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Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

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venerdì 29 novembre 2013

NEL SUO INCONTRO CON I SUPERIORI GENERALI IL PAPA ANNUNCIA CHE IL 2015 SARÀ DEDICATO ALLA VITA CONSACRATA

Città del Vaticano, 29 novembre 2013 (VIS). Dal 27 al 29 novembre si è svolta, presso il Salesianum di Roma la 82ma Assemblea Generale dell’Unione Superiori Generali. Il racconto di tre esperienze è stata la base delle riflessioni e degli incontri centrati sulle sfide poste alla leadership dal magistero e dall’esempio di Papa Francesco. E proprio il Papa ha deciso di incontrare i Superiori per tre ore piene, e non solamente per un breve momento, come era stato chiesto: non vi è stato alcun discorso preparato in anticipo, ma un lungo colloquio fraterno e cordiale fatto di domande e risposte.

Il primo gruppo di domande ha riguardato l’identità e la missione della vita consacrata. La radicalità è richiesta a tutti i cristiani, ha affermato il Pontefice, ma i religiosi sono chiamati a seguire il Signore in maniera speciale: "Sono uomini e donne che possano svegliare il mondo. La vita consacrata è profezia. Dio ci chiede di uscire dal nido che ci contiene ed essere inviati nelle frontiere del mondo, evitando la tentazione di addomesticarle. Questo è il modo più concreto di imitare il Signore".

Interrogato sulla situazione delle vocazioni, il Papa ha sottolineato che ci sono Chiese giovani che stanno dando frutti nuovi. Ciò obbliga naturalmente a ripensare l’inculturazione del carisma. La Chiesa deve chiedere perdono e guardare con molta vergogna gli insuccessi apostolici a causa dei fraintendimenti in questo campo, come nel caso di Matteo Ricci. Il dialogo interculturale deve spingere a introdurre nel governo degli Istituti religiosi persone di varie culture che esprimono modi diversi di vivere il carisma.

Il Papa ha quindi insistito molto sulla formazione che, a suo avviso, si basa su quattro pilastri fondamentali: formazione spirituale, intellettuale, comunitaria e apostolica. È imprescindibile evitare ogni forma di ipocrisia e di clericalismo grazie a un dialogo franco e aperto su ogni aspetto della vita: "la formazione è un’opera artigianale, non poliziesca», ha affermato Papa Francesco: «l’obiettivo è formare religiosi che abbiano un cuore tenero e non acido come l’aceto. Tutti siamo peccatori, ma non corrotti. Si accettino i peccatori, ma non i corrotti".

Interrogato sulla fraternità, il Papa ha detto che essa ha una forza di attrazione enorme. Suppone l’accettazione delle differenze e dei conflitti. A volte è difficile viverla, ma se non la si vive non si è fecondi. In ogni caso "mai dobbiamo agire come gestori davanti al conflitto di un fratello: bisogna accarezzare il conflitto", ha detto il Papa.

Sono state poste quindi alcune domande sulle mutue relazioni tra i religiosi e le Chiese particolari nelle quali essi sono inseriti. Il Papa ha affermato di conoscere per esperienza i problemi possibili: "Noi vescovi dobbiamo capire che le persone consacrate non sono materiale di aiuto, ma sono carismi che arricchiscono le diocesi".

Le ultime domande hanno riguardato le frontiere della missione dei consacrati. "Esse vanno cercate sulla base dei carismi", ha risposto il Papa. Le realtà di esclusione rimangono le priorità più significative. Accanto a queste sfide ha citato quella culturale e quella educativa nelle scuole e nelle università. Per il Papa i pilastri dell’educazione sono: "trasmettere conoscenza, trasmettere modi di fare, trasmettere valori. Attraverso questi si trasmette la fede. L’educatore deve essere all’altezza delle persone che educa, e interrogarsi su come annunciare Gesù Cristo a una generazione che cambia".

Prima di salutare i 120 Superiori Generali presenti, il Papa ha annunciato che il 2015 sarà un anno dedicato alla vita consacrata. Lasciando l’aula ha affermato: "Grazie, per quello che fate e per il vostro spirito di fede e la ricerca del servizio. Grazie per la vostra testimonianza e anche per le umiliazioni per le quali dovete passare".

INTENZIONI DI PREGHIERA DEL SANTO PADRE DICEMBRE 2013

Città del Vaticano, 29 novembre 2013 (VIS). Di seguito riportiamo le intenzioni per il mese di dicembre affidate dal Papa all'apostolato della preghiera:

Generale: "Perché i bambini vittime dell'abbandono e di ogni forma di violenza possano trovare l'amore e la protezione di cui hanno bisogno".

Missionaria: "Perché i cristiani, illuminati dalla luce del Verbo incarnato, preparino l'umanità all'avvento del Salvatore".

ALTRI ATTI PONTIFICI

Città del Vaticano, 29 novembre 2013 (VIS). Il Santo Padre:

- Ha nominato il Vescovo José Luis Gerardo Ponce de León, I.M.C., Vescovo della Diocesi di Manzini (superficie: 17.364; popolazione: 1.118.000; cattolici: 58.000; sacerdoti: 30; religiosi: 76), Swaziland ed Amministratore Apostolico Sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis del Vicariato Apostolico di Ingvavuma”. È stato finora Vicario Apostolico del medesimo Vicariato.

- Ha nominato il Reverendo Aleh Butkevich, Vescovo di Vitebsk (superficie: 40.100; popolazione: 1.446.000; cattolici: 170.000; sacerdoti: 103; religiosi: 114), Bielorussia. Il Vescovo eletto è nato a Braslau (Bielorussia) nel 1972 ed è stato ordinato sacerdote nel 2000. Ha svolto il ministero di viceparroco nelle Parrocchie di Novapolack e Miory, e successivamente è stato parroco a Bieshankovichy e Ula. Dal 2003 è parroco della Parrocchia di Sant’Antonio di Padova a Vitebsk e vicario foraneo per la zona nord.

- Ha nominato il Reverendo Yury Kasabutski, Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Minsk-Mohilev (superficie: 69.800; popolazione: 4.756.000; cattolici: 610.000; sacerdoti: 134; religiosi: 146), Bielorussia. Il Vescovo eletto è nato a Maladechna (Bielorussia) nel 1970 ed è stato ordinato sacerdote nel 1996. Ha svolto il ministero pastorale nelle Parrocchie dell’Assunzione della Beata Vergine Maria e San Stanislao a Mohilev e dell’Esaltazione della Santa Croce a Vilejka. Dal 2001 al 2004 è stato prefetto nel Seminario interdiocesano di Pinsk, dove anche in seguito ha continuato a insegnare. Dal 2004 al 2005 ha diretto il Segretariato della Conferenza dei Vescovi Cattolici della Bielorussia. Dal 2005 è Cancelliere della Curia arcidiocesana di Minsk-Mohilev. Dal 2006 è amministratore parrocchiale della Parrocchia della Santissima Trinità di San Rocco a Zalataja Horka a Minsk.

- Ha nominato il Monsignore Iosif Staneuski, Vescovo Ausiliare della diocesi di Grodno (superficie: 25.000; popolazione: 1.061.288; cattolici: 587.000; sacerdoti: 208; religiosi: 200), Bielorussia. Il Vescovo eletto è nato nel 1969 a Zanievichy (Bielorussia) ed è stato ordinato sacerdote nel 1995. Ha svolto il ministero di viceparroco nella Parrocchia di San Vaclav a Vaukavysk. È stato docente e prefetto nel Seminario Maggiore di Grodno; dal 2000 è stato giudice e, dal 2005, Vicario ausiliario del Tribunale interdiocesano di Prima Istanza; dal 2005 è Rettore del Seminario Maggiore di Grodno. Dal 2007 al 2013 è stato responsabile per la formazione pastorale dei giovani sacerdoti della diocesi di Grodno; dal 2009 è coordinatore della pastorale vocazionale.

giovedì 28 novembre 2013

IL FUTURO DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO STA NELLA CONVIVENZA RISPETTOSA DELLA DIVERSITÀ

Città del Vaticano, 28 novembre 2013 (VIS). "La Chiesa cattolica è consapevole del valore che riveste la promozione dell’amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose. Ne comprendiamo sempre più l’importanza, sia perché il mondo è, in qualche modo, diventato 'più piccolo', sia perché il fenomeno delle migrazioni aumenta i contatti tra persone e comunità di tradizione, cultura, e religione diversa. Questa realtà interpella la nostra coscienza di cristiani, è una sfida per la comprensione della fede e per la vita concreta (...) di moltissimi credenti".

Papa Francesco ha accolto con queste parole i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso - il cui Presidente è il Cardinale Jean-Louis Tauran - sul tema: "Membri di differenti tradizioni religiose nella società". Citando la recente Esortazione Apostolica "Evangelii Gaudium", Papa Francesco ha ribadito che "'un atteggiamento di apertura nella verità e nell’amore deve caratterizzare il dialogo con i credenti delle religioni non cristiane, nonostante i vari ostacoli e le difficoltà, particolarmente i fondamentalismi da ambo le parti".

"In effetti, non mancano nel mondo contesti in cui la convivenza è difficile: spesso motivi politici o economici si sovrappongono alle differenze culturali e religiose, facendo leva anche su incomprensioni e sbagli del passato: tutto ciò rischia di generare diffidenza e paura. C’è una sola strada per vincere questa paura, ed è quella del dialogo, dell’incontro segnato da amicizia e rispetto".

"Dialogare - ha spiegato Papa Francesco - non significa rinunciare alla propria identità quando si va incontro all’altro, e nemmeno cedere a compromessi sulla fede e sulla morale cristiana. Al contrario, 'la vera apertura implica il mantenersi fermi nelle proprie convinzioni più profonde, con un’identità chiara e gioiosa' e per questo aperta a comprendere le ragioni dell’altro (...) convinta che l’incontro con chi è diverso da noi può essere occasione di crescita nella fratellanza, di arricchimento e di testimonianza. È per questo motivo che dialogo interreligioso ed evangelizzazione non si escludono, ma si alimentano reciprocamente. Non imponiamo nulla, non usiamo nessuna strategia subdola per attirare fedeli, bensì testimoniamo con gioia, con semplicità ciò in cui crediamo e quello che siamo. In effetti, un incontro in cui ciascuno mettesse da parte ciò in cui crede, fingesse di rinunciare a ciò che gli è più caro, non sarebbe certamente una relazione autentica. In tale caso si potrebbe parlare di una fraternità finta".

