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martedì 6 ottobre 2009

TERZA CONGREGAZIONE GENERALE


CITTA' DEL VATICANO, 6 OTT. 2009 (VIS). La Terza Congregazione Generale dell'Assemblea  Speciale per l'Africa si è tenuta questa mattina, alla presenza del Santo Padre. Erano presenti 226 Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Wilfrid Fox Napier, O.F.M., Arcivescovo di Durban (Sudafrica).

  All'inizio della sessione è intervenuto Sua Santità Abuna Paulus, Patriarca della Chiesa Tewahedo Ortodossa di Etiopia, che ha ringraziato il Papa per l'invito a partecipare al Sinodo.

"Credo che noi, guide religiose e capi delle Chiese, abbiamo un compito e una responsabilità veramente unici: riconoscere e sostenere, quando lo riteniamo necessario, i suggerimenti che vengono dalle persone, come pure, per contro, respingerli quando contravvengono al rispetto e all'amore per l'uomo".

  "I capi religiosi africani" - ha affermato - "non devono preoccuparsi solo delle opere sociali, ma rispondere alle grandi necessità spirituali degli uomini e delle donne d'Africa, per conoscere e sostenere, quando lo consideriamo necessario, i suggerimenti del nostro popolo, e di rigettarli quando sono contrari al rispetto e all'amore dell'essere umano. E' necessario rafforzare la coscienza delle persone perché la vita, la pace e la giustizia siano rispettati. Per cui i Capi della Chiese africane, con il potere di Dio Onnipotente e dello Spirito Santo, devono dare voce al linguaggio della Chiesa".

  Il Papa ha risposto con brevi parole all'intervento del Patriarca Ortodosso. "La sua presenza" - ha detto Benedetto XVI - "è una testimonianza eloquente dell'antichità e delle ricche tradizioni della Chiesa in Africa. (...) La fedeltà al Vangelo del vostro popolo continua a manifestarsi non solo dall'obbedienza alla sua legge di amore, ma anche, come lei ci ha ricordato, dalla perseveranza fra le persecuzioni e il supermo sacrificio del martirio per il nome di Cristo".

 "Sua Santità ha ricordato che la proclamazione del Vangelo non può essere separata dall'impegno a costruire una società che sia conforme alla volontà di Dio, rispetti le benedizioni della sua creazione e protegga la dignità ed innocenza di tutti i bambini.  In Cristo sappiamo che la riconciliazione è possibile, la giustizia può prevalere, la pace si può conquistare. Questo è il messaggio di speranza che noi siamo chiamati a proclamare. Questa è la promessa che il popolo africano anela a veder realizzata ai giorni nostri".

  Successivamente hanno preso la parola i Padri Sinodali, dei quali riportiamo una sintesi dell'intervento di alcuni di essi.

CARDINALE ANGELO SODANO, DECANO DEL COLLEGIO CARDINALIZIO. "Oggi vediamo più chiaramente l'enormità dei disastri provocati dal nazionalismo e dall'esaltazione del concetto di razza. (...) Come dimenticare che anche in Africa la furia omicida fra differenti gruppi etnici ha sconvolto interi Paesi? (...) Credo che dovremo ripetere a tutti, con maggiore insistenza, che l'amore alla propria Nazione (in concreto, al proprio popolo, alla propria gente) è certo un dovere del cristiano, ma dovremo anche aggiungere che la deviazione del nazionalismo è totalmente anticristiana. (...) Il Cristianesimo ha favorito l'aggregazione delle genti di una determinata regione, dando vita al concetto di popolo o Nazione, con una propria specifica identità culturale. Il Cristianesimo ha però sempre condannato ogni deformazione di tale concetto di Nazione, una deformazione che sovente cadeva nel nazionalismo o addirittura nel razzismo, vera negazione dell'universalismo cristiano. In realtà, i due principi basilari della convivenza umana cristiana sono sempre stati i seguenti: la dignità di ogni persona umana, da una parte, e l'unità del genere umano, dall'altra. Sono i due confini invalicabili, entro i quali possono poi evolversi i vari concetti di Nazione, a seconda dei tempi e dei luoghi. (...) Vorrei dire che le attuali 53 Nazioni africane avranno un grande avvenire, nel concerto delle 192 Nazioni che compongono oggi l'intera famiglia umana, se sapranno superare le loro divisioni e cooperare congiuntamente per il progresso materiale e spirituale dei loro popoli".

