Inizio - VIS Vaticano - Ricevere VIS - Contattaci - Calendario VIS

Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

ultime 5 notizie

VISnews anche in Twitter Anche in YouTube

lunedì 16 dicembre 2013

GRAZIE ALL'AIUTO DI DIO NOI POSSIAMO SEMPRE RICOMINCIARE DA CAPO

Città del Vaticano, 16 dicembre 2013 (VIS). Nella III domenica di Avvento o "domenica Gaudete", domenica della gioia, perché si avvicina il Natale e il Signore è vicino, il Santo Padre, nell'affacciarsi alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l'Angelus con i fedeli convenuti in Piazza San Pietro, ha ricordato che: "Il messaggio cristiano si chiama 'evangelo', cioè 'buona notizia', un annuncio di gioia per tutto il popolo; la Chiesa non è un rifugio per gente triste, la Chiesa è la casa della gioia! E coloro che sono tristi trovano in essa la gioia, trovano in essa la vera gioia".

"Ma quella del Vangelo non è una gioia qualsiasi. Trova la sua ragione nel sapersi accolti e amati da Dio. (...) Dio è colui che viene a salvarci, e presta soccorso specialmente agli smarriti di cuore. La sua venuta in mezzo a noi irrobustisce, rende saldi, dona coraggio, fa esultare e fiorire il deserto e la steppa, cioè la nostra vita quando diventa arida. E quando diventa arida la nostra vita? Quando è senza l’acqua della Parola di Dio e del suo Spirito d’amore. Per quanto siano grandi i nostri limiti e i nostri smarrimenti, non ci è consentito essere fiacchi e vacillanti di fronte alle difficoltà e alle nostre stesse debolezze. Al contrario, siamo invitati ad irrobustire le mani, a rendere salde le ginocchia, ad avere coraggio e non temere, perché il nostro Dio ci mostra sempre la grandezza della sua misericordia. Lui ci dà la forza per andare avanti. (...) È un Dio che ci vuole tanto bene, ci ama e per questo è con noi, per aiutarci, per irrobustirci e andare avanti. Coraggio! Sempre avanti!".

"Grazie al suo aiuto - ha sottolineato Papa Francesco - noi possiamo sempre ricominciare da capo", anche se qualcuno pensa che sia impossibile. (...) "Sbagli! - ha esclamato il Papa - Tu puoi ricominciare da capo! Perché? Perché Lui ti aspetta (...) Lui è misericordioso, Lui ti perdona, Lui ti dà la forza di ricominciare da capo! A tutti! Allora siamo capaci di riaprire gli occhi, di superare tristezza e pianto e intonare un canto nuovo. E questa gioia vera rimane anche nella prova, anche nella sofferenza, perché non è una gioia superficiale, ma scende nel profondo della persona che si affida a Dio e confida in Lui".

"La gioia cristiana, come la speranza, ha il suo fondamento nella fedeltà di Dio, nella certezza che Lui mantiene sempre le sue promesse. (...) Quanti hanno incontrato Gesù lungo il cammino, sperimentano nel cuore una serenità e una gioia di cui niente e nessuno potrà privarli. La nostra gioia è Gesù Cristo, il suo amore fedele inesauribile! Perciò, quando un cristiano diventa triste, vuol dire che si è allontanato da Gesù. Ma allora non bisogna lasciarlo solo! Dobbiamo pregare per lui, e fargli sentire il calore della comunità".

"La Vergine Maria - ha concluso il Santo Padre - ci aiuti ad affrettare il passo verso Betlemme, per incontrare il Bambino che è nato per noi, per la salvezza e la gioia di tutti gli uomini. (...) Lei ci ottenga di vivere la gioia del Vangelo in famiglia, al lavoro, in parrocchia e in ogni ambiente. Una gioia intima, fatta di meraviglia e di tenerezza".

Dopo l'Angelus, come di consueto nella III domenica di Avvento, il Papa ha salutato i bambini del Centro Oratori Romani, in Piazza San Pietro per la benedizione dei "Bambinelli", le statuine di Gesù Bambino che metteranno nei presepi delle famiglie, delle scuole e delle parrocchie.

Conclusa la preghiera dell'Angelus, Papa Francesco si è recato nell'Aula delle Benedizioni, dove i membri della Comunità di Villa Nazareth - il centro fondato dal Cardinale Domenico Tardini per dare la possibilità di frequentare l'università a giovani provenienti da famiglie senza possibilità economiche - hanno partecipato alla Santa Messa di Natale.

Il Papa ha salutato tutti i presenti e ha ringraziato in particolare il Presidente della Fondazione Comunità Domenica Tardini - il Cardinale Achille Silvestrini che il 23 ottobre scorso ha compiuto 90 anni. "Grazie di venire e festeggiare il nostro Cardinale, che ha fatto tanto bene, con quel pensiero forte e fecondo, per la dignità della persona umana, per il servizio e per far trovare a ognuno i talenti che il Signore ci ha dato per 'trafficarli' nella vita. (...) E a voi anche un grazie per questo lavoro. (...) E vi chiedo di pregare per me, perché ne ho bisogno".

PER NATALE IL PAPA DONA AI POVERI DI ROMA CARTE TELEFONICHE E BIGLIETTI PER LA METROPOLITANA

Città del Vaticano, 15 dicembre 2013 (VIS). In occasione del Natale, l'Elemosiniere pontificio Vescovo Konrad Krajewski, farà avere, a nome del Papa, ai poveri da lui incontrati o assistiti, un piccolo dono che possa essere loro utile. Si tratta di duemila buste che verranno distribuite dai volontari che svolgono assistenza serale o dallo stesso Elemosiniere, nei luoghi dove vengono offerti i pasti e in altre occasioni, dalle Suore di Madre Teresa di Calcutta,

Ogni busta è già affrancata, con francobollo vaticano, così da poter essere usata - apponendovi semplicemente l'indirizzo - per spedire auguri o saluti ai familiari o amici. Le buste contengono l'immagine natalizia firmata dal Papa, carte telefoniche e biglietti giornalieri per la metropolitana.

La Direzione dell'ATAC (Agenzia Comunale dei Trasporti di Roma) ha offerto 4.000 biglietti giornalieri per la Metropolitana, le Poste Vaticane hanno offerto i francobolli e la Tipografia Vaticana le buste.


PAPA FRANCESCO VISITA IL DISPENSARIO SANTA MARTA E FESTEGGIA CON I BAMBINI IL SUO COMPLEANNO

Città del Vaticano, 14 dicembre 2013 (VIS). Questa mattina Papa Francesco ha compiuto una visita ai locali del Dispensario Santa Marta che da 90 anni presta assistenza medica e aiuti a bambini e famiglie bisognose senza distinzione di credo religioso e nazionalità. Inaugurato nel 1922 da Papa Pio XI, il Dispensario ha più volte cambiato sede e si trova ora, dal Giubileo dell'Anno Duemila, nel Palazzo San Carlo, a pochi passi da Casa Santa Marta, dove risiede Papa Francesco.

Successivamente il Papa si è trasferito nell'Aula Paolo VI dove erano ad attenderlo 800 persone: i pazienti, le famiglie e i volontari del Dispensario. Prima dell'arrivo del Santo Padre un gruppo di bambini ha preparato un ritratto di Papa Francesco con la scritta "Auguri", per il suo 77° compleanno, il 17 dicembre prossimo. Un gruppo di bambini di Santa Marta ciascuno con una maglietta bianca e una grande lettera gialla stampata sopra, ha composto la scritta "Auguri Papa Francesco", e la canzoncina "Tanti auguri" ha accompagnato l'entrata in scena di una torta con le candeline, preparata nel Dispensario. Il Papa, sorpreso, si è alzato per spegnere le candeline ed ha ricevuto in dono un pullover.

"Vi ringrazio per questa visita! - ha detto il Papa - "Ringrazio per l'amore che voi avete, la gioia di questi bambini, i doni, la torta... Che era bellissima! Dopo vi dirò se è buona o no, eh! Grazie tante! Che il Signore vi benedica".

Attualmente sono 270 le famiglie accolte dalla struttura nella quale prestano servizio volontario 22 medici che nel corso del 2013 hanno visitato più di 3.500 persone. Il Dispensario si avvale anche dell'opera di 25 volontari e della collaborazione dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù e di altre strutture ospedaliere romane, della Farmacia Vaticana e del Fondo Assistenza Sanitaria del Vaticano. Prestano la loro opera l'Associazione Santi Pietro e Paolo, l'Opera Pia Società Romana "Pro Infantia" e il Banco Alimentare. Dal 2008, con un chirografo di Papa Benedetto XVI, il Dispensario ha assunto la configurazione di Fondazione autonoma e la sua attività è, anche formalmente, espressione della carità del Papa e della Santa Sede. Per statuto, a presiedere la Fondazione - affidata alle Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli - è l'Elemosiniere di Sua Santità, attualmente Monsignor Konrad Krajewski.

ARCIVESCOVO MAMBERTI: IL CONCETTO DI “DIRITTI UMANI” È SORTO IN UN CONTESTO CRISTIANO.

Città del Vaticano, 16 dicembre 2013 (VIS). Il 13 dicembre scorso, presso l'Università Urbaniana di Roma, l'Arcivescovo Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati, ha tenuto un intervento introduttivo nel quadro di una Conferenza promossa dalla Georgetown University di Washington, sul tema: "Cristianità e libertà: prospettive storiche e contemporanee".