"Il dialogo costruttivo tra le persone di diverse tradizioni religiose serve anche a superare un’altra paura, che riscontriamo purtroppo in aumento nelle società più fortemente secolarizzate: la paura verso le diverse tradizioni religiose e verso la dimensione religiosa in quanto tale. (...) È diffuso il pensiero secondo cui la convivenza sarebbe possibile solo nascondendo la propria appartenenza religiosa, incontrandoci in una sorta di spazio neutro, privo di riferimenti alla trascendenza. Ma anche qui: come sarebbe possibile (...) costruire una società che sia autentica casa comune, imponendo di mettere da parte ciò che ciascuno ritiene essere parte intima del proprio essere? (...). Certo, è necessario che tutto avvenga nel rispetto delle convinzioni altrui, anche di chi non crede, ma dobbiamo avere il coraggio e la pazienza di venirci incontro l’un l’altro per quello che siamo".

"Il futuro - ha concluso il Papa - sta nella convivenza rispettosa delle diversità, non nell’omologazione ad un pensiero unico teoricamente neutrale. Diventa perciò imprescindibile il riconoscimento del diritto fondamentale alla libertà religiosa, in tutte le sue dimensioni. Su questo il Magistero della Chiesa si è espresso negli ultimi decenni con grande impegno. Siamo convinti che per questa via passa l’edificazione della pace del mondo".

IL PAPA NOMINA MONSIGNOR XUEREB SUO DELEGATO IN DUE COMMISSIONI REFERENTI

Città del Vaticano, 28 novembre 2013 (VIS). Il Santo Padre ha nominato il Monsignor Alfred Xuereb, Suo Segretario Particolare, Delegato per la «Pontificia Commissione referente sull'Istituto per le Opere di Religione» e per la «Pontificia Commissione referente di studio e di indirizzo sull'organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede», con l'incarico di vigilare e di tenerLo informato, in collaborazione con la Segreteria di Stato, sulle procedure di lavoro e sulle eventuali iniziative da intraprendere.

Il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, S.I., commentando la notizia ha precisato che si tratta dell'ufficializzazione di un ruolo che Monsignor Xuereb già svolge da tempo.

UDIENZE

Città del Vaticano, 28 novembre 2013 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza:

- L'Arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

- L'Arcivescovo Diego Causero, Nunzio Apostolico in Svizzera e nel Principato di Liechtenstein.

- L'Arcivescovo Luigi Pezzuto, Nunzio Apostolico in Bosnia ed Erzegovina e in Montenegro.

- Frére Alois, Priore di Taizé


mercoledì 27 novembre 2013

CHI PRATICA LA MISERICORDIA NON TEME LA MORTE

Città del Vaticano, 27 novembre 2013 (VIS). Il Papa, portando a termine le catechesi sul "Credo", tenute durante l'Anno della Fede, conclusosi domenica scorsa, ha dedicato la catechesi di questo mercoledì al tema della risurrezione della carne, soffermandosi sull'aspetto del "morire in Cristo", mentre la settimana prossima parlerà del nostro risorgere in Gesù Cristo.

Prima dell'inizio della catechesi, il Papa ha ringraziato i 50.000 fedeli presenti in Piazza San Pietro facendo loro i complimenti perché sono stati "coraggiosi" a partecipare all'Udienza Generale in Piazza nonostante l'ondata di freddo che si è abbattuta in questi giorni sulla capitale. Quindi ha cominciato la catechesi.

"Fra noi comunemente c’è un modo sbagliato di guardare la morte - ha detto il Papa - La morte ci riguarda tutti, e ci interroga in modo profondo, specialmente quando ci tocca da vicino, o quando colpisce i piccoli, gli indifesi in una maniera che ci risulta 'scandalosa'. A me sempre ha colpito la domanda: perché soffrono i bambini?, perché muoiono i bambini? Se viene intesa come la fine di tutto, la morte spaventa, atterrisce, si trasforma in minaccia che infrange ogni sogno, ogni prospettiva, che spezza ogni relazione e interrompe ogni cammino. Questo capita quando consideriamo la nostra vita come un tempo rinchiuso tra due poli: la nascita e la morte; quando non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente; quando si vive come se Dio non esistesse. Questa concezione della morte è tipica del pensiero ateo, che interpreta l’esistenza come un trovarsi casualmente nel mondo e un camminare verso il nulla. Ma esiste anche un ateismo pratico, che è un vivere solo per i propri interessi e vivere solo per le cose terrene. Se ci lasciamo prendere da questa visione sbagliata della morte, non abbiamo altra scelta che quella di occultare la morte, di negarla, o di banalizzarla, perché non ci faccia paura".

"Ma a questa falsa soluzione si ribella il 'cuore' dell’uomo, il desiderio che tutti noi abbiamo di infinito, la nostalgia che tutti noi abbiamo dell’eterno. E allora qual è il senso cristiano della morte? Se guardiamo ai momenti più dolorosi della nostra vita, quando abbiamo perso una persona cara (...) ci accorgiamo che, anche nel dramma della perdita (...) sale dal cuore la convinzione che non può essere tutto finito (...). C’è un istinto potente dentro di noi, che ci dice che la nostra vita non finisce con la morte".

"Questa sete di vita ha trovato la sua risposta reale e affidabile nella risurrezione di Gesù Cristo. La risurrezione di Gesù non dà soltanto la certezza della vita oltre la morte, ma illumina anche il mistero stesso della morte di ciascuno di noi. Se viviamo uniti a Gesù, fedeli a Lui, saremo capaci di affrontare con speranza e serenità anche il passaggio della morte. (...) Questa è la cosa più bella che può accaderci: contemplare faccia a faccia quel volto meraviglioso del Signore, vederlo come Lui è, bello, pieno di luce, pieno di amore, pieno di tenerezza. Noi andiamo fino a questo punto: vedere il Signore".

"In questo orizzonte si comprende l’invito di Gesù ad essere sempre pronti, vigilanti, sapendo che la vita in questo mondo ci è data anche per preparare l’altra vita, quella con il Padre celeste. E per questo c’è una via sicura: prepararsi bene alla morte, stando vicino a Gesù. Questa è la sicurezza: io mi preparo alla morte stando vicino a Gesù. E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei Sacramenti e anche nella pratica della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più deboli e bisognosi. Lui stesso si è identificato con loro, nella famosa parabola del giudizio finale, quando dice: 'Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare …Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me'. Pertanto, una via sicura è recuperare il senso della carità cristiana e della condivisione fraterna, prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo".

"Chi pratica la misericordia non teme la morte - ha concluso il Pontefice - E perché non teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli, e la supera con l’amore di Gesù Cristo".

FEDELI GRECO-CATTOLICI E UCRAINI: IMPEGNARSI OGNI GIORNO PER LA COMUNIONE TRA I FRATELLI

Città del Vaticano, 27 novembre 2013 (VIS). Al termine della catechesi, il Papa ha rivolto parole di saluto ai pellegrini ucraini, guidati dall'Arcivescovo maggiore Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk e ai Vescovi con i fedeli della Chiesa greco-cattolica, venuti alle tombe degli Apostoli per la conclusione dell'Anno della Fede e per il cinquantesimo anniversario della traslazione del corpo di san Giosafat nella Basilica Vaticana. Per questa occasione le letture che precedono la catechesi sono state lette anche in lingua ucraina.

"L'esempio di San Giosafat, che ha donato la propria vita per il Signore Gesù e per l'unità della Chiesa, è per tutti un invito a impegnarsi ogni giorno per la comunione tra i fratelli. Attraverso l'intercessione della Vergine Maria e di san Giosafat, il Signore vi benedica tutti!".

IL PAPA PREGA PER LE BAMBINE AFFETTE DALLA SINDROME DI RETT

Città del Vaticano, 27 novembre 2013 (VIS). Prima dell'Udienza Generale del Mercoledì, nell'Aula Paolo VI, il Papa ha incontrato un gruppo di bambine affette dalla Sindrome di Rett con i familiari. La sindrome di Rett è una rara patologia congenita che colpisce quasi esclusivamente le bambine compromettendo gravemente lo sviluppo neurologico e causando ritardi nell'acquisizione del linguaggio e nel coordinamento motorio. La perdita delle capacità è in generale costante e progressiva.

Il Santo Padre ha salutato ed accarezzato tutte le bambine e ha invocato la protezione della Vergine Maria su di esse e sui loro genitori, impartendo la sua benedizione.

FAR RITROVARE IL SORRISO AI BAMBINI SIRIANI RIFUGIATI IN LIBANO

Città del Vaticano, 27 novembre 2013 (VIS). Questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la conferenza stampa di presentazione della Missione sanitaria per i bambini siriani rifugiati in Libano, promossa dal Pontificio Consiglio "Cor Unum", dall'Ospedale Pediatrico "Bambino Gesù" e da "Caritas Libano". Alla Conferenza Stampa sono intervenuti il Cardinale Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum"; il Professor Giuseppe Profiti, Presidente dell'Ospedale Pediatrico "Bambino Gesù"; Padre Simon Faddoul, Presidente di "Caritas Libano" e la Dottoressa May El Hachem, Responsabile di Dermatologia dell'Ospedale Pediatrico "Bambino Gesù".

"Aiutare la popolazione siriana, al di là delle appartenenze etniche o religiose, è il modo più diretto per offrire un contributo alla pacificazione e alla edificazione di una società aperta a tutte le diverse componenti". Queste le parole di Papa Francesco, grazie alle quali è nata l'idea del progetto affinché "queste tragedie non accadano mai".

"Noi crediamo che il regalo più bello che possiamo fare per aiutare i bambini che soffrono a causa della guerra siriana sia quello di far ritrovare loro il sorriso e di poter continuare a vivere, accompagnandoli in una crescita che deve essere non solo materiale, ma anche e soprattutto spirituale e umana". Attualmente, secondo i dati dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati sono più di 2 milioni i siriani rifugiati nei Paesi dell'area mediorientale e mediterranea, dei quali oltre 700 mila in Libano, 515 mila in Giordania e 460 mila in Turchia. Tra questi circa il 52% è composto da bambini e ragazzi sotto i 17 anni. Ma anche all'interno della Siria vi sono oltre 4 milioni di sfollati".

