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mercoledì 11 aprile 2012

LA FEDE IN CRISTO RISORTO TRASFORMA LA VITA, LIBERA DALLA PAURA E RICOLMA DI SPERANZA

Città del Vaticano, 11 aprile 2012 (VIS). Nella catechesi dell'Udienza Generale di oggi, il Santo Padre ha spiegato la trasformazione che la Pasqua di Gesù ha provocato nei suoi discepoli, ed ha presentato alcune riflessioni sul significato che la Pasqua ha oggi per i cristiani: la fede nel Risorto "trasforma la nostra vita: la libera dalla paura, le dà ferma speranza, la rende animata da ciò che dona pieno senso all'esistenza, l'amore di Dio".

Benedetto XVI ha ricordato che la sera del giorno della Risurrezione, i discepoli erano chiusi in casa, pieni di timore ed incertezza nel ricordo della Passione del Maestro. "Questa situazione di angoscia dei discepoli cambia radicalmente con l’arrivo di Gesù. Egli entra a porte chiuse, sta in mezzo a loro e dona la pace (...) Egli la dona in pienezza ed essa diventa per la comunità fonte di gioia, certezza di vittoria, sicurezza nell’appoggiarsi a Dio".

"Dopo questo saluto, Gesù mostra ai discepoli le ferite delle mani e del fianco (cfr Gv 20,20), segni di ciò che è stato e che mai più si cancellerà: la sua umanità gloriosa resta 'ferita'. Questo gesto ha lo scopo di confermare la nuova realtà della Risurrezione: il Cristo che ora sta tra i suoi è una persona reale, lo stesso Gesù che tre giorni prima fu inchiodato alla croce. Ed è così che, nella luce sfolgorante della Pasqua, nell’incontro con il Risorto, i discepoli colgono il senso salvifico della sua passione e morte. Allora, dalla tristezza e dalla paura passano alla gioia piena".

Gesù dice loro di nuovo: "'Pace a voi'. È evidente ormai che non è solo un saluto - ha precisato il Papa - È un dono, il dono che il Risorto vuole fare ai suoi amici, ed è al tempo stesso una consegna: questa pace, acquistata da Cristo col suo sangue, è per loro ma anche per tutti, e i discepoli dovranno portarla in tutto il mondo. (...) Gesù (...) ha completato la sua opera nel mondo, ora tocca a loro seminare nei cuori la fede (...).  Perciò Gesù compie il gesto di soffiare su di loro e li rigenera nel suo Spirito; questo gesto è il segno della nuova creazione. Con il dono dello Spirito Santo che proviene dal Cristo risorto ha inizio infatti un mondo nuovo.

"Anche oggi il Risorto entra nelle nostre case e nei nostri cuori, nonostante a volte le porte siano chiuse. Entra donando gioia e pace, vita e speranza, doni di cui abbiamo bisogno per la nostra rinascita umana e spirituale. (...) Solo Lui, il Vivente, può dare senso all’esistenza e far riprendere il cammino a chi è stanco e triste, sfiduciato e privo di speranza".

È quanto hanno sperimentato i due discepoli che il giorno di Pasqua erano in cammino da Gerusalemme verso Emmaus, pieni di tristezza per la recente morte del Maestro. Gesù si accosta ai due discepoli e cammina con loro, senza essere riconosciuto, spiegando loro che in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui affinché comprendessero la sua missione salvifica. Giunti al villaggio di uno dei due, i discepoli invitano il forestiero a fermarsi con loro e finalmente lo riconoscono quando Gesù benedice e spezza il pane. "Questo episodio - ha segnalato il Pontefice - ci indica due 'luoghi' privilegiati dove possiamo incontrare il Risorto che trasforma la nostra vita: (...) la Parola e l'Eucaristia".

I discepoli di Emmaus fecero ritorno a Gerusalemme per unirsi agli altri poiché "Rinasce infatti in loro l’entusiasmo della fede, l’amore per la comunità, il bisogno di comunicare la buona notizia. Il Maestro è risorto e con Lui tutta la vita risorge; testimoniare questo evento diventa per essi una insopprimibile necessità".

Il Tempo pasquale ha spiegato il Pontefice deve essere per il cristiano occasione propizia di riscoprire con gioia ed entusiasmo le sorgenti della fede. "Si tratta di compiere lo stesso itinerario che Gesù fece fare ai due discepoli di Emmaus, attraverso la riscoperta della Parola di Dio e dell’Eucaristia. Il culmine di questo cammino, allora come oggi, è la Comunione eucaristica: nella Comunione Gesù ci nutre con il suo Corpo e il suo Sangue, per essere presente nella nostra vita, per renderci nuovi, animati dalla potenza dello Spirito Santo".

