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Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

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venerdì 13 maggio 2011

CONIUGARE TEOLOGIA DEL CORPO CON TEOLOGIA DELL'AMORE

CITTA' DEL VATICANO, 13 MAG. 2011 (VIS). Questa mattina, nella Sala Clementina, il Santo Padre ha ricevuto i partecipanti all'Incontro promosso dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia.              

  All'inizio del suo discorso il Santo Padre ha ricordato che trent'anni orsono il nuovo Beato Giovanni Paolo II volle fondare contemporaneamente il Pontificio Consiglio per la Famiglia e il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia e proprio il 13 maggio di trenta anni fa "subì il terribile attentato in Piazza San Pietro".

  Il Santo Padre ha indicato ai membri dell'Istituto alcuni punti di riflessione dicendo loro: "Coniugare la teologia del corpo con quella dell'amore per trovare l'unità del cammino dell'uomo: ecco il tema che vorrei indicarvi come orizzonte per il vostro lavoro".

  Nel sottolineare che: "Lungi dall'opporsi allo spirito, il corpo è il luogo dove lo spirito può abitare" - il Santo Padre ha affermato: "Alla luce di questo è possibile capire che i nostri corpi non sono materia inerte, pesante, ma parlano, se sappiamo ascoltare, il linguaggio dell'amore vero".

  "Il corpo" - ha spiegato il Pontefice - "ci parla di un'origine che noi non abbiamo conferito a noi stessi. (...) Solo quando riconosce l'amore originario che gli ha dato la vita, l'uomo può accettare se stesso, può riconciliarsi con la natura e con il mondo".

  "Alla creazione di Adamo segue quella di Eva. La carne, ricevuta da Dio, è chiamata a rendere possibile l'unione di amore tra l'uomo e la donna e a trasmettere la vita. I corpi di Adamo ed Eva appaiono, prima della Caduta, in perfetta armonia. C'è in essi un linguaggio che non hanno creato, un eros radicato nella loro natura, che li invita a riceversi mutuamente dal Creatore, per potersi così donare. (...) L'unione in una sola carne si fa allora unione di tutta la vita, finché uomo e donna diventano anche un solo spirito. (...) In questa luce, la virtù della castità riceve nuovo senso. Non è un 'no' ai piaceri e alla gioia della vita, ma il grande 'sí' all'amore come comunicazione profonda tra le persone, che richiede il tempo e il rispetto, come cammino insieme verso la pienezza e come amore che diventa capace di generare vita e di accogliere generosamente la vita nuova che nasce".

  "Il corpo" - ha spiegato il Santo Padre - "contiene anche un linguaggio negativo: ci parla di oppressione dell'altro, del desiderio di possedere e sfruttare. Tuttavia, sappiamo che questo linguaggio non appartiene al disegno originario di Dio, ma è frutto del peccato. Quando lo si stacca dal suo senso filiale, dalla sua connessione con il Creatore, il corpo si ribella contro l'uomo, perde la sua capacità di far trasparire la comunione e diventa terreno di appropriazione dell'altro. Non è forse questo il dramma della sessualità, che oggi rimane rinchiusa nel cerchio ristretto del proprio corpo e nell'emotività, ma che in realtà può compiersi solo nella chiamata a qualcosa di più grande?".

  "Dio offre all'uomo anche un cammino di redenzione del corpo, il cui linguaggio viene preservato nella famiglia. (...) La famiglia, ecco il luogo dove la teologia del corpo e la teologia dell'amore s'intrecciano. (...) Qui si vive il dono di sé in una sola carne, nella carità coniugale che congiunge gli sposi. Qui si sperimenta la fecondità dell'amore, e la vita s'intreccia a quella di altre generazioni. È nella famiglia che l'uomo scopre la sua relazionalità, non come individuo autonomo che si autorealizza, ma come figlio, sposo, genitore, la cui identità si fonda nell'essere chiamato all'amore, a riceversi da altri e a donarsi ad altri".

