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giovedì 9 novembre 2006

DISCORSO DEL PAPA AI VESCOVI SVIZZERI

CITTA' DEL VATICANO, 9 NOV. 2006 (VIS). Nel pomeriggio di ieri è stato reso pubblico il testo del discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai Presuli della Conferenza dei Vescovi Svizzeri, pronunciato all'inizio dell'Incontro, martedì scorso.

  Dando inizio al suo discorso col tema della fede, il Papa ha affermato che: "Due generazioni fa, essa poteva forse essere ancora presupposta come una cosa naturale: si cresceva nella fede; essa, (...), era semplicemente presente come una parte della vita (...). Oggi appare naturale il contrario, che cioè in fondo non è possibile credere, che di fatto Dio è assente. In ogni caso, la fede della Chiesa sembra una cosa del lontano passato. (...) Perciò credo che sia importante prendere nuovamente coscienza del fatto che la fede è il centro di tutto".

  Ribadendo che "la fede è soprattutto fede in Dio" e che "Questa centralità di Dio deve, secondo me, apparire in modo completamente nuovo in tutto il nostro pensare ed operare", il Papa ha affermato: "È ciò che poi anima anche le attività che, in caso contrario, possono facilmente decadere in attivismo e diventare vuote".

  "Questa forma completa della fede, espressa nel Credo" - ha proseguito il Pontefice - "di una fede in e con la Chiesa come soggetto vivente, nel quale opera il Signore - questa forma di fede dovremmo cercare di mettere veramente al centro delle nostre attività. Lo vediamo anche oggi in modo molto chiaro: lo sviluppo, là dove è stato promosso in modo esclusivo senza nutrire l'anima, reca danni".

  "Se, insieme con l'aiuto a favore dei Paesi in via di sviluppo, insieme con l'apprendimento di tutto ciò che l'uomo è capace di fare, di tutto ciò che la sua intelligenza ha inventato e che la sua volontà rende possibile, non viene contemporaneamente anche illuminata la sua anima e non arriva la forza di Dio, si impara soprattutto a distruggere. E per questo, credo, deve nuovamente farsi forte in noi la responsabilità missionaria: se siamo lieti della nostra fede, ci sentiamo obbligati a parlarne agli altri. Sta poi nelle mani di Dio in che misura gli uomini potranno accoglierla".

  Passando al tema dell'Educazione Cattolica, Benedetto XVI ha affermato: "Una cosa che, penso, causa a tutti noi una 'preoccupazione' nel senso positivo del termine, è il fatto che la formazione teologica dei futuri sacerdoti e degli altri insegnanti ed annunciatori della fede debba essere buona, abbiamo quindi bisogno di buone Facoltà teologiche, di buoni seminari maggiori e di adeguati professori di teologia, che comunichino non soltanto conoscenze, ma formino ad una fede intelligente".

  Il Papa ha sottolineato poi che: "L'unità della Scrittura non è un fatto puramente stoico-critico (...). Questa unità è in definitiva, un fatto teologico: questi scritti sono un'unica Scrittura, comprensibili fino in fondo solo se letti nell''analogia fidei' come unità in cui c'è un progresso verso Cristo e, inversamente, Cristo attira a sé tutta la storia. (...) Mi sta molto a cuore che i teologi imparino a leggere e ad amare la Scrittura (...) e che poi di essa facciano una lettura spirituale (...). Mi sembra un compito molto importante fare qualcosa in questo senso, contribuire affinché accanto, con e nell'esegesi storico-critica sia data veramente un'introduzione alla Scrittura viva come attuale Parola di Dio"

  Successivamente il Papa ha fatto riferimento alla catechesi che "negli ultimi cinquanta anni circa" - ha detto - "da un lato, ha fatto grandi progressi metodologici, dall'altro, però, si è persa molto nell'antropologia e nella ricerca di punti di riferimento, cosicché spesso non si raggiungono neanche più i contenuti della fede. (...) Tuttavia è importante che nella catechesi, (...) la fede continui ad essere pienamente valorizzata. (...) Io penso che noi tutti dobbiamo, come sempre, impegnarci molto per un rinnovamento della catechesi, nella quale sia fondamentale il coraggio di testimoniare la propria fede e di trovare i modi affinché essa sia compresa ed accolta, poiché l'ignoranza religiosa ha raggiunto oggi un livello spaventoso".

  Il tema successivo di cui ha parlato il Papa è stato quello della Liturgia che "non è" - ha detto - "'un'auto-manifestazione' della comunità la quale, come si dice, in essa entra in scena, ma è invece l'uscire della comunità dal semplice 'essere-se-stessi'  e l'accedere al grande banchetto dei poveri, l'entrare nella grande comunità vivente, nella quale Dio stesso ci nutre". Riguardo all'omelia il Papa ha ricordato che: "Bisogna (...) tener conto del fatto che l'omelia non è un'interruzione della Liturgia per una parte discorsiva, ma che essa appartiene all'evento sacramentale, portando la Parola di Dio nel presente di questa comunità".

  "Ciò significa" - ha proseguito il Pontefice - "che l'omelia stessa fa parte del mistero, della celebrazione del mistero, e quindi non può semplicemente essere slegata da esso. Soprattutto, però, ritengo anche importante che il sacerdote non sia ridotto al Sacramento e alla giurisdizione - nella convinzione che tutti gli altri compiti potrebbero essere assunti anche da altri - ma che si conservi l'integrità del suo incarico. Il sacerdozio è una cosa anche bella soltanto se c'è da compiere una missione che è un tutt'uno, dal quale non si può tagliare qua e là qualcosa. E a questa missione appartiene già da sempre - anche nel culto antico-testamentario - il dovere del sacerdote di collegare col sacrificio la Parola che è parte integrante dell'insieme".

  Parlando del sacramento della Penitenza il Papa ha ribadito: "Questo Sacramento lo dobbiamo veramente imparare di nuovo. Già da un punto di vista puramente antropologico è importante, da una parte, riconoscere la colpa e, dall'altra, esercitare il perdono. La diffusa mancanza di una consapevolezza della colpa è un fenomeno preoccupante del nostro tempo. Il dono del sacramento della Penitenza consiste quindi non soltanto nel fatto che riceviamo il perdono, ma anche nel fatto che ci rendiamo conto, innanzitutto, del nostro bisogno di perdono (...) e possiamo poi comprendere anche meglio gli altri e perdonarli".

  In merito al ministero episcopale il Papa ha sottolineato l'importanza "che i Vescovi, come successori degli Apostoli, da una parte portino veramente la responsabilità delle Chiese locali che il Signore ha loro affidate" e "Dall'altra parte" - ha detto - "essi devono aprire le Chiese locali all'universale. Viste le difficoltà che gli Ortodossi hanno con le Chiese autocefale, come anche i problemi dei nostri amici protestanti di fronte alla disgregazione delle Chiese regionali, ci rendiamo conto di quale grande significato abbia l'universalità, quanto sia importante che la Chiesa si apra alla totalità, diventando nell'universalità veramente un'unica Chiesa".

  Infine Papa Benedetto XVI ha toccato il tema dell'ecumenismo insistendo sul compito "di farsi garanti dei valori essenziali, portanti, provenienti da Dio, della nostra società. (...) Io penso che, se impariamo ad agire in questo campo insieme, possiamo realizzare una buona parte di unità anche là dove la piena unità teologica e sacramentale non è ancora possibile".
AC/DISCORSO/VESCOVI SVIZZERI                    VIS 20061109 (1120)


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