"Il concetto stesso di 'diritti umani' è sorto in un contesto cristiano", ha affermato l'Arcivescovo Mamberti citando l'esempio di San Tommaso Moro "il quale al prezzo della sua stessa vita ha dimostrato che i cristiani sono proprio coloro che, illuminati dalla ragione e in virtù della loro libertà di coscienza, rigettano ogni sopraffazione".

"Il legame tra cristianesimo e libertà è dunque - ha proseguito - originario e profondo. Esso affonda le proprie radici nell’insegnamento stesso di Cristo, trovando poi in san Paolo uno dei suoi più strenui e geniali promotori. La libertà è intrinseca al cristianesimo, poiché, come dice Paolo, 'Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi'. L'’Apostolo si riferisce primariamente alla libertà interiore del cristiano, ma tale libertà interiore ha naturalmente anche delle conseguenze sociali".

"Quest’anno ricorre il mille settecentesimo anniversario dell’Editto di Milano, che segna il coronamento dell’espandersi sociale della libertà interiore affermata da san Paolo. In pari tempo, dal punto di vista storico e culturale, l’Editto - ha ricordato l'Arcivescovo Mamberti - segna l’inizio di un cammino che ha caratterizzato la storia europea e del mondo intero e che ha portato lungo i secoli alla definizione dei diritti umani e all’affermazione della libertà religiosa quale 'primo dei diritti umani'".

Se Costantino intuì che lo sviluppo dell’Impero dipendeva dalla possibilità per ciascuno di professare liberamente la propria fede "la storia dimostra che vi è un circolo virtuoso fra l’apertura al trascendente caratteristica dell’animo umano e lo sviluppo sociale. Basti considerare il patrimonio artistico mondiale, e non solo quello di matrice cristiana, per comprendere la bontà di tale nesso. (...) A questo punto occorre, però, fugare un equivoco nel quale è facile incorrere, poiché la parola 'libertà' può essere interpretata in molti modi. Essa non può essere ridotta al mero libero arbitrio, né intesa negativamente quale assenza di legami, come purtroppo accade nella cultura di oggigiorno. (...) Il corretto esercizio della libertà religiosa non può prescindere dalla mutua interazione di ragione e fede (...) Ciò costituisce allo stesso tempo l’argine contro il relativismo, come pure contro quelle forme di fondamentalismo religioso, che vedono, esattamente come il relativismo, nella libertà religiosa una minaccia per la propria affermazione ideologica".

"Quando il Concilio Vaticano II ha affermato il principio della libertà religiosa - ha ricordato infine l'Arcivescovo Mamberti - non ha proposto una dottrina nuova. Al contrario, ha ribadito una comune esperienza umana, ossia che 'tutti (…), in quanto persone, dotate cioè di ragione e di libera volontà e perciò investiti di personale responsabilità, sono dalla loro stessa natura (…) tenuti a cercare la verità'. (...) È nella verità vista non tanto quanto assoluto che già possediamo, quanto piuttosto come possibile oggetto di conoscenza razionale e relazionale che troviamo la possibilità di un sano esercizio della libertà. Ed è proprio in tale nesso che troviamo l’autentica dignità della persona umana".

VISITA DEL CARDINALE KOCH ALLA FEDERAZIONE RUSSA

Città del Vaticano, 14 dicembre 2013 (VIS). Il Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, visita, dal 14 al 19 dicembre, San Pietroburgo e Mosca, per incontrare vari rappresentanti della Chiesa ortodossa e della Chiesa cattolica.

Il Cardinale sarà ricevuto dal Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia ed incontrerà il Metropolita Hilarion, Presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarca di Mosca, al quale, il 12 novembre scorso, era stata concessa un'udienza da Papa Francesco. Presso l'Accademia di teologia di Mosca il Cardinale Koch terrà una conferenza sul progresso del dialogo cattolico-ortodosso e visiterà anche il monastero della Lavre Alexandre Nevski, che festeggia quest'anno il suo terzo centenario.

Durante la sua visita nella Federazione Russa, il Cardinale Koch, dietro invito dell'Arcivescovo Paolo Pezzi, ordinario dell'Arcidiocesi cattolica della Madre di Dio a Mosca, presiederà le celebrazioni del giubileo della basilica di Santa Caterina di Alessandria a San Pietroburgo ed incontrerà il clero cattolico nel quadro degli incontri pastorali dedicati al Concilio Vaticano II ed al dialogo ecumenico.

UDIENZE

Città del Vaticano, 16 dicembre 2013 (VIS). Questa mattina il Santo Padre ha ricevuto in udienza:

- Il Signor Signor Francesco Kyung-surk Kim, Ambasciatore di Corea, in occasione della Presentazione delle Lettere Credenziali.

- Il Cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

- Il Cardinale Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e Itineranti

- L'Arcivescovo Jan Romeo Pawłowski, Nunzio Apostolico nella Repubblica del Congo e in Gabon.

Sabato 14 dicembre il Santo Padre ha ricevuto in udienza:

- Il Cardinale Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi.

- La Signora Christiane Féral-Schulhl, Presidente del “Barreau de Paris” (Francia).


ALTRI ATTI PONTIFICI

Città del Vaticano, 16 dicembre 2013 (VIS). Il Santo Padre ha adottato i seguenti provvedimenti nella Congregazione per i Vescovi:

- Ha confermato Prefetto il Cardinale Marc Ouellet, P.S.S.

- Ha nominato Membri: il Cardinale Francisco Robles Ortega, Arcivescovo di Guadalajara (Messico); il Cardinale Donald William Wuerl, Arcivescovo di Washington (Stati Uniti d'America); il Cardinale Rubén Salazar Gómez, Arcivescovo di Bogotá (Colombia); il Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani; il Cardinale João Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica; l'Arcivescovo Pietro Parolin, Segretario di Stato; l'Arcivescovo Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero; l'Arcivescovo Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi; l'Arcivescovo Vincent Gerard Nichols, di Westminster (Gran Bretagna); l'Arcivescovo Paolo Rabitti, emerito di Ferrara-Comacchio (Italia); l'Arcivescovo Gualtiero Bassetti, di Perugia-Città della Pieve (Italia); il Vescovo Felix Genn, di Münster (Germania);

- Ha confermato Membri: il Cardinale Tarcisio Bertone, S.D.B.; il Cardinale Zenon Grocholewski; il Cardinale George Pell; il Cardinale Agostino Vallini; il Cardinale Antonio Cañizares Llovera; il Cardinale André Vingt-Trois; il Cardinale Jean-Louis Tauran, il Cardinale William Joseph Levada; il Cardinale Leonardo Sandri; il Cardinale Giovanni Lajolo; il Cardinale Stanislaw Rylko; il Cardinale Francesco Monterisi; il Cardinale Santos Abril y Castelló; il Cardinale Giuseppe Bertello; il Cardinale Giuseppe Versaldi; l'Arcivescovo Claudio Maria Celli; l'Arcivescovo José Octavio Ruiz Arenas e l'Arcivescovo Zygmunt Zimowski;

- Ha confermato i Consultori.

In data 15 dicembre il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Port-Bergé (Madagascar), presentata dal Vescovo Armand Toasy, in conformità al canone 401, paragrafo 2, del Codice di Diritto Canonico. Gli succede il Vescovo Georges Varkey Puthiyakulangara, M.E.P., Coadiutore della medesima Diocesi.

Sabato 14 dicembre il Santo Padre:

- Ha nominato il Vescovo René Osvaldo Rebolledo Salinas, Arcivescovo di La Serena (superficie: 30.447; popolazione: 565.000; cattolici: 464.000; sacerdoti: 67; religiosi: 161; diaconi permanenti: 66), Cile. L'Arcivescovo eletto è nato a Cunco (Cile) nel 1958 ed ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale nel 1984. Dal 1984 al 1985 è stato Vicario nella Parrocchia di Loncoche; dal 1990 al 1992 è stato educatore e professore nel Seminario Maggiore “San Fidel” di San José de la Mariquina, divenendone Rettore nel 1993, incarico che ha ricoperto per 10 anni. Dal 2002 al 2004 è stato Vicario generale della diocesi di Villarrica e parroco della Cattedrale. Nel 2004 ha ricevuto l'ordinazione episcopale. Finora Vescovo di Osorno (Cile), succede al Vescovo Manuel Gerardo Donoso Donoso, SS.CC., del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della medesima Arcidiocesi, presentata per raggiunti limiti d'età.

- Ha nominato il Monsignore Stanislaw Salaterski, Vescovo Ausiliare della diocesi di Tarnów (superficie: 7.566; popolazione: 1.125.200; cattolici: 1.118.200; sacerdoti: 1.433; religiosi: 1.190), Polonia. Il Vescovo eletto è nato nel 1954 a Lipnica Murowana (Polonia) ed ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale nel 1981. Dal 1981 al 1984 è stato Vicario parrocchiale a Muszyna; dopo gli studi, per due anni ha svolto il ministero pastorale come Vicario parrocchiale alla Cattedrale di Tarnów e nella Parrocchia di San Casimiro a Nowy Sącz. Ha ricoperto diversi incarichi: Docente di Storia ecclesiastica nella KUL, Direttore diocesano della pastorale dei giovani, Vicario episcopale per i giovani, Assistente ecclesiastico dell’Associazione degli Educatori Cattolici, Responsabile diocesano per la pastorale degli artigiani, Docente di Storia della Chiesa nella Facoltà di Teologia della Pontificia Accademia di Teologia, sezione di Tarnów. Dal 1995 è Parroco della Cattedrale, membro della Commissione storica diocesana, del Consiglio presbiterale, del Collegio dei consultori e Decano del decanato Tarnów-Południe.

