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Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

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sabato 19 novembre 2011

AFRICA, RISERVA DI VITALITÀ PER IL FUTURO

CITTA' DEL VATICANO, 18 NOV. 2011 (VIS). Nell’aereo papale diretto in Benin, il Santo Padre ha risposto alle domande che Padre Federico Lombardi, S.I., Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha posto a nome dei circa 50 giornalisti presenti.

  In risposta alla domanda perché proprio il Benin fosse il Paese indicato per lanciare il messaggio a tutta l’Africa dell’Esortazione Apostolica Postinodale “Africae Munus”, Benedetto XVI ha spiegato: “Ci sono diverse ragioni. La prima è che il Benin è un Paese in pace: pace esterna ed interna. Le istituzioni democratiche funzionano, sono realizzate nello spirito di libertà e responsabilità e quindi la giustizia e il lavoro per il bene comune sono possibili e garantiti (...). La seconda ragione è che, come nella maggior parte dei Paesi africani, c’è una presenza di diverse religioni e una convivenza pacifica tra queste religioni. Ci sono i cristiani nella loro diversità, non sempre facile, ci sono i musulmani e poi ci sono le religioni tradizionali, e queste diverse religioni convivono nel rispetto reciproco e nella comune responsabilità per la pace, per la riconciliazione interna ed esterna. Mi sembra che questa convivenza tra le religioni, il dialogo interreligioso come fattore di pace e di libertà sia un aspetto importante, come è parte importante dell’Esortazione apostolica post-sinodale”.

  “Infine, la terza ragione è che questo è il Paese del mio caro amico, il Cardinale Bernardin Gantin: avevo sempre il desiderio di poter pregare, un giorno, sulla sua tomba. E’ per me veramente un grande amico e quindi visitare il Paese del Cardinale Gantin, come un grande rappresentante dell’Africa cattolica e dell’Africa umana e civile, è per me uno dei motivi per cui desidero andare in questo Paese”.

  Una seconda domanda di Padre Lombardi ha riguardato il successo crescente di Chiese evangeliche o pentecostali “che propongono una fede attraente, una grande semplificazione del messaggio cristiano: insistono sulle guarigioni, mescolano i loro culti con quelli tradizionali”; e come la Chiesa cattolica può affrontare questa sfida. Il Papa ha risposto che queste comunità sono presenti in tutti i continenti, soprattutto in America Latina e Africa; gli elementi caratterizzanti sono la poca istituzionalità, un messaggio facile, semplice, comprensibile e la “liturgia partecipativa con l’espressione dei propri sentimenti, della propria cultura e combinazioni anche sincretistiche tra religioni. Tutto questo garantisce, da una parte, successo, ma implica anche poca stabilità. Sappiamo anche che molti ritornano alla Chiesa cattolica o migrano da una di queste comunità all’altra”.

  “Quindi, non dobbiamo imitare queste comunità - ha proseguito il Pontefice - ma chiederci cosa possiamo fare noi per dare nuova vitalità alla fede cattolica. Un primo punto è certamente un messaggio semplice, profondo, comprensibile; importante è che il cristianesimo non appaia come un sistema difficile, europeo, (....) ma come un messaggio universale che c’è Dio, che Dio c’entra [con noi], che Dio ci conosce e ci ama e che la religione concreta provoca collaborazione e fraternità”.

  “Poi, anche che l’istituzione non sia troppo pesante è sempre molto importante, che sia prevalente, diciamo, l’iniziativa della comunità e della persona. E direi anche una liturgia partecipativa, ma non sentimentale: non dev’essere basata solo sull’espressione dei sentimenti, ma caratterizzata dalla presenza del mistero nella quale noi entriamo, dalla quale ci lasciamo formare. E, infine, direi, è importante nell’inculturazione non perdere l’universalità. Io preferirei parlare di interculturalità, non tanto di inculturazione, cioè di un incontro delle culture nella comune verità del nostro essere umano nel nostro tempo, e così crescere anche nella fraternità universale; non perdere la cattolicità, che in tutte le parti del mondo siamo fratelli, siamo una famiglia che si conosce e che collabora in spirito di fraternità”.

  La terza domanda ha avuto per oggetto il messaggio e il contributo specifico che la Chiesa può dare alla costruzione di una pace durevole nel continente alle luce delle numerose operazioni di “peace-keeping” e di ricostruzione nazionale in diverse nazioni africane.

