secoli, fu infine acquistato dall'Arcidiocesi di Parigi. Dopo lavori di restauro durati cinque anni, l'edificio, autentico gioiello dell'architettura medioevale è stato riaperto al pubblico il 4 settembre scorso ed ospita  di eventi artistici, incontri e dibattiti.

  Il Papa ha dedicato il suo discorso alle origini della teologia occidentale ed alle radici della cultura europea.

  "Nel grande sconvolgimento culturale prodotto dalla migrazione di popoli e dai nuovi ordini statali che stavano formandosi" - ha detto Benedetto XVI - "i monasteri erano i luoghi in cui sopravvivevano i tesori della vecchia cultura e dove, in riferimento ad essi, veniva formata passo passo una nuova cultura".

  "Innanzitutto e per prima cosa si deve dire, con molto realismo, che non era loro intenzione di creare una cultura e nemmeno di conservare una cultura del passato" - ha spiegato il Pontefice - "Il loro obiettivo era: 'quaerere Deum', cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre (...). Dietro le cose provvisorie cercavano il definitivo".

  "Quaerere Deum: poiché erano cristiani, questa non era una spedizione in un deserto senza strade, una ricerca verso il buio assoluto. Dio stesso aveva piantato delle segnalazioni di percorso, anzi, aveva spianato una via, e il compito consisteva nel trovarla e seguirla. (...) La ricerca di Dio richiede quindi per intrinseca esigenza una cultura della parola (...): nel monachesimo occidentale, escatologia e grammatica sono interiormente connesse l'una con l'altra (...). Proprio a causa della ricerca di Dio, diventano importanti le scienze profane che ci indicano le vie verso la lingua".

  "Poiché la ricerca di Dio esigeva la cultura della parola, fa parte del monastero la biblioteca che indica la via verso la parola. Per lo stesso motivo ne fa parte anche la scuola, nella quale le vie vengono aperte concretamente. (...) La Parola che apre la via della ricerca di Dio ed è essa stessa questa via, é una Parola che riguarda la comunità. (...) La Parola non conduce a una via solo individuale di un'immersione mistica, ma introduce nella comunione con quanti camminano nella fede".

  "Come nella scuola rabbinica, così anche tra i monaci il leggere stesso compiuto dal singolo è al contempo un atto corporeo" - ha proseguito il Pontefice - "La Parola di Dio introduce noi stessi nel colloquio con Dio" e "Specialmente nel 'Libro dei Salmi' Egli ci dà le parole con cui possiamo rivolgerci a Lui, portare la nostra vita con i suoi alti e bassi nel colloquio davanti a Lui, trasformando così la vita stessa in un movimento verso di Lui".

  Citando l'importanza della musica nella vita monastica, Benedetto XVI ha ricordato una meditazione di San Bernardo di Clairvaux che "qualifica la confusione di un canto mal eseguito come un precipitare nella 'zona della dissimilitudine' - nella regio dissimilitudinis. Agostino aveva preso questa parola dalla filosofia platonica per caratterizzare il suo stato interiore prima della conversione (cfr Confess. VII, 10.16): l'uomo, che è creato a somiglianza di Dio, precipita in conseguenza del suo abbandono di Dio nella 'zona della dissimilitudine' - in una lontananza da Dio nella quale non Lo rispecchia più e così diventa dissimile non solo da Dio, ma anche da se stesso, dal vero essere uomo".

  San Bernardo ritiene che "La cultura del canto è anche cultura dell'essere e che i monaci con il loro pregare e cantare devono corrispondere alla grandezza della Parola loro affidata, alla sua esigenza di vera bellezza".

  "Per capire in qualche modo la cultura della parola, che nel monachesimo occidentale si è sviluppata dalla ricerca di Dio" occorre vedere "le Scritture" che "nel loro insieme vengono poi considerate come l'unica Parola di Dio rivolta a noi. Ma già questo plurale rende evidente che qui la Parola di Dio ci raggiunge soltanto attraverso la parola umana, attraverso le parole umane, che cioè Dio parla a noi solo attraverso gli uomini, mediante le loro parole e la loro storia".

  "La Scrittura" - ha detto ancora il Papa - "ha bisogno dell'interpretazione, e ha bisogno della comunità in cui si è formata e in cui viene vissuta. In essa ha la sua unità e in essa si dischiude il senso che tiene unito il tutto. (...) Il cristianesimo percepisce nelle parole la Parola, il Logos stesso, che estende il suo mistero attraverso tale molteplicità. Questa struttura particolare della Bibbia è una sfida sempre nuova per ogni generazione. Secondo la sua natura essa esclude tutto ciò che oggi viene chiamato fondamentalismo".

  "La Parola di Dio stesso, infatti, non è mai presente già nella semplice letteralità del testo. Per raggiungerla occorre un trascendimento e un processo di comprensione, che si lascia guidare dal movimento interiore dell'insieme e perciò deve diventare anche un processo di vita. Sempre e solo nell'unità dinamica dell'insieme i molti libri formano 'un' Libro, si rivelano nella parola e nella storia umane la Parola di Dio e l'agire di Dio nel mondo".

  "Il trascendimento della lettera e la sua comprensione unicamente a partire dall'insieme" è stato espresso da Paolo - ha ricordato il Pontefice - "in modo drastico nella frase: 'La lettera uccide, lo Spirito dà vita' (2 Cor 3,6). (...) Lo Spirito liberatore non è semplicemente (...), la visione personale di chi interpreta. Lo Spirito è Cristo, e Cristo (...) che ci indica la strada. Con la parola sullo Spirito e sulla libertà si schiude un vasto orizzonte, ma allo stesso tempo si pone un chiaro limite all'arbitrio e alla soggettività, (...) che obbliga in maniera inequivocabile il singolo come la comunità e crea un legame superiore a quello della lettera: il legame dell'intelletto e dell'amore".

