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venerdì 18 aprile 2008

SCOPRIRE VERITÀ OBIETTIVO DIALOGO INTERRELIGIOSO

CITTA' DEL VATICANO, 17 APR. 2008 (VIS). Alle ore 18.30 (ora locale), il Santo Padre Benedetto XVI è giunto al "Pope John Paul II Cultural Center" di Washington per incontrare circa 200 Rappresentanti appartenenti a cinque Comunità religiose: ebrei, musulmani, indù, buddisti e giainisti. Il Centro, fondato nel 1998, dall'allora Arcivescovo di Washington, Cardinale Joseph Adam Maida, oggi Arcivescovo di Detroit, inaugurato nel 2001 alla presenza del Presidente George W. Bush, è un luogo di incontro, di dialogo e di ricerca accademica sui rapporti tra fede e cultura.

  "Questo Paese ha una lunga storia di collaborazione tra le diverse religioni, in molti campi della vita pubblica" - ha detto il Papa nel suo discorso - "Servizi di preghiera interreligiosa nel corso della festa nazionale del Ringraziamento, iniziative comuni in attività caritative, una voce condivisa su importanti questioni pubbliche: questi sono alcuni modi in cui i membri di diverse religioni si incontrano per migliorare la reciproca comprensione e promuovere il bene comune".

  "Gli americani" - ha ricordato il Pontefice - "hanno sempre apprezzato la possibilità di render culto liberamente e in conformità con la loro coscienza. (...) Oggi giovani cristiani, ebrei, musulmani, indù, buddisti, e bambini di tutte le religioni nelle aule di tutto il Paese siedono fianco a fianco imparando gli uni con gli altri e gli uni dagli altri. Questa diversità dà luogo a nuove sfide che suscitano una più profonda riflessione sui principi fondamentali di una società democratica".

 "Possano altri prendere coraggio dalla vostra esperienza, rendendosi conto che una società unita può derivare da una pluralità di popoli - 'E pluribus unum - da molti, uno' -, a condizione che tutti riconoscano la libertà religiosa come un diritto civile fondamentale (cfr Dignitatis humanae, 2)".

  "Il compito di difendere la libertà religiosa non è mai completato. (...) Tutelare la libertà religiosa entro la norma della legge non garantisce che i popoli, in particolare le minoranze, siano risparmiate da ingiuste forme di discriminazione e di pregiudizio. Questo richiede uno sforzo costante da parte di tutti i membri della società al fine di garantire che ai cittadini sia offerta l'opportunità di esercitare il culto pacificamente e di trasmettere il loro patrimonio religioso ai loro figli".

  Insistendo sul dialogo fra le religioni, il Pontefice ha sottolineato che: "Nella misura in cui cresciamo nella comprensione gli uni degli altri, vediamo che condividiamo una stima per i valori etici, raggiungibili dalla ragione umana, che sono venerati da tutte le persone di buona volontà. Il mondo chiede insistentemente una comune testimonianza di questi valori. Invito pertanto tutte le persone religiose a considerare il dialogo non solo come un mezzo per rafforzare la comprensione reciproca, ma anche come un modo per servire in maniera più ampia la società".

   Definendo lodevole il "crescente interesse tra i governi a sponsorizzare programmi destinati a promuovere il dialogo interreligioso e interculturale", il Papa ha soggiunto: "Allo stesso tempo, la libertà religiosa, il dialogo interreligioso e la fede mirano a qualcosa di più di un consenso volto a individuare vie per attuare strategie concrete per far progredire la pace. L'obiettivo più ampio di dialogo è quello di scoprire la verità".

  "I leaders spirituali hanno un particolare dovere, (...), a porre in primo piano le domande più profonde alla coscienza umana, a risvegliare l'umanità davanti al mistero dell'esistenza umana, a fare spazio in un mondo frenetico alla riflessione e alla preghiera".