  "Dio ha assunto il corpo, si è rivelato in esso" - ha concluso il Pontefice - "Come Figlio, ha ricevuto il corpo filiale nella gratitudine e nell'ascolto del Padre; e ha donato questo corpo per noi, per generare così il corpo nuovo della Chiesa".
AC/                                       VIS 20110513 (630)

TELEGRAMMA VITTIME TERREMOTO LORCA

CITTA' DEL VATICANO, 13 MAG. 2011 (VIS). Il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, ha fatto pervenire, a nome del Santo Padre, un telegramma di cordoglio al Vescovo José Manuel Lorca Planes, di Cartagena (Spagna), per le vittime del terremoto che mercoledì scorso ha colpito la città di Lorca.

  "Nell'apprendere la notizia del terremoto che ha colpito la città di Lorca, causando morti, feriti e un gran numero di senzatetto, il Santo Padre esprime la sua particolare vicinanza spirituale a tutte le persone colpite, offrendo preghiere di suffragio per l'eterno riposo delle vittime e invocando l'Onnipotente affinché conceda consolazione e speranza cristiana a quanti hanno subito tale dura avversità".

  "Nel contempo il Santo Padre invita le istituzioni e tutte le persone di buona volontà alla solidarietà e alla carità fraterna verso le persone e le famiglie in difficoltà".

  "Prego  Vostra Eccellenza di trasmettere le sentite condoglianze del Santo Padre ai familiari dei defunti e l'espressione della sua paterna sollecitudine ai feriti e alle persone colpite, alle quali imparte di cuore la confortatrice Benedizione Apostolica, in segno di affetto per la cara località della Murcia".
TGR/                                           VIS 20110513 (190)

ISTRUZIONE "UNIVERSAE ECCLESIAE"

CITTA' DEL VATICANO, 13 MAG. 2011 (VIS). La Pontificia Commissione "Ecclesia Dei" ha pubblicato oggi l'Istruzione sull'applicazione della Lettera Apostolica Motu Proprio data "Summorum Pontificum" di Benedetto XVI.

  L'Istruzione, approvata dal Santo Padre, è datata 30 aprile 2011, memoria di San Pio V, Papa, e porta la firma del Cardinale William Joseph Levada, Presidente della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei" e del Monsignor Guido Pozzo, Segretario della medesima Pontificia Commissione.

I. Introduzione
   
1. La Lettera Apostolica, Summorum Pontificum  Motu Proprio data, del Sommo Pontefice Benedetto XVI del 7 luglio 2007, entrata  in vigore il 14 settembre 2007, ha reso più accessibile alla Chiesa universale la ricchezza della Liturgia Romana.

2. Con tale Motu Proprio il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha promulgato una legge universale per la Chiesa con l'intento di dare una nuova normativa all'uso della Liturgia Romana in vigore nel 1962.

3. Il Santo Padre, dopo aver richiamato la sollecitudine dei Sommi Pontefici nella cura per la Sacra Liturgia  e nella ricognizione dei libri liturgici, riafferma il principio tradizionale, riconosciuto da tempo immemorabile e necessario da mantenere per l'avvenire, secondo il quale "ogni Chiesa particolare deve concordare con la Chiesa universale, non solo quanto alla dottrina della fede e ai segni sacramentali, ma anche quanto agli usi universalmente accettati dalla ininterrotta tradizione apostolica, che devono essere osservati non solo per evitare errori, ma anche per trasmettere l'integrità della fede, perché la legge della preghiera della Chiesa corrisponde alla sua legge di fede". (1).

4. Il Sommo Pontefice ricorda inoltre i Pontefici Romani che, in modo particolare, si sono impegnati in questo compito, specificamente San Gregorio Magno e San Pio V. Il Papa sottolinea altresì che, tra i sacri libri liturgici, particolare risalto nella storia ha avuto il Missale Romanum, che ha ricevuto nuovi aggiornamenti lungo il corso dei tempi fino al Beato Papa Giovanni XXIII. Successivamente, in seguito alla riforma liturgica posteriore al Concilio Vaticano II, Papa Paolo VI nel 1970 approvò per la Chiesa di rito latino un nuovo Messale, poi tradotto in diverse lingue. Papa Giovanni Paolo II nell'anno 2000 ne promulgò una terza edizione.