Infine il Santo Padre ha invitato i fedeli a tener fede al Risorto che "vivo e vero, è sempre presente in mezzo a noi; cammina con noi per guidare la nostra vita. Abbiamo fiducia nel Risorto che ha il potere di dare la vita, di farci rinascere come figli di Dio, capaci di credere e di amare. La fede in Lui trasforma la nostra vita: la libera dalla paura, le dà ferma speranza, la rende animata da ciò che dona pieno senso all’esistenza, l’amore di Dio".

IN BREVE


SUA BEATITUDINE CARDINALE IGNACE MOUSSA I DAOUD, Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali e Patriarca emerito di Antiochia dei Siri, è morto a Roma sabato 7 aprile, all'età di 82 anni. Nel telegramma di cordoglio inviato a Sua Beatitudine Ignace Youssif III Younamm, Patriarca di Antiochia dei Siri, il Santo Padre Benedetto XVI esprime la sua vicinanza alla Chiesa Patriarcale della quale il defunto fu "zelante pastore". Il Papa ricorda anche le popolazioni della regione che vivono momenti molto difficili. Le esequie del Cardinale Moussa I Daoud sono stati celebrate nel pomeriggio di ieri alle 17:00, nella Basilica di San Pietro.

IL 7 APRILE È STATA PUBBLICATA LA LETTERA CON LA QUALE IL SANTO PADRE ha nominato il Cardinale Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni di apertura del pellegrinaggio alla "Sacra Tunica" nel V centenario dell'ostensione pubblica che avrà luogo il 13 aprile nel Duomo di Trier, (Repubblica Federale di Germania).  Accompagneranno il Cardinale i Canonici del Capitolo della Cattedrale di Trier, Monsignor Rainer Scherschel ed il Reverendo Don Reinhold Bohlen.

BENEDETTO XVI HA INVIATO UN TELEGRAMMA DI CORDOGLIO all'Arcivescovo Octavio González Nieves, O.F.M., di San Juan de Puerto Rico (Porto Rico), per la morte, il 10 aprile, all'età di 89 anni, del Cardinale Luis Aponte Martínez, Arcivescovo emerito della medesima Arcidiocesi. Il Santo Padre ricorda che il Cardinale partecipò al Concilio Vaticano II e realizzò "in questa chiesa particolare le sue istruzioni". Inoltre "il defunto testimoniò il suo grande amore a Dio e alla Chiesa, e la sua grande dedizione alla diffusione del Vangelo".

ALTRI ATTI PONTIFICI


Città del Vaticano, 11 aprile 2012 (VIS). Il Santo Padre ha nominato il Cardinale Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi, Legato Pontificio per la celebrazione del 50° Congresso Eucaristico Internazionale, che avrà luogo a Dublino (Irlanda) nei giorni 10-17 giugno 2012.

SANTA MESSA DEL CRISMA: SACERDOTI CONFIGURATI A CRISTO

Città del Vaticano, 5 Aprile 2012 (VIS). Questa mattina alle 9:30, Benedetto XVI ha presieduto nella Basilica Vaticana la Santa Messa del Crisma, che si tiene il Giovedì Santo in tutte le Chiese Cattedrali. Hanno concelebrato con il Santo Padre i Cardinali, i Vescovi e
i Presbiteri, circa 1600 tra diocesani e religiosi presenti a Roma.

Durante la celebrazione eucaristica i sacerdoti hanno rinnovato le promesse pronunciate al momento dell'ordinazione e successivamente sono stati benedetti l'olio dei catecumeni, l'olio degli infermi e il crisma. Seguono estratti dell'omelia tenuta dal Santo Padre:

"In questa Santa Messa i nostri pensieri ritornano all’ora in cui il Vescovo, mediante l’imposizione delle mani e la preghiera, ci ha introdotti nel sacerdozio di Gesù Cristo, così che fossimo 'consacrati nella verità', come Gesù, nella sua Preghiera sacerdotale, ha chiesto per noi al Padre. Egli stesso è la Verità. Ci ha consacrati, cioè consegnati per sempre a Dio, affinché, a partire da Dio e in vista di Lui, potessimo servire gli uomini. Ma siamo anche consacrati nella realtà della nostra vita? Siamo uomini che operano a partire da Dio e in comunione con Gesù Cristo?". (...)