Per coordinare le attività in corso e gli aiuti distribuiti, nel giugno scorso è nato a Beirut un ufficio informazioni e comunicazione che permette di aggregare tutti gli organismi caritativi cattolici in un'area di grande significato storico e spirituale per il cristianesimo. "Questa struttura - ha spiegato il Cardinale Sarah - è il frutto della collaborazione degli organismi di carità, che in nome della missione della Chiesa universale hanno deciso di condividere le proprie competenze e la propria opera di testimonianza. (...) Nella veglia di preghiera per la pace, il 7 settembre scorso, Papa Francesco ha detto: 'Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace'. È questo il linguaggio che la Chiesa, tutta insieme, vuole e deve parlare ... verso tutti coloro che sono nel bisogno e nella povertà, non solo materiale, ma anche spirituale".

La Missione comincerà all'inizio di dicembre e durerà inizialmente tre mesi. Con i fondi stanziati si potranno aiutare in un primo momento tra i 3 e i 4 mila bambini comprando i medicinali pediatrici necessari. Finora la Chiesa cattolica ha stanziato per la crisi siriana oltre 78 milioni di dollari nei settori dell'assistenza sanitaria, dell'educazione, dell'assistenza agli anziani e dell'alimentazione.


CALENDARIO CELEBRAZIONI PRESIEDUTE DAL SANTO PADRE NOVEMBRE 2013-GENNAIO 2014

Città del Vaticano, 27 novembre 2013 (VIS). Di seguito riportiamo il calendario delle celebrazioni presiedute dal Santo Padre nei mesi di novembre e dicembre e di gennaio 2014:

NOVEMBRE

Sabato 30: Basilica Vaticana, ore 17.30: Primi Vespri con gli Universitari degli Atenei Romani.

DICEMBRE

Domenica 1°: I Domenica di Avvento: Visita pastorale alla Parrocchia romana “San Cirillo Alessandrino”, ore 18:00: Santa Messa.

Domenica 8: Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, Piazza di Spagna, ore 16:00: Atto di venerazione all’Immacolata.

Martedì 24: Solennità del Natale del Signore: Basilica Vaticana, ore 21.30: Santa Messa della Notte.

Mercoledì 25: Solennità del Natale del Signore, Loggia centrale della Basilica Vaticana, ore 12:00: Benedizione “Urbi et Orbi”.

Martedì 31: Solennità di Maria Santissima, Madre di Dio, Basilica Vaticana, ore 17:00, Primi Vespri e Te Deum in ringraziamento per l’anno trascorso.

2014

GENNAIO

Mercoledì 1°: Solennità di Maria Santissima, Madre di Dio, XLVII Giornata mondiale della pace, Basilica Vaticana, ore 10.00: Santa Messa.
Lunedì 6: Solennità dell'Epifania del Signore, Basilica Vaticana, ore 10:00: Santa Messa.

Domenica 12: Festa del Battesimo del Signore, Cappella Sistina, ore 9:45: Santa Messa e Battesimo di alcuni bambini.

ALTRI ATTI PONTIFICI

Città del Vaticano, 27 novembre 2013 (VIS). Il Santo Padre ha nominato il Vescovo Benjamin Marc Balthason Ramaroson, C.M., Arcivescovo di Antsiranana (superficie: 37.924; popolazione: 1.431.000; cattolici: 590.796; sacerdoti: 65; religiosi: 181), Madagascar. Finora Vescovo di Farafangana (Madagascar), succede all'Arcivescovo Michel Melo, dell'Ist. Del Prado, del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della medesima Arcidiocesi, presentata per raggiunti limiti di età.

martedì 26 novembre 2013

SINTESI DELL'ESORTAZIONE APOSTOLICA "EVANGELII GAUDIUM"

Città del Vaticano, 26 novembre 2013 (VIS). “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”: inizia così l’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” con cui Papa Francesco sviluppa il tema dell’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, raccogliendo, tra l’altro, il contributo dei lavori del Sinodo che si è svolto in Vaticano dal 7 al 28 ottobre 2012 sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede”. Il testo che il Santo Padre ha consegnato a 36 fedeli domenica scorsa, nel corso della Santa Messa di chiusura dell'Anno della fede, è il primo documento ufficiale del suo Pontificato, essendo stata la Lettera Enciclica "Lumen Fidei" redatta in collaborazione con il predecessore Papa Benedetto XVI.

Desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani – scrive il Papa - per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni” (1). Si tratta di un accorato appello a tutti i battezzati perché con nuovo fervore e dinamismo portino agli altri l’amore di Gesù in uno “stato permanente di missione” (25), vincendo “il grande rischio del mondo attuale”: quello di cadere in “una tristezza individualista” (2).

Il Papa invita a “recuperare la freschezza originale del Vangelo”, trovando “nuove strade” e “metodi creativi”, a non imprigionare Gesù nei nostri “schemi noiosi” (11). Occorre “una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno” (25) e una “riforma delle strutture” ecclesiali perché “diventino tutte più missionarie” (27). Il Pontefice pensa anche ad “una conversione del papato” perché sia “più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione”. L’auspicio che le Conferenze episcopali potessero dare un contributo affinché “il senso di collegialità” si realizzasse “concretamente” – afferma - “non si è pienamente realizzato” (32). E’ necessaria “una salutare decentralizzazione” (16). In questo rinnovamento non bisogna aver paura di rivedere consuetudini della Chiesa “non direttamente legate al nucleo del Vangelo, alcune molto radicate nel corso della storia” (43).

Segno dell’accoglienza di Dio è “avere dappertutto chiese con le porte aperte” perché quanti sono in ricerca non incontrino “la freddezza di una porta chiusa”. “Nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi”. Così, l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia”. (47). Ribadisce di preferire una Chiesa “ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa … preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci … è che tanti nostri fratelli vivono” senza l’amicizia di Gesù (49).

Il Papa indica le “tentazioni degli operatori pastorali”: individualismo, crisi d’identità, calo del fervore (78). “La più grande minaccia” è “il grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando” (83). Esorta a non lasciarsi prendere da un “pessimismo sterile” (84) e ad essere segni di speranza (86) attuando la “rivoluzione della tenerezza”(88). Occorre rifuggire dalla “spiritualità del benessere” che rifiuta “impegni fraterni” (90) e vincere “la mondanità spirituale” che “consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana” (93). Il Papa parla di quanti “si sentono superiori agli altri” perché “irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato” e “invece di evangelizzare … classificano gli altri” o di quanti hanno una “cura ostentata della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, ma senza che li preoccupi il reale inserimento del Vangelo” nei bisogni della gente. (95). Questa “è una tremenda corruzione con apparenza di bene … Dio ci liberi da una Chiesa mondana sotto drappeggi spirituali o pastorali!” (97).

Lancia un appello alle comunità ecclesiali a non cadere nelle invidie e nelle gelosie: “all’interno del Popolo di Dio e nelle diverse comunità, quante guerre!” (98). “Chi vogliamo evangelizzare con questi comportamenti?” (100). Sottolinea la necessità di far crescere la responsabilità dei laici, tenuti “al margine delle decisioni” da “un eccessivo clericalismo” (102). Afferma che “c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa”, in particolare “nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti” (103). “Le rivendicazioni dei legittimi diritti delle donne …non si possono superficialmente eludere” (104). I giovani devono avere “un maggiore protagonismo” (106). Di fronte alla scarsità di vocazioni in alcuni luoghi afferma che “non si possono riempire i seminari sulla base di qualunque tipo di motivazione” (107).

Affrontando il tema dell’inculturazione, ricorda che “il cristianesimo non dispone di un unico modello culturale” e che il volto della Chiesa è “pluriforme” (116). “Non possiamo pretendere che tutti i popoli … nell’esprimere la fede cristiana, imitino le modalità adottate dai popoli europei in un determinato momento della storia” (118). Il Papa ribadisce “la forza evangelizzatrice della pietà popolare” (122) e incoraggia la ricerca dei teologi invitandoli ad avere “a cuore la finalità evangelizzatrice della Chiesa” e a non accontentarsi “di una teologia da tavolino” (133).

Si sofferma “con una certa meticolosità, sull’omelia” perché “molti sono i reclami in relazione a questo importante ministero e non possiamo chiudere le orecchie” (135). L’omelia “deve essere breve ed evitare di sembrare una conferenza o una lezione” (138), deve saper dire “parole che fanno ardere i cuori”, rifuggendo da una “predicazione puramente moralista o indottrinante” (142). Sottolinea l’importanza della preparazione: “un predicatore che non si prepara non è ‘spirituale’, è disonesto ed irresponsabile” (145). “Una buona omelia … deve contenere ‘un’idea, un sentimento, un’immagine’” (157). La predicazione deve essere positiva perché offra “sempre speranza” e non lasci “prigionieri della negatività” (159). L’annuncio stesso del Vangelo deve avere caratteristiche positive: “vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna” (165).

Parlando delle sfide del mondo contemporaneo, il Papa denuncia l’attuale sistema economico: “è ingiusto alla radice” (59). “Questa economia uccide” perché prevale la “legge del più forte”. L’attuale cultura dello “scarto” ha creato “qualcosa di nuovo”: “gli esclusi non sono ‘sfruttati’ ma rifiuti, ‘avanzi’” (53). Viviamo “una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale” di un “mercato divinizzato” dove regnano “speculazione finanziaria”, “corruzione ramificata”, “evasione fiscale egoista” (56). Denuncia gli “attacchi alla libertà religiosa” e le “nuove situazioni di persecuzione dei cristiani … In molti luoghi si tratta piuttosto di una diffusa indifferenza relativista” (61). La famiglia – prosegue il Papa – “attraversa una crisi culturale profonda”. Ribadendo “il contributo indispensabile del matrimonio alla società” (66) sottolinea che “l’individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita … che snatura i vincoli familiari”(67).

