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martedì 12 ottobre 2010

SECONDA CONGREGAZIONE GENERALE

CITTA' DEL VATICANO, 11 OTT. 2010 (VIS). La Seconda Congregazione Generale dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi ha avuto inizio nel pomeriggio di oggi alle 16:30 nell’Aula del Sinodo. Nel corso della sessione pomeridiana sono state presentate cinque relazioni per continente.

Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Alla sessione erano presenti 163 Padri Sinodali.


AFRICA: CARDINALE. POLYCARP PENGO, ARCIVESCOVO DI DAR-ES-SALAAM, PRESIDENTE DEL "SYMPOSIUM OF EPISCOPAL CONFERENCES OF AFRICA AND MADAGASCAR" (S.E.C.A.M.) (TANZANIA). “Il Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar ha un legame intrinseco con la Chiesa in Medio Oriente, soprattutto grazie alla Chiesa in Egitto, che fa parte sia dell’Africa che del Medio Oriente. (...) I cristiani emigrano dal Medio Oriente a causa di quelle che possono essere considerate situazioni di oppressione contro la fede cristiana in alcuni paesi del Medio Oriente. (...) Oggi nessun cristiano della costa dell’Africa orientale avverte l’obbligo di nascondere la propria identità cristiana, nonostante il fatto che l’Islam continui a essere la religione della maggioranza della popolazione. E anche gli insediamenti cristiani separati non sono più necessari. (...) Una collaborazione più stretta tra la Chiesa sub-Sahariana e la Chiesa nel Nord Africa e nel Medio Oriente resta e resterà sempre di importanza fondamentale per la sopravvivenza del Cristianesimo in entrambi i luoghi. Il SECAM rappresenta un eccellente strumento per tale cooperazione”.

NORD AMERICA: CARDINALE ROGER MICHAEL MAHONY, ARCIVESCOVO DI LOS ANGELES (STATI UNITI D'AMERICA). “Pur riconoscendo la loro unione con Roma, dovrebbero essere incoraggiate le relazioni interecclesiali non solo tra le Chiese ‘sui iuris’ in Medio Oriente, ma specialmente nella diaspora (IL par. 55). Constatando l’emorragia di cristiani dal Medio Oriente in Europa, in Australia e nelle Americhe, abbiamo cercato in vari modi di trasformare l’emigrazione in una nuova opportunità per sostenere questi cristiani, mentre si stabiliscono nella diaspora. (...) La sfida maggiore che affrontiamo con i nostri immigrati - siano essi cattolici medio orientali o cattolici vietnamiti fuggiti dal loro Paese per il Sud California, o cubani fuggiti da Cuba verso le coste di Miami - non è quella di aiutarli a vivere il mistero della ‘communio’ fra i cristiani e le varie Chiese cristiane. La sfida più grande è di aiutarli a rispondere alla grazia di dare testimonianza al Vangelo perdonando quei nemici che spesso sono la causa principale dell’aver lasciato la loro patria per trovare pace e giustizia sulle nostre coste”.

ASIA: ARCIVESCOVO ORLANDO B. QUEVEDO, O.M.I., DI COTABATO, SEGRETARIO GENERALE DELLA "FEDERATION OF ASIAN BISHOPS' CONFERENCES" (F.A.B.C.) (FILIPPINE). “In Asia noi siamo un ‘piccolo gregge’, meno del 3% su oltre tre miliardi di asiatici. Alla luce delle crescenti diffidenze religiose e degli estremismi religiosi che talvolta sfociano in violenza e morte, potremmo certamente diventare paurosi o timidi. Ma siamo fortificati e incoraggiati dalle parole del Signore, ‘Non temere, piccolo gregge’. (...) Tale testimonianza sprona noi vescovi in comunione con il Santo Padre e tra di noi, ad affrontare seriamente le grandi sfide pastorali che abbiamo di fronte in Asia, vale a dire il fenomeno della migrazione, che viene talvolta chiamato la nuova schiavitù, l’impatto negativo della globalizzazione economica e culturale, la questione dei cambiamenti climatici, le istanze dell’estremismo religioso, dell’ingiustizia e della violenza, la libertà religiosa e i problemi biogenetici che minacciano la vita umana nel grembo materno dal concepimento fino alla morte naturale”.

EUROPA: CARDINALE PÉTER ERDO, ARCIVESCOVO DI ESZTERGOM-BUDAPEST, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE, PRESIDENTE DEL "CONSILIUM CONFERENTIARUM EPISCOPORUM EUROPAE" (C.C.E.E.) (UNGHERIA). “L’Europa è debitore del Medio Oriente. Non soltanto una moltitudine degli elementi fondamentali della nostra cultura proviene da quella regione, ma anche i primi missionari del nostro continente sono arrivati da lì. (...) Pensando al Medio Oriente, noi europei dobbiamo esaminare la nostra coscienza. È vivo ancora il messaggio del Vangelo tra di noi, quella buona novella che abbiamo ricevuto dagli apostoli? O non si vede più nella nostra vita quella luce e quell’entusiasmo che scaturisce dalla fede in Cristo? Nei nostri tempi, quando i profughi ed emigranti cristiani arrivano in Europa dai diversi Paesi del Medio Oriente qual’è la nostra reazione? Siamo abbastanza attenti alla cause che costringono migliaia se non milioni di cristiani a lasciare la terra dove abitavano i loro antenati da quasi duemila anni? È vero che anche il nostro comportamento è responsabile per quello che sta accadendo? Siamo proprio di fronte ad una grande sfida. (...) Sappiamo esprimere in modo efficace il nostro sostegno ai cristiani del Medio Oriente? (...) I cristiani che arrivano dal Medio Oriente bussano alla porta dei nostri cuori e risvegliano la nostra coscienza cristiana”.