  “Vero è che ci sono state tante conferenze internazionali proprio anche per l’Africa, per la fraternità universale - ha risposto il Papa - Si dicono cose buone, e qualche volta anche si fanno realmente cose buone: dobbiamo riconoscerlo. Ma certamente le parole sono più grandi, le intenzioni, anche la volontà è più grande della realizzazione e dobbiamo chiederci perché la realtà non arriva alle parole e alle intenzioni. Mi sembra che un fattore fondamentale sia che questo rinnovamento, questa fraternità universale esige rinunce, esige anche di andare oltre l’egoismo ed essere per l’altro. E questo è facile da dire, ma è difficile da realizzare. (...) Ed è proprio solo con l’amore e la conoscenza di un Dio che ci ama, che ci dona, che possiamo arrivare a questo: osiamo perdere la vita, osiamo donarci perché sappiamo che proprio così ci guadagniamo”.

  Successivamente il Santo Padre ha spiegato la ragione per la quale l’Africa possa essere apportatrice di fede e di speranza per il resto del mondo. “L’umanità - ha detto - si trova in un processo sempre più veloce e rapido di trasformazione. Per l’Africa questo processo degli ultimi 50-60 anni - partendo dall’indipendenza, dopo il colonialismo, fino ad arrivare al tempo di oggi - è stato un processo molto esigente, naturalmente molto difficile, con grandi difficoltà e problemi, e questi problemi non sono ancora superati. (...) Tuttavia questa freschezza del sì alla vita che c’è in Africa, questa gioventù che esiste, che è piena di entusiasmo e di speranza, anche di umorismo e di allegria, ci mostra che qui c’è una riserva umana, c’è ancora una freschezza del senso religioso e della speranza (...). Quindi direi un umanesimo fresco che si trova nell’anima giovane dell’Africa, nonostante tutti i problemi che esistono e che esisteranno, mostra che qui c’è ancora una riserva di vita e di vitalità per il futuro, sulla quale possiamo contare”.
PV-BENIN                 VIS 20111119 (980)

IL PAPA PREGA PER BAMBINI VITTIME DI FAME E GUERRA

CITTA' DEL VATICANO, 19 NOV. 2011 (VIS). Nel pomeriggio di ieri il Santo Padre si è recato in visita alla Cattedrale di Cotonou dedicata a Nostra Signora della Misericordia. Al suo arrivo in papamobile Benedetto XVI è stato accolto da numerosi fedeli.

  Il Santo Padre si è raccolto in preghiera davanti al Santissimo Sacramento e successivamente ha visitato le tombe dei due Arcivescovi di Cotonou, Monsignor Isidore de Sousa e Monsignor Christophe Adimou. Dopo il “Te Deum” e il saluto dell’attuale Arcivescovo Antoine Ganyé, il Pontefice ha pronunciato un discorso. Nel ricordare i due arcivescovi defunti, il Papa ha detto: “Essi sono stati valorosi operai nella Vigna del Signore, e la loro memoria resta ancora viva nel cuore dei cattolici e di numerosi abitanti del Benin. Questi due Presuli sono stati, ciascuno a suo modo, Pastori pieni di zelo e di carità. Si sono spesi senza risparmio al servizio del Vangelo e del Popolo di Dio, soprattutto delle persone più vulnerabili. Tutti voi sapete che Monsignor de Sousa è stato un amico della verità e che ha avuto un ruolo determinante nella transizione democratica del vostro Paese”.

  “Vi invito a meditare un momento sulla misericordia infinita di Dio (...). La Storia della Salvezza, che culmina nell’Incarnazione di Gesù e trova pieno compimento nel Mistero pasquale, è una splendida rivelazione della misericordia di Dio” che “non consiste solamente nella remissione dei nostri peccati: ma consiste anche nel fatto che Dio, nostro Padre, ci riconduce, talvolta non senza dolore, afflizione e timore da parte nostra, sulla via della verità e della luce, perché non vuole che ci perdiamo (...). Rileggendo la storia personale di ciascuno e quella dell’evangelizzazione dei nostri Paesi, possiamo dire con il salmista: ‘Canterò in eterno l’amore del Signore’”.

  “La Vergine Maria ha sperimentato al massimo livello il mistero dell’amore divino (...) Tramite il suo SÌ alla chiamata di Dio, ha contribuito alla manifestazione dell’amore divino tra gli uomini. In questo senso, è Madre di Misericordia per partecipazione alla missione del suo Figlio; ha ricevuto il privilegio di poterci soccorrere sempre e dovunque. (...) In Maria abbiamo non soltanto un modello di perfezione, ma anche un aiuto per realizzare la comunione con Dio e con i nostri fratelli e le nostre sorelle. Madre di misericordia, ella è una guida sicura dei discepoli di suo Figlio che vogliono essere a servizio della giustizia, della riconciliazione e della pace. (...) Non abbiamo paura di invocare con fiducia colei che non cessa di dispensare ai suoi figli le grazie divine”.

