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Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

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giovedì 4 febbraio 2010

SALVEZZA IN CRISTO FONDAMENTO GIUSTIZIA UMANA


CITTA' DEL VATICANO, 4 FEB. 2010 (VIS). Questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la presentazione del Messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2010, intitolato "La giustizia di Dio si è manifestata per mezzo della fede in Cristo (cfr Rm 3,21-22)".

  Alla presentazione sono intervenuti il Cardinale Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", con il Monsignor Giampietro del Toso, Sotto-Segretario del medesimo Dicastero,  ed il Dottor Hans-Gert Pöttering, ex Presidente del Parlamento Europeo e Presidente della Fondazione Konrad Adenauer,

  Nel commentare il Messaggio, il Dottor Pöttering ha affermato che: "Il Santo Padre indica che una forma radicale secolarizzata di giustizia distributiva separata dalla fede in Dio si converte in ideologia. Come politico" - ha affermato - "vorrei aggiungere: Abbiamo sperimentato fin dove può arrivare questa idea in un sistema socialista in decadenza".

  "Solidarietà e carità implicano la responsabilità di difendere e proteggere" - ha proseguito il Dottor Pöttering - "la dignità universale di ogni essere umano in tutto il mondo e in tutte le circostanze. Se vogliamo preservare la libertà e incrementare la giustizia, dobbiamo situare il valore della fraternità o la solidarietà al centro del nostro pensiero politico".

  Nel ricordare le parole di Paolo VI: "Lo sviluppo è il nuovo nome della pace", il Dottor Pöttering ha affermato che: "È necessario avanzare di un passo e dire: 'La solidarietà è il nuovo nome della pace'. Nell'affermare ciò poniamo nuovamente la libertà e l'uguaglianza in appropriato equilibrio con la solidarietà".

  "Il Santo Padre" - ha concluso il Dottor Pöttering - "ha indicato due essenziali conclusioni di come il cristiano concepisca la giustizia: rinunciare all'autosufficienza ed accettare la nostra missione con umiltà. Questa è la chiave di ogni politica impegnata nella responsabilità cristiana - non solo nella Stagione Quaresimale 2010 ma nel XXI secolo con l'enorme compito di forgiare la globalizzazione".

  "Non senza motivo risuona dovunque nel mondo l'appello per la giustizia" - ha detto il Cardinale Cordes nel suo intervento - "Il mondo della politica e la convivenza dei popoli richiedono ovunque questo rapporto tra le diverse forze sociali. È questo il campo della giustizia" che "viene calpestata con la violenza, con l'oppressione della libertà e con il mancato rispetto della dignità umana, con cattive leggi e con la violazione dei diritti, con lo sfruttamento e con stipendi da fame".

  "Ci sono dunque fattori sociali che vanno corretti; e in tale lotta - non va dimenticato - la Chiesa ha senz'altro i suoi meriti" - ha affermato il Porporato ricordando che: "Seguendo l'esempio di Gesù, già i primi cristiani si sono fatti carico del bisogno dell'uomo. (...) O più tardi, in quel medioevo che si dice essere così 'buio', pensiamo alla 'Tregua Dei', gli uomini di Chiesa mettevano al sicuro i beni della gente semplice di fronte alla nobiltà; invitavano a manifestazioni di massa che al grido 'Pax - pax - pax' promuovevano il desiderio entusiastico di una convivenza pacifica".

  "Poi in epoca moderna: quando gli Stati europei fecero diventare altri paesi e continenti loro coloni, sottoponendoli non di rado a sfruttamento selvaggio, missionari cristiani e religiose non solo portarono agli abitanti di quelle terre la fede, ma insegnarono loro spesso anche stile e qualità di vita".

  "Ma chi analizza in modo più preciso i contributi della Chiesa a favore di una intesa pacifica tra gli esseri umani, fa presto ad osservare che il problema di una convivenza giusta non può essere risolto soltanto con interventi mondani. (...) Come il Papa così anche noi dobbiamo andare oltre il modo comune di concepire l'antropologia per giungere a una visione dell'uomo completa: così il concetto di giustizia rivela tutto il suo contenuto".