5. Diversi fedeli, formati allo spirito delle forme liturgiche precedenti al Concilio Vaticano II, hanno espresso il vivo desiderio di conservare la tradizione antica. Per questo motivo, Papa Giovanni Paolo II con lo speciale Indulto Quattuor abhinc annos, emanato nel 1984 dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino, concesse a determinate condizioni la facoltà di riprendere l'uso del Messale Romano promulgato dal Beato Papa Giovanni XXIII. Inoltre, Papa Giovanni Paolo II, con il Motu Proprio Ecclesia Dei del 1988, esortò i Vescovi perché fossero generosi nel concedere tale facoltà in favore di tutti i fedeli che lo richiedevano. Nella medesima linea si pone Papa Benedetto XVI con il Motu Proprio Summorum Pontificum, nel quale vengono indicati alcuni criteri essenziali per l'Usus Antiquior del Rito Romano, che qui è opportuno ricordare.
 6. I testi del Messale Romano di Papa Paolo VI e di quello risalente all'ultima edizione di Papa Giovanni XXIII, sono due forme della Liturgia Romana, definite rispettivamente ordinaria e extraordinaria: si tratta di due usi dell'unico Rito Romano, che si pongono l'uno accanto all'altro. L'una e l'altra forma sono espressione della stessa lex orandi della Chiesa. Per il suo uso venerabile e antico, la forma extraordinaria deve essere conservata con il debito onore.

7. Il Motu Proprio Summorum Pontificum è accompagnato da una Lettera del Santo Padre ai Vescovi, con la stessa data del Motu Proprio (7 luglio 2007). Con essa vengono offerte ulteriori delucidazioni sull'opportunità e sulla necessità del Motu Proprio stesso; si trattava, cioè, di colmare una lacuna, dando una nuova normativa all'uso della Liturgia Romana in vigore nel 1962. Tale normativa si imponeva particolarmente per il fatto che, al momento dell'introduzione del nuovo Messale, non era sembrato necessario emanare disposizioni che regolassero l'uso della Liturgia vigente nel 1962. In ragione dell'aumento di quanti richiedono di poter usare la forma extraordinaria, si è reso necessario dare alcune norme in materia. Tra l'altro Papa Benedetto XVI afferma: "Non c'è nessuna contraddizione tra l'una e l'altra edizione del Messale Romano. Nella storia della liturgia c'è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso". (2).

8. Il Motu Proprio Summorum Pontificum costituisce una rilevante espressione del Magistero del Romano Pontefice e del munus a Lui proprio di regolare e ordinare la Sacra Liturgia della Chiesa (3) e manifesta la Sua sollecitudine di Vicario di Cristo e Pastore della Chiesa Universale. (4). Esso si propone l'obiettivo di:

a) offrire a tutti i fedeli la Liturgia Romana nell'Usus Antiquior, considerata tesoro prezioso da conservare;
b) garantire e assicurare realmente a quanti lo domandano, l'uso della forma extraordinaria, nel presupposto che l'uso della Liturgia Romana in vigore nel 1962 sia una facoltà elargita per il bene dei fedeli e pertanto vada interpretata in un senso favorevole ai fedeli che ne sono i principali destinatari;
c) favorire la riconciliazione in seno alla Chiesa.

II. Compiti della Pontificia Commissione Ecclesia Dei

9. Il Sommo Pontefice ha conferito alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei potestà ordinaria vicaria per la materia di sua competenza, in modo particolare vigilando sull'osservanza e sull'applicazione delle disposizioni del Motu Proprio Summorum Pontificum (cf. art. 12).

10. § 1. La Pontificia Commissione esercita tale potestà, oltre che attraverso le facoltà precedentemente concesse dal Papa Giovanni Paolo II e confermate da Papa Benedetto XVI (cf. Motu Proprio Summorum Pontificum, artt. 11-12), anche attraverso il potere di decidere dei ricorsi ad essa legittimamente inoltrati, quale Superiore gerarchico, avverso un eventuale provvedimento amministrativo singolare dell'Ordinario che sembri contrario al Motu Proprio.
§ 2. I decreti con i quali la Pontificia Commissione decide i ricorsi, potranno essere impugnati ad normam iuris presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
11. Spetta alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, previa approvazione da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il compito di curare l'eventuale edizione dei testi liturgici relativi alla forma extraordinaria del Rito Romano.

