Nel presentare la figura della santa il Papa ha ricordato la Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II “Mulieris dignitatem”, pubblicata nel 1988 che tratta “del ruolo prezioso che le donne hanno svolto e svolgono nella vita della Chiesa” ed esprime il ringraziamento della Chiesa “per tutte le manifestazioni del genio femminile apparse nel corso della storia”.
“Anche in quei secoli della storia che noi abitualmente chiamiamo Medioevo” – ha detto Benedetto XVI – “alcune figure femminili spiccano per la santità della vita e la ricchezza dell’insegnamento”, come Ildegarda di Bingen, che apparteneva ad una famiglia nobile e numerosa e che dai genitori venne votata al servizio di Dio.
“A otto anni” – ha proseguito il Papa – “per ricevere un’adeguata formazione umana e cristiana, fu affidata alle cure della maestra Giuditta di Spanheim, che si era ritirata in clausura presso il monastero benedettino di san Disibodo. Si andò formando un piccolo monastero femminile di clausura, che seguiva la Regola di san Benedetto. Ildegarda ricevette il velo dal Vescovo Ottone di Bamberga e, nel 1136, alla morte di madre Giuditta, le consorelle la chiamarono a succederle. Svolse questo compito mettendo a frutto le sue doti di donna colta, spiritualmente elevata e capace di affrontare con competenza gli aspetti organizzativi della vita claustrale”.
“Qualche anno dopo, anche a motivo del numero crescente di giovani donne che bussavano alle porte del monastero, Ildegarda fondò un’altra comunità a Bingen, intitolata a san Ruperto, dove trascorse il resto della vita. Lo stile con cui esercitava il ministero dell’autorità è esemplare per ogni comunità religiosa” – ha sottolineato il Santo Padre – “esso suscitava una santa emulazione nella pratica del bene”.
“Già negli anni in cui era superiora del monastero di san Disibodo, Ildegarda aveva iniziato a dettare le visioni mistiche, che riceveva da tempo, al suo consigliere spirituale, il monaco Volmar, e alla sua segretaria, una consorella a cui era molto affezionata, Richardis di Strade. Come sempre accade nella vita dei veri mistici, anche Ildegarda volle sottomettersi all’autorità di persone sapienti per discernere l’origine delle sue visioni, temendo che esse fossero frutto di illusioni e che non venissero da Dio”.
“Si rivolse perciò alla persona che ai suoi tempi godeva della massima stima nella Chiesa: san Bernardo di Chiaravalle” – ha proseguito il Pontefice – “Questi tranquillizzò e incoraggiò Ildegarda. Ma nel 1147 ella ricevette un’altra approvazione importantissima. Il Papa Eugenio III, che presiedeva un sinodo a Treviri, lesse un testo dettato da Ildegarda, presentatogli dall’Arcivescovo Enrico di Magonza. Il Papa autorizzò la mistica a scrivere le sue visioni e a parlare in pubblico. Da quel momento il prestigio spirituale di Ildegarda crebbe sempre di più, tanto che i contemporanei le attribuirono il titolo di ‘profetessa teutonica’”, ha commentato Benedetto XVI.
“È questo, cari amici” – ha concluso il Pontefice – “il sigillo di un’esperienza autentica dello Spirito Santo, sorgente di ogni carisma: la persona depositaria di doni soprannaturali non se ne vanta mai, non li ostenta e, soprattutto, mostra totale obbedienza all’autorità ecclesiastica. Ogni dono distribuito dallo Spirito Santo, infatti, è destinato all’edificazione della Chiesa, e la Chiesa, attraverso i suoi Pastori, ne riconosce l’autenticità”.
AG/ VIS 20100901 (570)
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