CARDINALE POLYCARP PENGO, ARCIVESCOVO DI DAR-ES-SALAAM (TANZANIA), PRESIDENTE DEL SIMPOSIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D'AFRICA E MADAGACAR (SECAM). "Il tema di questo Sinodo è oggi particolarmente urgente per la Chiesa africana. Al fine di sviluppare e approfondire tale tema, come ci è stato richiesto, problemi quali l'egoismo, l'avidità e la ricchezza materiale, le questioni etniche che sfociano in conflitto e altre istanze che sono all'origine della mancanza di pace in molte società africane devono essere affrontati coraggiosamente e apertamente, e accompagnati da specifiche direttive pastorali. Le guerre e i conflitti che affliggono il nostro continente dividono i nostri popoli, seminando una cultura della violenza e distruggendo il tessuto spirituale, sociale e morale delle nostre società. È triste dover riconoscere che alcuni di noi pastori sono stati accusati di essere coinvolti in tali conflitti o per omissione o per partecipazione diretta. In questo Sinodo dobbiamo avere il coraggio di denunciare, persino contro noi stessi, l'abuso del ruolo e della pratica del potere, il tribalismo e l'etnocentrismo, lo schieramento politico dei capi religiosi eccetera... La Chiesa africana non potrà parlare a una sola voce di riconciliazione, giustizia e pace se nel continente è evidente la mancanza di unità, di comunione e il dovuto rispetto nei confronti del SECAM da parte dei singoli Vescovi, nonché delle conferenze episcopali nazionali e regionali".

ARCIVESCOVO FIDELE AGBATCHI, DI PARAKOU (BENIN). "I Padri Sinodali possano comprendere quindi, al di là degli aspetti pratici più volte sottolineati dall''Instrumentum Laboris', come fondare esegeticamente e teologicamente la riconciliazione, la giustizia e la pace sull'unico Dio Trinità e sulla sua opera nella Rivelazione, dall'Antico Testamento fino alla venuta del Figlio dell'Uomo. Una simile impresa da parte dei padri sinodali aiuterebbe l'Africa ad assumersi la propria responsabilità storica di fronte al Vangelo che ha ricevuto e che ha il dovere di donarsi inserendosi prepotentemente nella dinamica della metanoia. Questa responsabilità la costringerebbe a liberarsi dalla paura. In effetti, l'Africa ha paura e vive di paura. Conservando gelosamente per sé le sue scoperte riguardo al mondo e alla natura, si lascia istintivamente andare alla sfiducia, al sospetto, all'atteggiamento di autodifesa, all'aggressione, alla ciarlataneria, alla divinazione, all'occultismo e al sincretismo, tutte cose che hanno contribuito a offuscare la ricerca del vero Dio per millenni. Quanto è dunque attesa su questo continente - madre di tutti gli altri - la diffusione ancor più radiosa della luce del Cristo morto e risorto! Il mio augurio per questo Sinodo è quello di un futuro pasquale e, dopo le sue sofferenze, di una resurrezione dell'Africa".

VESCOVO MAROUN ELIAS LAHHAM, DI TUNISI (TUNISIA). "La specificità delle relazioni islamo-cristiane nelle Chiese del Nord Africa può arricchire le esperienze di dialogo che si trovano in altre parti (in Europa o nell'Africa sub-sahariana e riduce le reazioni di paura e di rifiuto dell'Islam, che hanno cominciato a manifstarsi in alcuni paesi. Sappiamo che la paura non è una buona consigliera. (...) Due proposte: Che il Sinodo per il Medio Oriente previsto nell'ottobre 2010 includa anche la Diocesi dell'Africa del Nord, soprattutto per il rispetto delle minoranze cristiane e i rapporti di dialogo con l'Islam. Un colloquio sull'Islam in Africa, che tenga conto della varietà delle esperienza africane, da Tunisi a Johannesburg".
SE/TERZA CONGREGAZIONE/...                        VIS 20091006 (1150)


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