III. Norme specifiche

12. Questa Pontificia Commissione, in forza dell'autorità che le è stata attribuita e delle facoltà di cui gode, a seguito dell'indagine compiuta presso i Vescovi di tutto il mondo, con l'animo di garantire la corretta interpretazione e la retta applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, emana la seguente Istruzione, a norma del can. 34 del Codice di Diritto Canonico.

 La competenza dei Vescovi diocesani

13. I Vescovi diocesani, secondo il Codice di Diritto Canonico,  devono vigilare in materia liturgica per garantire il bene comune e perché tutto si svolga degnamente, in pace e serenità nella loro Diocesi (5), sempre in accordo con la mens del Romano Pontefice chiaramente espressa dal Motu Proprio Summorum Pontificum (6). In caso di controversia o di dubbio fondato circa la celebrazione nella forma extraordinaria, giudicherà la Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

14. È compito del Vescovo diocesano adottare le misure necessarie per garantire il rispetto della forma extraordinaria del Rito Romano, a norma del Motu Proprio Summorum Pontificum.

 Il coetus fidelium (cf. Motu Proprio Summorum Pontificum, art. 5 § 1)

15. Un coetus fidelium potrà dirsi  stabiliter exsistens ai sensi dell'art. 5 § 1 del Motu Proprio Summorum Pontificum, quando è costituito da alcune persone di una determinata parrocchia che, anche dopo la pubblicazione del Motu Proprio, si siano unite in ragione della loro venerazione per la Liturgia nell'Usus Antiquior, le quali chiedono che questa sia celebrata nella chiesa parrocchiale o in un oratorio o cappella; tale coetus può essere anche costituito da persone che provengano da diverse parrocchie o Diocesi e che a tal fine si riuniscano in una determinata chiesa parrocchiale o in un oratorio o cappella.

16. Nel caso di un sacerdote che si presenti occasionalmente in una chiesa parrocchiale o in un oratorio con alcune persone ed intenda celebrare nella forma extraordinaria, come previsto dagli artt. 2 e 4 del Motu Proprio Summorum Pontificum, il parroco o il rettore di chiesa o il sacerdote responsabile di una chiesa, ammettano tale celebrazione, seppur nel rispetto delle esigenze di programmazione degli orari delle celebrazioni liturgiche della chiesa stessa.

17. § 1. Per decidere in singoli casi, il parroco o il rettore, o il sacerdote responsabile di una chiesa, si regolerà secondo la sua prudenza, lasciandosi guidare da zelo pastorale e da uno spirito di generosa accoglienza.
§ 2. Nei casi di gruppi numericamente meno consistenti, ci si rivolgerà all'Ordinario del luogo per individuare una chiesa in cui questi fedeli possano riunirsi per ivi assistere a tali celebrazioni, in modo tale da assicurare una più facile partecipazione e una più degna celebrazione della Santa Messa.

18. Anche nei santuari e luoghi di pellegrinaggio si offra la possibilità di celebrare nella forma extraordinaria ai gruppi di pellegrini che lo richiedano (cf. Motu Proprio Summorum Pontificum, art. 5 § 3), se c'è un sacerdote idoneo.

19. I fedeli che chiedono la celebrazione della forma extraordinaria non devono in alcun modo sostenere o appartenere a gruppi che si manifestano contrari alla validità o legittimità della Santa Messa o dei Sacramenti celebrati nella forma ordinaria e/o al Romano Pontefice come Pastore Supremo della Chiesa universale.

Il sacerdos idoneus (cf. Motu Proprio Summorum Pontificum, art. 5 § 4)    

20. In merito alla questione di quali siano i requisiti necessari, affinché un sacerdote sia ritenuto "idoneo" a celebrare nella forma extraordinaria, si enuncia quanto segue:
Ogni sacerdote che non sia impedito a norma del Diritto Canonico è da ritenersi idoneo alla celebrazione della Santa Messa nella forma extraordinaria. (7).
Per quanto riguarda l'uso della lingua latina, è necessaria una sua conoscenza basilare, che permetta di pronunciare le parole in modo corretto e di capirne il significato.
Per quanto riguarda la conoscenza dello svolgimento del Rito, si presumono idonei i sacerdoti che si presentano spontaneamente a celebrare nella forma extraordinaria, e l'hanno usato precedentemente.