- Ha nominato il Monsignore Jan Piotrowski, Vescovo Ausiliare di Tarnow (Polonia). Il Vescovo eletto è nato nel 1953 a Szczurowa (Polonia) ed ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale nel 1980. Dal 1980 al 1984 è stato Vicario parrocchiale a Przecław e nella Parrocchia della Spirito Santo a Mielec; dal 1985 al 1991 ha lavorato come missionario in Congo-Brazzavile; dal 1991 al 1997 è stato Segretario nazionale della Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede. Dal 1999 al 2000 è stato missionario in Perù e dal 2000 al 2010 Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie; dal 2009 è Parroco della Parrocchia di Santa Margherita a Nowy Sącz.

- Ha nominato il Padre Michele Petruzzelli, O.S.B., Abate Ordinario dell’abbazia territoriale di Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni (superficie: 10; popolazione: 8.000; cattolici: 8.000; sacerdoti: 9; religiosi: 13; diaconi permanenti: 1), Italia. L'Abate eletto è nato nel 1961 a Bari (Italia); nel 1985 è entrato nel monastero benedettino di Santa Maria della Scala in Noci (Bari); nel 1987 ha emesso la professione monastica semplice, nel 1990 quella solenne e nel 1998 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Nell’ambito del proprio monastero di Noci ha svolto i seguenti incarichi e ministeri: Penitenziere, Foresterario e Cellerario (Economo). È stato finora Maestro dei novizi e Priore Claustrale.

venerdì 13 dicembre 2013

IL PAPA: L'ALBERO NATALIZIO SEGNO E RICHIAMO DELLA LUCE DIVINA

Città del Vaticano, 13 dicembre 2013 (VIS). Un abete "internazionale", è stato definito questa mattina dal Santo Padre l'albero di Natale, cresciuto vicino al confine tra la Germania e la Repubblica Ceca, che adorna Piazza San Pietro nelle festività natalizie e le cui luci saranno accese questa sera.

Ricevendo la comunità della città bavarese di Waldmünchen (Germania) - che dista 18 chilometri dl confine con la Repubblica Ceca e che quest'anno ha donato al Papa l'albero di Natale che decora Piazza San Pietro ed altri alberi più piccoli destinati a vari ambienti della Città del Vaticano - il Santo Padre ha ricordato la "vicinanza spirituale e l'amicizia che legano la Germania tutta, e in particolare la Baviera, alla Santa Sede, nel solco della tradizione cristiana che ha fecondato la cultura, la letteratura e l'arte della vostra Nazione e dell'Europa intera".

L'albero sarà ammirato dai romani e da pellegrini e turisti di ogni parte del mondo che si recano in Piazza San Pietro a Natale quando "riecheggia in ogni luogo il lieto annuncio dell'angelo ai pastori di Betlemme" che "furono avvolti da una grande luce". "Anche oggi Gesù - ha detto Papa Francesco - continua a dissipare le tenebre dell'errore e del peccato, per recare all'umanità la gioia della sfolgorante luce divina, di cui l'albero natalizio è segno e richiamo. Lasciamoci avvolgere dalla luce della sua verità perché 'la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù'".

Il Santo Padre ha preso congedo dalla comunità di Waldmünchen rinnovando il più fervido augurio di Buon Natale "a ciascuno di voi e vi chiedo di portarlo anche alle vostre famiglie e a tutti i vostri connazionali. Vi domando per favore di pregare per me".

PAROLE DI SALUTO DELL'ARCIVESCOVO PAROLIN AL CORPO DIPLOMATICO

Città del Vaticano, 13 dicembre 2013 (VIS). Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, l'Arcivescovo Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha ricevuto i Membri del Corpo Diplomatico accreditati presso la Santa Sede. Nel ringraziarli dei loro auguri per la sua nomina a Segretario di Stato, e per il Santo Natale ed il Nuovo Anno, l'Arcivescovo Parolin ha tenuto un discorso in francese, di cui, di seguito, riportiamo ampi estratti.

"In un periodo nel quale molte regioni del mondo devono affrontare molteplici forme di violenza e il persistere di disparità sociali, vorrei rinnovarvi l'assicurazione della mia disponibilità a collaborare nella ricerca della pace e nel rispetto della dignità di ogni essere umano. (...) Non possiamo rimanere insensibili alla sofferenza che drammaticamente tocca esseri umani".

"Dobbiamo dimostrare che la pace è possibile, che non è un'utopia (...), ma un bene concreto che viene da Dio e che possiamo contribuire ad edificare grazie al nostro impegno personale e solidale... Per questo è necessario lavorare insieme all'insaturazione di una autentica cultura della pace, rispondendo coraggiosamente alle sfide che mettono in pericolo una autentica coesistenza fra le persone e fra i popoli. In questo modo rispondiamo ad una delle aspirazioni più profonde dell'uomo, l'aspirazione alla felicità. la missione dei diplomatici non è quella di lavorare a rendere il mondo più felice, con l'instaurazione o il potenziamento di rapporti sempre più fraterni?".

"Come ha ben espresso molte volte Papa Francesco, l'uomo e la donna che vivono nel mondo, sono creati per la gioia e sono alla ricerca della gioia, della vera gioia. Certamente, in numerose circostanze della vita, questa gioia è spesso oscurata. Essa non è sempre evidente. Pertanto, essa è presente nel bene che si compie ogni giorno, nella bellezza della natura, delle persone, degli avvenimenti... Essa si trova anche nei progressi verso la pace e verso l'intesa fra i popoli, per quanto fragili e limitati essi siano. Perciò essa è la gioia dell'incontro e della condivisione, del dialogo e della riconciliazione".

"Questa è l'umanità che noi cerchiamo di costruire insieme. Una umanità che sia una vera famiglia, un'umanità dove il dialogo prenda il sopravvento sulla guerra per regolare le divergenze, una umanità dove la forza del potente supplisca la debolezza del piccolo, una umanità dove la forza del debole rimedi alla debolezza del potente".

"Sappiamo quanto gli uomini e le donne di oggi hanno bisogno di trovare sulla loro strada persone profondamente umane e fraterne che diano loro una speranza per il futuro! Papa Francesco vuole che i cristiani siano queste persone; vuole che la Chiesa annunci, testimoni e porti la gioia. Egli l'ha ripetuto con insistenza nell'Esortazione Apostolica 'Evangelii Gaudium' che può essere idealmente legata alla lettera che lui stesso, allora Arcivescovo di Buenos Aires, indirizzò ai fedeli in occasione dell'apertura dell'Anno della Fede. Sin dalle prime frasi, egli parlava di una Chiesa dalle porte aperte, simbolo di luce, di amicizia, di gioia, di libertà e di fiducia. Nel concludere l'Anno della Fede e scrivendo alla Chiesa universale, Papa Francesco ha ripetuto la sua convinzione di volere una Chiesa meno preoccupata di rafforzare le sue frontiere, e dedita invece a creare l'incontro e a comunicare la gioia del Vangelo".

"Per i cristiani, questa gioia ha il suo fondamento nella persona di Gesù, di cui celebreremo la nascita fra qualche giorno. Che la gioia e la pace aiutino i vostri popoli a crescere e a progredire verso un futuro migliore!".

UDIENZE

Città del Vaticano, 13 dicembre 2013 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza:

- L'Arcivescovo Mons. Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

- Il Signor Ekmeleddin Ihsanoglu, Segretario Generale della Organizzazione per la Cooperazione Islamica, e Seguito.

- Il Vescovo David Douglas Crosby, Vescovo di Hamilton (Canada), Vice Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici del Canada, con il Vescovo Lionel Gendron, di Saint-Jean-Longueuil, Vice Presidente; ed il Monsignor Patrick Powers, Segretario Generale.

- Il Dottor Ettore Bernabei, Presidente Onorario di “Lux Vide”.

ALTRI ATTI PONTIFICI

Città del Vaticano, 13 dicembre 2013 (VIS). Il Santo Padre:

- Ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Kuala Lumpur, (Malaysia), presentata dall’Arcivescovo Murphy Nicholas Xavier Pakiam, per raggiunti limiti d'età.

- Ha nominato il Vescovo José Francisco González González, Vescovo di Campeche (superficie: 55.858; popolazione: 802.000; cattolici: 647.000; sacerdoti: 108; religiosi: 217; diaconi permanenti: 3), Messico. È stato finora Ausiliare di Guadalajara (Messico).

- Ha nominato l'Arcivescovo Augustine Kasujja, che è Nunzio Apostolico in Nigeria, Osservatore Permanente presso la Comunità Economica degli Stati dell'Africa Occidentale.

giovedì 12 dicembre 2013

LA TRATTA DI ESSERI UMANI È UN CRIMINE CONTRO L’UMANITÀ DENUNCIA IL PAPA NEL SUO DISCORSO AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI

Città del Vaticano, 12 dicembre 2013 (VIS). La tratta di esseri umani, una vera forma di schiavitù, purtroppo sempre più diffusa, che riguarda ogni Paese, anche i più sviluppati, è stato il tema scelto dal Papa per il suo discorso a sedici nuovi ambasciatori e ad un rappresentante diplomatico non residente presso la Santa Sede. Gli Ambasciatori Boudjemaa Delmi, (Algeria); Delmi Eyjolfsson, (Islanda); Lars Vissing, (Danimarca); Lineo Lydia Khechane Ntoane, (Lesotho); Ibrahim Sorie, (Sierra Leone); Emanuel Antero García da Veiga, (Capo Verde); Edouard Bizimana, (Burundi); George Gregory Buttigieg, (Malta); Lars-Hjalmar Wide, (Svezia); Aman Rashid, (Pakistan); Paul William Lumbi, (Zambia); Thomas Hauff, (Norvegia); Bader Saleh Al-Tunaib, (Kuwait); Yemdaogo Eric Tiare, (Burkina Faso); Marcel R. Tibaleka, (Uganda), Makram Mustafa Al Queisi, (Giordania) ed il Rappresentante Diplomatico di Palestina, Isa Jamil Kassissieh.

