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lunedì 10 ottobre 2005

UNDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE


CITTÁ DEL VATICANO, 10 OTT. 2005 (VIS). Questa mattina si é celebrata, in presenza del Santo Padre e di 244 Padri Sinodali, l'undicesima Congregazione Generale del Sinodo sull'Eucaristia. Presidente Delegato di turno é stato il Cardinale Francis Arinze.

CARDINALE LUBOMYR HUSAR, M.S.U., ARCIVESCOVO DI LVIV DEGLI UCRAINI, PRESIDENTE DEL SINODO DELLE CHIESE GRECO-CATTOLICHE DI UCRAINA. "La mia premessa è che non ci può essere dubbio alcuno che l'Eucaristia è 'fons et culmen' della vita e della missione della Chiesa. Ma anche per le Chiese Ortodosse questo è vero! Se la Liturgia è 'regula fidei' ('lex orandi', 'lex credendi'); se la Divina Liturgia celebrata dalle Chiese Orientali in comunione con la Sede di Roma e dalle Chiese Ortodosse o Apostoliche è identica per entrambe; se è reciproco il riconoscimento della Successione Apostolica dei Vescovi e, conseguentemente, dei sacerdoti che la celebrano, allora la mia domanda è: cosa occorre di più per l'unità? Esiste forse un'altra 'fons' o un altro 'culmen' superiore all'Eucaristia? E se non esiste, perché non si permette la concelebrazione?".

CARDINALE CRESCENZIO SEPE, PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI (CITTÁ DEL VATICANO). "Si ritiene opportuna una trattazione più organica che chiarisca la distinzione tra l'evangelizzazione destinata 'ad Gentes' e quella destinata a quanti hanno abbandonato la propria fede. È vero che l'evangelizzazione è unica nel contenuto, ma si diversifica in relazione ai destinatari ai quali essa è indirizzata. (...) Oggi sono circa 5 miliardi le persone che non conoscono Gesù Cristo e quindi non possono alimentarsi del Suo Corpo e del Suo Sangue. La Chiesa ha il diritto e dovere di portare anche a loro il Pane della Vita e il Calice della Salvezza. A tal fine è necessario che la dottrina eucaristica sia offerta ai non cristiani nella sua integrale verità, senza cedere alle 'mode culturali' che porterebbero a quella deriva ermeneutica per la quale l'Eucaristia perderebbe la sua dimensione mistica reale e diventerebbe una variante di quella antropologia culturale che relativizza la stessa persona di Gesù Cristo".

VESCOVO PETRU GHERGHEL, DI IASI (ROMANIA), DELEGATO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE RUMENA. "Il 'rimanere in Cristo' (Gv 15,4) ha garantito sin dall'inizio la vitalità e la forza delle prime comunità cristiane. (...) Nel lungo periodo comunista, l'unico luogo dove i fedeli potevano alimentare il coraggio della loro fede era la Chiesa. La celebrazione dell'Eucaristia era insieme momento di evange1izzazione, catechesi e comunione con Dio e con i fratelli. (...) Suggerisco una proposta per incrementare il rispetto verso l'Eucaristia. Avendo presente la tradizione orientale, la ricchezza di tali testimonianze e l'intento di uno scambio di doni tra le nostre Chiese, propongo di adoperare per la Santa Messa anche l'appellativo di 'Santa e Divina Liturgia', accanto a quello latino, già in uso ma poco preciso. Sarà un titolo che suggerisce maggiormente il sacro e invita al raccoglimento, allo stupore, al silenzio, all'adorazione".