"È richiesto che noi, che io non rivendichi la mia vita per me stesso, ma la metta a disposizione di un altro – di Cristo. Che non domandi: che cosa ne ricavo per me?, bensì: che cosa posso dare io per Lui e così per gli altri? O ancora più concretamente: come deve realizzarsi questa conformazione a Cristo, il quale non domina, ma serve; non prende, ma dà – come deve realizzarsi nella situazione spesso drammatica della Chiesa di oggi? Di recente, un gruppo di sacerdoti in un Paese europeo ha pubblicato un appello alla disobbedienza, portando al tempo stesso anche esempi concreti di come possa esprimersi questa disobbedienza, che dovrebbe ignorare addirittura decisioni definitive del Magistero – ad esempio nella questione circa l’Ordinazione delle donne, in merito alla quale il beato Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato in maniera irrevocabile che la Chiesa, al riguardo, non ha avuto alcuna autorizzazione da parte del Signore".

"La disobbedienza è una via per rinnovare la Chiesa? Vogliamo credere agli autori di tale appello, quando affermano di essere mossi dalla sollecitudine per la Chiesa; di essere convinti che si debba affrontare la lentezza delle Istituzioni con mezzi drastici per aprire vie nuove – per riportare la Chiesa all’altezza dell’oggi. Ma la disobbedienza è veramente una via? Si può percepire in questo qualcosa della conformazione a Cristo, che è il presupposto di ogni vero rinnovamento, o non piuttosto soltanto la spinta disperata a fare qualcosa, a trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee?".

"Ma non semplifichiamo troppo il problema. Cristo non ha forse corretto le tradizioni umane che minacciavano di soffocare la parola e la volontà di Dio? Sì, lo ha fatto, per risvegliare nuovamente l’obbedienza alla vera volontà di Dio, alla sua parola sempre valida. A Lui stava a cuore proprio la vera obbedienza, contro l’arbitrio dell’uomo. E non dimentichiamo: Egli era il Figlio, con l’autorità e la responsabilità singolari di svelare l’autentica volontà di Dio, per aprire così la strada della parola di Dio verso il mondo dei gentili. E infine: Egli ha concretizzato il suo mandato con la propria obbedienza e umiltà fino alla Croce, rendendo così credibile la sua missione. Non la mia, ma la tua volontà: questa è la parola che rivela il Figlio, la sua umiltà e insieme la sua divinità, e ci indica la strada".

"Lasciamoci interrogare ancora una volta: non è che con tali considerazioni viene, di fatto, difeso l’immobilismo, l’irrigidimento della tradizione? No. Chi guarda alla storia dell’epoca post-conciliare, può riconoscere la dinamica del vero rinnovamento, che ha spesso assunto forme inattese in movimenti pieni di vita e che rende quasi tangibili l’inesauribile vivacità della santa Chiesa, la presenza e l’azione efficace dello Spirito Santo. E se guardiamo alle persone, dalle quali sono scaturiti e scaturiscono questi fiumi freschi di vita, vediamo anche che per una nuova fecondità ci vogliono l’essere ricolmi della gioia della fede, la radicalità dell’obbedienza, la dinamica della speranza e la forza dell’amore".

"Cari amici, vorrei brevemente toccare ancora due parole-chiave della rinnovazione delle promesse sacerdotali, che dovrebbero indurci a riflettere in quest’ora della Chiesa e della nostra vita personale. (...) Nell’incontro dei Cardinali in occasione del recente Concistoro, diversi Pastori, in base alla loro esperienza, hanno parlato di un analfabetismo religioso che si diffonde in mezzo alla nostra società così intelligente. Gli elementi fondamentali della fede, che in passato ogni bambino conosceva, sono sempre meno noti. Ma per poter vivere ed amare la nostra fede, (...) dobbiamo sapere che cosa Dio ci ha detto; la nostra ragione ed il nostro cuore devono essere toccati dalla sua parola. L’Anno della Fede, il ricordo dell’apertura del Concilio Vaticano II 50 anni fa, deve essere per noi un’occasione di annunciare il messaggio della fede con nuovo zelo e con nuova gioia. Lo troviamo naturalmente in modo fondamentale e primario nella Sacra Scrittura, che non leggeremo e mediteremo mai abbastanza. Ma in questo facciamo tutti l’esperienza di aver bisogno di aiuto per trasmetterla rettamente nel presente, affinché tocchi veramente il nostro cuore. Questo aiuto lo troviamo in primo luogo nella parola della Chiesa docente: i testi del Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica sono gli strumenti essenziali che ci indicano in modo autentico ciò che la Chiesa crede a partire dalla Parola di Dio. E naturalmente ne fa parte anche tutto il tesoro dei documenti che Papa Giovanni Paolo II ci ha donato e che è ancora lontano dall’essere sfruttato fino in fondo".

"Ogni nostro annuncio deve misurarsi sulla parola di Gesù Cristo: 'La mia dottrina non è mia' (Gv 7,16). Non annunciamo teorie ed opinioni private, ma la fede della Chiesa della quale siamo servitori. Ma questo naturalmente non deve significare che io non sostenga questa dottrina con tutto me stesso e non stia saldamente ancorato ad essa. (...) Se non annunciamo noi stessi e se interiormente siamo diventati tutt’uno con Colui che ci ha chiamati come suoi messaggeri così che siamo plasmati dalla fede e la viviamo, allora la nostra predicazione sarà credibile. Non reclamizzo me stesso, ma dono me stesso".

