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martedì 17 dicembre 2002

MESSAGGIO GIORNATA MONDIALE PACE 2003: "PACEM IN TERRIS"


CITTA' DEL VATICANO, 17 DIC. 2002 (VIS). Oggi è stato reso pubblico il Messaggio di Giovanni Paolo II per la XXXVI Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il 1° gennaio 2003. Il Messaggio è datato 8 dicembre, solennità dell'Immacolata Concezione. Riportiamo qui di seguito alcuni estratti del documento.

  "1. Sono trascorsi quasi quarant'anni da quell'11 aprile 1963, in cui Papa Giovanni XXIII pubblicò la storica Lettera enciclica 'Pacem in terris' (…). Rivolgendosi 'a tutti gli uomini di buona volontà', il mio venerato Predecessore (…) compendiava il suo messaggio di pace al mondo nella prima affermazione dell'Enciclica: 'La pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell'ordine stabilito da Dio'".

  "2. In realtà, il mondo a cui Giovanni XXIII si rivolgeva era in un profondo stato di disordine. Il XX secolo era iniziato con una grande attesa di progresso. L'umanità aveva invece dovuto registrare, in sessant'anni di storia, lo scoppio di due guerre mondiali, l'affermarsi di sistemi totalitari devastanti, l'accumularsi di immense sofferenze umane e lo scatenarsi, nei confronti della Chiesa, della più grande persecuzione che la storia abbia mai conosciuto".

  "Solo due anni prima della 'Pacem in terris', nel 1961, il 'muro di Berlino' veniva eretto per dividere e mettere l'una contro l'altra non soltanto due parti di quella Città, ma anche due modi di comprendere e di costruire la città terrena".

  "Inoltre, proprio sei mesi prima della pubblicazione dell'Enciclica (…), il mondo, a causa della crisi dei missili a Cuba, si trovò sull'orlo di una guerra nucleare. La strada verso un mondo di pace, di giustizia e di libertà sembrava bloccata. Molti ritenevano che l'umanità fosse condannata a vivere per tanto tempo ancora in quelle precarie condizioni di 'guerra fredda' (…). L'uso delle armi atomiche, infatti, l'avrebbe trasformata in un conflitto che avrebbe messo a repentaglio il futuro stesso dell'umanità".

  "3. Papa Giovanni XXIII non era d'accordo con coloro che ritenevano impossibile la pace. Con l'Enciclica, egli fece sì che questo fondamentale valore - con tutta la sua esigente verità - cominciasse a bussare da entrambe le parti di quel muro e di tutti i muri".

  "Da spirito illuminato qual era, Giovanni XXIII identificò le condizioni essenziali per la pace in quattro precise esigenze dell'animo umano: la verità, la giustizia, l'amore e la libertà".

  "4. (…) La fine del colonialismo, la nascita di nuovi Stati indipendenti, la difesa più efficace dei diritti dei lavoratori, la nuova e gradita presenza delle donne nella vita pubblica, gli apparivano come altrettanti segni di un'umanità che stava entrando in una nuova fase della sua storia, una fase caratterizzata dalla 'convinzione che tutti gli uomini sono uguali per dignità naturale'".

  "Davanti alla crescente consapevolezza dei diritti umani che andava emergendo a livello sia nazionale che internazionale, Giovanni XXIII intuì la forza insita nel fenomeno ed il suo straordinario potere di cambiare la storia (…). La strada verso la pace, insegnava il Papa nell'Enciclica, doveva passare attraverso la difesa e la promozione dei diritti umani fondamentali".

  "Sulla base della convinzione che ogni essere umano è uguale in dignità e che, di conseguenza, la società deve adeguare le sue strutture a tale presupposto, sorsero ben presto i movimenti per i diritti umani (…) [che] contribuirono al rovesciamento di forme di governo dittatoriali e spinsero a sostituirle con altre forme più democratiche e partecipative. Essi dimostrarono, in pratica, che pace e progresso possono essere ottenuti solo attraverso il rispetto della legge morale universale, scritta nel cuore dell'uomo".