Il Santo Padre ha menzionato le molteplici iniziative della comunità internazionale per la promozione della pace, del dialogo, per i rapporti culturali, politici, economici, il soccorso alle popolazioni provate da diverse difficoltà e successivamente ha affrontato le questione della tratta di esseri umani che "tocca le persone più vulnerabili della società: le donne e le ragazze, i bambini e le bambine, i disabili, i più poveri, chi proviene da situazioni di disgregazione familiare e sociale".

"In essi, in modo speciale - ha ribadito il Pontefice - noi cristiani riconosciamo il volto di Gesù Cristo, che si è identificato con i più piccoli e bisognosi. Altri, che non si riferiscono ad una fede religiosa, in nome della comune umanità condividono la compassione per le loro sofferenze, con l’impegno di liberarli e di lenire le loro ferite. Insieme possiamo e dobbiamo impegnarci perché siano liberati e si possa mettere fine a questo orribile commercio".

"Si parla di milioni di vittime del lavoro forzato - ha ricordato Papa Francesco - della tratta di persone per scopo di manodopera e di sfruttamento sessuale. Tutto ciò non può continuare - ha esclamato - costituisce una grave violazione dei diritti umani delle vittime e un’offesa alla loro dignità, oltre che una sconfitta per la comunità mondiale. Quanti sono di buona volontà, che si professino religiosi o no, non possono permettere che queste donne, questi uomini, questi bambini vengano trattati come oggetti, ingannati, violentati, spesso venduti più volte, per scopi diversi, e alla fine uccisi o, comunque, rovinati nel fisico e nella mente, per finire scartati e abbandonati. È una vergogna".

"La tratta delle persone è un crimine contro l’umanità. (...) Occorre una presa di responsabilità comune e una più decisa volontà politica per riuscire a vincere su questo fronte. Responsabilità verso quanti sono caduti vittime della tratta, per tutelarne i diritti, per assicurare l’incolumità loro e dei familiari, per impedire che i corrotti e i criminali si sottraggano alla giustizia ed abbiano l’ultima parola sulle persone. Un adeguato intervento legislativo nei Paesi di provenienza, di transito e di arrivo, anche in ordine a facilitare la regolarità delle migrazioni, può ridurre il problema".

"I governi e la comunità internazionale, cui spetta in primo luogo di prevenire e di impedire tale fenomeno, non hanno mancato di prendere misure a vari livelli per bloccarlo e per proteggere e assistere le vittime di questo crimine, non di rado collegato al commercio delle droghe, delle armi, al trasporto di migranti irregolari, alla mafia. Purtroppo, non possiamo negare che talvolta ne sono stati contagiati anche operatori pubblici e membri di contingenti impegnati in missioni di pace".

"Ma per ottenere buoni risultati occorre che l’azione di contrasto incida anche a livello culturale e della comunicazione. E su questo piano c’è bisogno di un profondo esame di coscienza: quante volte infatti tolleriamo che un essere umano venga considerato come un oggetto, esposto per vendere un prodotto o per soddisfare desideri immorali? La persona umana non si dovrebbe mai vendere e comprare come una merce. Chi la usa e la sfrutta, anche indirettamente, si rende complice di questa sopraffazione".

"Ho voluto condividere con voi - ha detto il Pontefice - queste riflessioni su una piaga sociale dei nostri tempi, perché credo nel valore e nella forza di un impegno concertato per combatterla. Esorto pertanto la comunità internazionale a rendere ancora più concorde ed efficace la strategia contro la tratta delle persone, perché, in ogni parte del mondo, gli uomini e le donne non siano mai usati come mezzi, ma vengano sempre rispettati nella loro inviolabile dignità".

PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL PAPA: LA FRATERNITÀ VINCE L'INDIFFERENZA CON LA QUALE OSSERVIAMO, A DISTANZA DI SICUREZZA, LE GUERRE E LA SOFFERENZA

Città del Vaticano, 12 dicembre 2013 (VIS). Questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, si è tenuta la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre per la 47a Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio di ogni anno, sul tema: "La fraternità, fondamento e via per la pace".

Padre Federico Lombardi, S.I., Direttore della Sala Stampa, ha dato lettura del testo di introduzione al documento del Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che attualmente è a Johannesburg (Sudafrica) quale Inviato Speciale del Santo Padre alla commemorazione e alle esequie di Nelson Mandela. Alla Conferenza Stampa sono anche intervenuti l'Arcivescovo Mario Toso, S.D.B., Segretario ed il Dottor Vittorio Alberti, Officiale del medesimo Pontificio Consiglio.

"La 'fraternità' - scrive il Cardinale - è una qualità umana essenziale, poiché noi siamo esseri relazionali. Ma ciò non rende la fraternità automatica. Nella nostra epoca, come il Papa emerito Benedetto XVI ha sottolineato, la globalizzazione ci rende vicini ma non ci rende fratelli. La fraternità viene ignorata o calpestata in tantissimi modi nella storia ed anche oggi, come chiarifica molto bene il Messaggio per il Nuovo Anno".

In ambito biblico "Il primo crimine fu il fratricidio. Ogni soppressione di una vita innocente - che sia definito aborto, assassinio, o eutanasia - che sia definito crimine, inedia o guerra - è, di fatto, fratricidio. Come possiamo mancare di riconoscere che siamo fratelli e sorelle, poiché tutti abbiamo lo stesso Padre? Come possiamo mancare di riconoscere che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è nostro fratello? Con la sua Croce e Risurrezione, Egli ha riparato un'umanità distrutta e continuamente offre ad ognuno la promessa della salvezza!".

"Nel Messaggio, il Santo Padre si chiede perché nel mondo di oggi ci sia una tale mancanza di fraternità. L'egoismo ci ha resi ciechi davanti alla fondamentale fraternità? La paura e la competitività hanno avvelenato la nostra incomparabile dignità di figli e figlie di Dio, e così fratelli e sorelle l'uno dell'altro?"

Passando ad analizzare la fraternità secondo il Messaggio del Santo Padre, il Cardinale Turkson, osserva che Papa Francesco cita i suoi ultimi predecessori per ampliare il significato e la rilevanza della fraternità quale fondamento e via per la pace. Ad esempio Papa Paolo VI sottolineò lo "sviluppo integrale", il Beato Giovanni Paolo II definì la pace un bene comune indivisibile: o è per tutti, o è per nessuno, e Papa Benedetto identificò "la fraternità quale prerequisito per contrastare la povertà".

"Tre giorni dopo la sua elezione, Papa Francesco spiegava ai rappresentanti dei mezzi di comunicazione sociale la scelta del nome: 'Per me - ha detto Papa Francesco - Francesco d'Assisi è l'uomo della povertà, l'uomo della pace, l'uomo che ama e custodisce il creato' e "Nel suo primo messaggio per il Nuovo Anno, il Santo Padre riflette sui poveri, sulla pace, sul creato, sotto l'onnicomprensivo e significativo titolo di 'fraternità'".

Le sezioni quinta e sesta del Messaggio sono dedicate alla 'economia' e come essa può apportare rimedi reali alla povertà. (...). I rapporti fraterni trovano espressione nelle politiche sociali che facilitano l'accesso', in uno stile di vita più sobrio che si limita a consumare l'essenziale, e, a livello macro, in 'un ripensamento tempestivo dei nostri modelli di sviluppo economico".

"Le sezioni sette e otto ci guidano a ridurre ed eliminare la guerra di tutti i tipi, come pure la 'corruzione' e 'il crimine organizzato'. La fraternità vince l'indifferenza con la quale osserviamo le numerose guerre ad una distanza di sicurezza. Essa vince la tendenza a disumanizzare e demonizzare il nemico. La fraternità motiva il duro lavoro necessario a conseguire la non-proliferazione e il disarmo, incluse le armi nucleari, chimiche, convenzionali e le armi intelligenti, come pure le armi di piccolo calibro. Nei conflitti sociali, la fraternità resiste alla corruzione, al crimine organizzato, al traffico di droga; alla schiavitù, al traffico di esseri umani e alla prostituzione; e a quelle forme di 'guerra' economica e finanziaria che 'distruggono la vita, le famiglie, le imprese".

"La Sezione nove considera l'urgente necessità di 'preservare e coltivare la natura' come la nostra casa terrena e fonte di tutti i beni materiali, ora e per le future generazioni. Nello spirito di fraternità, dobbiamo apprendere a trattare l'ambiente naturale come un dono del Creatore, da godere in comune, gratuitamente e con equità".