Ribadisce “l’intima connessione tra evangelizzazione e promozione umana” (178) e il diritto dei Pastori “di emettere opinioni su tutto ciò che riguarda la vita delle persone” (182). “Nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza nella vita sociale”. Cita Giovanni Paolo II dove dice che la Chiesa “non può né deve rimanere al margine della lotta per la giustizia” (183). “Per la Chiesa l'opzione per i poveri è una categoria teologica” prima che sociologica. “Per questo chiedo una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci” (198). “Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri … non si risolveranno i problemi del mondo” (202). “La politica, tanto denigrata” – afferma - “è una delle forme più preziose di carità”. “Prego il Signore che ci regali più politici che abbiano davvero a cuore … la vita dei poveri!”. Poi un monito: “Qualsiasi comunità all'interno della Chiesa” si dimentichi dei poveri corre “il rischio della dissoluzione” (207).

Il Papa invita ad avere cura dei più deboli: “i senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati” e i migranti, per cui esorta i Paesi “ad una generosa apertura” (210). Parla delle vittime della tratta e di nuove forme di schiavismo: “Nelle nostre città è impiantato questo crimine mafioso e aberrante, e molti hanno le mani che grondano sangue a causa di una complicità comoda e muta” (211). “Doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza” (212). “Tra questi deboli di cui la Chiesa vuole prendersi cura” ci sono “i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana” (213). “Non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione su questa questione … Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana” (214). Quindi, un appello al rispetto di tutto il creato: “siamo chiamati a prenderci cura della fragilità del popolo e del mondo in cui viviamo” (216).

Riguardo al tema della pace, il Papa afferma che è “necessaria una voce profetica” quando si vuole attuare una falsa riconciliazione che “metta a tacere” i poveri, mentre alcuni “non vogliono rinunciare ai loro privilegi” (218). Per la costruzione di una società “in pace, giustizia e fraternità” indica quattro principi (221): “il tempo è superiore allo spazio” (222) significa “lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati” (223). “L’unità prevale sul conflitto” (226) vuol dire operare perché gli opposti raggiungano “una pluriforme unità che genera nuova vita” (228). “La realtà è più importante dell’idea” (231) significa evitare che la politica e la fede siano ridotte alla retorica (232). “Il tutto è superiore alla parte” significa mettere insieme globalizzazione e localizzazione (234).

L’evangelizzazione – prosegue il Papa – implica anche un cammino di dialogo” che apre la Chiesa a collaborare con tutte le realtà politiche, sociali, religiose e culturali (238). L’ecumenismo è “una via imprescindibile dell’evangelizzazione”. Importante l’arricchimento reciproco: “quante cose possiamo imparare gli uni dagli altri!”, per esempio “nel dialogo con i fratelli ortodossi, noi cattolici abbiamo la possibilità di imparare qualcosa di più sul significato della collegialità episcopale e sulla loro esperienza della sinodalità” (246); “il dialogo e l’amicizia con i figli d’Israele sono parte della vita dei discepoli di Gesù” (248); “il dialogo interreligioso”, che va condotto “con un’identità chiara e gioiosa”, è “una condizione necessaria per la pace nel mondo” e non oscura l’evangelizzazione (250-251); “in quest’epoca acquista notevole importanza la relazione con i credenti dell’Islam (252): il Papa implora “umilmente” affinché i Paesi di tradizione islamica assicurino la libertà religiosa ai cristiani, anche “tenendo conto della libertà che i credenti dell’Islam godono nei paesi occidentali!”. “Di fronte ad episodi di fondamentalismo violento” invita a “evitare odiose generalizzazioni, perché il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza” (253). E contro il tentativo di privatizzare le religioni in alcuni contesti, afferma che “il rispetto dovuto alle minoranze di agnostici o di non credenti non deve imporsi in modo arbitrario che metta a tacere le convinzioni di maggioranze credenti o ignori la ricchezza delle tradizioni religiose” (255). Ribadisce quindi l’importanza del dialogo e dell’alleanza tra credenti e non credenti (257).

L’ultimo capitolo è dedicato agli “evangelizzatori con Spirito”, che sono quanti “si aprono senza paura all’azione dello Spirito Santo” che “infonde la forza per annunciare la novità del Vangelo con audacia (parresia), a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche controcorrente” (259). Si tratta di “evangelizzatori che pregano e lavorano” (262), nella consapevolezza che “la missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo” (268): “Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri” (270). “Nel nostro rapporto col mondo – precisa – siamo invitati a dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che puntano il dito e condannano” (271). “Può essere missionario – aggiunge – solo chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri” (272): “se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita” (274). Il Papa invita a non scoraggiarsi di fronte ai fallimenti o agli scarsi risultati perché la “fecondità molte volte è invisibile, inafferrabile, non può essere contabilizzata”; dobbiamo sapere “soltanto che il dono di noi stessi è necessario” (279). L’Esortazione si conclude con una preghiera a Maria “Madre dell’Evangelizzazione”. “Vi è uno stile mariano nell’attività evangelizzatrice della Chiesa. Perché ogni volta che guardiamo a Maria torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto” (288).

Per leggere il testo completo dell'Esortazione Apostolica "Evangelii Gaudium", o scaricarlo in formato PDF, cliccare o copiare il seguente link:

Italiano: http://www.vatican.va/phome_it.htm

L'ARCIVESCOVO FISICHELLA PRESENTA L'ESORTAZIONE APOSTOLICA "EVANGELII GAUDIUM"

Città del Vaticano, 26 novembre 2013 (VIS). Questa mattina, nella Sala Stampa della Santa Sede, l'Arcivescovo Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, l'Arcivescovo Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e l'Arcivescovo Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, sono intervenuti alla Conferenza Stampa di presentazione dell'Esortazione Apostolica "Evangelii Gaudium" che Papa Francesco,ha redatto a seguito del Sinodo dei Vescovi, convocato dal Predecessore Benedetto XVI, (7-28 ottobre 2012), sul tema: "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana".

L'Esortazione, di 222 pagine, è suddivisa in cinque capitoli con una presentazione. I capitoli sono intitolati: La trasformazione missionaria della Chiesa; Nella crisi dell'impegno comunitario; L'annuncio del Vangelo; La dimensione sociale dell'evangelizzazione e Evangelizzatori con spirito.

Pubblichiamo di seguito il testo dell'intervento dell'Arcivescovo Fisichella, conservando i numeri che indicano le corrispondenti citazioni dell'Esortazione.

"Evangelii gaudium: l’Esortazione Apostolica di Papa Francesco scritta alla luce della gioia per riscoprire la sorgente dell’evangelizzazione nel mondo contemporaneo. Si potrebbe riassumere in questa espressione l’intero contenuto del nuovo documento che Papa Francesco offre alla Chiesa per delineare le vie di impegno pastorale che la riguarderanno da vicino nel prossimo futuro. Un invito a recuperare una visione profetica e positiva della realtà senza distogliere lo sguardo dalle difficoltà. Papa Francesco infonde coraggio e provoca a guardare avanti nonostante il momento di crisi, facendo ancora una volta della croce e risurrezione di Cristo il “vessillo della vittoria” (85).

A più riprese, Papa Francesco fa riferimento alle 'Propositiones' del Sinodo dell’ottobre 2012, mostrando quanto il contributo sinodale sia stato un punto di riferimento importante per la redazione di questa Esortazione. Il testo, comunque, va oltre l’esperienza del Sinodo. Il Papa imprime in queste pagine non solo la sua esperienza pastorale precedente, ma soprattutto il suo richiamo a cogliere il momento di grazia che la Chiesa sta vivendo per intraprendere con fede, convinzione, ed entusiasmo la nuova tappa del cammino di evangelizzazione. Prolungando l’insegnamento di Evangelii nuntiandi, di Paolo VI, egli pone di nuovo al centro la persona di Gesù Cristo, il primo evangelizzatore, che oggi chiama ognuno di noi a partecipare con lui all’opera della salvezza (12). “L’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa” (15) –afferma il Santo Padre- per questo è necessario cogliere il tempo favorevole per scorgere e vivere la “nuova tappa” dell’evangelizzazione (17). Essa si articola su due tematiche particolari che segnano la trama basilare dell’Esortazione. Da una parte, Papa Francesco si rivolge alle Chiese particolari perché, vivendo in prima persona le sfide e le opportunità proprie di ogni contesto culturale, siano in grado di proporre gli aspetti peculiari della nuova evangelizzazione nei loro Paesi. Dall’altra, il Papa traccia un denominatore comune per permettere a tutta la Chiesa, e ad ogni singolo evangelizzatore, di ritrovare una metodologia comune per convincersi che l’impegno di evangelizzazione è sempre un cammino partecipato, condiviso e mai isolato. I sette punti, raccolti nei cinque capitoli dell’Esortazione, costituiscono le colonne fondanti della visione di Papa Francesco per la nuova evangelizzazione: la riforma della Chiesa in uscita missionaria, le tentazioni degli agenti pastorali, la Chiesa intesa come totalità del popolo di Dio che evangelizza, l’omelia e la sua preparazione, l’inclusione sociale dei poveri, la pace e il dialogo sociale, le motivazioni spirituali per l’impegno missionario. Il mastice che tiene unite queste tematiche si concentra nell’amore misericordioso di Dio che va incontro ad ogni persona per manifestare il cuore della sua rivelazione: la vita di ogni persona acquista senso nell’incontro con Gesù Cristo e nella gioia di condividere questa esperienza di amore con gli altri (8).

Il primo capitolo, quindi, si sviluppa alla luce della riforma in chiave missionaria della Chiesa, chiamata ad “uscire” da se stessa per incontrare gli altri. È la “dinamica dell’esodo e del dono dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre” (21), ciò che il Papa esprime in queste pagine. La Chiesa che deve fare sua “l’intimità di Gesù che è un’intimità itinerante” (23). Il Papa, come ormai siamo abituati, indugia in espressioni ad effetto e crea neologismi per far cogliere la natura stessa dell’azione evangelizzatrice. Tra tutte, quella di “primerear”; cioè Dio ci precede nell’amore indicando alla Chiesa il cammino da seguire. Essa non si trova in un vicolo cieco, ma ripercorre le orme stesse di Cristo (cfr 1 Pt 2,21); pertanto, ha certezza del cammino da compiere. Questo non le fa paura, sa che deve “andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un inesauribile desiderio di offrire misericordia” (24). Perché questo avvenga, Papa Francesco ripropone con forza la richiesta della “conversione pastorale”. Ciò significa, passare da una visione burocratica, statica e amministrativa della pastorale a una prospettiva missionaria; anzi, una pastorale in stato permanente di evangelizzazione (25). Come, infatti, ci sono strutture che facilitano e sostengono la pastorale missionaria, purtroppo “ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore” (26). La presenza di prassi pastorali stantie e rancide obbliga, quindi, all’audacia di essere creativi per ripensare l’evangelizzazione. In questo senso afferma il Papa: “Un’individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia” (33).