21. Si chiede agli Ordinari di offrire al clero la possibilità di acquisire una preparazione adeguata alle celebrazioni nella forma extraordinaria. Ciò vale anche per i Seminari, dove si dovrà provvedere alla formazione conveniente dei futuri sacerdoti con lo studio del latino (8) e, se le esigenze pastorali lo suggeriscono, offrire la possibilità di apprendere la forma extraordinaria del  Rito.

22. Nelle Diocesi dove non ci siano sacerdoti idonei, i Vescovi diocesani possono chiedere la collaborazione dei sacerdoti degli Istituti eretti dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, sia in ordine alla celebrazione, sia in ordine all'eventuale apprendimento della stessa.

23. La facoltà di celebrare la Messa sine populo (o con la partecipazione del solo ministro) nella forma extraordinaria del Rito Romano è data dal Motu Proprio ad ogni sacerdote sia secolare sia religioso (cf. Motu Proprio Summorum Pontificum, art. 2). Pertanto in tali celebrazioni, i sacerdoti a norma del Motu Proprio Summorum Pontificum, non necessitano di alcun permesso speciale dei loro Ordinari o superiori.

La disciplina liturgica ed ecclesiastica

24. I libri liturgici della forma extraordinaria vanno usati come sono. Tutti quelli che desiderano celebrare secondo la forma extraordinaria del Rito Romano devono conoscere le apposite rubriche e sono tenuti ad eseguirle correttamente nelle celebrazioni.

25. Nel Messale del 1962 potranno e dovranno essere inseriti nuovi santi e alcuni dei nuovi prefazi (9), secondo la normativa che verrà indicata in seguito.
   
26. Come prevede il Motu Proprio Summorum Pontificum all'art. 6, si precisa che le letture della Santa Messa del Messale del 1962 possono essere proclamate o esclusivamente in lingua latina, o in lingua latina seguita dalla traduzione in lingua vernacola, ovvero, nelle Messe lette, anche solo in lingua vernacola.

27. Per quanto riguarda le norme disciplinari connesse alla celebrazione, si applica la disciplina ecclesiastica, contenuta nel vigente Codice di Diritto Canonico.

28. Inoltre, in forza del suo carattere di legge speciale, nell'ambito suo proprio, il Motu Proprio Summorum Pontificum, deroga a quei provvedimenti legislativi, inerenti ai sacri Riti, emanati dal 1962 in poi ed incompatibili con le rubriche dei libri liturgici in vigore nel 1962.

Cresima e Ordine sacro

29. La concessione di usare la formula antica per il rito della Cresima è stata confermata dal Motu Proprio Summorum Pontificum (cf. art. 9 § 2). Pertanto non è necessario utilizzare per la forma extraordinaria la formula rinnovata del Rito della Confermazione promulgato da Papa Paolo VI.

30. Con riguardo alla tonsura, agli ordini minori e al suddiaconato, il Motu Proprio Summorum Pontificum non introduce nessun cambiamento nella disciplina del Codice di Diritto Canonico del 1983; di conseguenza, negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita Apostolica che dipendono dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, il professo con voti perpetui oppure chi è stato incorporato definitivamente in una società clericale di vita apostolica, con l'ordinazione diaconale viene incardinato come chierico nell'istituto o nella società, a norma del canone 266 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

31. Soltanto negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita Apostolica che dipendono dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei e in quelli dove si mantiene l'uso dei libri liturgici della forma extraordinaria, è permesso l'uso del Pontificale Romanum del 1962 per il conferimento degli ordini minori e maggiori.

Breviarium Romanum
   
32. Viene data ai chierici la facoltà di usare il Breviarium  Romanum in vigore nel 1962, di cui all'art. 9 § 3 del Motu Proprio Summorum Pontificum. Esso va recitato integralmente e in lingua latina. 
   