Il Cardinale Turkson conclude ricordando la figura del "grande Nelson Mandela" che nei lunghi anni di prigione vinse la tentazione di cercare la vendetta. Uscì di prigione con il messaggio supremo della 'riconciliazione'. Per questo, la triste 'verità' del passato è stata scoperta ed accettata. Solo fondandosi sulla verità e sulla riconciliazione la maggioranza dei sudafricani ha potuto aspirare ad una vita migliore. (...) Con il suo esempio e leadership, Nelson Mandela ha facilitato la conversione dei cuori allontanandoli dal fratricidio... Papa Francesco persegue quotidianamente la conversione delle menti e dei cuori. (...) La fraternità ha bisogno di essere scoperta, sperimentata, proclamata e testimoniata con l'amore. Concessa in dono, solo l'amore di Dio ci rende capaci di accettare la nostra fraternità e di esprimerla sempre più pienamente".

"Mentre ci prepariamo a celebrare il Natale offrendo doni agli amici e ai parenti, sarebbe bene fermarsi come suggerisce Gesù. 'Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro dite, lascia lì il tuo dono e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello, e poi torna ad offrire il tuo dono'. Oggi i poveri, gli emarginati, i sofferenti delle nostre città, del nostro paese, del nostro mondo, hanno 'qualcosa contro di noi'. Quello che hanno 'contro di noi' è il nostro aver mancato di rispettare quello che più profondamente essi sono - quello che più profondamente noi siamo - cioè, fratelli e sorelle".

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Città del Vaticano, 12 dicembre 2013 (VIS). "Fraternità, fondamento e via per la pace" è il titolo scelto da Papa Francesco per il suo primo Messaggio per la 47a Giornata Mondiale della Pace che si celebra il 1° gennaio 2014. Il documento, datato 8 dicembre, Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, è costituito di dieci sezioni, che includono un breve prologo e una conclusione, con due citazioni bibliche: "Dov'è tuo fratello?" (Gen 4,9) e "E voi siete tutti fratelli" (Mt 23,8) e sei frasi sulla fraternità: "Fraternità, fondamento e via per la pace"; "Fraternità, premessa per sconfiggere la povertà"; "La riscoperta della fraternità nell'economia"; "La fraternità spegne la guerra; "La corruzione e il crimine organizzato avversano la fraternità"; "La fraternità aiuta a custodire e a coltivare la natura".

Di seguito riportiamo il testo integrale del Messaggio:

"Fraternità, fondamento e via per la pace

1. In questo mio primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, desidero rivolgere a tutti, singoli e popoli, l’augurio di un’esistenza colma di gioia e di speranza. Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna alberga, infatti, il desiderio di una vita piena, alla quale appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare.

Infatti, la fraternità è una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale. La viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura. E occorre subito ricordare che la fraternità si comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia, soprattutto grazie ai ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi membri, in particolare del padre e della madre. La famiglia è la sorgente di ogni fraternità, e perciò è anche il fondamento e la via primaria della pace, poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore.

Il numero sempre crescente di interconnessioni e di comunicazioni che avviluppano il nostro pianeta rende più palpabile la consapevolezza dell’unità e della condivisione di un comune destino tra le Nazioni della terra. Nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata così la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri. Tale vocazione è però ancor oggi spesso contrastata e smentita nei fatti, in un mondo caratterizzato da quella 'globalizzazione dell’indifferenza' che ci fa lentamente 'abituare' alla sofferenza dell’altro, chiudendoci in noi stessi.

In tante parti del mondo, sembra non conoscere sosta la grave lesione dei diritti umani fondamentali, soprattutto del diritto alla vita e di quello alla libertà di religione. Il tragico fenomeno del traffico degli esseri umani, sulla cui vita e disperazione speculano persone senza scrupoli, ne rappresenta un inquietante esempio. Alle guerre fatte di scontri armati si aggiungono guerre meno visibili, ma non meno crudeli, che si combattono in campo economico e finanziario con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie, di imprese.

La globalizzazione, come ha affermato Benedetto XVI, ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. Inoltre, le molte situazioni di sperequazione, di povertà e di ingiustizia, segnalano non solo una profonda carenza di fraternità, ma anche l’assenza di una cultura della solidarietà. Le nuove ideologie, caratterizzate da diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo materialistico, indeboliscono i legami sociali, alimentando quella mentalità dello 'scarto', che induce al disprezzo e all’abbandono dei più deboli, di coloro che vengono considerati 'inutili'. Così la convivenza umana diventa sempre più simile a un mero 'do ut des' pragmatico ed egoista.

In pari tempo appare chiaro che anche le etiche contemporanee risultano incapaci di produrre vincoli autentici di fraternità, poiché una fraternità priva del riferimento ad un Padre comune, quale suo fondamento ultimo, non riesce a sussistere. Una vera fraternità tra gli uomini suppone ed esige una paternità trascendente. A partire dal riconoscimento di questa paternità, si consolida la fraternità tra gli uomini, ovvero quel farsi 'prossimo' che si prende cura dell’altro.

'Dov’è tuo fratello?' (Gen 4,9)

2. Per comprendere meglio questa vocazione dell’uomo alla fraternità, per riconoscere più adeguatamente gli ostacoli che si frappongono alla sua realizzazione e individuare le vie per il loro superamento, è fondamentale farsi guidare dalla conoscenza del disegno di Dio, quale è presentato in maniera eminente nella Sacra Scrittura.
Secondo il racconto delle origini, tutti gli uomini derivano da genitori comuni, da Adamo ed Eva, coppia creata da Dio a sua immagine e somiglianza, (cfr Gen 1,26) da cui nascono Caino e Abele. Nella vicenda della famiglia primigenia leggiamo la genesi della società, l’evoluzione delle relazioni tra le persone e i popoli.

Abele è pastore, Caino è contadino. La loro identità profonda e, insieme, la loro vocazione, è quella di essere fratelli, pur nella diversità della loro attività e cultura, del loro modo di rapportarsi con Dio e con il creato. Ma l’uccisione di Abele da parte di Caino attesta tragicamente il rigetto radicale della vocazione ad essere fratelli. La loro vicenda (cfr Gen 4,1-16) evidenzia il difficile compito a cui tutti gli uomini sono chiamati, di vivere uniti, prendendosi cura l’uno dell’altro. Caino, non accettando la predilezione di Dio per Abele, che gli offriva il meglio del suo gregge – 'il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta' (Gen 4,4-5( – uccide per invidia Abele. In questo modo rifiuta di riconoscersi fratello, di relazionarsi positivamente con lui, di vivere davanti a Dio, assumendo le proprie responsabilità di cura e di protezione dell’altro. Alla domanda 'Dov’è tuo fratello?', con la quale Dio interpella Caino, chiedendogli conto del suo operato, egli risponde: 'Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?'. (Gen 4,9) Poi, ci dice la Genesi, 'Caino si allontanò dal Signore' (4,16).

Occorre interrogarsi sui motivi profondi che hanno indotto Caino a misconoscere il vincolo di fraternità e, assieme, il vincolo di reciprocità e di comunione che lo legava a suo fratello Abele. Dio stesso denuncia e rimprovera a Caino una contiguità con il male: 'il peccato è accovacciato alla tua porta' (Gen 4,7). Caino, tuttavia, si rifiuta di opporsi al male e decide di alzare ugualmente la sua 'mano contro il fratello Abele' (Gen 4,8), disprezzando il progetto di Dio. Egli frustra così la sua originaria vocazione ad essere figlio di Dio e a vivere la fraternità.

Il racconto di Caino e Abele insegna che l’umanità porta inscritta in sé una vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo tradimento. Lo testimonia l’egoismo quotidiano, che è alla base di tante guerre e tante ingiustizie: molti uomini e donne muoiono infatti per mano di fratelli e di sorelle che non sanno riconoscersi tali, cioè come esseri fatti per la reciprocità, per la comunione e per il dono.

'E voi siete tutti fratelli' (Mt 23,8)

3. Sorge spontanea la domanda: gli uomini e le donne di questo mondo potranno mai corrispondere pienamente all’anelito di fraternità, impresso in loro da Dio Padre? Riusciranno con le loro sole forze a vincere l’indifferenza, l’egoismo e l’odio, ad accettare le legittime differenze che caratterizzano i fratelli e le sorelle?

Parafrasando le sue parole, potremmo così sintetizzare la risposta che ci dà il Signore Gesù: poiché vi è un solo Padre, che è Dio, voi siete tutti fratelli (cfr Mt 23,8-9). La radice della fraternità è contenuta nella paternità di Dio. Non si tratta di una paternità generica, indistinta e storicamente inefficace, bensì dell’amore personale, puntuale e straordinariamente concreto di Dio per ciascun uomo (cfr Mt 6,25-30). Una paternità, dunque, efficacemente generatrice di fraternità, perché l’amore di Dio, quando è accolto, diventa il più formidabile agente di trasformazione dell’esistenza e dei rapporti con l’altro, aprendo gli uomini alla solidarietà e alla condivisione operosa.

In particolare, la fraternità umana è rigenerata in e da Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione. La croce è il 'luogo' definitivo di fondazione della fraternità, che gli uomini non sono in grado di generare da soli. Gesù Cristo, che ha assunto la natura umana per redimerla, amando il Padre fino alla morte e alla morte di croce (cfr Fil 2,8), mediante la sua risurrezione ci costituisce come umanità nuova, in piena comunione con la volontà di Dio, con il suo progetto, che comprende la piena realizzazione della vocazione alla fraternità.