L’ultima parola-chiave a cui vorrei ancora accennare si chiama zelo per le anime (animarum zelus). È un’espressione fuori moda che oggi quasi non viene più usata. In alcuni ambienti, la parola anima è considerata addirittura una parola proibita, perché – si dice – esprimerebbe un dualismo tra corpo e anima, dividendo a torto l’uomo. (...) Un sacerdote non appartiene mai a se stesso. Le persone devono percepire il nostro zelo, mediante il quale diamo una testimonianza credibile per il Vangelo di Gesù Cristo".

GIOVEDÌ SANTO: GESÙ SCIOGLIE CONTRADDIZIONE FRA OBBEDIENZA E LIBERTÀ

Città del Vaticano, 5 aprile 2012 (VIS). Alle ore 17:30 di questo pomeriggio, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto nella Basilica di San Giovanni in Laterano la concelebrazione della Santa Messa "nella Cena del Signore", dando inizio al Triduo Pasquale 2012. Il giorno del Giovedì Santo, durante la Liturgia, il Papa ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a dodici sacerdoti della diocesi di Roma.

"Il Giovedì Santo - ha detto il Papa nell'omelia - non è solo il giorno dell’istituzione della Santissima Eucaristia, il cui splendore certamente s’irradia su tutto il resto e lo attira, per così dire, dentro di sé. Fa parte del Giovedì Santo anche la notte oscura del Monte degli Ulivi, verso la quale Gesù esce con i suoi discepoli; fa parte di esso la solitudine e l’essere abbandonato di Gesù, che pregando va incontro al buio della morte".

"I discepoli, la cui vicinanza Gesù cercò in quell’ora di estremo travaglio come elemento di sostegno umano, si addormentarono presto. Sentirono tuttavia alcuni frammenti delle parole di preghiera di Gesù e osservarono il suo atteggiamento. (...) Gesù chiama Dio 'Abbà'. Ciò significa – come essi aggiungono – 'Padre'. Non è, però, la forma usuale per la parola "padre", bensì una parola del linguaggio dei bambini – una parola affettuosa con cui non si osava rivolgersi a Dio. È il linguaggio di Colui che è veramente "bambino", Figlio del Padre, di Colui che si trova nella comunione con Dio, nella più profonda unità con Lui".

"Se ci domandiamo in che cosa consista l’elemento più caratteristico della figura di Gesù nei Vangeli, dobbiamo dire: è il suo rapporto con Dio. (...) Ora conosciamo Dio così come è veramente. Egli è Padre, e questo in una bontà assoluta alla quale possiamo affidarci. L’evangelista Marco, che ha conservato i ricordi di san Pietro, ci racconta che Gesù, all’appellativo "Abba", ha ancora aggiunto: Tutto è possibile a te, tu puoi tutto (cfr 14,36). Colui che è la Bontà, è al contempo potere, è onnipotente. Il potere è bontà e la bontà è potere. Questa fiducia la possiamo imparare dalla preghiera di Gesù sul Monte degli Ulivi.

"Luca, (...) ci dice che Gesù pregava in ginocchio. Negli Atti degli Apostoli, egli parla della preghiera in ginocchio da parte dei santi (...). I cristiani, con il loro inginocchiarsi, entrano nella preghiera di Gesù sul Monte degli Ulivi. Nella minaccia da parte del potere del male, essi, in quanto inginocchiati, sono dritti di fronte al mondo, ma, in quanto figli, sono in ginocchio davanti al Padre. Davanti alla gloria di Dio, noi cristiani ci inginocchiamo e riconosciamo la sua divinità, ma esprimiamo in questo gesto anche la nostra fiducia che Egli vinca".

"Gesù lotta con il Padre. Egli lotta con se stesso. E lotta per noi. Sperimenta l’angoscia di fronte al potere della morte. Questo è innanzitutto semplicemente lo sconvolgimento, proprio dell’uomo e anzi di ogni creatura vivente, davanti alla presenza della morte. In Gesù, tuttavia, si tratta di qualcosa di più. Egli allunga lo sguardo nelle notti del male. Vede la marea sporca di tutta la menzogna e di tutta l’infamia che gli viene incontro in quel calice che deve bere. È lo sconvolgimento del totalmente Puro e Santo di fronte all’intero profluvio del male di questo mondo, che si riversa su di Lui. (...) La Lettera agli Ebrei, pertanto, ha qualificato la lotta di Gesù sul Monte degli Ulivi come un evento sacerdotale. In questa preghiera di Gesù, pervasa da angoscia mortale, il Signore compie l’ufficio del sacerdote: prende su di sé il peccato dell’umanità, tutti noi, e ci porta presso il Padre".

