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lunedì 6 giugno 2011

INTERVISTA AL PAPA DURANTE VOLO CROAZIA

CITTA' DEL VATICANO, 4 GIU. 2011 (VIS). Come di consueto nel corso dei Viaggi Apostolici internazionali, il Santo Padre Benedetto XVI ha concesso una breve intervista ai giornalisti presenti nell’aereo papale diretto in Croazia.

Prima domanda: Santità, lei è già stato altre volte in Croazia e il suo predecessore ha fatto ben tre viaggi in questo Paese. Si può parlare di una relazione particolare fra la Santa Sede e la Croazia? Quali sono i motivi e gli aspetti più significativi di questa relazione e di questo viaggio?

Risposta del Papa: “Personalmente sono stato due volte in Croazia. La prima volta per i funerali del Cardinale Šeper - mio predecessore alla Dottrina della Fede - che era un mio grande amico (...). Perciò ho conosciuto la sua bontà, la sua intelligenza, il suo discernimento, la sua allegria. (...) E poi sono stato, ancora una volta, invitato dal suo segretario particolare Čapek, anche lui un uomo di grande allegria e di grande bontà, per un simposio e per una celebrazione in un santuario mariano. Qui ho vissuto la pietà popolare, che è molto simile a quella delle mie terre, devo dire. (...) E così ho visto e vissuto questa Croazia, con la sua millenaria storia cattolica, sempre molto vicina alla Santa Sede, e naturalmente con la precedente storia della Chiesa antica”.

Seconda Domanda: Santo Padre, la Croazia a breve si dovrebbe unire alle 27 nazioni che fanno parte dell’Unione Europea: però negli ultimi tempi, nel popolo croato è aumentato un certo scetticismo nei confronti dell’Unione. In questa situazione, Lei pensa di dare un messaggio di incoraggiamento ai croati, perché guardino verso l’Europa in una prospettiva non solo economica, ma anche culturale e con i valori cristiani?

Risposta: “Penso che la maggioranza dei croati pensa sostanzialmente con grande gioia a questo momento in cui si unisce all’unione Europea, perché è un popolo profondamente europeo. (...) È un popolo che sta nel centro dell’Europa, della sua storia e della sua cultura. In questo senso – penso – è logico, giusto e necessario che entri. (...) Si può capire che forse c’è una paura di un burocratismo centralistico troppo forte, di una cultura razionalistica, che non tiene sufficientemente conto della storia e della ricchezza della storia e anche della ricchezza della diversità storica. Mi sembra che proprio questa possa essere anche una missione di questo popolo, che entra adesso: di rinnovare nell’unità la diversità. L’identità europea è un’identità propria nella ricchezza delle diverse culture, che convergono nella fede cristiana, nei grandi valori cristiani. Perché questo sia di nuovo visibile e efficiente, mi sembra sia proprio anche una missione dei croati che entrano adesso di rafforzare, contro un certo razionalismo astratto, la storicità delle nostre culture e la diversità, che è la nostra ricchezza. In questo senso incoraggio i croati: il processo di chi entra in Europa è un processo reciproco di dare e di ricevere. Anche la Croazia dà con la sua storia, con la sua capacità umana ed economica, e riceve naturalmente, anche allargando così l’orizzonte e vivendo in questo grande commercio non solo economico, ma soprattutto anche culturale e spirituale”.

Ultima Domanda: Molti croati speravano che in occasione del suo viaggio potesse avvenire la canonizzazione del Beato Cardinale Stepinac: qual è per lei l’importanza oggi della sua figura?

Risposta: “Il Cardinale era un grande pastore e un grande cristiano e così anche un uomo di un umanesimo esemplare. Io direi che era la sorte del Cardinale Stepinac che ha dovuto vivere in due dittature contrastanti, ma che erano entrambe antiumaniste: prima il regime ustascia, che sembrava adempiere il sogno dell’autonomia e dell’indipendenza, ma in realtà era un’autonomia che era una menzogna perché strumentalizzata da Hitler per i suoi scopi. Il Cardinale Stepinac ha capito molto bene questo e ha difeso l’umanesimo vero contro questo regime, difendendo serbi, ebrei, zingari; ha dato – diciamo - la forza di un vero umanesimo, anche soffrendo. Poi c’è stata la dittatura contraria del comunismo, dove di nuovo ha lottato per la fede, per la presenza di Dio nel mondo, per il vero umanismo che è dipendente dalla presenza di Dio: solo l’uomo è immagine di Dio e l’umanesimo fiorisce. Così era - diciamo – il suo destino: lottare in due lotte diverse e contrastanti e proprio in questa decisione per il vero contro lo spirito dei tempi, questo vero umanesimo che viene dalla fede cristiana, è un grande esempio non solo per i croati, ma per tutti noi”.
PV-CROAZIA/ VIS 20110606 (750)

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