Gesù riprende dal principio il progetto del Padre, riconoscendogli il primato su ogni cosa. Ma il Cristo, con il suo abbandono alla morte per amore del Padre, diventa principio nuovo e definitivo di tutti noi, chiamati a riconoscerci in Lui come fratelli perché figli dello stesso Padre. Egli è l’Alleanza stessa, lo spazio personale della riconciliazione dell’uomo con Dio e dei fratelli tra loro. Nella morte in croce di Gesù c’è anche il superamento della separazione tra popoli, tra il popolo dell’Alleanza e il popolo dei Gentili, privo di speranza perché fino a quel momento rimasto estraneo ai patti della Promessa. Come si legge nella Lettera agli Efesini, Gesù Cristo è colui che in sé riconcilia tutti gli uomini. Egli è la pace, poiché dei due popoli ne ha fatto uno solo, abbattendo il muro di separazione che li divideva, ovvero l’inimicizia. Egli ha creato in se stesso un solo popolo, un solo uomo nuovo, una sola nuova umanità (cfr 2,14-16).

Chi accetta la vita di Cristo e vive in Lui, riconosce Dio come Padre e a Lui dona totalmente se stesso, amandolo sopra ogni cosa. L’uomo riconciliato vede in Dio il Padre di tutti e, per conseguenza, è sollecitato a vivere una fraternità aperta a tutti. In Cristo, l’altro è accolto e amato come figlio o figlia di Dio, come fratello o sorella, non come un estraneo, tanto meno come un antagonista o addirittura un nemico. Nella famiglia di Dio, dove tutti sono figli di uno stesso Padre, e perché innestati in Cristo, figli nel Figlio, non vi sono 'vite di scarto'. Tutti godono di un’eguale ed intangibile dignità. Tutti sono amati da Dio, tutti sono stati riscattati dal sangue di Cristo, morto in croce e risorto per ognuno. È questa la ragione per cui non si può rimanere indifferenti davanti alla sorte dei fratelli.

La fraternità, fondamento e via per la pace

4. Ciò premesso, è facile comprendere che la fraternità è fondamento e via per la pace. Le Encicliche sociali dei miei Predecessori offrono un valido aiuto in tal senso. Sarebbe sufficiente rifarsi alle definizioni di pace della 'Populorum progressio' di Paolo VI o della 'Sollicitudo rei socialis' di Giovanni Paolo II. Dalla prima ricaviamo che lo sviluppo integrale dei popoli è il nuovo nome della pace. Dalla seconda, che la pace è 'opus solidaritatis'. Paolo VI afferma che non soltanto le persone, ma anche le Nazioni debbono incontrarsi in uno spirito di fraternità. E spiega: 'In questa comprensione e amicizia vicendevoli, in questa comunione sacra noi dobbiamo […] lavorare assieme per edificare l’avvenire comune dell’umanità. Questo dovere riguarda in primo luogo i più favoriti. I loro obblighi sono radicati nella fraternità umana e soprannaturale e si presentano sotto un triplice aspetto: il dovere di solidarietà, che esige che le Nazioni ricche aiutino quelle meno progredite; il dovere di giustizia sociale, che richiede il ricomponimento in termini più corretti delle relazioni difettose tra popoli forti e popoli deboli; il dovere di carità universale, che implica la promozione di un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri.
Così, se si considera la pace come 'opus solidaritatis', allo stesso modo, non si può pensare che la fraternità non ne sia il fondamento precipuo. La pace, afferma Giovanni Paolo II, è un bene indivisibile. O è bene di tutti o non lo è di nessuno. Essa può essere realmente conquistata e fruita, come miglior qualità della vita e come sviluppo più umano e sostenibile, solo se si attiva, da parte di tutti, 'una determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune'. Ciò implica di non farsi guidare dalla 'brama del profitto' e dalla 'sete del potere'. Occorre avere la disponibilità a 'perdersi' a favore dell’altro invece di sfruttarlo, e a 'servirlo' invece di opprimerlo per il proprio tornaconto. […] L’'altro' – persona, popolo o Nazione – [non va visto] come uno strumento qualsiasi, per sfruttare a basso costo la sua capacità di lavoro e la resistenza fisica, abbandonandolo poi quando non serve più, ma come un nostro 'simile', un 'aiuto'.
La solidarietà cristiana presuppone che il prossimo sia amato non solo come 'un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale eguaglianza davanti a tutti, ma [come] viva immagine di Dio Padre, riscattata dal sangue di Gesù Cristo e posta sotto l’azione permanente dello Spirito Santo', come un altro fratello. 'Allora la coscienza della paternità comune di Dio, della fraternità di tutti gli uomini in Cristo, 'figli nel Figlio', della presenza e dell’azione vivificante dello Spirito Santo, conferirà – rammenta Giovanni Paolo II – al nostro sguardo sul mondo come un nuovo criterio per interpretarlo', per trasformarlo.

Fraternità, premessa per sconfiggere la povertà

5. Nella 'Caritas in veritate' il mio Predecessore ricordava al mondo come la mancanza di fraternità tra i popoli e gli uomini sia una causa importante della povertà. In molte società sperimentiamo una profonda povertà relazionale dovuta alla carenza di solide relazioni familiari e comunitarie. Assistiamo con preoccupazione alla crescita di diversi tipi di disagio, di emarginazione, di solitudine e di varie forme di dipendenza patologica. Una simile povertà può essere superata solo attraverso la riscoperta e la valorizzazione di rapporti fraterni in seno alle famiglie e alle comunità, attraverso la condivisione delle gioie e dei dolori, delle difficoltà e dei successi che accompagnano la vita delle persone.

Inoltre, se da un lato si riscontra una riduzione della povertà assoluta, dall’altro lato non possiamo non riconoscere una grave crescita della povertà relativa, cioè di diseguaglianze tra persone e gruppi che convivono in una determinata regione o in un determinato contesto storico-culturale. In tal senso, servono anche politiche efficaci che promuovano il principio della fraternità, assicurando alle persone - eguali nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali - di accedere ai 'capitali', ai servizi, alle risorse educative, sanitarie, tecnologiche affinché ciascuno abbia l’opportunità di esprimere e di realizzare il suo progetto di vita, e possa svilupparsi in pienezza come persona.

Si ravvisa anche la necessità di politiche che servano ad attenuare una eccessiva sperequazione del reddito. Non dobbiamo dimenticare l’insegnamento della Chiesa sulla cosiddetta ipoteca sociale, in base alla quale se è lecito, come dice san Tommaso d’Aquino, anzi necessario 'che l’uomo abbia la proprietà dei beni', quanto all’uso, li 'possiede non solo come propri, ma anche come comuni, nel senso che possono giovare non unicamente a lui ma anche agli altri'.

Infine, vi è un ulteriore modo di promuovere la fraternità - e così sconfiggere la povertà - che dev’essere alla base di tutti gli altri. È il distacco di chi sceglie di vivere stili di vita sobri ed essenziali, di chi, condividendo le proprie ricchezze, riesce così a sperimentare la comunione fraterna con gli altri. Ciò è fondamentale per seguire Gesù Cristo ed essere veramente cristiani. È il caso non solo delle persone consacrate che professano voto di povertà, ma anche di tante famiglie e tanti cittadini responsabili, che credono fermamente che sia la relazione fraterna con il prossimo a costituire il bene più prezioso.

La riscoperta della fraternità nell’economia

6. Le gravi crisi finanziarie ed economiche contemporanee - che trovano la loro origine nel progressivo allontanamento dell’uomo da Dio e dal prossimo, nella ricerca avida di beni materiali, da un lato, e nel depauperamento delle relazioni interpersonali e comunitarie dall’altro - hanno spinto molti a ricercare la soddisfazione, la felicità e la sicurezza nel consumo e nel guadagno oltre ogni logica di una sana economia. Già nel 1979 Giovanni Paolo II avvertiva l’esistenza di 'un reale e percettibile pericolo che, mentre progredisce enormemente il dominio da parte dell’uomo sul mondo delle cose, di questo suo dominio egli perda i fili essenziali, e in vari modi la sua umanità sia sottomessa a quel mondo, ed egli stesso divenga oggetto di multiforme, anche se spesso non direttamente percettibile, manipolazione, mediante tutta l’organizzazione della vita comunitaria, mediante il sistema di produzione, mediante la pressione dei mezzi di comunicazione sociale'.

Il succedersi delle crisi economiche deve portare agli opportuni ripensamenti dei modelli di sviluppo economico e a un cambiamento negli stili di vita. La crisi odierna, pur con il suo grave retaggio per la vita delle persone, può essere anche un’occasione propizia per recuperare le virtù della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza. Esse ci possono aiutare a superare i momenti difficili e a riscoprire i vincoli fraterni che ci legano gli uni agli altri, nella fiducia profonda che l’uomo ha bisogno ed è capace di qualcosa in più rispetto alla massimizzazione del proprio interesse individuale. Soprattutto tali virtù sono necessarie per costruire e mantenere una società a misura della dignità umana.

La fraternità spegne la guerra

7. Nell’anno trascorso, molti nostri fratelli e sorelle hanno continuato a vivere l’esperienza dilaniante della guerra, che costituisce una grave e profonda ferita inferta alla fraternità.
Molti sono i conflitti che si consumano nell’indifferenza generale. A tutti coloro che vivono in terre in cui le armi impongono terrore e distruzioni, assicuro la mia personale vicinanza e quella di tutta la Chiesa. Quest’ultima ha per missione di portare la carità di Cristo anche alle vittime inermi delle guerre dimenticate, attraverso la preghiera per la pace, il servizio ai feriti, agli affamati, ai rifugiati, agli sfollati e a quanti vivono nella paura. La Chiesa alza altresì la sua voce per far giungere ai responsabili il grido di dolore di quest’umanità sofferente e per far cessare, insieme alle ostilità, ogni sopruso e violazione dei diritti fondamentali dell’uomo.