  Successivamente Benedetto XVI ha recitato una preghiera alla Beata Vergine Maria invocando la sua intercessione per i bambini vittime della fame e della guerra, per i malati, gli afflitti, i peccatori, per l’Africa e per tutta l’umanità, perché ottenga salvezza e pace.

  La visita si è conclusa con la recita del Padre Nostro e del Salve Regina. Infine il Papa ha raggiunto in automobile la Nunziatura Apostolica di Cotonou.
PV-BENIN/                             VIS 20111119 (500)

NON PRIVATE I VOSTRI POPOLI DELLA SPERANZA!

CITTA' DEL VATICANO, 19 NOV. 2011 (VIS). Poco prima delle 9:00, Benedetto XVI è giunto al Palazzo presidenziale di Cotonou, edificato nel 1960 in occasione della proclamazione dell’indipendenza del Benin dalla Francia, dove si è svolto l’Incontro con i membri del Governo, i Rappresentanti delle Istituzioni della Repubblica e i Rappresentanti delle principali religioni. Il Papa è stato accolto dal Presidente del Benin, Signor Thomas Yayi Boni e dopo il saluto ai presenti, ha tenuto un discorso di cui riportiamo ampi estratti.

  “Quando dico che l’Africa è il continente della speranza, non faccio della facile retorica, ma esprimo molto semplicemente una convinzione personale, che è anche quella della Chiesa. Troppo spesso il nostro spirito si ferma a pregiudizi o ad immagini che danno della realtà africana una visione negativa, frutto di un’analisi pessimista. Si è sempre tentati di sottolineare ciò che non va; meglio ancora, è facile assumere il tono sentenzioso del moralizzatore o dell’esperto, che impone le sue conclusioni e propone, in fin dei conti, poche soluzioni appropriate. Si è anche tentati di analizzare le realtà africane alla maniera di un etnologo curioso o come chi non vede in esse che un’enorme riserva energetica, minerale, agricola ed umana facilmente sfruttabile per interessi spesso poco nobili. Queste sono visioni riduttive e irrispettose, che riducono il continente ad uno  oggetto, riduzione poco dignitosa dell’Africa e dei suoi abitanti”.

  “Parlare della speranza, significa parlare del futuro, e dunque di Dio! (...) E’ su questo terreno composto da molteplici elementi contradditori e complementari che si tratta di costruire, con l’aiuto di Dio. Cari amici, vorrei leggere, alla luce di questa speranza che ci deve animare, due realtà africane che sono di attualità. La prima si riferisce piuttosto in maniera generale alla vita sociopolitica ed economica del Continente, la seconda al dialogo interreligioso”.

  “In questi ultimi mesi, numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale, e la loro volontà di vivere armoniosamente nella diversità delle etnie e delle religioni. E’ anche nato un nuovo Stato nel vostro Continente. Numerosi sono stati anche i conflitti generati  dall’accecamento dell’uomo, dalla sua volontà di potere e da interessi politico-economici che escludono la dignità delle persone o quella della natura. (...) Questi mali affliggono certamente il vostro Continente, ma ugualmente il resto del mondo. Ogni popolo vuole comprendere le scelte politiche ed economiche che vengono fatte a suo nome. Egli si accorge della manipolazione, e la sua reazione è a volte violenta. Vuole partecipare al buon governo. Sappiamo che nessun regime politico umano è l’ideale, che nessuna scelta economica è neutra. Ma essi devono sempre servire il bene comune. Ci troviamo dunque davanti ad una rivendicazione legittima che riguarda tutti i Paesi, per una maggiore dignità, e soprattutto una maggiore umanità. L’uomo vuole che sia rispettata e promossa la sua umanità. I responsabili politici ed economici dei Paesi si trovano di fronte a decisioni determinanti e a scelte che non possono più evitare”.

Approccio etico delle responsabilità politiche ed economiche

  “Da questa tribuna, lancio un appello a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo. Non private i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente! Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza. (...) Il potere, qualunque sia, acceca con facilità, soprattutto quando sono in gioco interessi privati, familiari, etnici o religiosi. Dio solo purifica i cuori e le intenzioni”.