Il Triduo sacro

33. Il coetus fidelium, che aderisce alla precedente tradizione liturgica,  se c'è un sacerdote idoneo, può anche celebrare il Triduo Sacro nella forma extraordinaria. Nei casi in cui non ci sia una chiesa o oratorio previsti esclusivamente per queste celebrazioni, il parroco o l'Ordinario, d'intesa con il sacerdote idoneo, dispongano le modalità più favorevoli per il bene delle anime, non esclusa la possibilità di ripetere le celebrazioni del Triduo Sacro nella stessa chiesa.
   
 I Riti degli Ordini Religiosi

34. È permesso l'uso dei libri liturgici propri degli Ordini religiosi  in vigore nel 1962.

Pontificale Romanum e Rituale Romanum

35. È permesso l'uso del Pontificale Romanum e del Rituale Romanum, così come del Caeremoniale Episcoporum in vigore nel 1962, a norma del n. 28 di questa Istruzione e fermo restando quanto disposto nel n. 31 della medesima.

1 BENEDETTO XVI, Lettera Apostolica Summorum Pontificum Motu Proprio data,  AAS 99 (2007) 777; cf. Ordinamento generale del Messale Romano, terza ed. 2002, n. 397.
2 BENEDETTO XVI, Lettera ai Vescovi in occasione della pubblicazione della Lettera Apostolica "Motu Proprio data" Summorum Pontificum  sull'uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma effettuata nel 1970, AAS 99 (2007) 798.
3 Cf. C.I.C. can. 838 '1 e '2.
4 Cf. C.I.C. can. 331.
5 Cf. C.I.C. cann. 223 ' 2; 838 '1 e ' 4.
6 Cf. BENEDETTO XVI, Lettera ai Vescovi in occasione della pubblicazione della Lettera Apostolica "Motu Proprio data" Summorum Pontificum  sull'uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma effettuata nel 1970,  AAS  99 (2007) 799.
7 Cf. C.I.C. can. 900 ' 2.
8 Cf. C.I.C. can. 249; cf. Conc. Vat. II, Cost.  Sacrosanctum Concilium, n. 36; Dich. Optatam totius n. 13.
9 Cf. BENEDETTO XVI, Lettera ai Vescovi in occasione della pubblicazione della Lettera Apostolica"Motu Proprio data" Summorum Pontificum sull'uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma effettuata nel 1970, AAS  99 (2007) 797.
COM-ED/                                VIS 20110513 (2530)

NOTA SULLA NUOVA ISTRUZIONE "UNIVERSAE ECCLESIAE"

CITTA' DEL VATICANO, 13 MAG. 2011 (VIS). Riportiamo di seguito la Nota del Padre Federico Lombardi, S.I., Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, che sintetizza la nuova Istruzione "Universale Ecclesiae" relativa all'applicazione del Motu proprio "Summorum Pontificum".

  L'Istruzione sull'applicazione del Motu proprio "Summorum Pontificum" (del 7 luglio 2007, entrato in vigore il 14 settembre 2007) è stata approvata dal Papa Benedetto XVI l'8 aprile scorso e porta la data del 30 aprile, memoria liturgica di San Pio V, Papa.

  L'Istruzione, in base alle prime parole del testo latino, viene denominata "Universae Ecclesiae" ed è della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei", a cui il Papa aveva affidato - fra l'altro - il compito di vigilare sull'osservanza e l'applicazione del Motu proprio. Perciò essa porta la firma del suo Presidente, Cardinale William Joseph Levada, e del Segretario, Monsignor Guido Pozzo.

  Il documento è stato inviato a tutte le Conferenze Episcopali nelle settimane scorse. Ricordiamo che "le istruzioni rendono chiare le disposizioni delle leggi e sviluppano e determinano i procedimenti nell'eseguirle" (CIC, can.34). Come viene detto al n.12, l'Istruzione è emanata "con l'animo di garantire la corretta interpretazione e la retta applicazione" del Motu proprio "Summorum Pontificum".