OCEANIA: ARCIVESCOVO JOHN ATCHERLEY DEW, DI WELLINGTON, PRESIDENTE DELLA "FEDERATION OF CATHOLIC BISHOPS' CONFERENCES OF OCEANIA" (F.C.B.C.O.) (NUOVA ZELANDA). “Tra i cinque milioni di cattolici in Australia un numero piccolo ma importante fa parte delle Chiese cattoliche orientali. Le due principali Chiese cattoliche orientali in Australia sono la Maronita e la Melchita (...) Oltre a queste Chiese cattoliche orientali, vi sono anche la Caldea, Sira, Siro-Malabarese e Copta. Le eparchie maronita, melchita e caldea si estendono in Nuova Zelanda offrendo servizi pastorali e liturgici anche alle comunità lì residenti. Il Medio Oriente è presente in Oceania attraverso i migranti e i rifugiati che si sono stabiliti nella regione: ebrei europei sin dagli inizi dell’insediamento in Australia e Nuova Zelanda, nonché rifugiati dalla Germania degli anni intorno al 1930 e sopravvissuti alla Shoah; libanesi, palestinesi, egiziani; iracheni, cristiani e musulmani; e, in tempi più recenti, rifugiati curdi dall’Iraq, dall’Iran e dalla Turchia. I nostri legami storici sono fortemente caratterizzati dalla guerra e dalla pace. (...) Questi legami vengono cementati oggi attraverso la presenza di numerosi pellegrini dell’Oceania che visitano la Terra Santa, attraverso il reinsediamento dei rifugiati, i programmi di aiuto allo sviluppo di Caritas Internationalis; la presenza di ordini religiosi internazionali che si dedicano al lavoro educativo o al sostegno dei luoghi sacri”.

AMERICA LATINA: ARCIVESCOVO RAYMUNDO DAMASCENO ASSIS, DI APARECIDA, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO (C.E.L.AM.) (BRASILE). “Nei nostri paesi latino-americani e dei Caraibi abbiamo molti emigranti mediorientali - di prima e seconda generazione - la maggior parte dei quali sono cristiani. Molti sono entrati a far parte della Chiesa latina e ci sono piccoli gruppi con le proprie eparchie. Il nostro desiderio è che si cresca ancora di più nella coscienza della nostra comune fede cattolica e che ci si avvicini maggiormente a un’azione missionaria condivisa. In questo momento stiamo realizzando in tutte le nostre Chiese la cosiddetta ‘Missione Continentale’, frutto della Conferenza Generale di Aparecida. Sarebbe una splendida testimonianza poterci unire in questo sforzo evangelizzatore. Da ultimo, vogliamo condividere con voi la preoccupazione per il conflitto israelo-palestinese. Anche in questo siamo in comunione con il Santo Padre nel suo sforzo di trovare una soluzione al conflitto. Che sia ristabilita nella terra di Gesù la pace fra questi due popoli!”.

ARCIVESCOVO ELIAS CHACOUR, DI AKKA, SAN GIOVANNI D'ACRI, TOLEMAIDE DEI GRECO-MELKITI (ISRAELE). “Negli ultimi venti secoli è stato come se i nostri cristiani di Terra Santa fossero condannati e avessero il privilegio di condividere l’oppressione, la persecuzione e la sofferenza con Cristo. (...) Come arcivescovo della comunità cattolica più grande in Terra Santa, la Chiesa cattolica melkita, vi invito qui, e chiedo al Santo Padre, di dedicare sempre più attenzione alle pietre vive della Terra Santa. (...) Siamo in Galilea da tempi immemori. Ora siamo in Israele. Vogliamo restare dove siamo e abbiamo bisogno della vostra amicizia più che dei vostri soldi”.

ARCIVESCOVO BOUTROS MARAYATI, DI ALEP DEGLI ARMENI (SIRIA). “Se vogliamo che questa Assemblea speciale sia feconda, dobbiamo pensare a una conferenza speciale per ciascun paese, avente un aspetto ecumenico, dove poter discutere delle questioni a seconda delle situazioni locali. Indubbiamente le sfide sono le stesse, ma ogni paese ha una situazione propria. (...) Negli ultimi 100 anni l’emigrazione o la deportazione violenta hanno continuato a verificarsi in Oriente. (...) Stiamo forse aspettando il giorno in cui il mondo come spettatore e l’indifferenza delle Chiese occidentali rimarranno fermi ad osservare la ‘morte dei Cristiani d’Oriente? Malgrado le crisi e le difficoltà che si presentano alla nostra vista cristiana e alle nostre relazioni ecumeniche, noi continuiamo a ‘credere, sperando contro ogni speranza”.
SE/ VIS 20101012 (1370)

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