È necessario, pertanto, “concentrarsi sull’essenziale” (35) e sapere che solo una dimensione sistematica, cioè unitaria, progressiva e proporzionata della fede può essere di vero aiuto. Ciò comporta per la Chiesa la capacità di evidenziare la “gerarchia delle verità” e il suo adeguato riferimento con il cuore del Vangelo (37-39). Ciò evita di cadere nel pericolo di una presentazione della fede fatta solo alla luce di alcune questioni morali come se queste prescindessero dal loro rapporto con la centralità dell’amore. Fuori da questa prospettiva, “l’edificio morale della Chiesa corre il rischio di diventare un castello di carte, e questo è il nostro peggior pericolo” (39). C’è un forte richiamo del Papa, quindi, perché si giunga a un sano equilibrio tra il contenuto della fede e il linguaggio che lo esprime. Può accadere, a volte, che la rigidità con cui si intende conservare la precisione del linguaggio, vada a danno del contenuto, compromettendo la visione genuina della fede (41).

Un passaggio certamente importante, in questo capitolo, è il n. 32 dove Papa Francesco mostra l’urgenza per portare a termine alcune prospettive del Vaticano II. In particolare il compito dell’esercizio del Primato del Successore di Pietro, e delle Conferenze Episcopali. Già Giovanni Paolo II in 'Ut unum sint', aveva avanzato una richiesta di aiuto per comprendere meglio i compiti del Papa nel dialogo ecumenico. Ora, Papa Francesco prosegue su questa richiesta e vede che una più coerente forma di aiuto potrebbe giungere se si sviluppasse ulteriormente lo Statuto delle Conferenze Episcopali. Un ulteriore passaggio di particolare intensità, per le conseguenze che porterà nella pastorale, sono i nn. 38-45: il cuore del Vangelo “si incarna nei limiti del linguaggio umano”. La dottrina, cioè, si inserisce nella “gabbia del linguaggio” –per usare un’espressione cara a Wittgenstein- ciò comporta l’esigenza di un reale discernimento tra la povertà e i limiti del linguaggio con la ricchezza –spesso ancora sconosciuta- del contenuto di fede. Il pericolo che la Chiesa possa a volte non considerare questa dinamica è reale; può succedere, quindi, che su alcune posizioni vi sia un arroccamento ingiustificato con il rischio di sclerotizzare il messaggio evangelico senza percepirne più la dinamica propria dello sviluppo.

Il secondo capitolo è dedicato a recepire le sfide del mondo contemporaneo e a superare le facili tentazioni che minano la nuova evangelizzazione. In primo luogo, afferma il Papa, è necessario recuperare la propria identità senza avere complessi di inferiorità che portano poi ad “occultare la propria identità e le convinzioni… che finiscono per soffocare la gioia della missione in una specie di ossessione per essere come tutti gli altri e per avere quello che gli altri possiedono” (79). Ciò fa cadere i cristiani in un “relativismo ancora più pericoloso di quello dottrinale” (80), perché intacca direttamente lo stile di vita dei credenti. Avviene così, che in molte espressioni della nostra pastorale le iniziative risentano di pesantezza perché al primo posto viene messa l’iniziativa e non la persona. Sostiene il Papa, che la tentazione di una “spersonalizzazione della persona” per favorire l’organizzazione, è reale e comune. Alla stessa stregua, le sfide nell’evangelizzazione dovrebbero essere accolte più come una chance per crescere, che non come un motivo per cadere in depressione. Bando quindi al “senso della sconfitta” (85). È necessario recuperare il rapporto interpersonale perché abbia il primato sulla tecnologia dell’incontro, fatto con il telecomando in mano per stabilire come, dove, quando e per quanto tempo incontrare gli altri a partire dalla proprie preferenze (88). Tra queste sfide, comunque, oltre alle usuali e più diffuse, è necessario cogliere quelle che hanno una valenza più diretta nella vita. Il senso di “quotidiana precarietà, con conseguenze funeste”, le varie forme di “disparità sociale”, il “feticismo del denaro e la dittatura di un’economia senza volto”, la “esasperazione del consumo” e il “consumismo sfrenato”... insomma, si è dinanzi a una “globalizzazione dell’indifferenza” e a un “disprezzo beffardo” nei confronti dell’etica con un permanente tentativo di emarginare ogni richiamo critico nei confronti del predominio del mercato che con la sua teoria della “ricaduta favorevole” illude sulla reale possibilità di andare a favore dei poveri (cfr nn. 52-64). Se la Chiesa oggi appare ancora fortemente credibile in tanti Paesi del mondo, anche là dove è minoranza, questo è dovuto alla sua opera di carità e solidarietà (65).

Nell’evangelizzazione per il nostro tempo, pertanto, soprattutto dinanzi alle sfide delle grandi “culture urbane” (71), i cristiani sono invitati a fuggire da due espressioni che ne minano la natura stessa, e che Papa Francesco definisce “mondanità” (93). In primo luogo, il “fascino dello gnosticismo”; una fede cioè rinchiusa in se stessa, nelle sue certezze dottrinali, e che fa delle proprie esperienze il criterio di verità per il giudizio degli altri. Inoltre, il “neopelagianesino autoreferenziale e prometeico” di quanti ritengono che la grazia sia solo un accessorio mentre ciò che crea progresso è solo il proprio impegno e le proprie forze. Tutto questo contraddice l’evangelizzazione. Crea una sorta di “elitarismo narcisista” che deve essere evitato (94). Cosa vogliamo essere, si domanda il Papa, “Generali di eserciti sconfitti” oppure “semplici soldati di uno squadrone che continua a combattere”? Il rischio di una “Chiesa mondana sotto drappeggi spirituali o pastorali” (96), non è recondito, ma reale. Occorre, quindi, non soccombere a queste tentazioni, ma offrire la testimonianza della comunione (99). Essa si fa forte della complementarità. A partire da questa considerazione, Papa Francesco espone l’esigenza per la promozione del laicato e della donna; dell’impegno per le vocazioni e dei sacerdoti. Guardare alla Chiesa con il progresso compiuto in questi decenni richiede di evitare la mentalità del potere, ma a far crescere quella del servizio per la costruzione unitaria della Chiesa (102-108).

L’evangelizzazione è un compito di tutto il popolo di Dio, nessuno escluso. Essa, non è riservata né può essere delegata a un gruppo particolare. Tutti i battezzati sono direttamente coinvolti. Papa Francesco spiega, nel terzo capitolo dell’Esortazione, come essa si possa sviluppare e le tappe che ne esprimono il progresso. In primo luogo, si sofferma a evidenziare il “primato della grazia” che opera instancabilmente nella vita ogni evangelizzatore (112). Sviluppa, inoltre, il tema del grande ruolo svolto dalle varie culture nel loro processo di inculturazione del Vangelo, e previene dal cadere nella “vanitosa sacralizzazione della propria cultura” (117). Indica poi il percorso fondamentale della nuova evangelizzazione nell’incontro interpersonale (127-129) e nella testimonianza di vita (121). Insiste, infine, perché si valorizzi la pietà popolare, perché esprime la fede genuina di tante persone che in questo modo danno vera testimonianza dell’incontro semplice con l’amore di Dio (122-126). Da ultimo, un invito del Papa ai teologi perché studino le mediazioni necessarie per giungere alla valorizzazione delle varie forme di evangelizzazione (133), mentre si sofferma più a lungo sul tema dell’omelia come forma privilegiata dell’evangelizzazione che richiede una autentica passione e amore per la Parola di Dio e per il popolo che ci è affidato (135-158).

Il quarto capitolo è dedicato alla riflessione sulla dimensione sociale dell’evangelizzazione. Un tema caro a Papa Francesco perché “se questa dimensione non viene debitamente esplicitata, si corre sempre il rischio di sfigurare il significato autentico e integrale della missione evangelizzatrice” (176). È il grande tema del legame tra l’annuncio del Vangelo e la promozione della vita umana in tutte le sue espressioni. Una promozione integrale di ogni persona che impedisce di rinchiudere la religione come un fatto privato senza alcuna incidenza nella vita sociale e pubblica. Una “fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo” (183). Due grandi tematiche appartengono a questa sezione dell’Esortazione. Il Papa ne parla con particolare passione evangelica, consapevole che segneranno il futuro dell’umanità: anzitutto, “l’inclusione sociale dei poveri”; inoltre, “la pace e il dialogo sociale”.