VESCOVO GABRIEL MALZAIRE, DI ROSEAU (SANTO DOMINGO). "Il Sacramento della Penitenza non fa più parte della normale vita spirituale per un numero sempre più grande di cattolici. I matrimoni misti portano a volte ad una diminuzione del bisogno dell'Eucaristia. Nelle Antille, l'inter-comunione pone dei problemi. Molti fedeli credono che la Santa Comunione porti alla santità personale e ad una trasformazione dei comportamenti e generi un senso di responsabilità verso i bisogni degli altri. Tuttavia, per molti vi è discordanza tra ciò in cui credono e il loro modo di vivere. Alcuni suggerimenti: il ritorno all'importanza dei doveri Pasquali con la necessità (come minimo) di una Confessione annuale; il richiamo al rispetto ed alla riverenza dovuti ai luoghi sacri; la necessità del silenzio prima e durante la celebrazione della Santa Messa; un ritorno ai banchi con gli inginocchiatoi nelle Chiese così che la gente sia condotta anche ad un atteggiamento esterno di riverenza verso il Santissimo Sacramento".

PADRE PETER HANS KOLVENBACH, PREPOSITO GENERALE DELLA COMPAGNIA DI GESÚ. "La riscoperta della nozione tridentina di Ripresentazione Sacramentale apre orizzonti promettenti nel dialogo tra Cattolici e Riformati. Invece di dire che la Messa è rinnovazione del Sacrificio della Croce, oggi diciamo più esattamente che la Messa è la rinnovazione del Memoriale del Sacrificio della Croce. La Messa è infatti Sacrificio Sacramentale, vale a dire il Sacramento di quel Sacrificio, la Ripresentazione Sacramentale nostra all'unico Sacrificio. Il limite che ha contrapposto la teologia cattolica del secondo millennio a quella ortodossa è stato quello di analizzare la trasformazione eucaristica in base alla nozione di tempo fisico, facendola dipendere esclusivamente o dal momento in cui vengono pronunciate le parole della Consacrazione o dal momento in cui si pronuncia l'Epiclesi Consacratoria. Da una parte come dall'altra si è dimenticato che l'istante in cui avviene la Transustanziazione (o Metabolè) non è quello del nostro cronometro, bensì è l'istante di Dio, che è Tempo Sacramentale. Il magistero della 'lex orandi' insegna che questo istante, essendo per natura sua 'al di là delle cose fisiche', ammette due momenti forti, entrambi provvisti di efficacia consacratoria assoluta: il Racconto Istituzionale e l'Epiclesi. Riferita alle parole della Consacrazione e all'Epiclesi Consacratoria, la nozione di efficacia consacratoria assoluta non sopporta né conflittualità, né esclusivismi. Lungi dal presentarsi come ostacolo, la questione dell'Epiclesi si rivela un vero ponte ecumenico nel dialogo tra Cattolici e Ortodossi".

ARCIVESCOVO OSWALD GRACIAS, DI AGRA (INDIA), PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE INDIANA. "In India, dove c'è grande bisogno di formazione nella fede, occorre prestare maggiore attenzione all'obiettivo di portare le persone a comprendere, apprezzare e vivere le Scritture nella loro ricchezza. A tale scopo si può cercare di ricorrere all'impiego dei mezzi di comunicazione, quali proiezioni di audiovisivi con scene del Vangelo e importanti rappresentazioni, così che la proclamazione giunga a tutti i livelli dell'umana coscienza. I Vescovi, in quanto pienamente responsabili, dovrebbero cercare di evitare il pericolo del protagonismo. (...) Le persone in alcune zone dell'India sono attratte dalle sette perché trovano la nostra liturgia monotona e impersonale, ben lontana da un'esperienza di Dio. Le Conferenze Episcopali, insieme alla Congregazione del Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti, potrebbero studiare strumenti per una miglior inculturazione della Liturgia, e consentire una maggiore libertà e creatività nella stessa, salvaguardandola allo stesso tempo dal pericolo degli abusi. Le Messe di gruppo e le Messe per le famiglie potrebbero rappresentare mezzi efficaci per rafforzare l'unità della famiglia e per impartire la catechesi".
SE/UNDICESIMA CONGREGAZIONE/... VIS 20051010 (1030)

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