"Infine, dobbiamo ancora prestare attenzione al contenuto della preghiera di Gesù sul Monte degli Ulivi. Gesù dice: 'Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu". La volontà naturale dell’Uomo Gesù indietreggia spaventata davanti ad una cosa così immane. Chiede che ciò gli sia risparmiato. Tuttavia, in quanto Figlio, depone questa volontà umana nella volontà del Padre: non io, ma tu. Con ciò Egli ha trasformato l’atteggiamento di Adamo, il peccato primordiale dell’uomo, sanando in questo modo l’uomo. L’atteggiamento di Adamo era stato: Non ciò che hai voluto tu, Dio; io stesso voglio essere dio. (...) È questa la ribellione fondamentale che pervade la storia e la menzogna di fondo che snatura la nostra vita. Quando l’uomo si mette contro Dio, si mette contro la propria verità e pertanto non diventa libero, ma alienato da se stesso. Siamo liberi solo se siamo nella nostra verità, se siamo uniti a Dio. Allora diventiamo veramente 'come Dio' – non opponendoci a Dio, non sbarazzandoci di Lui o negandoLo. Nella lotta della preghiera sul Monte degli Ulivi Gesù ha sciolto la falsa contraddizione tra obbedienza e libertà e aperto la via verso la libertà.

VIA CRUCIS: IL MISTERO DELLA PASSIONE CI INCORAGGIA A PROCEDERE CON SPERANZA

Città del Vaticano, 6 Aprile 2012 (VIS). Oggi Venerdì Santo, nella Basilica di San Pietro, il Santo Padre ha presieduto, alle 17:30, la celebrazione della Passione del Signore. Dopo la Liturgia della Parola, è stato riascoltato il racconto della Passione secondo Giovanni e l'omelia, la Preghiera universale, l'adorazione della Santa Croce e si è concluso con la Santa Comunione.

Alle 21.15, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto al Colosseo la Via Crucis, trasmesso in mondovisione.  Quest'anno i testi delle meditazioni e delle preghiere proposte per le stazioni della Via Crucis sono stati preparati dai coniugi Danilo e Anna Maria Zanzucchi, del Movimento dei Focolari. Le torce accanto alla Croce sono tenute da due giovani della Diocesi di Roma, mentre la Croce è stata portata, oltre che dal Cardinale Agostino Vallini, Vicario di Sua Santità per la Diocesi di Roma, da due frati francescani della Custodia di Terra Santa e da alcune famiglie provenienti dall’Italia, dall’Irlanda, dall’Africa e dall’America Latina.

Al termine della Via Crucis, il Papa ha rivolto ai presenti e a quanti lo seguivano attraverso la radio e la televisione, le parole che riportiamo di seguito:

"Abbiamo rievocato, nella meditazione, nella preghiera e nel canto, il cammino di Gesù sulla via della Croce: una via che sembrava senza uscita e che invece ha cambiato la vita e la storia dell’uomo, ha aperto il passaggio verso i 'cieli nuovi e la nuova terra' (cfr Ap 21,1). Specialmente in questo giorno del Venerdì Santo, la Chiesa celebra, con intima adesione spirituale, la memoria della morte in croce del Figlio di Dio, e nella sua Croce vede l’albero della vita, fecondo di una nuova speranza".

"L’esperienza della sofferenza segna l’umanità, segna anche la famiglia; quante volte il cammino si fa faticoso e difficile! Incomprensioni, divisioni, preoccupazione per il futuro dei figli, malattie, disagi di vario genere. In questo nostro tempo, poi, la situazione di molte famiglie è aggravata dalla precarietà del lavoro e dalle altre conseguenze negative provocate dalla crisi economica. Il cammino della Via Crucis, che abbiamo spiritualmente ripercorso questa sera, è un invito per tutti noi, e specialmente per le famiglie, a contemplare Cristo crocifisso per avere la forza di andare oltre le difficoltà. La Croce di Gesù è il segno supremo dell’amore di Dio per ogni uomo, è la risposta sovrabbondante al bisogno che ha ogni persona di essere amata. Quando siamo nella prova, quando le nostre famiglie si trovano ad affrontare il dolore, la tribolazione, guardiamo alla Croce di Cristo: lì troviamo il coraggio per continuare a camminare; lì possiamo ripetere, con ferma speranza, le parole di san Paolo: 'Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? … Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati'".

