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lunedì 13 gennaio 2003

SÌ VITA, DIRITTO, SOLIDARIETA: NO MORTE, EGOISMO GUERRA


CITTA' DEL VATICANO, 13 GEN. 2003 (VIS). Questa mattina, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha pronunciato il tradizionale discorso d'inizio del nuovo anno ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, e rivolgendosi ai Rappresentanti Diplomatici di 174 Nazioni ha affermato: "Attraverso di voi e grazie a voi, mi giungono le speranze e le aspirazioni, i successi e gli insuccessi dei vostri Paesi".

Il discorso del Santo Padre è stato pronunciato in lingua francese ed è anche stato reso pubblico in lingua inglese, italiana e spagnola. Di seguito ne riportiamo alcuni estratti:

"Sono impressionato dal sentimento di paura che dimora sovente nel cuore dei nostri contemporanei. Il terrorismo subdolo che può colpire in qualsiasi istante e ovunque; il problema non risolto del Medio Oriente, con la Terra Santa e l'Iraq; gli scossoni che scompigliano il Sud America, particolarmente l'Argentina, la Colombia e il Venezuela; i conflitti che impediscono a numerosi Paesi africani di dedicarsi al proprio sviluppo; le malattie che propagano il contagio e la morte; il problema grave della fame, in modo speciale in Africa; i comportamenti irresponsabili che contribuiscono all'impoverimento delle risorse del pianeta: ecco altrettanti flagelli che minacciano la sopravvivenza dell'umanità, la serenità delle persone e la sicurezza delle società".

"Ma tutto può cambiare. Dipende da ciascuno di noi. (…) Dipende chiaramente anche dai responsabili politici chiamati a servire il bene comune. Non vi sorprenda il fatto che, di fronte ad una platea di diplomatici, io proponga al riguardo alcuni imperativi, ai quali mi sembra necessario ottemperare, se si vuole evitare che popoli interi, forse addirittura l'umanità stessa, precipitino nell'abisso".

"Anzitutto un 'SÌ ALLA VITA'! Rispettare la vita e le vite: tutto comincia da qui, poiché il più fondamentale diritto umano è il diritto alla vita. L'aborto, l'eutanasia o la clonazione umana, ad esempio, rischiano di ridurre la persona umana ad un semplice oggetto: in qualche modo, la vita e la morte a comando! Quando sono prive di ogni criterio morale, le ricerche scientifiche che manipolano le sorgenti della vita, sono una negazione dell'essere e della dignità della persona. Anche la stessa guerra attenta alla vita umana, perché reca con sé sofferenza e morte. La lotta per la pace è sempre una lotta per la vita!"

"Poi, il RISPETTO DEL DIRITTO. La vita in società - in particolare la vita internazionale - suppone dei principi comuni intangibili, il cui scopo è di garantire la sicurezza e la libertà dei cittadini e delle Nazioni. Tali regole di condotta sono alla base della stabilità nazionale e internazionale. Oggi, i responsabili politici hanno a disposizione testi appropriati e pertinenti istituzioni. Basta metterli in pratica. Il mondo sarebbe totalmente diverso se si cominciasse ad applicare, in maniera sincera, gli accordi sottoscritti!"

"Infine il DOVERE DELLA SOLIDARIETÀ. In un mondo inondato da informazioni, ma che paradossalmente comunica con tanta difficoltà, e dove le condizioni di esistenza sono scandalosamente ineguali, è importante non lasciare nulla di intentato perché tutti si sentano responsabili della crescita e della felicità di tutti. Ne va del nostro avvenire".

"Si impongono pertanto alcune scelte affinché l'uomo abbia ancora un avvenire: i popoli della terra e i loro dirigenti devono avere talvolta il coraggio di dire 'no'.