  Era naturale che alla legge contenuta nel Motu proprio seguisse l'Istruzione sulla sua applicazione. Il fatto che ciò avvenga ora a più di tre anni di distanza si spiega facilmente ricordando che nella Lettera con cui il Papa accompagnava il Motu proprio diceva esplicitamente ai Vescovi: "Vi invito a scrivere alla Santa Sede, tre anni dopo l'entrata in vigore di questo Motu proprio. Se veramente fossero venute alla luce serie difficoltà, potranno essere cercate vie per trovare rimedio". L'Istruzione porta quindi in sé anche il frutto della verifica triennale dell'applicazione della legge, che era stata prevista fin dall'inizio".

  Il documento presenta un linguaggio semplice e di facile lettura. La sua Introduzione (nn.1-8) ricorda brevemente la storia del Messale Romano fino all'ultima edizione di Giovanni XXIII, nel 1962, e al nuovo Messale approvato da Paolo VI nel 1970, a seguito della riforma liturgica del Concilio Vaticano II, e ribadisce il principio fondamentale che si tratta di "due forme della Liturgia Romana, definite rispettivamente extraordinaria e ordinaria e: si tratta di due usi dell'unico Rito romano, che si pongono uno accanto all'altro. L'una e l'altra forma sono espressione della stessa lex orandi della Chiesa. Per il suo uso venerabile e antico, la forma extraordinaria deve essere conservata con il debito onore" (n.6).

  Si ribadisce anche la finalità del Motu proprio, articolandola nei seguenti tre punti: a) offrire a tutti i fedeli la Liturgia Romana nell'uso più antico, considerata tesoro prezioso da conservare; b) garantire e assicurare realmente, a quanti lo domandano, l'uso della forma extraordinaria; c) favorire la riconciliazione in seno alla Chiesa (cfr n.8).

Una breve Sezione del documento (nn.9-11) ricorda i compiti e i poteri della Commissione "Ecclesia Dei", a cui il Papa "ha conferito potestà ordinaria vicaria" nella materia. Ciò comporta tra l'altro due conseguenze molto importanti. Anzitutto, essa può decidere sui ricorsi che le vengano presentati contro eventuali provvedimenti di vescovi o altri ordinari, che sembrino in contrasto con le disposizioni del Motu proprio (ferma restando la possibilità di impugnare ulteriormente le decisioni della Commissione stessa presso il Tribunale supremo della Segnatura Apostolica). Inoltre, spetta alla Commissione, con l'approvazione della Congregazione per il Culto Divino, curare l'eventuale edizione dei testi liturgici per la forma extraordinaria del Rito romano (nel seguito del documento si auspica, ad esempio, l'inserimento di nuovi santi e di nuovi prefazi).

  La parte propriamente normativa del documento (nn.12-35) contiene 23 brevi punti su diversi argomenti.

  Si ribadisce la competenza dei Vescovi diocesani per l'attuazione del Motu proprio, ricordando che in caso di controversia circa la celebrazione nella forma extraordinaria giudicherà la Commissione "Ecclesia Dei".

  Si chiarisce il concetto di coetus fidelium (cioè "gruppo di fedeli") stabiliter existens ("stabile") che desidera di poter assistere alla celebrazione in forma extraordinaria. Pur lasciando alla saggia valutazione dei pastori la valutazione del numero di persone necessario per costituirlo, si precisa che esso non deve essere necessariamente costituito da persone appartenenti a una sola parrocchia, ma può risultare da persone che confluiscono da diverse parrocchie o addirittura da diverse diocesi. Sempre tenendo conto del rispetto delle esigenze pastorali più ampie, l'Istruzione propone uno spirito di "generosa accoglienza" verso i gruppi di fedeli che richiedano la forma extraordinaria o i sacerdoti che chiedano di celebrare occasionalmente in tal forma con alcuni fedeli.

  Molto importante è la precisazione (n.19) secondo cui i fedeli che chiedono la celebrazione in forma extraordinaria "non devono in alcun modo sostenere o appartenere a gruppi che si manifestino contrari alla validità o legittimità della forma ordinaria"  e/o all'autorità del Papa come Pastore Supremo della Chiesa universale. Ciò sarebbe infatti in palese contraddizione con la finalità di "riconciliazione" del Motu proprio stesso.

