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mercoledì 26 marzo 2008

GIOVEDÌ SANTO: SANTA MESSA DEL CRISMA E IN COENA DOMINI



CITTA' DEL VATICANO, 20 MAR. 2008 (VIS). Alle 9:30 di oggi, ricorrenza del Giovedì Santo, il Papa ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la Santa Messa Crismale, Liturgia che si celebra in questo giorno in tutte le Chiese Cattedrali. Hanno concelebrato con il Santo Padre i Cardinali, i Vescovi e i Presbiteri, diocesani e religiosi, presenti a Roma. Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la rinnovazione delle promesse sacerdotali, vengono benedetti l'olio dei catecumeni, l'olio degli infermi e il crisma.

  Il Santo Padre ha ricordato nell'omelia che "la Messa del Crisma ci esorta a rientrare in quel 'sì' alla chiamata di Dio, che abbiamo pronunciato nel giorno della nostra Ordinazione sacerdotale".

  L'Antico Testamento, ha spiegato il Pontefice, descrive "l'essenza del ministero sacerdotale: in primo luogo lo 'stare davanti al Signore'" e "servire".

  "Il sacerdote" - ha detto ancora il Pontefice - "Deve stare in guardia di fronte alle potenze incalzanti del male. Deve tener sveglio il mondo per Dio. Deve essere uno che sta in piedi: dritto di fronte alle correnti del tempo. Dritto nella verità. Dritto nell'impegno per il bene".

  "Lo stare davanti al Signore deve essere sempre, nel più profondo, anche un farsi carico degli uomini presso il Signore che, a sua volta, si fa carico di tutti noi presso il Padre. E deve essere un farsi carico di Lui, di Cristo, della sua parola, della sua verità, del suo amore".

  "A tutto ciò" - ha ripreso il Pontefice - "si aggiunge poi il servire". Nella celebrazione dell'Eucaristia, ciò che il sacerdote fa "è servire, compiere un servizio a Dio e un servizio agli uomini. Il culto che Cristo ha reso al Padre è stato il donarsi sino alla fine per gli uomini. In questo culto, in questo servizio il sacerdote deve inserirsi".

  "Così la parola 'servire' comporta molte dimensioni. Certamente ne fa parte innanzitutto la retta celebrazione della Liturgia e dei Sacramenti in genere, compiuta con partecipazione interiore" - ha detto ancora Benedetto XVI sottolineando che se i sacerdoti "hanno familiarità, la amano e la vivono: solo allora potremo spiegarla in modo adeguato".

  "Fanno parte del servire" - ha spiegato ancora il Santo Padre - "ancora due altri aspetti. Nessuno è così vicino al suo signore come il servo che ha accesso alla dimensione più privata della sua vita. In questo senso 'servire' significa vicinanza, richiede familiarità. Questa familiarità comporta anche un pericolo: quello che il sacro da noi continuamente incontrato divenga per noi abitudine. Si spegne così il timor riverenziale. Condizionati da tutte le abitudini, non percepiamo più il fatto grande, nuovo, sorprendente, che Egli stesso sia presente, ci parli, si doni a noi".

  "Servire significa vicinanza, ma significa soprattutto anche obbedienza. (...) La tentazione dell'umanità è sempre quella di voler essere totalmente autonoma, di seguire soltanto la propria volontà e di ritenere che solo così noi saremmo liberi; che solo grazie ad una simile libertà senza limiti l'uomo sarebbe completamente uomo. Ma proprio così ci poniamo contro la verità. Poiché la verità è che noi dobbiamo condividere la nostra libertà con gli altri e possiamo essere liberi soltanto in comunione con loro. Questa libertà condivisa può essere libertà vera solo se con essa entriamo in ciò che costituisce la misura stessa della libertà, se entriamo nella volontà di Dio".

  Benedetto XVI ha concluso ribadendo che: "Questa obbedienza fondamentale che fa parte dell'essere uomini: un essere non da sé e solo per se stessi, diventa ancora più concreta nel sacerdote: noi non annunciamo noi stessi, ma Lui e la sua Parola, che non potevamo ideare da soli. (...) La nostra obbedienza è un credere con la Chiesa, un pensare e parlare con la Chiesa, un servire con essa".

  Alle 17:30 del pomeriggio, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, la concelebrazione della Santa Messa "nella Cena del Signore". Nel corso della Liturgia, il Papa ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a dodici sacerdoti. Al momento della presentazione dei doni è stata affidata al Santo Padre un'offerta a sostegno dell'Orfanotrofio "La edad de Oro", La Habana (Cuba).

  Commentando nell'omelia il gesto di Gesù di lavare i piedi ai suoi discepoli, il Papa ha sottolineato la necessità della purificazione interiore, condizione per vivere la comunione con Dio e con i fratelli.

  "Giorno dopo giorno" - ha detto il Pontefice - "siamo come ricoperti di sporcizia multiforme, di parole vuote, di pregiudizi, di sapienza ridotta ed alterata; una molteplice semifalsità o falsità aperta s'infiltra continuamente nel nostro intimo. Tutto ciò offusca e contamina la nostra anima, ci minaccia con l'incapacità per la verità e per il bene. Se accogliamo le parole di Gesù col cuore attento, esse si rivelano veri lavaggi, purificazioni dell'anima, dell'uomo interiore".

  "È, questo, ciò a cui ci invita il Vangelo della lavanda dei piedi: lasciarci sempre di nuovo lavare da quest'acqua pura, lasciarci rendere capaci della comunione conviviale con Dio e con i fratelli".

  "L'insieme di dono ed esempio, che troviamo nella pericope della lavanda dei piedi, è caratteristico per la natura del cristianesimo in genere. Il cristianesimo non è una specie di moralismo, un semplice sistema etico. All'inizio non sta il nostro fare, la nostra capacità morale. Cristianesimo è anzitutto dono: Dio si dona a noi - non dà qualcosa, ma se stesso. E questo avviene non solo all'inizio, nel momento della nostra conversione. Egli resta continuamente Colui che dona. Sempre di nuovo ci offre i suoi doni. Sempre ci precede. Per questo l'atto centrale dell'essere cristiani è l'Eucaristia: la gratitudine per essere stati gratificati, la gioia per la vita nuova che Egli ci dà".

  "Abbiamo bisogno della 'lavanda dei piedi', della lavanda dei peccati di ogni giorno, e per questo abbiamo bisogno della confessione dei peccati (...). Abbiamo bisogno della confessione come essa ha preso forma nel Sacramento della riconciliazione. In esso il Signore lava a noi sempre di nuovo i piedi sporchi e noi possiamo sederci a tavola con Lui".

  "A questo ci esorta il Giovedì Santo" - ha concluso il Pontefice - "non lasciare che il rancore verso l'altro diventi nel profondo un avvelenamento dell'anima. Ci esorta a purificare continuamente la nostra memoria, perdonandoci a vicenda di cuore, lavando i piedi gli uni degli altri, per poterci così recare insieme al convito di Dio".
BXVI-SETTIMANA SANTA/GIOVEDÌ SANTO/...                 VIS 20080326 (1050)


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