  "Il male viene dal di dentro, dal cuore dell'uomo come dice il Signore nel Vangelo (cfr. Mc 7, 14 ss.). William Shakespeare e Georges Bernanos lo hanno fatto vedere nelle loro opere, come per esempio in "Riccardo III" o in "Sotto il sole di Satana"; Stalin - per esempio in Ucraina - e Hitler - a Auschwitz - non si facevano scrupoli a lasciare libero sfogo alla propria malignità. Proprio l'esperienza del male ci insegna che sarebbe ingenuo affidarsi solamente alla giustizia umana che interviene sulle strutture e sui comportamenti dall'esterno. Il cuore degli uomini ha bisogno di essere sanato".

  Il Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum" ha ricordato che: "Come ogni anno, il Messaggio Quaresimale esorta tutti gli uomini del nostro tempo a compiere buone azioni. (...) Ma la parola del Papa è soprattutto una sfida alla nostra volontà a fidarsi di Dio e a credere in Lui. Mette quindi a tema ciò che nella discussione generale sulla giustizia e sulla pace viene facilmente dimenticato o taciuto. A un tale auto-isolamento lontano da Dio - si potrebbe parlare di un "autismo dell'uomo causato dalla secolarizzazione" - papa Benedetto contrappone il suo fermo riferimento a Dio e la sua offerta di amore".

  "Nell'ultima parte del suo Messaggio il Papa mette in risalto la salvezza in Cristo come il fondamento della giustizia umana" - ha concluso l'Arcivescovo Cordes - "Di fronte alla giustizia della Croce l'uomo si può ribellare, perché essa mette in evidenza che l'uomo non è un essere autarchico, ma ha bisogno di un Altro per essere pienamente se stesso. Convertirsi a Cristo, credere al Vangelo, significa in fondo proprio questo".
OP/MESSAGGIO QUARESIMA/PÖTTERING:CORDES           VIS 20100204 (870)


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA QUARESIMA 2010


CITTA' DEL VATICANO, 4 FEB. 2010 (VIS). Oggi è stato reso pubblico il Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la Quaresima 2010, datato 30 ottobre 2009, dal titolo: "La giustizia di Dio si è manifestata per mezzo della fede in Cristo (cfr Rm 3,21-22)", affermazione di San Paolo nella Lettera ai Romani. Di seguito riportiamo il documento in versione integrale in lingua italiana.

  "Cari fratelli e sorelle, ogni anno, in occasione della Quaresima, la Chiesa ci invita a una sincera revisione della nostra vita alla luce degli insegnamenti evangelici. Quest'anno vorrei proporvi alcune riflessioni sul vasto tema della giustizia, partendo dall'affermazione paolina: 'La giustizia di Dio si è manifestata per mezzo della fede in Cristo' (cfr Rm 3,21-22)".

  "Giustizia: "dare cuique suum". Mi soffermo in primo luogo sul significato del termine "giustizia", che nel linguaggio comune implica "dare a ciascuno il suo - dare cuique suum", secondo la nota espressione di Ulpiano, giurista romano del III secolo. In realtà, però, tale classica definizione non precisa in che cosa consista quel "suo" da assicurare a ciascuno. Ciò di cui l'uomo ha più bisogno non può essergli garantito per legge. Per godere di un'esistenza in pienezza, gli è necessario qualcosa di più intimo che può essergli accordato solo gratuitamente: potremmo dire che l'uomo vive di quell'amore che solo Dio può comunicargli avendolo creato a sua immagine e somiglianza. Sono certamente utili e necessari i beni materiali - del resto Gesù stesso si è preoccupato di guarire i malati, di sfamare le folle che lo seguivano e di certo condanna l'indifferenza che anche oggi costringe centinaia di milioni di essere umani alla morte per mancanza di cibo, di acqua e di medicine -, ma la giustizia "distributiva" non rende all'essere umano tutto il "suo" che gli è dovuto. Come e più del pane, egli ha infatti bisogno di Dio. Nota sant'Agostino: se "la giustizia è la virtù che distribuisce a ciascuno il suo... non è giustizia dell'uomo quella che sottrae l'uomo al vero Dio" (De civitate Dei, XIX, 21).