  “La Chiesa non offre alcuna soluzione tecnica e non impone alcuna soluzione politica. Essa ripete: non abbiate paura! L’umanità non è sola davanti alle sfide del mondo. Dio è presente. E’ questo un messaggio di speranza, una speranza generatrice di energia, che stimola l’intelligenza e conferisce alla volontà tutto il suo dinamismo. (...) La speranza è comunione. Non è questa una via splendida che ci è proposta? Invito ad essa tutti i responsabili politici, economici, così come il mondo universitario e quello della cultura. Siate, anche voi, seminatori di speranza!”

Dialogo interreligioso

  “Non mi sembra necessario ricordare i recenti conflitti nati in nome di Dio, e le morti date in nome di Colui che è la Vita. Ogni persona di buon senso comprende che bisogna sempre promuovere la cooperazione serena e rispettosa delle diversità culturali e religiose. Il vero dialogo interreligioso rigetta la verità umanamente egocentrica, perché la sola ed unica verità è in Dio. (...) Per questo fatto, nessuna religione, nessuna cultura può giustificare l’appello o il ricorso all’intolleranza e alla violenza. L’aggressività è una forma relazionale piuttosto arcaica che fa appello ad istinti facili e poco nobili. Utilizzare le parole rivelate, le Sacre Scritture o il nome di Dio per giustificare i nostri interessi, le nostre politiche così facilmente accomodanti, o le nostre violenze, è un gravissimo errore”.

  “Non posso conoscere l’altro se non conosco me stesso. (...) La conoscenza, l’approfondimento e la pratica della propria religione sono dunque essenziali al vero dialogo interreligioso. (...) Conviene dunque che ognuno si ponga in verità davanti a Dio e davanti all’altro. Questa verità non esclude, e non è una confusione. Il dialogo interreligioso mal compreso porta alla confusione o al sincretismo. Non è questo il dialogo che si cerca”.

  “Sappiamo anche che, talvolta, il dialogo interreligioso non è facile, o anche che è impedito per diverse ragioni. Questo non significa affatto una sconfitta. Le forme del dialogo interreligioso sono molteplici. La cooperazione nel campo sociale o culturale può aiutare le persone a comprendersi meglio e a vivere insieme serenamente. E’ anche bene sapere che non si dialoga per debolezza, ma che si dialoga perché si crede in Dio. Dialogare è un modo supplementare di amare Dio ed il prossimo senza abdicare a ciò che si  è”.

Promuovere una pedagogia del dialogo

  “Avere speranza non significa essere ingenui, ma compiere un atto di fede in un avvenire migliore. La Chiesa cattolica attua così una delle intuizioni del Concilio Vaticano II, quella di favorire le relazioni amichevoli tra essa e i membri di religioni non cristiane. (...) Saluto tutti i responsabili religiosi che hanno avuto l’amabilità di venire qui ad incontrarmi. Voglio assicurare a loro, come pure a quelli di altri Paesi africani, che il dialogo offerto dalla Chiesa cattolica viene dal cuore. Li incoraggio a promuovere, soprattutto tra i giovani, una pedagogia del dialogo, affinché scoprano che la coscienza di ciascuno è un  santuario da rispettare, e che la dimensione spirituale costruisce la fraternità. La vera fede conduce invariabilmente all’amore. E’ in questo spirito che vi invito tutti alla speranza”.

  “Per finire, vorrei utilizzare l’immagine della mano. La compongono cinque dita, diverse tra loro. Ognuna di esse però è essenziale e la loro unità forma la mano. La buona intesa tra le culture, la considerazione non accondiscendente delle une per le altre e il rispetto dei diritti di ciascuno sono un dovere vitale. Occorre insegnarlo a tutti i fedeli delle diverse religioni. L’odio è una sconfitta, l’indifferenza un vicolo cieco, e il dialogo un’apertura! Non è questo un buon terreno in cui saranno seminati dei semi di speranza? Tendere la mano significa sperare per arrivare, in un secondo tempo, ad amare. (...) Accanto al cuore e all’intelligenza, la mano può diventare, anch’essa, uno strumento di dialogo. Essa può fare fiorire la speranza, soprattutto quando l’intelligenza balbetta e il cuore inciampa”.

  “Avere paura, dubitare e temere, porsi nel presente senza Dio, o non avere nulla da attendere, sono atteggiamenti estranei alla fede cristiana e, credo, ad ogni altra credenza in Dio. (...) Seguendo Pietro, di cui sono il successore, auguro che la vostra fede e la vostra speranza siano in Dio. E’ questo l’augurio che formulo per l’Africa intera, che mi è tanto cara! Abbi fiducia, Africa, ed alzati! Il Signore ti chiama”.