"'NO ALLA MORTE'! Cioè, 'no' a tutto ciò che attenta all'incomparabile dignità di ogni essere umano, a cominciare da quella dei bambini non ancora nati. Se la vita è davvero un tesoro, bisogna saperlo conservare e farlo fruttificare senza snaturarlo. 'No' a tutto ciò che indebolisce la famiglia, cellula fondamentale della società".

"'NO ALL'EGOISMO'! Cioè, 'no' a tutto ciò che spinge l'uomo a rifugiarsi nel bozzolo di una classe sociale privilegiata o di una cultura di comodo che esclude l'altro. Il modo di vivere di quanti usufruiscono del benessere, il loro modo di consumare, debbono essere rivisti alla luce delle ripercussioni che hanno sugli altri Paesi. (…) Egoismo è anche l'indifferenza delle Nazioni opulente nei confronti dei Paesi abbandonati a se stessi. Tutti i popoli hanno il diritto di ricevere una parte equa dei beni di questo mondo, e della conoscenza scientifica e tecnologica dei Paesi più capaci. Come, ad esempio, non pensare all'accesso per tutti ai medicinali generici, necessari per sostenere la lotta contro le epidemie attuali? Questo accesso è spesso impedito da considerazioni economiche a corto termine".

"'NO ALLA GUERRA'! La guerra non è mai una fatalità; essa è sempre una sconfitta dell'umanità. Il diritto internazionale, il dialogo leale, la solidarietà fra Stati, l'esercizio nobile della diplomazia, sono mezzi degni dell'uomo e delle Nazioni per risolvere i loro contenziosi. Dico questo pensando a coloro che ripongono ancora la loro fiducia nell'arma nucleare e ai troppi conflitti che tengono ancora in ostaggio nostri fratelli in umanità. (…) Mi accontenterò oggi di aggiungere, davanti al costante aggravarsi della crisi mediorientale, che la sua soluzione non potrà mai essere imposta ricorrendo al terrorismo o ai conflitti armati, ritenendo addirittura che vittorie militari possano essere la soluzione. E che dire delle minacce di una guerra che potrebbe abbattersi sulle popolazioni dell'Iraq, terra dei profeti, popolazioni già estenuate da più di dodici anni di embargo? Mai la guerra può essere considerata un mezzo come un altro, da utilizzare per regolare i contenziosi fra le Nazioni".

"L'Europa di oggi, contemporaneamente unita e allargata. Essa ha saputo abbattere i muri che la sfiguravano. Si è impegnata nell'elaborazione e nella costruzione di una realtà capace di coniugare unità e diversità, sovranità nazionale e azione comune, progresso economico e giustizia sociale. Questa Europa nuova porta in sé i valori che hanno fecondato, per due millenni, un'arte di pensare e di vivere di cui il mondo intero ha beneficiato. Fra questi valori, il cristianesimo occupa un posto privilegiato avendo dato origine a un umanesimo che ha impregnato la sua storia e le sue istituzioni. Ricordando tale patrimonio, la Santa Sede e l'insieme delle Chiese cristiane hanno insistito presso i redattori del futuro Trattato costituzionale dell'Unione Europea affinché in esso figuri un riferimento alle Chiese e alle istituzioni religiose. Infatti, sembra augurabile che, nel pieno rispetto della laicità, siano riconosciuti tre elementi complementari: la libertà religiosa nella sua dimensione non solo individuale e cultuale, ma pure sociale e comunitaria; l'opportunità di un dialogo e di una consultazione strutturati fra i Governi e le comunità dei credenti; il rispetto dello statuto giuridico di cui le Chiese e le istituzioni religiose già godono negli Stati membri dell'Unione. Un'Europa che rinnegasse il proprio passato, che negasse il fatto religioso e non tenesse in conto alcuna dimensione spirituale, risulterebbe fortemente sminuita di fronte al progetto ambizioso che mobilita le sue energie: costruire l'Europa di tutti!"