"Nelle afflizioni e nelle difficoltà non siamo soli; la famiglia non è sola: Gesù è presente con il suo amore, la sostiene con la sua grazia e le dona l’energia per andare avanti. Ed è a questo amore di Cristo che dobbiamo rivolgerci quando gli sbandamenti umani e le difficoltà rischiano di ferire l’unità della nostra vita e della famiglia. Il mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo incoraggia a camminare con speranza: la stagione del dolore e della prova, se vissuta con Cristo, con fede in Lui, racchiude già la luce della risurrezione, la vita nuova del mondo risorto, la pasqua di ogni uomo che crede alla sua Parola".

"In quell’Uomo crocifisso, che è il Figlio di Dio, anche la stessa morte acquista nuovo significato e orientamento, è riscattata e vinta, è il passaggio verso la nuova vita: «se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv 12,24). Affidiamoci alla Madre di Cristo. Lei che ha accompagnato il suo Figlio sulla via dolorosa, Lei che stava sotto la Croce nell’ora della sua morte, Lei che ha incoraggiato la Chiesa al suo nascere perché viva alla presenza del Signore, conduca i nostri cuori, i cuori di tutte le famiglie attraverso il vasto 'mysterium passionis' verso il 'mysterium paschale', verso quella luce che prorompe dalla Risurrezione di Cristo e mostra la definitiva vittoria dell’amore, della gioia, della vita, sul male, sulla sofferenza, sulla morte. Amen".

SABATO SANTO: PASQUA FESTA DELLE NUOVA CREAZIONE



Città del Vaticano, 7 aprile 2012 (VIS). La solenne Veglia nella Notte Santa di Pasqua, presieduta dal Santo Padre, ha avuto inizio alle 21:00 nell’atrio della Basilica di San Pietro con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale. Alla processione verso l’Altare con il cero pasquale acceso e il canto dell’Exsultet, hanno fatto seguito la Liturgia della Parola, la Liturgia Battesimale e la Liturgia Eucaristica, concelebrata con i Cardinali.

Nel corso della Veglia pasquale il Papa ha amministrato i Sacramenti dell’iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima e Prima Comunione) a 8 neofiti, provenienti da: Italia, Albania, Slovacchia, Germania, Turkmenistan, Camerun e Stati Uniti d’America.

Dopo la proclamazione del Vangelo il Santo Padre ha dedicato l'omelia al trionfo della luce pasquale sulle tenebre.

"Pasqua  - ha detto il Papa - è la festa della nuova creazione. Gesù è risorto e non muore più. Ha sfondato la porta verso una nuova vita che non conosce più né malattia né morte. Ha assunto l’uomo in Dio stesso. (...) La creazione è diventata più grande e più vasta. La Pasqua è il giorno di una nuova creazione, ma proprio per questo la Chiesa comincia in tale giorno la liturgia con l’antica creazione, affinché impariamo a capire bene quella nuova. (...) In relazione a questo, due cose sono particolarmente importanti nel contesto della liturgia di questo giorno. In primo luogo, la creazione viene presentata come una totalità della quale fa parte il fenomeno del tempo. I sette giorni sono un’immagine di una totalità che si sviluppa nel tempo. Sono ordinati in vista del settimo giorno, il giorno della libertà di tutte le creature per Dio e delle une per le altre. La creazione è quindi orientata verso la comunione tra Dio e creatura; essa esiste affinché ci sia uno spazio di risposta alla grande gloria di Dio, un incontro di amore e di libertà. In secondo luogo, del racconto della creazione la Chiesa, nella Veglia pasquale, ascolta soprattutto la prima frase: 'Dio disse: 'Sia la luce!'".

"Che cosa intende dire con ciò il racconto della creazione? La luce rende possibile la vita. (...) Il male si nasconde. (...) Il fatto che Dio abbia creato la luce significa che Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell’amore. La materia prima del mondo è buona, l’essere stesso è buono. E il male non proviene dall’essere che è creato da Dio, ma esiste solo in virtù della negazione. È il 'no'".

"A Pasqua, al mattino del primo giorno della settimana, Dio ha detto nuovamente: 'Sia la luce!. Prima erano venute la notte del Monte degli Ulivi, l’eclissi solare della passione e morte di Gesù, la notte del sepolcro. Ma ora è di nuovo il primo giorno – la creazione ricomincia tutta nuova. (...). Gesù risorge dal sepolcro. La vita è più forte della morte. Il bene è più forte del male. (...) Questo, però, non si riferisce soltanto a Lui e non si riferisce solo al buio di quei giorni. Con la risurrezione di Gesù, la luce stessa è creata nuovamente. Egli ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della risurrezione e vince ogni forma di buio".

