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giovedì 11 dicembre 2008

MESSAGGIO PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE


CITTA' DEL VATICANO, 11 DIC. 2008 (VIS). Oggi è stato reso pubblico, in lingua italiana, inglese, francese, tedesca, spagnola e portoghese,  il Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la celebrazione della XLII Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2009), sul tema: "Combattere la povertà, costruire la pace".

  Di seguito riportiamo alcuni estratti del Messaggio:

  "La povertà risulta sovente tra i fattori che favoriscono o aggravano i conflitti, anche armati. A loro volta, questi ultimi alimentano tragiche situazioni di povertà. (...) Combattere la povertà implica un'attenta considerazione del complesso fenomeno della globalizzazione. (...) Il richiamo alla globalizzazione dovrebbe, però, rivestire anche un significato spirituale e morale, sollecitando a guardare ai poveri nella consapevole prospettiva di essere tutti partecipi di un unico progetto divino, quello della vocazione a costituire un'unica famiglia in cui tutti - individui, popoli e nazioni - regolino i loro comportamenti improntandoli ai principi di fraternità e di responsabilità".

  "Sappiamo, però, che esistono povertà immateriali, che non sono diretta e automatica conseguenza di carenze materiali. Ad esempio, nelle società ricche e progredite esistono fenomeni di emarginazione, povertà relazionale, morale e spirituale: si tratta di persone interiormente disorientate, che vivono diverse forme di disagio nonostante il benessere economico. Penso, da una parte, a quello che viene chiamato il 'sottosviluppo morale'  e, dall'altra, alle conseguenze negative del 'supersviluppo'. Non dimentico poi che, nelle società cosiddette 'povere', la crescita economica è spesso frenata da impedimenti culturali, che non consentono un adeguato utilizzo delle risorse".

  "La povertà viene spesso correlata, come a propria causa, allo sviluppo demografico. (...) Lo sterminio di milioni di bambini non nati, in nome della lotta alla povertà, costituisce in realtà l'eliminazione dei più poveri tra gli esseri umani. A fronte di ciò resta il fatto che, nel 1981, circa il 40% della popolazione mondiale era al di sotto della linea di povertà assoluta, mentre oggi tale percentuale è sostanzialmente dimezzata, e sono uscite dalla povertà popolazioni caratterizzate, peraltro, da un notevole incremento demografico".

"Un altro ambito di preoccupazione sono le malattie pandemiche quali, ad esempio, la malaria, la tubercolosi e l'AIDS, che, nella misura in cui colpiscono i settori produttivi della popolazione, influiscono grandemente sul peggioramento delle condizioni generali del Paese. (...) Capita, inoltre, che i Paesi vittime di alcune di tali pandemie, per farvi fronte, debbano subire i ricatti di chi condiziona gli aiuti economici all'attuazione di politiche contrarie alla vita".

  "È soprattutto difficile combattere l'AIDS, drammatica causa di povertà, se non si affrontano le problematiche morali con cui la diffusione del virus è collegata. Occorre innanzitutto farsi carico di campagne che educhino specialmente i giovani a una sessualità pienamente rispondente alla dignità della persona; iniziative poste in atto in tal senso hanno gia dato frutti significativi, facendo diminuire la diffusione dell'AIDS. Occorre poi mettere a disposizione anche dei popoli poveri le medicine e le cure necessarie".

  "Quasi la metà di coloro che vivono in povertà assoluta oggi è rappresentata da bambini. (...) Quando la famiglia si indebolisce i danni ricadono inevitabilmente sui bambini. Ove non è tutelata la dignità della donna e della mamma, a risentirne sono ancora principalmente i figli".

  "Un altro ambito che, dal punto di vista morale, merita particolare attenzione è la relazione esistente tra disarmo e sviluppo. Suscita preoccupazione l'attuale livello globale di spesa militare. (...) Inoltre, un eccessivo accrescimento della spesa militare rischia di accelerare una corsa agli armamenti che provoca sacche di sottosviluppo e di disperazione, trasformandosi così paradossalmente in fattore di instabilità, di tensione e di conflitti".