  Al termine del suo discorso il Papa ha avuto un incontro privato con il Presidente della Repubblica del Benin nel suo studio nel corso del quale c’è stato uno scambio di doni ed ha apposto la sua firma nel Libro d’Oro. Infine ha salutato i familiari del Presidente Thomas Yayo Boni.
PV-BENIN/                VIS 20111118 (1360)

SENZA LOGICA DELLA SANTITÀ, MINISTERO È SEMPLICE FUNZIONE SOCIALE

CITTA' DEL VATICANO, 19 NOV. 2011 (VIS). Questa mattina, alle 11:00, il Santo Padre è giunto al Seminario San Gall di Ouidah, dove ha reso omaggio alle tombe del Cardinale Bernardin Gantin, primo Cardinale africano a capo di un Dicastero della Curia Romana, e del suo maestro l’Arcivescovo Louis Parisot, S.M.A., primo Arcivescovo di Cotonou e Vicario Apostolico di Dahomey e Ouidah.

  Nel cortile dell’attiguo Seminario, erano ad attendere il Papa alcune centinaia di sacerdoti, seminaristi, religiosi e fedeli del Benin. Benedetto XVI ha espresso la sua grande gioia di trovarsi insieme con tutti loro a Ouidah e gratitudine per il loro impegno pastorale, malgrado le condizioni talvolta difficili nelle quali devono operare.

  Nel riferirsi all’Esortazione Apostolica Postinodale “Africae munus”, il Pontefice ha ricordato che vi si tratta di pace, di giustizia e di riconciliazione ed ha affermato: “ Questi tre valori si impongono come un ideale evangelico fondamentale alla vita battesimale e richiedono una sana accettazione della vostra identità di sacerdoti, di persone consacrate e di fedeli laici”.

  “La responsabilità della promozione della pace, della giustizia e della riconciliazione - ha detto il Papa ai sacerdoti - vi riguarda in modo tutto particolare.  A motivo dell’Ordine sacro ricevuto e dei Sacramenti celebrati, infatti, voi siete chiamati ad essere uomini di comunione. (...) Vi incoraggio quindi a lasciar trasparire Cristo nella vostra vita grazie ad una vera comunione con il Vescovo, ad una reale bontà per i vostri confratelli, ad una profonda sollecitudine per ogni battezzato e ad una grande attenzione per ogni persona. Lasciandovi modellare da Cristo, voi non sostituirete mai la bellezza del vostro essere sacerdotale con realtà effimere e talvolta malsane che la mentalità contemporanea tenta di imporre a tutte le culture”.

  Nelle sue parole ai religiosi e religiose, il Papa ha sottolineato: “La vita consacrata è una sequela radicale di Gesù. Che la vostra scelta incondizionata di Cristo vi conduca ad un amore senza frontiere per il prossimo! (...) Povertà, obbedienza e castità approfondiscono in voi la sete di Dio e la fame della sua Parola, che, crescendo, si trasformano in fame e sete per servire il prossimo privo di giustizia, di pace e di riconciliazione”.

  Nel rivolgersi ai seminaristi, il Papa li ha incoraggiati a mettersi alla scuola di Cristo, dicendo loro: “Senza la logica della santità, il ministero non è che una semplice funzione sociale. (...) Di fronte alle sfide dell’esistenza umana, il sacerdote di oggi come quello di domani – se vuole essere un testimone credibile a servizio della pace, della giustizia e della riconciliazione – dev’essere un uomo umile ed equilibrato, saggio e magnanimo”.

  Anche i fedeli laici sono chiamati ad essere “il sale della terra e la luce del mondo”, al cuore delle realtà quotidiane della vita, impegnandosi per la giustizia, la pace e la riconciliazione. “Questa missione richiede anzitutto fede nella famiglia edificata secondo il disegno di Dio e fedeltà all’essenza stessa del matrimonio cristiano. (...) Grazie alla forza della preghiera, “si trasforma e migliora gradualmente la vita personale e familiare, si arricchisce il dialogo, si trasmette la fede ai figli, si accresce il piacere di stare insieme e il focolare domestico si unisce e si consolida maggiormente’. (...) Facendo regnare nelle vostre famiglie l’amore e il perdono, contribuirete all’edificazione di una Chiesa bella e forte, e all’instaurarsi di maggior giustizia e pace nella società intera”.