Per quanto concerne il primo punto, con la nuova evangelizzazione la Chiesa sente come propria missione quella di “collaborare per risolvere le cause strumentali della povertà e per promuovere lo sviluppo integrale dei poveri”, come pure quella di “gesti semplici e quotidiani di solidarietà di fronte alle miserie molto concrete” che ogni giorno sono dinanzi ai nostri occhi (188). Ciò che giunge da queste dense pagine, è un invito a riconoscere la “forza salvifica” che i poveri possiedono, e che deve essere posta al centro della vita della Chiesa con la nuova evangelizzazione (198). Ciò significa, comunque, riscoprire anzitutto l’attenzione, l’urgenza e la consapevolezza di questa tematica, prima ancora di ogni esperienza concreta. Non solo, l’opzione fondamentale verso i poveri che preme di essere realizzata, sostiene Papa Francesco, è primariamente quella di una “attenzione spirituale” e “religiosa”; essa è prioritaria su ogni altra forma (200). Su questi temi, la parola di Papa Francesco è franca, detta con parresia e senza circonlocuzioni. Un “Pastore di una Chiesa senza frontiere” (210), non può permettersi di volgere lo sguardo altrove. Ecco perché mentre chiede con forza di considerare il tema dei migranti, denuncia con altrettanta chiarezza le nuove forme di schiavitù: “Dov’è quello che stai uccidendo ogni giorno nella piccola fabbrica clandestina, nella rete di prostituzione, nei bambini che utilizzi per l’accattonaggio, in quello che deve lavorare di nascosto perché non è stato regolarizzato? Non facciamo finta di niente. Ci sono molte complicità” (211). A scanso di equivoci, il Papa difende con altrettanta forza la vita umana nel suo primo inizio e la dignità di ogni essere vivente (213). Per quanto concerne il secondo aspetto, il Papa enuclea quattro principi che sono come il denominatore comune per la crescita nella pace e la sua concreta applicazione sociale. Memore, forse, dei suoi studi su R. Guardini, Papa Francesco sembra creare una nuova opposizione polare; ricorda infatti che “Il tempo è superiore allo spazio”, “l’unità prevale sul conflitto”, la “realtà è più importante dell’idea” e che il “tutto è superiore alla parte”. Questi principi si aprono alla dimensione del dialogo come primo contributo per la pace. Esso si estende nel corso della Esortazione all’ambito della scienza, nei confronti dell’ecumenismo e delle religioni non cristiane.

L’ultimo capitolo intende esprimere lo “spirito della nuova evangelizzazione” (260). Esso si sviluppa sotto il primato dell’azione dello Spirito Santo che infonde sempre e di nuovo l’impulso missionario a partire dalla vita di preghiera, dove la contemplazione occupa il posto centrale (264). La Vergine Maria “stella della nuova evangelizzazione” è presentata, a conclusione, come l’icona della genuina azione di annuncio e trasmissione del Vangelo che la Chiesa è chiamata a compiere nei prossimi decenni con entusiasmo forte e immutato amore per il Signore Gesù.

Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione!” (83). È un linguaggio chiaro, immediato, senza retorica né sottointesi, quello con cui ci si incontra in questa Esortazione Apostolica. Papa Francesco va al cuore dei problemi che vive l’uomo di oggi e che, da parte della Chiesa, richiedono molto più di una semplice presenza. A lei è chiesta una fattiva azione programmatica e una rinnovata prassi pastorale che evidenzi il suo impegno per la nuova evangelizzazione. Il Vangelo deve giungere a tutti, senza esclusione di sorta. Alcuni, comunque, sono privilegiati. A scanso di equivoci, Papa Francesco presenta il suo orientamento: “Non tanto gli amici e i vicini ricchi, bensì soprattutto i poveri, gli infermi coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati… non devono restare dubbi né sussistono spiegazioni che indeboliscano questo messaggio tanto chiaro” (48).

Come in altri momenti cruciali della storia, così anche oggi la Chiesa sente l’urgenza di affinare lo sguardo per compiere l’evangelizzazione alla luce dell’adorazione; con uno “sguardo contemplativo” per vedere ancora i segni della presenza di Dio. Segni dei tempi non solo incoraggianti, ma posti come criterio per una efficace testimonianza (71). Primo fra tutti, Papa Francesco ricorda il mistero centrale della nostra fede: “Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada” (3). Quella che Papa Francesco ci indica, alla fine, è la Chiesa che si fa compagna di strada di quanti sono nostri contemporanei nella ricerca di Dio e nel desiderio di vederlo".

ALTRI ASPETTI DELL'ESORTAZIONE APOSTOLICA

Città del Vaticano, 26 novembre 2013 (VIS).Nel corso della Conferenza Stampa di presentazione dell'Esortazione Apostolica "Evangelii Gaudium", il nuovo Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Arcivescovo Lorenzo Baldisseri, si è soffermato sugli aspetti che si riferiscono alla sinodalità, mentre l'Arcivescovo Claudio Maria Celli si è soffermato sulla parte relativa alla comunicazione.

"Il documento 'Evangelii Gaudium' (EG) del Santo Padre Francesco nasce dalla XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi su 'La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana' (2012), come annuncio di gioia ai cristiani discepoli e missionari e a tutta l’umanità. Il Santo Padre ha avuto nelle mani le 'Propositiones' dei Padri sinodali, le ha fatte proprie, rielaborandole in modo personale, ed ha scritto un documento programmatico ed esortativo, utilizzando la forma di 'Esortazione Apostolica', la cui centralità è 'la missionarietà', a tutto campo. Ciò che colpisce fin dalle prime pagine è la presentazione gioiosa del Vangelo - perciò 'Evangelii Gaudium' -, che si esprime addirittura con la ripetizione, in tutto il testo, della parola 'gioia' per ben 59 volte.

Il Papa ha tenuto conto delle 'Propositiones' citandole 27 volte. Su questa base, proveniente dalla riflessione dei Padri sinodali, egli sviluppa l’Esortazione in un solido quadro dottrinale, fondato sui riferimenti biblici e magisteriali, con una presentazione tematica dei vari aspetti della fede, ove si affermano i principî e le dottrine incarnate nella vita. Tale sviluppo è arricchito da rimandi ai Padri della Chiesa, tra cui Sant’Ireneo, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino - per citarne alcuni -; è ulteriormente sostenuto dall’apporto di Maestri medioevali come il Beato Isacco della Stella, San Tommaso d’Aquino e Tommaso da Kempis; tra i teologi moderni compaiono il Beato John Henry Newman, Henri De Lubac e Romano Guardini, e altri scrittori, tra cui Georges Bernanos.

In modo particolare, è da notare la frequentazione, nel testo, di vari riferimenti ad Esortazioni Apostoliche come l’'Evangelii nuntiandi' di Paolo VI (13 occorrenze), e ad altre Post-sinodali come 'Christifideles laici'; 'Familiaris consortio'; 'Pastores dabo vobis'; 'Ecclesia in Africa', 'in Asia', 'in Oceania', 'in America', 'in Medio Oriente', 'in Europa'; 'Verbum Domini'. Inoltre, si registra l’attenzione data ai pronunciamenti degli Episcopati latinoamericani, come ai documenti di Puebla e di Aparecida; a quello dei Patriarchi Cattolici del Medio Oriente nella XVI Assemblea; a quelli delle Conferenze Episcopali di India, Stati Uniti, Francia, Brasile, Filippine e Congo.

Il tema della 'sinodalità' è introdotto già all’interno della parte iniziale che tratta ìLa trasformazione missionaria della Chiesa'. Nella prospettiva della 'Chiesa in uscita' (n. 20) 'da sé verso il fratello' (n. 179), il Santo Padre propone una 'pastorale in conversione' a 360 gradi", e "Si percepisce che egli desidera includere in questa 'pastorale in conversione' una speciale attenzione all’espressione collegiale dell’esercizio del primato".

"Riferendosi al Concilio Vaticano II, in analogia con le antiche Chiese patriarcali, il Santo Padre auspica che le Conferenze Episcopali possano 'sviluppare un contributo molteplice e fecondo perché l’affetto collegiale trovi concrete applicazioni' (LG n. 22; EG n. 32). Questa espressione di sinodalità aiuterebbe a concrete attribuzioni circa l’autorità dottrinale e di governo (cfr. n. 32). Sotto il profilo ecumenico - grazie anche all’esperienza della presenza al Sinodo del Patriarca di Costantinopoli e dell’Arcivescovo di Canterbury (cfr. n. 245) -, la sinodalità si esprime in modo particolare, poiché, attraverso il dialogo 'con i fratelli ortodossi, i cattolici hanno la possibilità di apprendere qualcosa di più circa il significato della collegialità episcopale e sull’esperienza della sinodalità'" (n. 246).
L'Arcivescovo Claudio Maria Celli si è soffermato sulla "dimensione comunicativa nella nuova evangelizzazione" alla luce dell'Esortazione Apostolica.

Nel documento "Emerge, innanzitutto, - ha detto l'Arcivescovo Celli - la consapevolezza del Papa di quanto sta avvenendo nel mondi di oggi, specialmente nel campo della salute, educazione, comunicazione. il Papa (...) fa riferimento alle evidenti innovazioni tecnologiche".

"Senza dubbio si tratta di progresso e di successi, ma il Papa, è pienamente consapevole che l’attuale società dell’informazione, è satura indiscriminatamente di dati, tutti allo stesso livello e che finisce per portarci ad una tremenda superficialità al momento di impostare le questioni morali. Per questo motivo - ha proseguito l'Arcivescovo Celli - il Papa, sottolinea che è necessaria una vera educazione che insegni a pensare criticamente ed offra un appropriato percorso di maturazione dei valori. (n. 64). Il documento riconosce altresì che le attuali maggiori possibilità di comunicazione possono tradursi in più ampie possibilità di incontro tra tutti. Di qui l’esigenza di scoprire e trasmettere la mistica del vivere insieme, di mescolarsi, di incontrarsi. (n. 87)".

L'Arcivescovo Celli ha spiegato inoltre che: "Un ampio settore del documento è dedicato ad analizzare come il messaggio della Chiesa è comunicato. (...) Il Papa è consapevole della velocità della comunicazione odierna e di come a volte i media operano una selezione interessata dei vari contenuti. Ecco perché c’è il rischio che il messaggio possa apparire mutilato e ridotto ad aspetti secondari. (...) Di fronte a questi rischi il Papa ritiene che si debba essere realisti, vale a dire non dare per scontato che gli interlocutori conoscano lo sfondo completo di ciò che diciamo o che possano collegare il nostro discorso con il nucleo essenziale del Vangelo". Per questo motivo, il Papa sottolinea che: "L’annuncio deve concentrarsi sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario. La proposta quindi deve semplificarsi senza perdere per questo profondità e verità".


IL PAPA RICEVE IL PRESIDENTE PUTIN: URGENZA DI FAR CESSARE LE VIOLENZE IN SIRIA

Città del Vaticano, 26 novembre 2013 (VIS). Nel pomeriggio di ieri, il Presidente della Federazione Russa, Signor Vladimir V. Putin, è stato ricevuto in Udienza dal Santo Padre Francesco. Successivamente ha incontrato il Segretario di Stato, Arcivescovo Pietro Parolin, che era accompagnato dal Segretario per i Rapporti con gli Stati, Arcivescovo Dominique Mamberti.