Per questo motivo desidero rivolgere un forte appello a quanti con le armi seminano violenza e morte: riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e fermate la vostra mano! Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi! 'In quest’ottica, appare chiaro che nella vita dei popoli i conflitti armati costituiscono sempre la deliberata negazione di ogni possibile concordia internazionale, creando divisioni profonde e laceranti ferite che richiedono molti anni per rimarginarsi. Le guerre costituiscono il rifiuto pratico a impegnarsi per raggiungere quelle grandi mete economiche e sociali che la comunità internazionale si è data'.

Tuttavia, finché ci sarà una così grande quantità di armamenti in circolazione come quella attuale, si potranno sempre trovare nuovi pretesti per avviare le ostilità. Per questo faccio mio l’appello dei miei Predecessori in favore della non proliferazione delle armi e del disarmo da parte di tutti, a cominciare dal disarmo nucleare e chimico.
Non possiamo però non constatare che gli accordi internazionali e le leggi nazionali, pur essendo necessari ed altamente auspicabili, non sono sufficienti da soli a porre l’umanità al riparo dal rischio dei conflitti armati. È necessaria una conversione dei cuori che permetta a ciascuno di riconoscere nell’altro un fratello di cui prendersi cura, con il quale lavorare insieme per costruire una vita in pienezza per tutti. È questo lo spirito che anima molte delle iniziative della società civile, incluse le organizzazioni religiose, in favore della pace. Mi auguro che l’impegno quotidiano di tutti continui a portare frutto e che si possa anche giungere all’effettiva applicazione nel diritto internazionale del diritto alla pace, quale diritto umano fondamentale, pre-condizione necessaria per l’esercizio di tutti gli altri diritti.
La corruzione e il crimine organizzato avversano la fraternità

8. L’orizzonte della fraternità rimanda alla crescita in pienezza di ogni uomo e donna. Le giuste ambizioni di una persona, soprattutto se giovane, non vanno frustrate e offese, non va rubata la speranza di poterle realizzare. Tuttavia, l’ambizione non va confusa con la prevaricazione. Al contrario, occorre gareggiare nello stimarsi a vicenda (cfr Rm 12,10). Anche nelle dispute, che costituiscono un aspetto ineliminabile della vita, bisogna sempre ricordarsi di essere fratelli e perciò educare ed educarsi a non considerare il prossimo come un nemico o come un avversario da eliminare.

La fraternità genera pace sociale perché crea un equilibrio fra libertà e giustizia, fra responsabilità personale e solidarietà, fra bene dei singoli e bene comune. Una comunità politica deve, allora, agire in modo trasparente e responsabile per favorire tutto ciò. I cittadini devono sentirsi rappresentati dai poteri pubblici nel rispetto della loro libertà. Invece, spesso, tra cittadino e istituzioni, si incuneano interessi di parte che deformano una tale relazione, propiziando la creazione di un clima perenne di conflitto.

Un autentico spirito di fraternità vince l’egoismo individuale che contrasta la possibilità delle persone di vivere in libertà e in armonia tra di loro. Tale egoismo si sviluppa socialmente sia nelle molte forme di corruzione, oggi così capillarmente diffuse, sia nella formazione delle organizzazioni criminali, dai piccoli gruppi a quelli organizzati su scala globale, che, logorando in profondità la legalità e la giustizia, colpiscono al cuore la dignità della persona. Queste organizzazioni offendono gravemente Dio, nuocciono ai fratelli e danneggiano il creato, tanto più quando hanno connotazioni religiose.

Penso al dramma lacerante della droga, sulla quale si lucra in spregio a leggi morali e civili; alla devastazione delle risorse naturali e all’inquinamento in atto; alla tragedia dello sfruttamento del lavoro; penso ai traffici illeciti di denaro come alla speculazione finanziaria, che spesso assume caratteri predatori e nocivi per interi sistemi economici e sociali, esponendo alla povertà milioni di uomini e donne; penso alla prostituzione che ogni giorno miete vittime innocenti, soprattutto tra i più giovani rubando loro il futuro; penso all’abominio del traffico di esseri umani, ai reati e agli abusi contro i minori, alla schiavitù che ancora diffonde il suo orrore in tante parti del mondo, alla tragedia spesso inascoltata dei migranti sui quali si specula indegnamente nell’illegalità. Scrisse al riguardo Giovanni XXIII: 'Una convivenza fondata soltanto su rapporti di forza non è umana. In essa infatti è inevitabile che le persone siano coartate o compresse, invece di essere facilitate e stimolate a sviluppare e perfezionare se stesse'. L’uomo, però, si può convertire e non bisogna mai disperare della possibilità di cambiare vita. Desidererei che questo fosse un messaggio di fiducia per tutti, anche per coloro che hanno commesso crimini efferati, poiché Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cfr Ez 18,23).
Nel contesto ampio della socialità umana, guardando al delitto e alla pena, viene anche da pensare alle condizioni inumane di tante carceri, dove il detenuto è spesso ridotto in uno stato sub-umano e viene violato nella sua dignità di uomo, soffocato anche in ogni volontà ed espressione di riscatto. La Chiesa fa molto in tutti questi ambiti, il più delle volte nel silenzio. Esorto ed incoraggio a fare sempre di più, nella speranza che tali azioni messe in campo da tanti uomini e donne coraggiosi possano essere sempre più sostenute lealmente e onestamente anche dai poteri civili.

La fraternità aiuta a custodire e a coltivare la natura

9. La famiglia umana ha ricevuto dal Creatore un dono in comune: la natura. La visione cristiana della creazione comporta un giudizio positivo sulla liceità degli interventi sulla natura per trarne beneficio, a patto di agire responsabilmente, cioè riconoscendone quella 'grammatica' che è in essa inscritta ed usando saggiamente le risorse a vantaggio di tutti, rispettando la bellezza, la finalità e l’utilità dei singoli esseri viventi e la loro funzione nell’ecosistema. Insomma, la natura è a nostra disposizione, e noi siamo chiamati ad amministrarla responsabilmente. Invece, siamo spesso guidati dall’avidità, dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non custodiamo la natura, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura e da mettere a servizio dei fratelli, comprese le generazioni future.

In particolare, il settore agricolo è il settore produttivo primario con la vitale vocazione di coltivare e custodire le risorse naturali per nutrire l’umanità. A tale riguardo, la persistente vergogna della fame nel mondo mi incita a condividere con voi la domanda: in che modo usiamo le risorse della terra? Le società odierne devono riflettere sulla gerarchia delle priorità a cui si destina la produzione. Difatti, è un dovere cogente che si utilizzino le risorse della terra in modo che tutti siano liberi dalla fame. Le iniziative e le soluzioni possibili sono tante e non si limitano all’aumento della produzione. È risaputo che quella attuale è sufficiente, eppure ci sono milioni di persone che soffrono e muoiono di fame e ciò costituisce un vero scandalo. È necessario allora trovare i modi affinché tutti possano beneficiare dei frutti della terra, non soltanto per evitare che si allarghi il divario tra chi più ha e chi deve accontentarsi delle briciole, ma anche e soprattutto per un’esigenza di giustizia e di equità e di rispetto verso ogni essere umano. In tal senso, vorrei richiamare a tutti quella necessaria destinazione universale dei beni che è uno dei principi-cardine della dottrina sociale della Chiesa. Rispettare tale principio è la condizione essenziale per consentire un fattivo ed equo accesso a quei beni essenziali e primari di cui ogni uomo ha bisogno e diritto.

Conclusione

10. La fraternità ha bisogno di essere scoperta, amata, sperimentata, annunciata e testimoniata. Ma è solo l’amore donato da Dio che ci consente di accogliere e di vivere pienamente la fraternità.

Il necessario realismo della politica e dell’economia non può ridursi ad un tecnicismo privo di idealità, che ignora la dimensione trascendente dell’uomo. Quando manca questa apertura a Dio, ogni attività umana diventa più povera e le persone vengono ridotte a oggetti da sfruttare. Solo se accettano di muoversi nell’ampio spazio assicurato da questa apertura a Colui che ama ogni uomo e ogni donna, la politica e l’economia riusciranno a strutturarsi sulla base di un autentico spirito di carità fraterna e potranno essere strumento efficace di sviluppo umano integrale e di pace.

Noi cristiani crediamo che nella Chiesa siamo membra gli uni degli altri, tutti reciprocamente necessari, perché ad ognuno di noi è stata data una grazia secondo la misura del dono di Cristo, per l’utilità comune (cfr Ef 4,7.25; 1 Cor 12,7). Cristo è venuto nel mondo per portarci la grazia divina, cioè la possibilità di partecipare alla sua vita. Ciò comporta tessere una relazionalità fraterna, improntata alla reciprocità, al perdono, al dono totale di sé, secondo l’ampiezza e la profondità dell’amore di Dio, offerto all’umanità da Colui che, crocifisso e risorto, attira tutti a sé: 'Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri' (Gv 13,34-35). È questa la buona novella che richiede ad ognuno un passo in più, un esercizio perenne di empatia, di ascolto della sofferenza e della speranza dell’altro, anche del più lontano da me, incamminandosi sulla strada esigente di quell’amore che sa donarsi e spendersi con gratuità per il bene di ogni fratello e sorella.