  “Esorto specialmente i catechisti - ha proseguito il Pontefice - questi valorosi missionari nel cuore delle realtà più umili, ad offrire sempre, con speranza e determinazione indefettibili, il loro aiuto peculiare e assolutamente necessario all’espansione della fede nella fedeltà all’insegnamento della Chiesa”.

  A conclusione del suo discorso il Papa ha ribadito che: “L’amore per il Dio rivelato e per la sua Parola, l’amore per i Sacramenti e per la Chiesa, sono un antidoto efficace contro i sincretismi che sviano. Questo amore favorisce una giusta integrazione dei valori autentici delle culture nella fede cristiana. Esso libera dall’occultismo e vince gli spiriti malefici, perché è mosso dalla potenza stessa della Santa Trinità. Vissuto profondamente, questo amore è anche un fermento di comunione che infrange ogni barriera, favorendo così l’edificazione di una Chiesa nella quale non vi è segregazione tra i battezzati, perché tutti non sono che uno in Cristo Gesù”.

  Dopo la preghiera e la benedizione finale, Benedetto XVI ha raggiunto la Basilica dell’Immacolata Concezione di Ouidah per la firma dell’Esortazione Apostolica Postsinodale “Africae Munus”.
PV-BENIN/                             VIS 20111119 (750)

FIRMA ESORTAZIONE APOSTOLICA POSTSINODALE “AFRICAE MUNUS”

CITTA' DEL VATICANO, 19 NOV. 2011 (VIS). Alle 12:00 il Santo Padre si è diretto in papamobile alla Basilica dell’Immacolata Concezione di Ouidah, prima cattedrale dell’Africa Occidentale (inaugurata nel 1909)e punto di partenza per l’evangelizzazione della regione.

  Al suo arrivo il Papa è stato accolto del Rettore della Basilica che lo ha accompagnato all’adorazione del Santissimo Sacramento. All’interno erano presenti i membri del Consiglio Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi e il Segretario Generale del Sinodo, Arcivescovo Nikola Eterovic che il Papa ha ringraziato per aver contribuito a raccogliere i risultati dell’Assemblea Sinodale in vista della pubblicazione dell’Esortazione Apostolica “Africae Munus”.

  “Oggi,  con la firma dell’Esortazione ‘Africae Munus’” - ha detto il Papa, esprimendosi in inglese, - “si conclude la celebrazione dell’evento sinodale. Il Sinodo ha dato un impulso alla Chiesa cattolica in Africa, che ha pregato, riflettuto e discusso sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. Questo processo è stato segnato da una speciale vicinanza tra il Successore di Pietro e le Chiese particolari in Africa”.

  “La Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha beneficiato dell’Esortazione apostolica post sinodale ‘Ecclesia in Africa’ del Beato Giovanni Paolo II, nella quale è stata fortemente sottolineata l’urgenza dell’evangelizzazione del Continente, che non può essere dissociata dalla promozione umana - ha proseguito il Papa esprimendosi in francese. - “Inoltre, vi è stato sviluppato il concetto di Chiesa - famiglia di Dio. Quest’ultimo ha prodotto molti frutti spirituali per la Chiesa cattolica e per l’azione di evangelizzazione e di promozione umana che essa ha attuato per la società africana nel suo insieme”.

  “Tenendo presente questo orizzonte ecclesiale, la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa si è concentrata sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. Si tratta di punti importanti per il mondo in generale, ma che acquistano un’attualità tutta particolare in Africa. E’ sufficiente ricordare le tensioni, le violenze, le guerre, le ingiustizie, gli abusi di ogni sorta, vecchi e nuovi, che hanno segnato questo anno. Il tema principale riguardava la riconciliazione con Dio e con il prossimo. Una Chiesa riconciliata al suo interno e tra i suoi membri potrà diventare segno profetico di riconciliazione a livello della società, di ciascun Paese e dell’intero Continente”.

  “Non bisogna mai tralasciare di cercare le vie della pace! (...) Per raggiungerla bisogna avere il coraggio della riconciliazione che viene dal perdono, dalla volontà di ricominciare la vita comunitaria, da una visione solidale del futuro, dalla perseveranza per superare le difficoltà. Riconciliati e in pace con Dio e con il prossimo, gli uomini possono lavorare per una maggiore giustizia in seno alla società”, ha detto il Pontefice in portoghese.

  “Africa, terra di una nuova Pentecoste, abbi fiducia in Dio! Animata dallo Spirito di Gesù Cristo risorto, diventa la grande famiglia di Dio, generosa con tutti i tuoi figli e figlie, operatori di riconciliazione, di pace, e di giustizia! Africa, Buona Novella per la Chiesa, diventalo per il mondo intero!”, ha concluso Benedetto XVI.