"Mediante il Sacramento del battesimo e la professione della fede, - ha sottolineato il Santo Padre - il Signore ha costruito un ponte verso di noi, attraverso il quale il nuovo giorno viene a noi. Nel Battesimo, il Signore dice a colui che lo riceve: Fiat lux – sia la luce. Il nuovo giorno, il giorno della vita indistruttibile viene anche a noi".

"Il buio su Dio e il buio sui valori sono la vera minaccia per la nostra esistenza e per il mondo in generale. (...) Oggi possiamo illuminare le nostre città in modo così abbagliante che le stelle del cielo non sono più visibili. Non è questa forse un’immagine della problematica del nostro essere illuminati? Nelle cose materiali sappiamo e possiamo incredibilmente tanto, ma ciò che va al di là di questo, Dio e il bene, non lo riusciamo più ad individuare. Per questo è la fede, che ci mostra la luce di Dio, la vera illuminazione, essa è un’irruzione della luce di Dio nel nostro mondo, un’apertura dei nostri occhi per la vera luce".

"Nella Veglia pasquale, la notte della nuova creazione, la Chiesa presenta il mistero della luce con un simbolo del tutto particolare e molto umile: con il cero pasquale. Questa è una luce che vive in virtù del sacrificio. La candela illumina consumando se stessa. (...) Così rappresenta in modo meraviglioso il mistero pasquale di Cristo che dona se stesso e così dona la grande luce. Come seconda cosa possiamo riflettere sul fatto che la luce della candela è fuoco. Il fuoco è forza che plasma il mondo, potere che trasforma. E il fuoco dona calore. Anche qui si rende nuovamente visibile il mistero di Cristo. Cristo, la luce, è fuoco, è fiamma che brucia il male trasformando così il mondo e noi stessi. (...). E questo fuoco è al tempo stesso calore, non una luce fredda, ma una luce in cui ci vengono incontro il calore e la bontà di Dio".

"Così entra in gioco l’intera creazione. Nel cero, la creazione diventa portatrice di luce. Ma, secondo il pensiero dei Padri, c’è anche un implicito accenno alla Chiesa. La cooperazione della comunità viva dei fedeli nella Chiesa è quasi come l’operare delle api. Costruisce la comunità della luce. Possiamo così vedere nel cero anche un richiamo a noi stessi e alla nostra comunione nella comunità della Chiesa, che esiste affinché la luce di Cristo possa illuminare il mondo".

MESSAGGIO PASQUALE: APPELLO PER LA PACE IN SIRIA, NIGERIA E PALESTINA

Città del Vaticano, 11 aprile 2012 (VIS). Di seguito riportiamo estratti del Messaggio che il Santo Padre ha pronunciato la domenica di Pasqua della Risurrezione del Signore (8 aprile), al termine della solenne celebrazione della Santa Messa, con la partecipazione di oltre 100.000 fedeli, in Piazza San Pietro.

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero! (...)  Giunga a tutti voi la voce esultante della Chiesa, con le parole che l’antico inno pone sulle labbra di Maria Maddalena, la prima ad incontrare Gesù risorto il mattino di Pasqua. 'Ho visto il Signore!'". 

"Ogni cristiano rivive l’esperienza di Maria di Magdala. È un incontro che cambia la vita: l’incontro con un Uomo unico, che ci fa sperimentare tutta la bontà e la verità di Dio, che ci libera dal male non in modo superficiale, momentaneo, ma ce ne libera radicalmente, ci guarisce del tutto e ci restituisce la nostra dignità. (...) Ogni mio desiderio di bene trova in Lui una possibilità reale: con Lui posso sperare che la mia vita sia buona e sia piena, eterna, perché è Dio stesso che si è fatto vicino fino ad entrare nella nostra umanità".

"(...) La speranza, in questo mondo, non può non fare i conti con la durezza del male. Non è soltanto il muro della morte a ostacolarla, ma più ancora sono le punte acuminate dell’invidia e dell’orgoglio, della menzogna e della violenza. Gesù è passato attraverso questo intreccio mortale, per aprirci il passaggio verso il Regno della vita. C’è stato un momento in cui Gesù appariva sconfitto: le tenebre avevano invaso la terra, il silenzio di Dio era totale, la speranza una parola che sembrava ormai vana".

"Ed ecco, all’alba del giorno dopo il sabato, il sepolcro viene trovato vuoto. (...) I segni della risurrezione attestano la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, della misericordia sulla vendetta".

"Se Gesù è risorto, allora – e solo allora – è avvenuto qualcosa di veramente nuovo, che cambia la condizione dell’uomo e del mondo. Allora Lui, Gesù, è qualcuno di cui ci possiamo fidare in modo assoluto, e non soltanto confidare nel suo messaggio, ma proprio in Lui, perché il Risorto non appartiene al passato, ma è presente oggi, vivo. Cristo è speranza e conforto in modo particolare per le comunità cristiane che maggiormente sono provate a causa della fede da discriminazioni e persecuzioni. Ed è presente come forza di speranza mediante la sua Chiesa, vicino ad ogni situazione umana di sofferenza e di ingiustizia".