  "5. (…) Davanti ad un mondo che stava diventando sempre più interdipendente e globale, Papa Giovanni XXIII suggerì che il concetto di bene comune doveva essere elaborato con un orizzonte mondiale (…). Una delle conseguenze di questa evoluzione era l'evidente esigenza che vi fosse un'autorità pubblica a livello internazionale, che potesse disporre dell'effettiva capacità di promuovere tale bene comune universale".

  "Non sorprende perciò che Giovanni XXIII guardasse con grande speranza all'Organizzazione delle Nazioni Unite, costituita il 26 giugno 1945. Egli vedeva in essa uno strumento credibile per mantenere e rafforzare la pace nel mondo".

  "Non solo la visione precorritrice di Papa Giovanni XXIII, la prospettiva cioè di un'autorità pubblica internazionale a servizio dei diritti umani, della libertà e della pace, non si è ancora interamente realizzata, ma si deve registrare, purtroppo, la non infrequente esitazione della comunità internazionale nel dovere di rispettare e applicare i diritti umani. Questo dovere tocca tutti i diritti fondamentali e non consente scelte arbitrarie, che porterebbero a realizzare forme di discriminazione e di ingiustizia. Allo stesso tempo, siamo testimoni dell'affermarsi di una preoccupante forbice tra una serie di nuovi 'diritti' promossi nelle società tecnologicamente avanzate e diritti umani elementari che tuttora non vengono soddisfatti soprattutto in situazioni di sottosviluppo: penso, ad esempio, al diritto al cibo, all'acqua potabile, alla casa, all'auto- determinazione e all'indipendenza. La pace richiede che questa distanza sia urgentemente ridotta e infine superata".

  "Una più grande consapevolezza dei doveri umani universali sarebbe di grande beneficio alla causa della pace, perché le fornirebbe la base morale del riconoscimento condiviso di un ordine delle cose che non dipende dalla volontà di un individuo o di un gruppo".

  "6. Resta comunque vero che, nonostante molte difficoltà e ritardi, nei quarant'anni trascorsi si è avuto un notevole progresso verso la realizzazione della nobile visione di Papa Giovanni XXIII (…). [E'] sicuramente significativo che, nei quarant'anni trascorsi dalla 'Pacem in terris', molte popolazioni del mondo siano diventate più libere, strutture di dialogo e di cooperazione tra le nazioni si siano rafforzate e la minaccia di una guerra globale nucleare, quale si profilò drasticamente ai tempi di Papa Giovanni XXIII, sia stata efficacemente contenuta".

  "Che ci sia un grande disordine nella situazione del mondo contemporaneo è constatazione da tutti facilmente condivisa. L'interrogativo che si impone è perciò il seguente: quale tipo di ordine può sostituire questo disordine, per dare agli uomini e alle donne la possibilità di vivere in libertà, giustizia e sicurezza?".

  "[Il] problema dell'ordine negli affari mondiali, che è poi il problema della pace rettamente intesa, non può prescindere da questioni legate ai principi morali. In altre parole, emerge anche da questa angolatura la consapevolezza che la questione della pace non può essere separata da quella della dignità e dei diritti umani. Proprio questa è una delle perenni verità insegnate dalla 'Pacem in terris', e noi faremmo bene a ricordarla e a meditarla in questo quarantesimo anniversario".

  "Non è forse questo il tempo nel quale tutti devono collaborare alla costituzione di una nuova organizzazione dell'intera famiglia umana, per assicurare la pace e l'armonia tra i popoli, ed insieme promuovere il loro progresso integrale?".

  "7. (…) Proprio perché le persone sono create con la capacità di elaborare scelte morali, nessuna attività umana si situa al di fuori della sfera dei valori etici. La politica è un'attività umana; perciò anch'essa è soggetta al giudizio morale. Questo è vero anche per la politica internazionale".