  Importanti indicazioni sono date anche circa il "sacerdote idoneo" alla celebrazione in forma extraordinaria. Naturalmente egli non deve avere impedimenti dal punto di vista canonico, deve conoscere sufficientemente bene il latino e conoscere il rito da celebrare. Si incoraggiano perciò i vescovi a rendere possibile nei seminari una formazione adeguata a tal fine, e si indica la possibilità di ricorrere, se mancano altri sacerdoti idonei, alla collaborazione dei sacerdoti degli Istituti eretti dalla Commissione "Ecclesia Dei" (che usano normalmente la forma extraordina¬ria).

  L'Istruzione ribadisce come ogni sacerdote sia secolare sia religioso abbia licenza di celebrare la Messa "senza popolo" nella forma extraordinaria se lo desidera. Perciò, se non si tratta di celebrazioni con il popolo, i singoli religiosi non hanno bisogno del permesso dei superiori.

  Seguono - sempre per quanto riguarda la forma extraordinaria - norme relative alle regole liturgiche e all'uso di libri liturgici (come il Rituale, il Pontificale, il Cerimoniale dei vescovi), alla possibilità di usare la lingua vernacola per le letture (a complemento di quella latina, o anche in alternativa nelle "Messe lette"), alla possibilità per i chierici di usare il Breviario precedente alla riforma liturgica, alla possibilità di celebrare il Triduo Sacro nella Settimana Santa per i gruppi di fedeli che chiedono il rito antico. Per quanto riguarda le ordinazioni sacre, l'uso dei libri liturgici più antichi è permesso solo negli Istituti che dipendono dalla Commissione "Ecclesia Dei".

  A lettura compiuta, rimane l'impressione di un testo di grande equilibrio, che intende favorire - secondo l'intenzione del Papa - il sereno uso della liturgia precedente alla riforma da parte di sacerdoti e fedeli che ne sentano il sincero desiderio per il loro bene spirituale; anzi, che intende garantire la legittimità e l'effettività di tale uso nella misura del ragionevolmente possibile. Allo stesso tempo il testo è animato da fiducia nella saggezza pastorale dei vescovi, e insiste molto fortemente sullo spirito di comunione ecclesiale che deve essere presente in tutti - fedeli, sacerdoti, vescovi - affinché la finalità di riconciliazione, così presente nella decisione del Santo Padre, non venga ostacolata o frustrata, ma favorita e raggiunta.
OP/                                             VIS 20110513 (1160)

UDIENZE

CITTA' DEL VATICANO, 13 MAG. 2011 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienze separate sei Presuli della Conferenza Episcopale dell'India, in Visita "ad Limina Apostolorum":

    - Il Vescovo Joseph Aind,    S.D.B., di Dibrugarh.

    - Il Vescovo John Moolachira, di Diphu.

    - Il Vescovo John Thomas Kattrukudiyil, di Itanagar.

    - Il Vescovo George Palliparambil, S.D.B., di Miao.

    - Il Vescovo Michael Akasius Toppo, di Tezpur.

    - Il Vescovo Cyprian Monis, di Asansol.

  Nel pomeriggio il Santo Padre riceverà il Cardinale William Joseph Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
AL:AP/                                   VIS 20110513 (100)

ALTRI ATTI PONTIFICI

CITTA' DEL VATICANO, 13 MAG. 2011 (VIS). Il Santo Padre ha nominato:

- Il Reverendo José Lampra Cá, Vescovo Ausiliare della Diocesi di Bissau (superficie: 11.490; popolazione: 1.049.000; cattolici: 165.000; sacerdoti: 64; religiosi: 196), Guinea Bissau. Il Vescovo eletto è nato a Blom (Guinea Bissau) nel 1964 ed è stato ordinato sacerdote nel 1997. È stato finora Rettore del Seminario Minore "San Kizito". Professore di Filosofia nel Seminario Maggiore di Bissau e Membro del Consiglio Presbiterale.

- L'Arcivescovo José Octavio Ruiz Arenas, Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, finora Vice Presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina.

- Il Monsignore Graham Bell, Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, finora Coordinatore di Segreteria della Pontificia Accademia per la Vita.
NEA:NA/                                   VIS 20110513 (130)
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