Durante i cordiali colloqui, si è espresso compiacimento per i buoni rapporti bilaterali e ci si è soffermati su alcune questioni di interesse comune, in modo particolare sulla vita della comunità cattolica in Russia, rilevando il contributo fondamentale del cristianesimo nella società. In tale contesto, si è fatto cenno alla situazione critica dei cristiani in alcune regioni del mondo, nonché alla difesa e alla promozione dei valori riguardanti la dignità della persona, e la tutela della vita umana e della famiglia.

Inoltre, è stata prestata speciale attenzione al perseguimento della pace nel Medio Oriente e alla grave situazione in Siria, in riferimento alla quale il Presidente Putin ha espresso ringraziamento per la lettera indirizzatagli dal Santo Padre in occasione del G20 di S. Pietroburgo. È stata sottolineata l’urgenza di far cessare le violenze e di recare l’assistenza umanitaria necessaria alla popolazione, come pure di favorire iniziative concrete per una soluzione pacifica del conflitto, che privilegi la via negoziale e coinvolga le varie componenti etniche e religiose, riconoscendone l’imprescindibile ruolo nella società.

lunedì 25 novembre 2013

COLLABORAZIONE TRA PARAGUAY E SANTA SEDE

Città del Vaticano, 25 novembre 2013 (VIS). Nella mattinata di lunedì 25 novembre 2013, il Signor Horacio Manuel Cartes Jara, Presidente della Repubblica del Paraguay, è stato ricevuto in Udienza dal Santo Padre Francesco e successivamente si è incontrato con l'Arcivescovo Pietro Parolin, Segretario di Stato, accompagnato dall'Arcivescovo Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Nel corso dei cordiali colloqui, dopo aver rilevato i buoni rapporti bilaterali esistenti tra la Santa Sede e il Paraguay, sono stati affrontati temi di comune interesse attinenti alla situazione del Paese e della Regione, come la lotta alla povertà e alla corruzione, la promozione dello sviluppo integrale della persona umana ed il rispetto dei diritti umani. Non si è mancato, inoltre, di sottolineare il ruolo e il contributo della Chiesa nella società, come anche la collaborazione del Paraguay con la Santa Sede a livello internazionale.



SAN GIOSAFAT ESEMPIO DI AMORE FRATERNO E DI IMPEGNO NEL SERVIZIO ALL'UNITÀ DELLA CHIESA

Città del Vaticano, 25 novembre 2013 (VIS). "'Ognuno amerà l'altro come se stesso e perciò godrà del bene altrui come proprio. Così il gaudio di uno solo sarà tanto maggiore quanto più grande sarà la gioia di tutti gli altri beati'". Con queste parole di San Tommaso d'Aquino, il Papa ha ricevuto questa mattina 3.000 pellegrini greco-cattolici provenienti da Ucraina e Bielorussia, a Roma per celebrare il 50° anniversario della deposizione dei resti di San Giosafat nella Basilica Vaticana. Questa mattina, il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, insieme con l'Arcivescovo Maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, ha celebrato la Divina Liturgia presso l'altare della Confessione della Basilica Vaticana.

Alle ore 12:00 il Santo Padre Francesco è giunto in Basilica per salutare i pellegrini ai quali ha detto: "Cari fratelli e sorelle, il modo migliore di celebrare san Giosafat è amarci tra noi e amare e servire l’unità della Chiesa. Ci sostiene in questo anche la testimonianza coraggiosa di tanti martiri dei tempi più recenti, i quali costituiscono una grande ricchezza e un grande conforto per la vostra Chiesa. Auguro che la comunione profonda che desiderate approfondire ogni giorno all’interno della Chiesa cattolica, vi aiuti a costruire ponti di fraternità anche con le altre Chiese e Comunità ecclesiali in terra ucraina e altrove, dove le vostre comunità sono presenti".


LA VERA FEDE SI VEDE SPECIALMENTE NEI MOMENTI DI DIFFICOLTÀ

Città del Vaticano, 25 novembre 2013 (VIS). Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Santo Padre ha ricevuto i volontari che hanno prestato servizio nell'organizzazione dell'Anno della fede. "In questo tempo di grazia - ha detto il Papa - abbiamo potuto riscoprire l’essenziale del cammino cristiano, nel quale la fede, insieme con la carità, occupa il primo posto".

"La fede, infatti, - ha proseguito il Papa - è cardine dell’esperienza cristiana, perché motiva le scelte e gli atti della nostra vita quotidiana. Essa è la vena inesauribile di tutto il nostro agire, in famiglia, al lavoro, in parrocchia, con gli amici, nei vari ambienti sociali. E questa fede salda, genuina, si vede specialmente nei momenti di difficoltà e di prova: allora il cristiano si lascia prendere in braccio da Dio, e si stringe a Lui, con la sicurezza di affidarsi ad un amore forte come roccia indistruttibile. Proprio nelle situazioni di sofferenza, se ci abbandoniamo a Dio con umiltà, noi possiamo dare una buona testimonianza".
"C’è bisogno - ha sottolineato il Pontefice - di comunità cristiane impegnate per un apostolato coraggioso, che raggiunga le persone nei loro ambienti, anche in quelli più difficili. (...) Sopratutto aprirsi a quanti sono più poveri di fede e di speranza nella loro vita. Parliamo tanto di povertà, ma non sempre pensiamo ai poveri di fede: ce ne sono tanti. Sono tante le persone - ha ricordato infine il Papa - che hanno bisogno di un gesto umano, di un sorriso, di una parola vera, di una testimonianza attraverso la quale cogliere la vicinanza di Gesù Cristo. Non manchi a nessuno questo segno di amore e di tenerezza che nasce dalla fede".



PAPA FRANCESCO CHIUDE L'ANNO DELLA FEDE

Città del Vaticano, 24 novembre 2013 (VIS). Questa mattina, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'Universo, il Santo Padre Francesco ha presieduto, sul Sagrato della Basilica Vaticana, la Celebrazione Eucaristica in occasione della chiusura dell'Anno della fede, che era stato inaugurato da Papa Benedetto XVI l'11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II. Hanno concelebrato con il Santo Padre i Cardinali, i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche, gli Arcivescovi e i Vescovi.

A lato dell’altare sono state esposte le reliquie dell’Apostolo Pietro, contenute in una cassetta in bronzo che reca la scritta 'Ex ossibus quae in Arcibasilicae Vaticanae hypogeo inventa Beati Petri Apostoli esse putantur' ("Dalle ossa rinvenute nell’ipogeo della Basilica Vaticana, che sono ritenute del Beato Pietro Apostolo").

Prima dell’inizio della Santa Messa, è stata effettuata una raccolta di offerte da destinare alle popolazioni delle Filippine recentemente colpite dal tifone Haiyan. Al termine della Celebrazione, il Santo Padre ha consegnato la sua Esortazione Apostolica "Evangelii gaudium" a 36 rappresentanti del Popolo di Dio provenienti da 18 diversi Paesi: un vescovo, un sacerdote e un diacono scelti tra i più giovani ad essere stati ordinati; religiosi e religiose, quindi alcuni rappresentanti di ogni evento di questo Anno della fede: dei cresimati, un seminarista e una novizia, una famiglia, dei catechisti, un non vedente (che ha ricevuto dal Papa il documento in Cd-rom tale da essere riprodotto in forma auditiva), dei giovani, esponenti delle confraternite, dei movimenti, e infine due artisti e due rappresentanti dei media.

Di seguito pubblichiamo il testo dell’omelia che Papa Francesco ha pronunciato dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

"La solennità odierna di Cristo Re dell’universo, coronamento dell’anno liturgico, segna anche la conclusione dell’Anno della fede, indetto dal Papa Benedetto XVI, al quale va ora il nostro pensiero pieno di affetto e di riconoscenza per questo dono che ci ha dato. Con tale provvidenziale iniziativa, egli ci ha offerto l’opportunità di riscoprire la bellezza di quel cammino di fede che ha avuto inizio nel giorno del nostro Battesimo, che ci ha resi figli di Dio e fratelli nella Chiesa. Un cammino che ha come meta finale l’incontro pieno con Dio, e durante il quale lo Spirito Santo ci purifica, ci eleva, ci santifica, per farci entrare nella felicità a cui anela il nostro cuore.

Desidero anche rivolgere un cordiale e fraterno saluto ai Patriarchi e agli Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche, qui presenti. Lo scambio della pace, che compirò con loro, vuole significare anzitutto la riconoscenza del Vescovo di Roma per queste Comunità, che hanno confessato il nome di Cristo con una esemplare fedeltà, spesso pagata a caro prezzo.

Allo stesso modo, per loro tramite, con questo gesto intendo raggiungere tutti i cristiani che vivono nella Terra Santa, in Siria e in tutto l’Oriente, al fine di ottenere per tutti il dono della pace e della concordia.

Le Letture bibliche che sono state proclamate hanno come filo conduttore la centralità di Cristo. Cristo è al centro, Cristo è il centro. Cristo centro della creazione, Cristo centro del popolo, Cristo centro della storia".

L’Apostolo Paolo, nella seconda lettura tratta dalla Lettera ai Colossesi, "ci offre una visione molto profonda della centralità di Gesù. Ce lo presenta come il Primogenito di tutta la creazione: in Lui, per mezzo di Lui e in vista di Lui furono create tutte le cose. Egli è il centro di tutte le cose, è il principio: Gesù Cristo, il Signore. Dio ha dato a Lui la pienezza, la totalità, perché in Lui siano riconciliate tutte le cose. Signore della creazione, Signore della riconciliazione.

Questa immagine ci fa capire che Gesù è il centro della creazione; e pertanto l’atteggiamento richiesto al credente, se vuole essere tale, è quello di riconoscere e di accogliere nella vita questa centralità di Gesù Cristo, nei pensieri, nelle parole e nelle opere. E così i nostri pensieri saranno pensieri cristiani, pensieri di Cristo. Le nostre opere saranno opere cristiane, opere di Cristo, le nostre parole saranno parole cristiane, parole di Cristo. Invece, quando si perde questo centro, perché lo si sostituisce con qualcosa d’altro, ne derivano soltanto dei danni, per l’ambiente attorno a noi e per l’uomo stesso.