"Anche l'Africa ci offre oggi l'occasione di rallegrarci: l'Angola ha cominciato l'opera di ricostruzione; il Burundi ha intrapreso il cammino che potrebbe condurre alla pace, ed attende dalla comunità internazionale comprensione e aiuti finanziari; la Repubblica Democratica del Congo si è impegnata seriamente in un dialogo nazionale che dovrebbe condurre alla democrazia. Il Sudan ha ugualmente dato prova di buona volontà, anche se il cammino verso la pace è lungo e arduo. (…) Non si possono non deplorare i gravi avvenimenti che scuotono la Costa d'Avorio e la Repubblica Centroafricana, invitando gli abitanti dei rispettivi Paesi a deporre le armi, a rispettare le loro Costituzioni e a gettare le basi di un dialogo nazionale. Sarà, così, facile coinvolgere le varie componenti della comunità nazionale nell'elaborazione di un progetto di società in cui tutti possano ritrovarsi. Inoltre, sempre di più, è bene ricordarlo, gli Africani tentano di trovare le soluzioni più adatte ai loro problemi, grazie all'azione dell'Unione Africana e ad efficaci mediazioni regionali".

"Una constatazione si impone: ormai l'indipendenza degli Stati non può più essere concepita, se non nell'interdipendenza. (…) Per evitare di precipitare nel caos, mi sembra che si impongano due esigenze. Anzitutto recuperare in seno agli Stati e fra gli Stati il valore primordiale della legge naturale. Inoltre, l'azione senza sosta di uomini di Stato probi e disinteressati. In effetti, l'indispensabile competenza professionale dei responsabili politici non può essere legittimata che da un saldo riferimento a forti convinzioni etiche".

"Il benessere materiale e spirituale dell'umanità, la tutela delle libertà e dei diritti della persona umana, il servizio pubblico disinteressato, la vicinanza alle situazioni concrete, precedono qualsiasi programma politico e costituiscono un'esigenza etica che è quanto di meglio possa assicurare la pace interna delle Nazioni e la pace fra gli Stati".

"È evidente che per un credente a simili motivazioni si aggiungono quelle che offre la fede in Dio creatore e padre di tutti gli uomini (…) Tenendo conto di ciò, lo Stato ha tutto l'interesse a vigilare perché la libertà religiosa, diritto naturale - individuale e sociale - sia effettivamente garantita a tutti. Come ho già avuto occasione di affermare, quando i credenti si sentono rispettati nella propria fede, e vedono le proprie comunità giuridicamente riconosciute, collaborano con tanta più convinzione al progetto comune della società civile di cui sono membri".

"Il dialogo ecumenico fra cristiani, e i contatti rispettosi con le altre religioni, in particolare con l'Islam, costituiscono il miglior antidoto alle derive settarie, al fanatismo o al terrorismo religioso. Per quanto concerne la Chiesa cattolica, non citerò che un caso per me motivo di grande sofferenza: la sorte riservata alle comunità cattoliche nella Federazione Russa, che da diversi mesi vedono alcuni dei loro pastori impediti di raggiungerle, per ragioni amministrative. La Santa Sede si attende dalle autorità governative decisioni concrete che mettano fine a questa crisi, decisioni che siano conformi agli impegni internazionali sottoscritti dalla Russia moderna e democratica. I cattolici russi vogliono vivere come i loro fratelli del resto del mondo, con la stessa libertà e la medesima dignità".

Attualmente sono 174 le Nazioni che intrattengono rapporti diplomatici pieni con la Santa Sede. Nel 2002 sono stati stabiliti rapporti diplomatici con la Repubblica di Timor Est (20 maggio) e con lo Stato del Quatar (18 novembre). A queste Nazioni sono da aggiungere l'Unione Europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta e due Missioni a carattere speciale: la Missione della Federazione Russa e l'Ufficio dell'Organizzazione per le Liberazione della Palestina (OLP).
AC/CORPO DIPLOMATICO/… VIS 20030113 (1680)

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