  "Questa tensione tra legame e libertà, che va ben oltre il problema letterario dell'interpretazione della Scrittura, (...) ha profondamente plasmato la cultura occidentale. Essa si pone nuovamente anche alla nostra generazione come sfida di fronte ai poli dell'arbitrio soggettivo, da una parte, e del fanatismo fondamentalista, dall'altra. Sarebbe fatale, se la cultura europea di oggi potesse comprendere la libertà ormai solo come la mancanza totale di legami e con ciò favorisse inevitabilmente il fanatismo e l'arbitrio".

    Il Santo Padre ha voluto soffermasi non soltanto sul "ora" ma anche sulla seconda componente della monachesimo, il "labora" ed ha affermato che il: "Dio cristiano (...), l'Uno, il vero e unico Dio, è anche il Creatore. Dio lavora; continua a lavorare nella e sulla storia degli uomini. In Cristo Egli entra come Persona nel lavoro faticoso della storia. (...) Così il lavorare degli uomini doveva apparire come un'espressione particolare della loro somiglianza con Dio e l'uomo, in questo modo, ha facoltà e può partecipare all'operare di Dio nella creazione del mondo. Del monachesimo fa parte, (...), una cultura del lavoro, senza la quale lo sviluppo dell'Europa, il suo 'ethos' e la sua formazione del mondo sono impensabili".

  "Chi si faceva monaco, s'incamminava su una via lunga e alta, aveva tuttavia già trovato la direzione: la Parola della Bibbia nella quale sentiva parlare Dio stesso. (...) L'universalità di Dio e l'universalità della ragione aperta verso di Lui costituivano per loro la motivazione e insieme il dovere dell'annuncio. Per loro la fede non apparteneva alla consuetudine culturale, che a seconda dei popoli è diversa, ma all'ambito della verità che riguarda ugualmente tutti".

Lo schema fondamentale dell'annuncio cristiano 'verso l'esterno' - agli uomini che, con le loro domande, sono in ricerca - si trova nel discorso di San Paolo all'Areopago. (...) Egli annuncia Colui che gli uomini ignorano, eppure conoscono: l'Ignoto-Conosciuto; Colui che cercano, di cui, in fondo, hanno conoscenza e che, tuttavia, è l'Ignoto e l'Inconoscibile. Il più profondo del pensiero e del sentimento umani sa in qualche modo che Egli deve esistere. Che all'origine di tutte le cose deve esserci non l'irrazionalità, ma la Ragione creativa; non il cieco caso, ma la libertà".

  "Tuttavia, malgrado che tutti gli uomini in qualche modo sappiano questo - come Paolo sottolinea nella Lettera ai Romani (1, 21) - questo sapere rimane irreale: un Dio soltanto pensato e inventato non è un Dio. Se Egli non si mostra, noi comunque non giungiamo fino a Lui. La cosa nuova dell'annuncio cristiano è la possibilità di dire ora a tutti i popoli: Egli si è mostrato. (...) Ma questo non è un fatto cieco, ma un fatto che, esso stesso, è 'Logos' - presenza della Ragione eterna nella nostra carne".

  "Cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui: questo oggi non è meno necessario che in tempi passati" - ha concluso Papa Benedetto - "Una cultura meramente positivista che rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda circa Dio, sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un tracollo dell'umanesimo, le cui conseguenze non potrebbero essere che gravi. Ciò che ha fondato la cultura dell'Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura".  
   
  Al termine del suo discorso il Papa si è diretto in auto alla Cattedrale di Notre-Dame dove ha presieduto la celebrazione dei Vespri con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e diaconi francesi.
PV-FRANCIA/MONDO CULTURA/PARIGI                         VIS 20080912 (1580)


FORTIFICARE FRATELLANZA CRISTIANI ED EBREI


CITTA' DEL VATICANO, 12 SET. 2008 (VIS). Alle 17:00 di oggi pomeriggio, nella sede della Nunziatura Apostolica di Parigi, il Santo Padre Benedetto XVI,  nel ricevere i Rappresentanti della Comunità Ebraica francese, ha riaffermato che cristiani ed ebrei hanno "una fratellanza da fortificare e da vivere" e che "i legami di fratellanza costituiscono un continuo invito a conoscersi meglio e a rispettarsi".

  "La Chiesa cattolica" - ha proseguito il Pontefice - "ripete con forza, attraverso la mia voce, le parole del grande Papa Pio XI (...): 'Spiritualmente, noi siamo semiti'. La Chiesa perciò si oppone ad ogni forma di antisemitismo, di cui non v'è alcuna giustificazione teologica accettabile. Il teologo Henri de Lubac, in un'ora 'di tenebre', come diceva Pio XII, comprese che essere antisemiti significava anche essere anticristiani. Una volta ancora sento il dovere di rendere un commosso omaggio a coloro che sono morti ingiustamente e a coloro che si sono adoperati perché i nomi delle vittime restassero presenti nel ricordo. Dio non dimentica!".

  Al termine dell'incontro, il Santo Padre ha raggiunto in auto il "Collège des Bernardins" dove erano ad attenderlo 700 rappresentanti del mondo della cultura, rappresentanti dell'U.N.E.S.C.O., dell'Unione Europea ed alcuni membri della Comunità Musulmana francese.
PV-FRANCIA/COMUNITÀ EBRAICA/PARIGI                           VIS 20080912 (210)


Copyright © VIS - Vatican Information Service