Cristo abbraccia tutto l’uomo e vuole che nessuno si perda. 'Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui' (Gv 3,17). Lo fa senza opprimere, senza costringere nessuno ad aprirgli le porte del suo cuore e della sua mente. 'Chi fra voi è il più grande diventi come il più piccolo e chi governa diventi come quello che serve' – dice Gesù Cristo – 'io sono in mezzo a voi come uno che serve' (Lc 22,26-27). Ogni attività deve essere, allora, contrassegnata da un atteggiamento di servizio alle persone, specialmente quelle più lontane e sconosciute. Il servizio è l’anima di quella fraternità che edifica la pace.

Maria, la Madre di Gesù, ci aiuti a comprendere e a vivere tutti i giorni la fraternità che sgorga dal cuore del suo Figlio, per portare pace ad ogni uomo su questa nostra amata terra.

UDIENZE

Città del Vaticano, 12 dicembre 2013 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza:

- Il Cardinale Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”.

- Il Cardinale Franc Rodé, C.M., Prefetto emerito della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di vita apostolica.

- Il Vescovo Felipe Arizmendi Esquivel, di San Cristobal de las Casas (Messico).

- La Signora Cristina Alvarez Rodriguez, Ministro del Governo della Provincia di Buenos Aires (Argentina).

ALTRI ATTI PONTIFICI

Città del Vaticano, 12 dicembre 2013 (VIS). Il Santo Padre:

- Ha nominato il Reverendo Joseph R. Kopacz, Vescovo di Jackson (superficie: 97.495; popolazione: 2.203.000; cattolici: 52.500; sacerdoti: 80; religiosi: 197; diaconi permanenti: 4), Mississipi, Stati Uniti d'America. Il Vescovo eletto è nato nel 1950 a Dunmore (Pennsylvania, Stati Uniti d'America) ed è stato ordinato sacerdote nel 1977. Dal 1977 al 1989 è stato Vicario parrocchiale dell’Our Lady Queen of Peace Parish a Brodheadsville e dell’Epiphany Parish a Sayre ed Amministratore parrocchiale della Saint Patrick Parish a Nicholson; dal 1980 al 1990 Docente presso il Seminario Saint Pius X a Dalton; dal 1989 al 1995 Parroco delle parrocchie Saint Michael, Saint James e Saint Stanislaus a Jessup; dal 1995 al 1998 Parroco della Nativity of Our Lord Parish a Scranton; dal 1998 al 2002 Direttore della Formazione presso il Seminario Saint Pius X; dal 2002 al 2006 Parroco della Sacred Hearts of Jesus and Mary Parish a Scranton; dal 2005 al 2009 Vicario Generale e Vicario per il Clero. Dal 2006 Parroco della Most Holy Trinity Parish a Mount Pocono. Succede al Vescovo Joseph N. Latino, del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della medesima diocesi presentata per raggiunti limiti d'età.

- Ha nominato il Monsignor Michael J. Sis, Vescovo di San Angelo (superficie: 96.951; popolazione. 619.000; cattolici: 85.500; sacerdoti: 57; religiosi: 39; diaconi permanenti: 81), Texas, Stati Uniti d'America. Il Vescovo eletto è nato nel 1960 a Mount Holly (New Jersey, Stati Uniti d'America) ed è stato ordinato sacerdote nel 1986. Dal 1986 al 1988 è stato Vicario Parrocchiale della Cristo Rey Parish; dal 1990 al 1992 Vicario Parrocchiale della Cattedrale Saint Mary ad Austin; nel 1989 e dal 1992 al 1993 Vice-Cappellano; dal 1993 al 2006 Cappellano universitario del Saint Mary’s Center all’University of Texas A&M a College Station; dal 2006 al 2009 Direttore delle vocazioni; dal 2009 al 2010 Parroco della Saint Thomas More Parish in Austin; dal 2010 Vicario Generale e Moderatore della Curia. Succede al Vescovo Michael D. Pfeifer, O.M.I., del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della medesima Diocesi, presentata per raggiunti limiti d'età.

- Ha nominato il Monsignor Francis Bestion, Vescovo di Tulle (superficie: 5.896; popolazione: 244.300; cattolici: 221.400; sacerdoti: 62; religiosi: 59; diaconi permanenti: 10), Francia. Il Vescovo eletto è nato nel 1957 a Fontans, nella diocesi di Mende (Francia) ed è stato ordinato sacerdote nel 1990. Dal 1990 al 2002 è stato Vicario e poi Parroco di Langogne; dal 1992 al 2003 Insegnante di filosofia e formatore nel Seminario di Avignon; dal 2003 al 2005 Insegnante nel Seminario di Toulouse; dal 2005 al 2009 Direttore del secondo ciclo ed insegnante nel Seminario di Toulouse. Dal 2009 Vicario generale di Mende. Succede al Vescovo Bernard Charrier, del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della medesima diocesi, presentata per raggiunti limiti d'età.


mercoledì 11 dicembre 2013

UDIENZA GENERALE: NEL MOMENTO DEL GIUDIZIO, NON SAREMO LASCIATI SOLI

Città del Vaticano, 11 dicembre 2013 (VIS). Il Papa ha dedicato l'ultima serie di catechesi sulla professione di fede, all'affermazione "Credo la vita eterna", soffermandosi, in particolare, sul giudizio finale.

"Quando pensiamo al ritorno di Cristo e al suo giudizio finale, che manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena - ha detto il Papa ai circa 30.000 fedeli presenti in Piazza San Pietro per l'Udienza Generale - percepiamo di trovarci di fronte a un mistero che ci sovrasta, che non riusciamo nemmeno a immaginare. Un mistero che quasi istintivamente suscita in noi un senso di timore, e magari anche di trepidazione. Se però riflettiamo bene su questa realtà, essa non può che allargare il cuore di un cristiano e costituire un grande motivo di consolazione e di fiducia".

"A questo proposito, la testimonianza delle prime comunità cristiane - ha spiegato Papa Francesco - risuona quanto mai suggestiva. Esse infatti erano solite accompagnare le celebrazioni e le preghiere con l’acclamazione Maranathà, un’espressione costituita da due parole aramaiche che, a seconda di come vengono scandite, si possono intendere come una supplica: 'Vieni, Signore!', oppure come una certezza alimentata dalla fede: 'Sì, il Signore viene, il Signore è vicino'. È l’esclamazione in cui culmina tutta la Rivelazione cristiana, al termine della meravigliosa contemplazione che ci viene offerta nell’Apocalisse di Giovanni. In quel caso, è la Chiesa-sposa che, a nome dell’umanità intera e in quanto sua primizia, si rivolge a Cristo, suo sposo, non vedendo l’ora di essere avvolta dal suo abbraccio: l'abbraccio di Gesù, che è pienezza di vita e pienezza di amore. Così ci abbraccia Gesù. Se pensiamo al giudizio in questa prospettiva, ogni paura e titubanza viene meno e lascia spazio all’attesa e a una profonda gioia: sarà proprio il momento in cui verremo giudicati finalmente pronti per essere rivestiti della gloria di Cristo".

"Un secondo motivo di fiducia ci viene offerto dalla constatazione che, nel momento del giudizio, non saremo lasciati soli. (...) Che bello sapere che in quel frangente, oltre che su Cristo, nostro Paràclito, nostro Avvocato presso il Padre, potremo contare sull’intercessione e sulla benevolenza di tanti nostri fratelli e sorelle più grandi che ci hanno preceduto nel cammino della fede, (...) che continuano ad amarci in modo indicibile! I santi già vivono al cospetto di Dio, nello splendore della sua gloria pregando per noi che ancora viviamo sulla terra".

"Un’ulteriore suggestione ci viene offerta dal Vangelo di Giovanni, dove si afferma esplicitamente che 'Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui'. (...). Questo significa allora che quel giudizio finale è già in atto, incomincia adesso nel corso della nostra esistenza. Tale giudizio è pronunciato in ogni istante della vita, come riscontro della nostra accoglienza con fede della salvezza presente ed operante in Cristo, oppure della nostra incredulità, con la conseguente chiusura in noi stessi. Ma se noi ci chiudiamo all'amore di Gesù, siamo noi stessi che ci condanniamo. La salvezza è aprirsi a Gesù, e Lui ci salva; se siamo peccatori - e lo siamo tutti - Gli chiediamo perdono e se andiamo a Lui con la voglia di essere buoni, il Signore ci perdona. Ma per questo dobbiamo aprirci all'amore di Gesù, che è più forte di tutte le altre cose. L'amore di Gesù è grande; l'amore di Gesù è misericordioso; l'amore di Gesù perdona; ma tu devi aprirti e aprirsi significa pentirsi, accusarsi delle cose che non sono buone e che abbiamo fatto".

"Il Signore Gesù - ha concluso il Pontefice - si è donato e continua a donarsi a noi, per ricolmarci di tutta la misericordia e la grazia del Padre. Siamo noi quindi che possiamo diventare in un certo senso giudici di noi stessi, autocondannandoci all’esclusione dalla comunione con Dio e con i fratelli. Non stanchiamoci, pertanto, di vigilare sui nostri pensieri e sui nostri atteggiamenti, per pregustare fin da ora il calore e lo splendore del volto di Dio - e ciò sarà bellissimo - che nella vita eterna contempleremo in tutta la sua pienezza".
Copyright © VIS - Vatican Information Service