  Al termine del suo breve discorso, il Papa ha proceduto alla firma dell’Esortazione Apostolica Postsinodale ed ha benedetto i presenti. Al termine della cerimonia, in automobile ha raggiunto la sede della Nunziatura Apostolica di Cotonou, distante 45 chilometri da Ouidah.

  Testo integrale dell’Esortazione Apostolica Postsinodale “Africae Munus”.
PV-BENIN/                 VIS 20111119 (540)

IDEE PORTANTI ED OPERATIVE “AFRICAE MUNUS”


CITTA' DEL VATICANO, 19 NOV. 2011 (VIS). Di seguito riportiamo una sintesi dei punti portanti dell’Esortazione Apostolica Postsinodale “Africae Munus”, dell’Arcivescovo Nikola Eterovic, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi.

  L’Esortazione si compone di due parti. La Prima parte (NN.14-96), si fa il discernimento delle strutture portanti della missione ecclesiale nel continente che aspira alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace e che ha, quale sorgente, la Persona di Gesù Cristo. Ascoltando Lui, i cristiani sono invitati a lasciarsi riconciliare con Dio (cfr. 2 Cor 5, 20b), a diventare giusti per costruire un ordine sociale giusto, in accordo con la logica delle Beatitudini, impegnandosi nel servizio fraterno per l’amore della verità, fonte della pace. Pertanto si indicano anche i cantieri per la riconciliazione, la giustizia e la pace, quali un’autentica conversione, la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione, una spiritualità di comunione, l’inculturazione del Vangelo, la protezione della vita, i migranti, i profughi e i rifugiati, il buon governo degli Stati, il dialogo ecumenico ed interreligioso, soprattutto con le religioni tradizionali e l’Islam. Nella seconda parte (NN. 97-177), tutti i membri della Chiesa sono invitati a contribuire alla comunione e alla pace nella Chiesa e nella società. Inoltre, sono indicati i campi di apostolato: la Chiesa come presenza attiva ed efficace di Gesù Cristo; il mondo dell’educazione, della salute e dei mezzi di comunicazione sociale. L’Esortazione apre gli orizzonti della speranza all’Africa che accogliendo Gesù Cristo deve emanciparsi dalle forze che la paralizzano.

  L’”Africae munus” si situa in continuità con l’”Ecclesia in Africa”, frutto della Prima Assemblea Speciale per l’Africa, che ha dato un grande impulso alla crescita della Chiesa in Africa, sviluppando, tra l’altro, l’idea di Chiesa Famiglia di Dio, a beneficio della Chiesa universale. L’”Africae munus” intende rafforzare tale dinamismo ecclesiale, indicare il programma dell’attività pastorale nei prossimi decenni dell’evangelizzazione del grande continente africano, sottolineando l’urgente necessità della riconciliazione, della giustizia e della pace.

  La Chiesa, sacramento dell’unione con Dio e con gli uomini, deve essere il luogo della riconciliazione, dono di Dio, per essere strumento efficace della giustizia e della pace dell’intera società. La riconciliazione proviene dal mistero di Gesù Cristo risorto, presente nella sua Chiesa attraverso la Parola di Dio e i Sacramenti, soprattutto quelli della Riconciliazione e dell’Eucaristia. Nella grazia dello Spirito, l’Eucaristia stabilisce una nuova fraternità che supera le lingue, le culture, le etnie, le divisioni, il tribalismo, il razzismo e l’etnocentrismo. Nella sua opera di evangelizzazione e di educazione alla fede cristiana, la Chiesa deve mettere l’accento su una catechesi vissuta che conduca ad una conversione profonda e ad un impegno effettivo a vivere il Vangelo a livello personale, familiare e sociale. Per sostenere la promozione umana, di grande aiuto è la Dottrina sociale della Chiesa.

  L’”Africae munus” offre alla Chiesa in Africa guide pratiche per l’attività pastorale nei prossimi decenni.

- Rimane impellente l’evangelizzazione ad gentes in Africa, l’annuncio del Vangelo a coloro che tuttora non conoscono Gesù Cristo. È la priorità pastorale che coinvolge tutti i cristiani africani.

- Occorre, inoltre, animare sempre meglio l’evangelizzazione ordinaria nelle rispettive Chiese particolari, impegnandosi nella promozione della riconciliazione, della giustizia e della pace.

