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mercoledì 17 giugno 2009

CIRILLO E METODIO PERENNE ESEMPIO INCULTURAZIONE

CITTA' DEL VATICANO, 17 GIU. 2009 (VIS). I Santi Cirillo e Metodio, Apostoli degli Slavi e Compatroni d’Europa, sono stati i protagonisti della catechesi del Santo Padre per l’Udienza Generale di questo Mercoledì, tenutasi in Piazza San Pietro.

  Il Papa ha tracciato la biografia dei due fratelli ricordando che: “Cirillo nacque a Tessalonica dal magistrato imperiale Leone nell’826/827” e ricevette un’ottima formazione umanistica. “Dopo aver rifiutato un brillante matrimonio, decise di ricevere gli ordini sacri e divenne ‘bibliotecario’ presso il Patriarcato. (...) Nel frattempo, il fratello Michele (nato nell’815 ca.), dopo una carriera amministrativa in Macedonia, verso l’anno 850 abbandonò il mondo per ritirarsi a vita monastica sul monte Olimpo in Bitinia, dove ricevette il nome di Metodio (...). Attratto dall’esempio del fratello, anche Cirillo decise di lasciare l’insegnamento per recarsi sul monte Olimpo a meditare e a pregare”.

  “Alcuni anni più tardi però, (861 ca.), il governo imperiale lo incaricò di una missione presso i khazari del Mare di Azov, i quali chiedevano che fosse loro inviato un letterato che sapesse discutere con gli ebrei e i saraceni. Cirillo, accompagnato dal fratello Metodio, sostò a lungo in Crimea, dove imparò l’ebraico”.

  “Giunti a Costantinopoli, i due fratelli furono inviati in Moravia dall’imperatore Michele III, al quale il principe moravo Ratislao aveva rivolto una precisa richiesta: ‘Il nostro popolo – gli aveva detto – da quando ha respinto il paganesimo, osserva la legge cristiana; però non abbiamo un maestro che sia in grado di spiegarci la vera fede nella nostra lingua’”.

  “La missione” – ha detto il Papa – “ebbe ben presto un successo insolito. Traducendo la liturgia nella lingua slava, i due fratelli guadagnarono una grande simpatia presso il popolo. Questo, però, suscitò nei loro confronti l’ostilità del clero franco, che era arrivato in precedenza in Moravia e considerava il territorio come appartenente alla propria giurisdizione ecclesiale. Per giustificarsi, nell’867 i due fratelli si recarono a Roma. Durante il viaggio si fermarono a Venezia, dove ebbe luogo un’animata discussione con i sostenitori della cosiddetta ‘eresia trilingue’: costoro ritenevano che vi fossero solo tre lingue in cui si poteva lecitamente lodare Dio: l’ebraica, la greca e la latina”.

  “Ovviamente, a ciò i due fratelli si opposero con forza. A Roma Cirillo e Metodio furono ricevuti dal Papa Adriano II, che (...) aveva anche compreso la grande importanza della loro eccezionale missione. (...) Il Papa intuì che i popoli slavi avrebbero potuto giocare il ruolo di ponte fra Oriente ed Occidente, contribuendo così a conservare l’unione tra i cristiani dell’una e dell’altra parte dell’Impero. Egli quindi non esitò ad approvare la missione dei due Fratelli nella Grande Moravia, accogliendo l’uso della lingua slava nella liturgia”.

  “Purtroppo a Roma Cirillo s’ammalò gravemente” e ivi “morì il 14 febbraio 869. Fedele all’impegno assunto col fratello, nell’anno 870 Metodio ritornò in Moravia e in Pannonia (oggi Ungheria)” dove “si adoperò attivamente nella organizzazione della Chiesa, curando la formazione di un gruppo di discepoli”. Morì il 6 aprile 885.

  “Volendo ora riassumere in breve il profilo spirituale dei due Fratelli, si deve innanzitutto registrare la passione con cui Cirillo si avvicinò agli scritti di san Gregorio Nazianzeno, apprendendo da lui il valore della lingua nella trasmissione della Rivelazione. (...) Già alcuni anni prima che il principe di Moravia venisse a chiedere all’imperatore Michele III l’invio di missionari nella sua terra, sembra che Cirillo e il fratello Metodio, attorniati da un gruppo di discepoli, stessero lavorando al progetto di raccogliere i dogmi cristiani in libri scritti in lingua slava. Apparve allora chiaramente l’esigenza di nuovi segni grafici, più aderenti alla lingua parlata: nacque così l’alfabeto glagolitico che, successivamente modificato, fu poi designato col nome di ‘cirillico’ in onore del suo ispiratore”.

  “Cirillo e Metodio erano convinti che i singoli popoli non potessero ritenere di aver ricevuto pienamente la Rivelazione finché non l’avessero udita nella propria lingua e letta nei caratteri propri del loro alfabeto. (...) “Cirillo e Metodio costituiscono un esempio classico di ciò che oggi si indica col termine ‘inculturazione’: ogni popolo deve calare nella propria cultura il messaggio rivelato ed esprimerne la verità salvifica con il linguaggio che gli è proprio. (...) Di ciò” – ha concluso il Pontefice – “i due santi Fratelli hanno lasciato una testimonianza quanto mai significativa, alla quale la Chiesa guarda anche oggi per trarne ispirazione ed orientamento”.
AG/CIRILLO:METODIO/....                           VIS 20090617 (720)


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