  "Forse non c'è un altro luogo in cui si avverta con uguale chiarezza la necessità di un uso corretto dell'autorità politica, quanto nella drammatica situazione del Medio Oriente e della Terra Santa. Giorno dopo giorno e anno dopo anno, l'effetto cumulativo di un esasperato rifiuto reciproco e di una catena infinita di violenze e di vendette ha frantumato sinora ogni tentativo di avviare un dialogo serio sulle reali questioni in causa. La precarietà della situazione è resa ancor più drammatica dallo scontro di interessi esistente tra i membri della comunità internazionale. Finché coloro che occupano posizioni di responsabilità non accetteranno di porre coraggiosamente in questione il loro modo di gestire il potere e di procurare il benessere dei loro popoli, sarà difficile immaginare che si possa davvero progredire verso la pace".

  "8. C'è un legame inscindibile tra l'impegno per la pace e il rispetto della verità. L'onestà nel dare informazioni, l'equità dei sistemi giuridici, la trasparenza delle procedure democratiche danno ai cittadini quel senso di sicurezza, quella disponibilità a comporre le controversie con mezzi pacifici e quella volontà di intesa leale e costruttiva che costituiscono le vere premesse di una pace durevole (…). Le ripercussioni negative, che sul processo di pace hanno gli impegni presi e poi non rispettati, devono indurre i Capi di Stato e di Governo a ponderare con grande senso di responsabilità ogni loro decisione".

  "Se tutti gli impegni assunti devono essere rispettati, speciale cura deve essere posta nel dare esecuzione agli impegni assunti verso i poveri (…). La sofferenza causata dalla povertà risulta drammaticamente accresciuta dal venir meno della fiducia. Il risultato finale è la caduta di ogni speranza. La presenza della fiducia nelle relazioni internazionali è un capitale sociale di valore fondamentale".

  "9. A voler guardare le cose a fondo, si deve riconoscere che la pace non è tanto questione di strutture, quanto di persone (…). Gesti di pace nascono dalla vita di persone che coltivano nel proprio animo costanti atteggiamenti di pace (…). Gesti di pace sono possibili quando la gente apprezza pienamente la dimensione comunitaria della vita (…). Gesti di pace creano una tradizione e una cultura di pace".

  "La religione possiede un ruolo vitale nel suscitare gesti di pace e nel consolidare condizioni di pace. Essa può esercitare questo ruolo tanto più efficacemente, quanto più decisamente si concentra su ciò che le è proprio: l'apertura a Dio, l'insegnamento di una fratellanza universale e la promozione di una cultura di solidarietà".

  "10. Il beato Giovanni XXIII era persona che non temeva il futuro (…). [Egli] non esitò a proporre ai leader del suo tempo una visione nuova del mondo. È questa l'eredità che egli ci ha lasciato. Guardando a lui, in questa Giornata Mondiale della Pace 2003, siamo invitati ad impegnarci in quei medesimi sentimenti che furono suoi: fiducia in Dio misericordioso e compassionevole, che ci chiama alla fratellanza; fiducia negli uomini e nelle donne del nostro come di ogni altro tempo, a motivo dell'immagine di Dio impressa ugualmente negli animi di tutti. È partendo da questi sentimenti che si può sperare di costruire un mondo di pace sulla terra".

  "All'inizio di un nuovo anno nella storia dell'umanità, è questo l'augurio che mi sale spontaneo dal profondo del cuore: che nell'animo di tutti possa sbocciare uno slancio di rinnovata adesione alla nobile missione che l'Enciclica 'Pacem in terris' proponeva quarant'anni fa a tutti gli uomini e le donne di buona volontà".

  "Il quarantesimo anniversario della 'Pacem in terris' è un'occasione quanto mai opportuna per fare tesoro dell'insegnamento profetico di Papa Giovanni XXIII. Le comunità ecclesiali studieranno come celebrare questo anniversario in modo appropriato durante l'anno, con iniziative che non mancheranno di avere carattere ecumenico e interreligioso".
MESS/GIORNATA MONDIALE PACE 2003/…                  VIS 20021217 (1780)

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