- È urgente, poi, adoperarsi nella nuova evangelizzazione in Africa, in particolare in favore di coloro che si sono allontanati dalla Chiesa o non seguono la condotta cristiana. I cristiani africani, in particolare il clero e i membri della vita consacrata, sono chiamati ad appoggiare la nuova evangelizzazione anche nei Paesi secolarizzati. Si tratta di uno scambio di doni, dato che missionari africani già operano nei Paesi dai quali un tempo sono venuti i missionari ad annunciare la Buona Notizia in Africa.

  Tra varie proposte operative dell’”Africae munus”, occorre segnalare:

- I Santi, persone riconciliate con Dio e con il prossimo, sono gli esemplari fautori della giustizia e gli apostoli della pace. La Chiesa – di cui tutti i membri sono chiamati alla santità –, deve ritrovare un nuovo ardore, proprio dei numerosi santi e martiri, confessori e vergini del Continente africano, il cui culto bisogna ravvivare e promuovere (cfr. AM 113).

- Per avere ulteriori esempi attuali, ottenendo anche nuovi intercessori in cielo, si incoraggiano i Pastori delle Chiese particolari “a riconoscere fra i servitori africani del Vangelo coloro che potrebbero essere canonizzati, secondo le norme della Chiesa” (AM 114). 

- Bisogna rafforzare ulteriormente i legami di comunione tra il Santo Padre e i Vescovi dell’Africa, come pure tra i Vescovi del continente a livello nazionale, regionale e continentale.

- Si auspica che “i Vescovi si impegnino anzitutto a promuovere e sostenere effettivamente ed affettivamente il Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar (S.C.E.A.M.) come struttura continentale di solidarietà e di comunione ecclesiale” (AM 107).

- Per approfondire maggiormente il mistero dell’Eucaristia e per accrescere la devozione eucaristica, si fa propria la proposta dei Padri sinodali di celebrare un Congresso eucaristico continentale (cfr AM 153).

- Si incoraggia la celebrazione annuale nei singoli Paesi africani di “un giorno o una settimana di riconciliazione, particolarmente durante l’Avvento o la Quaresima” (AM 157).

- In accordo con la Santa Sede, il S.C.E.A.M. potrà contribuire alla realizzazione di “un Anno della riconciliazione a livello continentale per chiedere a Dio un perdono speciale per tutti i mali e le ferite che gli esseri umani si sono inflitti gli uni gli altri in Africa, e affinché si riconcilino le persone e i gruppi che sono stati offesi nella Chiesa e nell’insieme della società” (AM 157).

  Grata per il dono della fede in Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo, la Chiesa in Africa si impegna con rinnovato slancio nell’evangelizzazione e nella promozione umana, affinché tutto il continente diventi un vasto campo di riconciliazione, di giustizia e di pace. In tale modo, la Chiesa contribuisce a forgiare la nuova Africa, chiamata a diventare sempre di più ‘polmone spirituale’ dell’umanità”.
SS/                  VIS 20111119 (970)

ALTRI ATTI PONTIFICI

CITTA' DEL VATICANO, 19 NOV. 2011 (VIS). Il Santo Padre:
- Ha nominato il Monsignor Kenneth David Oswin Richards, Vescovo della Diocesi di Saint John’s-Basseterre (superficie: 1.058; popolazione: 169.787; cattolici: 14.878; sacerdoti: 9; religiosi: 7; diaconi permanenti: 5), Antigua e Barbuda, W.I. Il Vescovo eletto è nato a Linstead (Giamaica) nel 1958 ed è stato ordinato sacerdote nel 1985. Dal 1985 al 1989 è stato Vicario parrocchiale di “Holy Cross” nell’Arcidiocesi di Kingston in Jamaica; dal 1989 al  1995 è stato Parroco di San Benedetto e i Martiri Africani; dal 1995 al 2003 è stato Parroco delle due parrocchie di San Giuda e San Patrizio; dal 2002 al 2005 è stato Direttore arcidiocesano delle vocazioni; dal 2004 al 2008 è stato Presidente del Consiglio Presbiterale e Presidente dell’Associazione dei Sacerdoti dell’Arcidiocesi e dal 2008 è stato Vicario Generale di Kingston in Jamaica.
- Ha nominato il Vescovo Antὁnio José da Rocha Couto, S.M.P., Vescovo di Lamego (superficie: 2.848; popolazione: 160.200; cattolici: 157.200; sacerdoti: 144; religiosi: 64; diaconi permanenti: 2), Portogallo. Finora Vescovo Ausiliare di Braga, succede al Vescovo Jacinto Tomắs de Carvalho Botelho, del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della medesima Diocesi, presentata per raggiunti limiti d’età.
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