Oltre ad essere centro della creazione e centro della riconciliazione, Cristo è centro del popolo di Dio. E proprio oggi è qui, al centro di noi. Adesso è qui nella Parola, e sarà qui sull’altare, vivo, presente, in mezzo a noi, il suo popolo. È quanto ci viene mostrato nella prima Lettura, dove si racconta del giorno in cui le tribù d’Israele vennero a cercare Davide e davanti al Signore lo unsero re sopra Israele. Attraverso la ricerca della figura ideale del re, quegli uomini cercavano Dio stesso: un Dio che si facesse vicino, che accettasse di accompagnarsi al cammino dell’uomo, che si facesse loro fratello.

Cristo, discendente del re Davide, è proprio il 'fratello' intorno al quale si costituisce il popolo, che si prende cura del suo popolo, di tutti noi, a costo della sua vita. In Lui noi siamo uno; un solo popolo uniti a Lui, condividiamo un solo cammino, un solo destino. Solamente in Lui, in Lui come centro, abbiamo l’identità come popolo.

E, infine, Cristo è il centro della storia dell’umanità, e anche il centro della storia di ogni uomo. A Lui possiamo riferire le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di cui è intessuta la nostra vita. Quando Gesù è al centro, anche i momenti più bui della nostra esistenza si illuminano, e ci dà speranza, come avviene per il buon ladrone nel Vangelo di oggi.

Mentre tutti gli altri si rivolgono a Gesù con disprezzo – 'Se tu sei il Cristo, il Re Messia, salva te stesso scendendo dal patibolo!' – quell’uomo, che ha sbagliato nella vita, alla fine si aggrappa pentito a Gesù crocifisso implorando: 'Ricordati di me, quando entrerai nel tuo regno'. E Gesù gli promette: 'Oggi con me sarai nel paradiso': il suo Regno. Gesù pronuncia solo la parola del perdono, non quella della condanna; e quando l’uomo trova il coraggio di chiedere questo perdono, il Signore non lascia mai cadere una simile richiesta. Oggi tutti noi possiamo pensare alla nostra storia, al nostro cammino. Ognuno di noi ha la sua storia; ognuno di noi ha anche i suoi sbagli, i suoi peccati, i suoi momenti felici e i suoi momenti bui. Ci farà bene, in questa giornata, pensare alla nostra storia, e guardare Gesù, e dal cuore ripetergli tante volte, ma con il cuore, in silenzio, ognuno di noi: 'Ricordati di me, Signore, adesso che sei nel tuo Regno! Gesù, ricordati di me, perché io ho voglia di diventare buono, ho voglia di diventare buona, ma non ho forza, non posso: sono peccatore, sono peccatore. Ma ricordati di me, Gesù! Tu puoi ricordarti di me, perché Tu sei al centro, Tu sei proprio nel tuo Regno!'. Che bello! Facciamolo oggi tutti, ognuno nel suo cuore, tante volte. 'Ricordati di me, Signore, Tu che sei al centro, Tu che sei nel tuo Regno!.

La promessa di Gesù al buon ladrone ci dà una grande speranza: ci dice che la grazia di Dio è sempre più abbondante della preghiera che l’ha domandata. Il Signore dona sempre di più, è tanto generoso, dona sempre di più di quanto gli si domanda: gli chiedi di ricordarsi di te, e ti porta nel suo Regno! Gesù è proprio il centro dei nostri desideri di gioia e di salvezza. Andiamo tutti insieme su questa strada!".

ANGELUS: PAPA FRANCESCO RICORDA L'HOLODOMOR, LA GRANDE FAME IN UCRAINA E RINGRAZIA TUTTI COLORO CHE HANNO LAVORATO PER L'ANNO DELLA FEDE

Città del Vaticano, 24 novembre 2013 (VIS). Al termine della Santa Messa per la chiusura dell’Anno della fede, il Santo Padre Francesco ha guidato la recita dell’Angelus con i fedeli presenti in Piazza San Pietro.

"Prima di concludere questa celebrazione - ha detto il Papa - desidero salutare tutti i pellegrini, le famiglie, i gruppi parrocchiali, le associazioni e i movimenti, venuti da tanti Paesi. Saluto i partecipanti al Congresso nazionale della Misericordia; saluto la comunità ucraina, che ricorda l’80° anniversario dell’'Holodomor', la 'grande fame' provocata dal regime sovietico che causò milioni di vittime".

"In questa giornata, il nostro pensiero riconoscente va ai missionari che, nel corso dei secoli, hanno annunciato il Vangelo e sparso il seme della fede in tante parti del mondo; tra questi il Beato Junípero Serra, missionario francescano spagnolo, di cui ricorre il terzo centenario della nascita".

"Non voglio finire senza un pensiero a tutti quelli che hanno lavorato per portare avanti quest’Anno della fede. Mons. Rino Fisichella, che ha guidato questo cammino: lo ringrazio tanto, di cuore, lui e tutti i suoi collaboratori. Grazie tante!".

"Ora preghiamo insieme l’Angelus. Con questa preghiera invochiamo la protezione di Maria specialmente per i nostri fratelli e le nostre sorelle che sono perseguitati a motivo della loro fede, e sono tanti!"

Al termine della recita della preghiera mariana, Papa Francesco ha ringraziato nuovamente tutti per la loro presenza ed ha augurato buona domenica e buon pranzo.

CATECUMENI: CUSTODITE L’ENTUSIASMO DEL PRIMO MOMENTO CHE VI HA FATTO APRIRE GLI OCCHI ALLA LUCE DELLA FEDE

Città del Vaticano, 23 novembre 2913 (VIS). Nel pomeriggio di oggi, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre ha presieduto il Rito di ammissione al Catecumenato, indetto nel contesto dell'Anno della fede. Erano presenti circa 500 catecumeni, provenienti da 47 paesi dei cinque continenti, accompagnati dai loro catechisti. Dalle ore 16:00, prima dell’arrivo del Santo Padre, sono state proposte ai presenti alcune testimonianze di adulti che si stanno preparando a ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana e di una coppia di catechisti. Alle ore 16.30 è iniziata la Liturgia, con i Riti di introduzione che si sono svolti nell’atrio della Basilica di San Pietro, dove il Papa ha accolto una rappresentanza dei candidati con i loro garanti, invitandoli poi ad entrare in chiesa.

Nel corso della Liturgia della Parola, prima della consegna del testo dei Vangeli ad alcuni dei catecumeni, Papa Francesco ha pronunciato l’omelia ed ha ricordato che i presenti provenivano da molti Paesi diversi "da tradizioni culturali ed esperienze differenti. Eppure,- ha detto - questa sera sentiamo di avere tra di noi tante cose in comune. Soprattutto ne abbiamo una: il desiderio di Dio. (...) Quanto è importante mantenere vivo questo desiderio (...). Se viene a mancare la sete del Dio vivente, la fede rischia di diventare abitudinaria, rischia di spegnersi, come un fuoco che non viene ravvivato. Rischia di diventare 'rancida', senza senso".

Papa Francesco ha citato il racconto del Vangelo nel quale Giovanni Battista indica ai suoi discepoli Gesù come l'Agnello di Dio. "Due di essi seguono il Maestro, e poi, a loro volta, diventano 'mediatori' che permettono ad altri di incontrare il Signore, di conoscerlo e di seguirlo. Ci sono tre momenti in questo racconto che richiamano l’esperienza del catecumenato".

"In primo luogo, c’è l’ascolto. I due discepoli hanno ascoltato la testimonianza del Battista. Anche voi, cari catecumeni, avete ascoltato coloro che vi hanno parlato di Gesù e vi hanno proposto di seguirlo (...). Nel tumulto di tante voci che risuonano intorno a noi e dentro di noi, voi avete ascoltato e accolto la voce che vi indicava Gesù come l’unico che può dare senso pieno alla nostra vita".

"Il secondo momento è l’incontro. I due discepoli incontrano il Maestro e rimangono con Lui. Dopo averlo incontrato, avvertono subito qualcosa di nuovo nel loro cuore: l’esigenza di trasmettere la loro gioia anche agli altri, affinché anch’essi lo possano incontrare. Andrea, infatti, incontra suo fratello Simone e lo conduce da Gesù. Quanto ci fa bene contemplare questa scena! Ci ricorda che Dio non ci ha creato per essere soli, chiusi in noi stessi, ma per poter incontrare Lui e per aprirci all’incontro con gli altri. Dio per primo viene verso ognuno di noi; e questo è meraviglioso! (...) Nella Bibbia Dio appare sempre come colui che prende l’iniziativa dell’incontro con l’uomo: è Lui che cerca l’uomo, e di solito lo cerca proprio mentre l’uomo fa l’esperienza amara e tragica di tradire Dio e di fuggire da Lui. Dio non aspetta a cercarlo: lo cerca subito. È un cercatore paziente il nostro Padre! Lui ci precede e ci aspetta sempre. Non si stanca di aspettarci (...) E quando avviene l’incontro, non è mai un incontro frettoloso, perché Dio desidera rimanere a lungo con noi per sostenerci, per consolarci, per donarci la sua gioia. Dio si affretta per incontrarci, ma mai ha fretta di lasciarci. (...). Come noi aneliamo a Lui (...) così anche Lui ha desiderio di stare con noi, perché noi (...) siamo le sue creature".

"L’ultimo tratto del racconto è camminare. I due discepoli - ha spiegato il Papa - camminano verso Gesù e poi fanno un tratto di strada insieme con Lui. (...) La fede è un cammino con Gesù (...) ed è un cammino che dura tutta la vita. Alla fine ci sarà l’incontro definitivo. Certo, in alcuni momenti di questo cammino ci sentiamo stanchi e confusi. La fede però ci dà la certezza della presenza costante di Gesù in ogni situazione, anche la più dolorosa o difficile da capire".

"Cari catecumeni - ha concluso il Pontefice - oggi voi iniziate il cammino del catecumenato. Vi auguro di percorrerlo con gioia, certi del sostegno di tutta la Chiesa, che guarda a voi con tanta fiducia. Maria, la discepola perfetta, vi accompagna (...). Vi invito a custodire l’entusiasmo del primo momento che vi ha fatto aprire gli occhi alla luce della fede".
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