  "Da dove viene l'ingiustizia? L'evangelista Marco riporta le seguenti parole di Gesù, che si inseriscono nel dibattito di allora circa ciò che è puro e ciò che è impuro: "Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro... Ciò che esce dall'uomo è quello che rende impuro l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male" (Mc 7,14-15.20-21). Al di là della questione immediata relativa al cibo, possiamo scorgere nella reazione dei farisei una tentazione permanente dell'uomo: quella di individuare l'origine del male in una causa esteriore. Molte delle moderne ideologie hanno, a ben vedere, questo presupposto: poiché l'ingiustizia viene "da fuori", affinché regni la giustizia è sufficiente rimuovere le cause esteriori che ne impediscono l'attuazione. Questo modo di pensare - ammonisce Gesù - è ingenuo e miope. L'ingiustizia, frutto del male, non ha radici esclusivamente esterne; ha origine nel cuore umano, dove si trovano i germi di una misteriosa connivenza col male. Lo riconosce amaramente il Salmista: "Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre" (Sal 51,7). Sì, l'uomo è reso fragile da una spinta profonda, che lo mortifica nella capacità di entrare in comunione con l'altro. Aperto per natura al libero flusso della condivisione, avverte dentro di sé una strana forza di gravità che lo porta a ripiegarsi su se stesso, ad affermarsi sopra e contro gli altri: è l'egoismo, conseguenza della colpa originale. Adamo ed Eva, sedotti dalla menzogna di Satana, afferrando il misterioso frutto contro il comando divino, hanno sostituito alla logica del confidare nell'Amore quella del sospetto e della competizione; alla logica del ricevere, dell'attendere fiducioso dall'Altro, quella ansiosa dell'afferrare e del fare da sé (cfr Gen 3,1-6), sperimentando come risultato un senso di inquietudine e di incertezza. Come può l'uomo liberarsi da questa spinta egoistica e aprirsi all'amore?".

  "Giustizia e Sedaqah. Nel cuore della saggezza di Israele troviamo un legame profondo tra fede nel Dio che "solleva dalla polvere il debole" (Sal 113,7) e giustizia verso il prossimo. La parola stessa con cui in ebraico si indica la virtù della giustizia, sedaqah, ben lo esprime. Sedaqah infatti significa, da una parte, accettazione piena della volontà del Dio di Israele; dall'altra, equità nei confronti del prossimo (cfr Es 20,12-17), in modo speciale del povero, del forestiero, dell'orfano e della vedova (cfr Dt 10,18-19). Ma i due significati sono legati, perché il dare al povero, per l'israelita, non è altro che il contraccambio dovuto a Dio, che ha avuto pietà della miseria del suo popolo. Non a caso il dono delle tavole della Legge a Mosè, sul monte Sinai, avviene dopo il passaggio del Mar Rosso. L'ascolto della Legge, cioè, presuppone la fede nel Dio che per primo ha 'ascoltato il lamento' del suo popolo ed è "sceso per liberarlo dal potere dell'Egitto" (cfr Es 3,8). Dio è attento al grido del misero e in risposta chiede di essere ascoltato: chiede giustizia verso il povero (cfr Sir 4,4-5.8-9), il forestiero (cfr Es 22,20), lo schiavo (cfr Dt 15,12-18). Per entrare nella giustizia è pertanto necessario uscire da quell'illusione di auto-sufficienza, da quello stato profondo di chiusura, che è l'origine stessa dell'ingiustizia. Occorre, in altre parole, un "esodo" più profondo di quello che Dio ha operato con Mosè, una liberazione del cuore, che la sola parola della Legge è impotente a realizzare. C'è dunque per l'uomo speranza di giustizia?"

"Cristo, giustizia di Dio. L'annuncio cristiano risponde positivamente alla sete di giustizia dell'uomo, come afferma l'apostolo Paolo nella Lettera ai Romani: "Ora invece, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio... per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. Infatti non c'è differenza, perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. E' lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue" (3,21-25).