  "Gli Stati sono pertanto chiamati ad una seria riflessione sulle più profonde ragioni dei conflitti, spesso accesi dall'ingiustizia, e a provvedervi con una coraggiosa autocritica. Se si giungerà ad un miglioramento dei rapporti, ciò dovrebbe consentire una riduzione delle spese per gli armamenti".

  "L'attuale crisi alimentare (...) mette a repentaglio il soddisfacimento dei bisogni di base. Tale crisi è caratterizzata non tanto da insufficienza di cibo, quanto da difficoltà di accesso ad esso e da fenomeni speculativi e quindi da carenza di un assetto di istituzioni politiche ed economiche in grado di fronteggiare le necessità e le emergenze. (...) I dati sull'andamento della povertà relativa negli ultimi decenni indicano tutti un aumento del divario tra ricchi e poveri. (...) Capita così che la maggior parte della popolazione dei Paesi più poveri soffra di una doppia marginalizzazione, in termini sia di redditi più bassi sia di prezzi più alti".

  "Per governare la globalizzazione occorre però una forte solidarietà globale tra Paesi ricchi e Paesi poveri, nonché all'interno dei singoli Paesi, anche se ricchi. È necessario un 'codice etico comune', le cui norme non abbiano solo un carattere convenzionale, ma siano radicate nella legge naturale inscritta dal Creatore nella coscienza di ogni essere umano (cfr Rm 2,14-15)".

 "Non avverte forse ciascuno di noi nell'intimo della coscienza l'appello a recare il proprio contributo al bene comune e alla pace sociale? La globalizzazione elimina certe barriere, ma ciò non significa che non ne possa costruire di nuove; avvicina i popoli, ma la vicinanza spaziale e temporale non crea di per sé le condizioni per una vera comunione e un'autentica pace".

  "La marginalizzazione dei poveri del pianeta può trovare validi strumenti di riscatto nella globalizzazione solo se ogni uomo si sentirà personalmente ferito dalle ingiustizie esistenti nel mondo e dalle violazioni dei diritti umani ad esse connesse".

  "Gran parte del commercio mondiale ha interessato i Paesi di antica industrializzazione, con la significativa aggiunta di molti Paesi emergenti, diventati rilevanti. Ci sono però altri Paesi a basso reddito, che risultano ancora gravemente marginalizzati rispetto ai flussi commerciali. La loro crescita ha risentito negativamente del rapido declino, registrato negli ultimi decenni, dei prezzi dei prodotti primari, che costituiscono la quasi totalità delle loro esportazioni. In questi Paesi, per la gran parte africani, la dipendenza dalle esportazioni di prodotti primari continua a costituire un potente fattore di rischio".

  "La funzione oggettivamente più importante della finanza, quella cioè di sostenere nel lungo termine la possibilità di investimenti e quindi di sviluppo, si dimostra oggi quanto mai fragile: essa subisce i contraccolpi negativi di un sistema di scambi finanziari - a livello nazionale e globale - basati su una logica di brevissimo termine, che persegue l'incremento del valore delle attività finanziarie e si concentra nella gestione tecnica delle diverse forme di rischio. Anche la recente crisi dimostra come l'attività finanziaria sia a volte guidata da logiche puramente autoreferenziali e prive della considerazione, a lungo termine, del bene comune. (...) Una finanza appiattita sul breve e brevissimo termine diviene pericolosa per tutti, anche per chi riesce a beneficiarne durante le fasi di euforia finanziaria".

  "Da tutto ciò emerge che la lotta alla povertà richiede una cooperazione sia sul piano economico che su quello giuridico che permetta alla comunità internazionale e in particolare ai Paesi poveri di individuare ed attuare soluzioni coordinate per affrontare i suddetti problemi realizzando un efficace quadro giuridico per l'economia. Richiede inoltre incentivi alla creazione di istituzioni efficienti e partecipate, come pure sostegni per lottare contro la criminalità e per promuovere una cultura della legalità. D'altra parte, non si può negare che le politiche marcatamente assistenzialiste siano all'origine di molti fallimenti nell'aiuto ai Paesi poveri. Investire nella formazione delle persone e sviluppare in modo integrato una specifica cultura dell'iniziativa sembra attualmente il vero progetto a medio e lungo termine. (...) In un'economia moderna, infatti, il valore della ricchezza dipende in misura determinante dalla capacità di creare reddito presente e futuro. La creazione di valore risulta perciò un vincolo ineludibile, di cui si deve tener conto se si vuole lottare contro la povertà materiale in modo efficace e duraturo".

