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lunedì 29 dicembre 2008

BAMBINO DI BETLEMME APPELLO FINE TRIBOLAZIONE BAMBINI


CITTA' DEL VATICANO, 24 DIC. 2008 (VIS). A mezzanotte, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la Santa Messa della Notte per la Solennità del Natale del Signore 2008.

  "'Dio si china'. Questa parola è una parola profetica" - ha detto il Pontefice - "Nella notte di Betlemme, essa ha acquistato un significato completamente nuovo. Il chinarsi di Dio ha assunto un realismo inaudito e prima inimmaginabile. (...) Dio scende realmente. Diventa un bambino e si mette nella condizione di dipendenza totale che è propria di un essere umano appena nato. Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e bisognoso dell'amore umano. (...) In che modo, infatti, la sua predilezione per l'uomo, la sua preoccupazione per lui potrebbe apparire più grande e più pura? (...) La gloria del vero Dio diventa visibile quando ci si aprono gli occhi del cuore davanti alla stalla di Betlemme".

  "Il racconto del Natale secondo San Luca" - ha ricordato il Santo Padre - "ci narra che Dio ha un po' sollevato il velo del suo nascondimento dapprima davanti a persone di condizione molto bassa, davanti a persone che nella grande società erano piuttosto disprezzate: davanti ai pastori che nei campi intorno a Betlemme facevano la guardia agli animali. Luca ci dice che queste persone 'vegliavano'. Possiamo così sentirci richiamati a un motivo centrale del messaggio di Gesù, in cui ripetutamente e con crescente urgenza fino all'Orto degli ulivi torna l'invito alla vigilanza - a restare svegli per accorgersi della venuta del Signore ed esservi preparati. Pertanto anche qui la parola significa forse più del semplice essere esternamente svegli durante l'ora notturna. Erano persone veramente vigilanti, nelle quali il senso di Dio e della sua vicinanza era vivo. Persone che erano in attesa di Dio e non si rassegnavano all'apparente lontananza di Lui nella vita di ogni giorno. (...) E chi sono questi uomini della sua benevolenza se non i piccoli, i vigilanti, quelli che sono in attesa, sperano nella bontà di Dio e lo cercano guardando verso di Lui da lontano?".


  "Nei Padri della Chiesa" - ha spiegato il Pontefice -  "si può trovare un commento sorprendente circa il canto con cui gli angeli salutano il Redentore. Fino a quel momento - dicono i Padri - gli angeli avevano conosciuto Dio nella grandezza dell'universo, nella logica e nella bellezza del cosmo che provengono da Lui e Lo rispecchiano. (...) Ma ora era accaduta una cosa nuova, addirittura sconvolgente per loro. Colui di cui parla l'universo, il Dio che sostiene il tutto e lo porta in mano - Egli stesso era entrato nella storia degli uomini, era diventato uno che agisce e soffre nella storia. Dal gioioso turbamento suscitato da questo evento inconcepibile, da questa seconda e nuova maniera in cui Dio si era manifestato - dicono i Padri - era nato un canto nuovo, una strofa del quale il Vangelo di Natale ha conservato per noi: 'Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini'. (...) La gloria di Dio è nel più alto dei cieli, ma questa altezza di Dio si trova ora nella stalla, ciò che era basso è diventato sublime. La sua gloria è sulla terra, è la gloria dell'umiltà e dell'amore. E ancora: la gloria di Dio è la pace. Dove c'è Lui, là c'è pace. Egli è là dove gli uomini non vogliono fare in modo autonomo della terra il paradiso, servendosi a tal fine della violenza. Egli è con le persone dal cuore vigilante; con gli umili e con coloro che corrispondono alla sua elevatezza, all'elevatezza dell'umiltà e dell'amore. A questi dona la sua pace, perché per loro mezzo la pace entri in questo mondo".

  "Il teologo medioevale Guglielmo di S. Thierry ha detto una volta: Dio - a partire da Adamo - ha visto che la sua grandezza provocava nell'uomo resistenza; che l'uomo si sente limitato nel suo essere se stesso e minacciato nella sua libertà. Pertanto Dio ha scelto una via nuova. È diventato un Bambino. Si è reso dipendente e debole, bisognoso del nostro amore. Ora - ci dice quel Dio che si è fatto Bambino - non potete più aver paura di me, ormai potete soltanto amarmi".

  "Su ogni bambino c'è il riverbero del bambino di Betlemme. Ogni bambino chiede il nostro amore. Pensiamo pertanto in questa notte in modo particolare anche a quei bambini ai quali è rifiutato l'amore dei genitori. Ai bambini di strada che non hanno il dono di un focolare domestico. Ai bambini che vengono brutalmente usati come soldati e resi strumenti della violenza, invece di poter essere portatori della riconciliazione e della pace. Ai bambini che mediante l'industria della pornografia e di tutte le altre forme abominevoli di abuso vengono feriti fin nel profondo della loro anima. Il Bambino di Betlemme è un nuovo appello rivolto a noi, di fare tutto il possibile affinché finisca la tribolazione di questi bambini; di fare tutto il possibile affinché la luce di Betlemme tocchi i cuori degli uomini. (...) Solo se cambiano gli uomini, cambia il mondo e, per cambiare, gli uomini hanno bisogno della luce proveniente da Dio, di quella luce che in modo così inaspettato è entrata nella nostra notte".

  "E parlando del Bambino di Betlemme" - ha concluso il Pontefice - "pensiamo anche alla località che risponde al nome di Betlemme; pensiamo a quel Paese in cui Gesù ha vissuto e che Egli ha amato profondamente. E preghiamo affinché lì si crei la pace. Che cessino l'odio e la violenza. Che si desti la comprensione reciproca, si realizzi un'apertura dei cuori che apra la frontiere. Che scenda la pace di cui hanno cantato gli angeli in quella notte"
HML/MESSA DI MEZZANOTTE/...                       VIS 20081229 (950)


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