"Cristo Risorto doni speranza al Medio Oriente, affinché tutte le componenti etniche, culturali e religiose di quella Regione collaborino per il bene comune ed il rispetto dei diritti umani. In Siria, in particolare, cessi lo spargimento di sangue e si intraprenda senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione, come è auspicato pure dalla comunità internazionale. I numerosi profughi, provenienti da quel Paese e bisognosi di assistenza umanitaria, trovino l’accoglienza e la solidarietà che possano alleviare le loro penose sofferenze. La vittoria pasquale incoraggi il popolo iracheno a non risparmiare alcuno sforzo per avanzare nel cammino della stabilità e dello sviluppo. In Terra Santa, Israeliani e Palestinesi riprendano con coraggio il processo di pace".

"Il Signore, vittorioso sul male e sulla morte, sostenga le comunità cristiane del Continente africano, dia loro speranza per affrontare le difficoltà, le renda operatrici di pace e artefici dello sviluppo delle società a cui appartengono".
"Gesù Risorto conforti le popolazioni sofferenti del Corno d’Africa e ne favorisca la riconciliazione; aiuti la Regione dei Grandi Laghi, il Sudan ed il Sud Sudan, donando ai rispettivi abitanti la forza del perdono. Al Mali, che attraversa un delicato momento politico, Cristo Glorioso conceda pace e stabilità. Alla Nigeria, che in questi ultimi tempi è stata teatro di sanguinosi attacchi terroristici, la gioia pasquale infonda le energie necessarie per riprendere a costruire una società pacifica e rispettosa della libertà religiosa di tutti i suoi cittadini.
Buona Pasqua a tutti!".

Al termine della lettura del Messaggio e prima di impartire la Benedizione "Urbi et Orbi" ai fedeli presenti in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltavano alla radio e alla televisione, il Santo Padre ha porto gli auguri di Buona Pasqua in 65 lingue.

LE DONNE HANNO VISSUTO ESPERIENZA DI SPECIALE LEGAME CON IL SIGNORE


Città del Vaticano, 9 Aprile 2012 (VIS). Benedetto XVI - che da ieri pomeriggio trascorre un breve periodo di riposo nella Residenza Estiva di Castel Gandolfo - ha guidato la recita del Regina Coeli, la preghiera che sostituisce l'Angelus durante il tempo pasquale, con i fedeli riuniti del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.

"Il lunedì dopo Pasqua è in molti Paesi una giornata di vacanza - ha detto il Santo Padre - in cui fare una passeggiata in mezzo alla natura, oppure andare a visitare parenti un po’ lontani per ritrovarsi insieme in famiglia. Ma vorrei che fosse sempre presente nella mente e nel cuore dei cristiani il motivo di questa vacanza, cioè la Risurrezione di Gesù, il mistero decisivo della nostra fede".

"L’avvenimento della risurrezione in quanto tale non viene descritto dagli Evangelisti: esso rimane misterioso, non nel senso di meno reale, ma di nascosto, al di là della portata della nostra conoscenza: come una luce così abbagliante che non si può osservare con gli occhi, altrimenti li accecherebbe. Le narrazioni incominciano invece da quando, all’alba del giorno dopo il sabato, le donne si recarono al sepolcro e lo trovarono aperto e vuoto. (...)
Ricevuto dall’angelo l’annuncio della risurrezione, le donne, piene di timore e di gioia, corsero a dare la notizia ai discepoli, e proprio in quel momento incontrarono Gesù, si prostrarono ai suoi piedi e lo adorarono; ed Egli disse loro: 'Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno'".

"In tutti i Vangeli,- ha commentato il Santo Padre - le donne hanno un grande spazio nei racconti delle apparizioni di Gesù risorto, come del resto è anche in quelli della passione e della morte di Gesù. A quei tempi, in Israele, la testimonianza delle donne non poteva avere valore ufficiale, giuridico, ma le donne hanno vissuto un’esperienza di legame speciale con il Signore, che è fondamentale per la vita concreta della comunità cristiana, e questo sempre, in ogni epoca, non solo all’inizio del cammino della Chiesa"

"Modello sublime ed esemplare di questo rapporto con Gesù - ha ricordato il Santo Padre - in modo particolare nel suo Mistero pasquale, è naturalmente Maria, la Madre del Signore. Proprio attraverso l’esperienza trasformante della Pasqua del suo Figlio, la Vergine Maria diventa anche Madre della Chiesa, cioè di ognuno dei credenti e dell’intera comunità".


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