  "Mettere i poveri al primo posto comporta, infine, che si riservi uno spazio adeguato a una corretta logica economica da parte degli attori del mercato internazionale, ad una corretta logica politica da parte degli attori istituzionali e ad una corretta logica partecipativa capace di valorizzare la società civile locale e internazionale. (...) In particolare, la società civile assume un ruolo cruciale in ogni processo di sviluppo, poiché lo sviluppo è essenzialmente un fenomeno culturale e la cultura nasce e si sviluppa nei luoghi del civile".

  "La globalizzazione (...) va governata con oculata saggezza. Rientra in questa forma di saggezza il tenere primariamente in conto le esigenze dei poveri della terra, superando lo scandalo della sproporzione esistente tra i problemi della povertà e le misure che gli uomini predispongono per affrontarli. La sproporzione è di ordine sia culturale e politico che spirituale e morale. (...) I problemi dello sviluppo, degli aiuti e della cooperazione internazionale vengono affrontati talora senza un vero coinvolgimento delle persone, ma come questioni tecniche, che si esauriscono nella predisposizione di strutture, nella messa a punto di accordi tariffari, nello stanziamento di anonimi finanziamenti".

  "Nell'Enciclica 'Centesimus annus', Giovanni Paolo II ammoniva circa la necessità di 'abbandonare la mentalità che considera i poveri - persone e popoli - come un fardello e come fastidiosi importuni, che pretendono di consumare quanto altri hanno prodotto'. 'I poveri - egli scriveva - chiedono il diritto di partecipare al godimento dei beni materiali e di mettere a frutto la loro capacità di lavoro, creando così un mondo più giusto e per tutti più prospero'. Nell'attuale mondo globale è sempre più evidente che si costruisce la pace solo se si assicura a tutti la possibilità di una crescita ragionevole: le distorsioni di sistemi ingiusti, infatti, prima o poi, presentano il conto a tutti. (...) La globalizzazione da sola è incapace di costruire la pace e, in molti casi, anzi, crea divisioni e conflitti. Essa rivela piuttosto un bisogno: quello di essere orientata verso un obiettivo di profonda solidarietà che miri al bene di ognuno e di tutti. In questo senso, la globalizzazione va vista come un'occasione propizia per realizzare qualcosa di importante nella lotta alla povertà e per mettere a disposizione della giustizia e della pace risorse finora impensabili".

  "Da sempre la dottrina sociale della Chiesa si è interessata dei poveri. Ai tempi dell'Enciclica 'Rerum novarum' essi erano costituiti soprattutto dagli operai della nuova società industriale; nel magistero sociale di Pio XI, di Pio XII, di Giovanni XXIII, di Paolo VI e di Giovanni Paolo II sono state messe in luce nuove povertà man mano che l'orizzonte della questione sociale si allargava, fino ad assumere dimensioni mondiali. (...) Per questo la Chiesa, mentre segue con attenzione gli attuali fenomeni della globalizzazione e la loro incidenza sulle povertà umane, indica i nuovi aspetti della questione sociale, non solo in estensione, ma anche in profondità, in quanto concernenti l'identità dell'uomo e il suo rapporto con Dio".

  "'Ciascuno faccia la parte che gli spetta e non indugi', scriveva nel 1891 Leone XIII, aggiungendo: 'Quanto alla Chiesa, essa non lascerà mancare mai e in nessun modo l'opera sua'. (...) La Comunità cristiana non mancherà pertanto di assicurare all'intera famiglia umana il proprio sostegno negli slanci di solidarietà creativa non solo per elargire il superfluo, ma soprattutto per cambiare 'gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società'".
MESS/GIORNATA PACE 2009/...                         VIS 20081211 (1850)


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