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giovedì 8 ottobre 2009

SESTA CONGREGAZIONE GENERALE


CITTA' DEL VATICANO, 8 OTT. 2009 (VIS). Questa mattina ha avuto luogo la Sesta Congregazione Generale dell'Assemblea Speciale dell'Africa del Sinodo dei Vescovi. Erano presenti 227 Padri Sinodali. Presidete Delegato di turno è stato il Cardinale Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

  Di seguito riportiamo estratti di alcuni interventi:

PADRE KIERAN O'REILLY, S.M.A., SUPERIORE GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE MISSIONI AFRICANE. "Ispirate dal loro impegno di fede e istruite nella dottrina sociale della Chiesa, molte congregazioni missionarie e religiose hanno costituito delle reti per affrontare la sfida. Mi riferisco in particolare al lavoro della rete Africa Faith and Justice Network. Queste reti si preoccupano in modo particolare di affrontare le questioni dell'ingiustizia strutturale radicata nelle politiche europee e statunitensi che hanno un impatto negativo sull'Africa. Come 'Famiglia di Dio', la Chiesa è sfidata a testimoniare e a promuovere l'universalità dell'amore di Dio per le persone e per l'unità futura dell'umanità. (...) La testimonianza delle comunità missionarie e religiose internazionali è tanto importante quanto urgente. (...) L'Africa è trattata in modo inadeguato dai mezzi di comunicazione di massa, che si interessano quasi esclusivamente delle cattive notizie, creando così l'immagine largamente accettata di un continente in uno stato di crisi costante. Anche l''industria degli aiuti' si alimenta vendendo stereotipi negativi e superati sugli africani come vittime indifese di guerre infinite e di carestie costanti. La gente dell'Africa deve assumere un ruolo più centrale in quello che all'estero si racconta dell'Africa. E le congregazioni e gli istituti missionari internazionali si trovano in una posizione ideale per essere di aiuto in questo processo".

ARCIVESCOVO MARCEL UTEMBI TAPA, DI KISANGANI (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO). "La dimensione politica della pace invita la Chiesa che è in Africa a inventare nuovi metodi di presentazione del suo insegnamento sociale, fondato su valori evangelici capaci di favorire la pace e l'intesa tra i popoli. Convenendo che la pace è anzitutto un dono di Dio, proponiamo che la Chiesa in Africa si impegni sempre di più affinché la classe politica africana sia veramente al servizio del bene comune. A tale fine la Chiesa dovrà curare e rafforzare l'accompagnamento e la formazione degli uomini politici alla luce dell'insegnamento sociale della Chiesa.  Affinché si realizzi un programma trasversale ed ecumenico per l'educazione civica delle popolazioni al fine di promuovere una coscienza civica e la partecipazione responsabile delle popolazioni locali alla gestione del patrimonio dei rispettivi paesi".

VESCOVO LOUIS NCAMISO NDLOVU, O.S.M., DI MANZINI (SWAZILAND). "La Chiesa cattolica nello Swaziland è ancora giovane, essendo giunta nel 1914. Conta circa 55.000 fedeli su una popolazione di un milione di persone, il che significa che solo il cinque per cento dei cittadini è cattolico. Sebbene rappresenti una minoranza, è comunque la Chiesa cristiana più grande del paese. (...) Negli ultimi anni, il rapporto tra la Chiesa e i leader tradizionali e politici è diventato ambivalente. La Chiesa continua a ricevere l'apprezzamento del governo per i suoi interventi nel campo dell'educazione, della salute e dei programma di sviluppo. Come Chiesa continuiamo a mettere in discussione il sistema di governo, poiché riteniamo che contribuisca al grave livello di povertà nel paese. Il governo critica la Chiesa perché si esprime su questioni politiche, affermando che il suo dovere dovrebbe limitarsi alla liturgia e al culto e che non dovrebbe essere presente nella vita sociale e politica della gente. Questo ha fatto sì che ricevessimo il sostegno di alcuni membri della società civile, tra cui i sindacati e i partiti politici e i movimenti messi al bando. Ci troviamo quindi in mezzo a due forze contrapposte. Ciò offre alla Chiesa un'opportunità unica, poiché può servire sia il governo che i membri della società civile".

VESCOVO NICOLAS DJOMOSLOLA, DI TSHUMBE, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA CONFERENZA DEMOCRATICA DEL CONGO. "Deploriamo il fatto che le sofferenze e le vite umane falciate dalle guerre nella Repubblica Democratica del Congo non abbiano suscitato la stessa indignazione e la stessa condanna che suscitano quando avvengono sotto altri cieli. Come spiegare altrimenti la ricomparsa e la virulenza delle violenze che continuano a essere condannate a parole senza prendere iniziative efficaci per mettere fine una volta per tutte alle loro cause? Non facciamo parte forse della stessa umanità? (...) A tal fine suggeriamo che questo Sinodo esorti anzitutto tutti i cristiani, nel nome della nostra fede in Gesù Cristo, che con il suo sacrificio supremo sulla croce ci ha dato la vera misura della dignità di ogni persona umana, e poi tutti gli uomini e le donne di buona volontà, nel nome della nostra comune umanità, a condannare e a denunciare pubblicamente i mandanti delle guerre e delle violenze in Africa. Altrimenti saremo complici del male fatto al nostro fratello".

VESCOVO PETER MARTIN MUSIKUWA, DI CHIKWAWA (MALAWI). "Essendo 'Chiese domestiche', luoghi di perdono, di riconciliazione e di pace, la maggior parte della famigli africane non godono una completa armonia. Esse devono affrontare numerose sfide come i problemi legati all'Aids, alla globalizzazione multiculturale, il deterioramento del valore culturale del matrimonio, l'influenza politica e la mancanza di modelli di ruolo. Il vero amore e la riconciliazione difettano. Un accompagnamento pastorale qualitativo, una catechesi continua per il matrimonio e la vita famigliare è ancora necessario. Ciò si può svolgere a diversi livelli: Conferenza episcopale, Diocesi e Parrocchia. Accanto a questi Movimenti/Associazioni cristiane, quali i Movimenti familiari, gli incontri sul matrimonio cristiani possono essere utili".

ARCIVESCOVO BUTI JOSEPH TLHAGALE, O.M.I., DI JOHANNESBOURG, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (SUD AFRICA). "I valori morali fanno parte delle diverse culture africane, mentre i valori evangelici, sono minacciati dalla nuova etica globale che cerca, in modo aggressivo, di convincere i governi e le comunità africane, ad accettare nuove e diverse concezioni della famiglia, del matrimoni e della sessualità. Le culture africane sono poste sotto una forte pressione dal liberalismo, il secolarismo ed i gruppi di pressione che campeggiano davanti alla sede delle Nazioni Unite. L'Africa affronta nello stesso tempo una seconda colonizzazione più sottile e più spietata. (...) I laici, in virtù del battesimo, hanno un ruolo significativo. Essi devono testimoniare sulla pubblica piazza, nelle proprie famiglie, e sul luogo di lavoro. La loro voce cristiani di fronte alle  numerose sfide dell'Africa, è debole, resa sorda o semplicemente ridotta al silenzio. La gerarchia è privata di interlocutori credibili nell'opera di trasformazione dell'Africa. I laici cattolici devono vedersi riconoscere un ruolo in modo di poter tener testa ed essere tenuti in considerazione per la loro fede cattolica. La gerarchia non può fare tutto da sola".
SE/SESTA CONGREGAZIONE/…                        VIS 20091008 (610)


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