  "Quale è dunque la giustizia di Cristo? E' anzitutto la giustizia che viene dalla grazia, dove non è l'uomo che ripara, guarisce se stesso e gli altri. Il fatto che l'"espiazione" avvenga nel "sangue" di Gesù significa che non sono i sacrifici dell'uomo a liberarlo dal peso delle colpe, ma il gesto dell'amore di Dio che si apre fino all'estremo, fino a far passare in sé "la maledizione" che spetta all'uomo, per trasmettergli in cambio la "benedizione" che spetta a Dio (cfr Gal 3,13-14). Ma ciò solleva subito un'obiezione: quale giustizia vi è là dove il giusto muore per il colpevole e il colpevole riceve in cambio la benedizione che spetta al giusto? Ciascuno non viene così a ricevere il contrario del "suo"? In realtà, qui si dischiude la giustizia divina, profondamente diversa da quella umana. Dio ha pagato per noi nel suo Figlio il prezzo del riscatto, un prezzo davvero esorbitante. Di fronte alla giustizia della Croce l'uomo si può ribellare, perché essa mette in evidenza che l'uomo non è un essere autarchico, ma ha bisogno di un Altro per essere pienamente se stesso. Convertirsi a Cristo, credere al Vangelo, significa in fondo proprio questo: uscire dall'illusione dell'autosufficienza per scoprire e accettare la propria indigenza - indigenza degli altri e di Dio, esigenza del suo perdono e della sua amicizia".

  "Si capisce allora come la fede sia tutt'altro che un fatto naturale, comodo, ovvio: occorre umiltà per accettare di aver bisogno che un Altro mi liberi del "mio", per darmi gratuitamente il "suo". Ciò avviene particolarmente nei sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia. Grazie all'azione di Cristo, noi possiamo entrare nella giustizia "più grande", che è quella dell'amore (cfr Rm 13,8-10), la giustizia di chi si sente in ogni caso sempre più debitore che creditore, perché ha ricevuto più di quanto si possa aspettare".

  "Proprio forte di questa esperienza, il cristiano è spinto a contribuire a formare società giuste, dove tutti ricevono il necessario per vivere secondo la propria dignità di uomini e dove la giustizia è vivificata dall'amore".

  "Cari fratelli e sorelle, la Quaresima culmina nel Triduo Pasquale, nel quale anche quest'anno celebreremo la giustizia divina, che è pienezza di carità, di dono, di salvezza. Che questo tempo penitenziale sia per ogni cristiano tempo di autentica conversione e d'intensa conoscenza del mistero di Cristo, venuto a compiere ogni giustizia. Con tali sentimenti, imparto di cuore a tutti l'Apostolica Benedizione".
MESS/QUARESIMA 2010/...                         VIS 20100204 (1420)

TELEGRAMMA OLIMPIADI INVERNALI IN CANADA


CITTA' DEL VATICANO, 4 FEB. 2010 (VIS). Oggi è stato reso pubblico il testo del telegramma che il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto pervenire all'Arcivescovo J. Michael Miller, C.S.B., di Vancouver (Canada), in occasione delle celebrazioni della XXI edizione dei Giochi Olimpici Invernali e della X edizione dei Giochi Paraolimpici Invernali che si terranno nell'Arcidiocesi di Vancouver e nella Diocesi di Kamloops, dal 12 al 28 febbraio prossimo.

  Il Papa auspica che lo sport possa essere sempre "un valido propulsore di edificazione di pace ed amicizia fra i popoli e le nazioni" ed elogia l'iniziativa ecumenica "More than Gold" che promuove l'assistenza materiale e spirituale dei partecipanti ai Giochi.
TGR/GIOCHI OLIMPICI INVERNALI/MILLER                   VIS 20100204 (120)


UDIENZE

CITTA' DEL VATICANO, 4 FEB. 2010 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienze separate:

  Due Presuli della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles:

    - Il Vescovo Charles Phillip Richard Moth, Ordinario Militare per la Gran Bretagna.

  - Il Padre Michael Bernard McPartland, S.M.A., Prefetto Apostolico delle Falkland Islands o Malvinas; Superiore della Missione "sui iuris" di Saint Helena, Ascension and Tristan da Cunha.

  Tre Presuli della Conferenza Episcopale di Scozia, in Visita "ad Limina Apostolorum":

    - Il Cardinale Keith Michael Patrick O'Brien, Arcivescovo di Saint Andrews and Edinburgh.

    - L'Arcivescovo Mario Joseph Conti, di Glasgow.

- Il Vescovo Joseph Devine, di Motherwell.
AL/.../.../                                    VIS 20100204 (110)

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