  "Messi di fronte a questi interrogativi più profondi riguardanti l'origine e il destino del genere umano" - ha segnalato il Pontefice - "i cristiani propongono Gesù di Nazareth. (...) L'ardente desiderio di seguire le sue orme spinge i cristiani ad aprire le loro menti e i loro cuori al dialogo (cfr Lc 10, 25-37; Gv 4, 7-26)".

  "Cari amici, nel nostro tentativo di scoprire i punti di comunanza, forse abbiamo evitato la responsabilità di discutere le nostre differenze con calma e chiarezza. Mentre uniamo sempre i nostri cuori e le menti nella ricerca della pace, dobbiamo anche ascoltare con attenzione la voce della verità".

  "In questo modo, il nostro dialogo non si ferma ad individuare un insieme comune di valori" - ha concluso il Pontefice - "ma si spinge innanzi ad indagare il loro fondamento ultimo. Non abbiamo alcun motivo di temere, perché la verità ci svela il rapporto essenziale tra il mondo e Dio. Siamo in grado di percepire che la pace è un 'dono celeste', che ci chiama a conformare la storia umana all'ordine divino".

  Al termine il Papa ha rivolto un breve saluto, nella "Polish National Room", ai rappresentanti della Comunità ebraica e ha consegna loro un Messaggio augurale in occasione della Pesah, festa della Pasqua ebraica che inizia sabato 19 aprile.

  "In occasione della vostra più solenne celebrazione, mi sento a voi particolarmente vicino, proprio per ciò che 'Nostra Aetate' invita i Cristiani a ricordare sempre: che cioè la Chiesa 'ha ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento tramite quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia si è degnato di stringere l'Antica Alleanza e che si nutre dalla radice del buon ulivo su cui sono stati innestati i rami dell'oleastro dei Gentili' (n. 4). Nel rivolgermi a voi, desidero riaffermare l'insegnamento del Concilio Vaticano II sulle relazioni cattolico-ebraiche e reiterare l'impegno della Chiesa per il dialogo che nei trascorsi quarant'anni ha cambiato in modo fondamentale e migliorato i nostri rapporti".

  "A motivo di questa crescita nella fiducia e nell'amicizia, Cristiani ed Ebrei possono insieme sperimentare nella gioia il carattere profondamente spirituale della Pasqua, un memoriale di libertà e di redenzione. Ogni anno, quando ascoltiamo la storia della Pasqua noi ritorniamo alla notte benedetta della liberazione. Questo tempo santo dell'anno dovrebbe essere un richiamo per entrambe le comunità a perseguire la giustizia, la misericordia, la solidarietà verso lo straniero, la vedova e l'orfano, come comandò Mosè.

  "Questo vincolo permette a noi Cristiani di celebrare al vostro fianco, anche se in un modo nostro specifico, la Pasqua della morte e della risurrezione di Cristo, che noi consideriamo inseparabile dal vostro, avendo Gesù stesso detto: 'la salvezza viene dai Giudei' (Giovanni 4, 22). La nostra Pasqua e il vostro Pesah, sebbene distinti e differenti, ci uniscono nella comune speranza centrata su Dio e sulla Sua misericordia".

  "Con rispetto e amicizia, chiedo, pertanto, alla Comunità ebraica di accettare i miei auguri di Pesah in uno spirito di apertura alle reali possibilità di cooperazione che vediamo davanti a noi, mentre contempliamo le urgenti necessità del nostro mondo e guardiamo con compassione alle sofferenze di milioni di nostri fratelli e sorelle ovunque. Naturalmente, la nostra condivisa speranza per la pace nel mondo abbraccia il Medio Oriente e la Terra Santa in particolare. Possa la memoria delle misericordie di Dio, che Ebrei e Cristiani celebrano in questo tempo di festa, ispirare tutti i responsabili per il futuro di quella Regione - dove gli eventi legati alla rivelazione di Dio avvennero realmente - a rinnovati sforzi e specialmente a nuovi atteggiamenti e ad una nuova purificazione dei cuori!".
PV-USA/DISCORSO INTERRELIGIOSO/WASHINGTON      VIS 20080418 (1160)


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