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lunedì 28 luglio 2014

IL PAPA AI SACERDOTI DELLA DIOCESI DI CASERTA: I VESCOVI DEVONO SEMPRE ESSERE D’ACCORDO: MA D’ACCORDO NELL’UNITÀ, NON NELL’UNIFORMITÀ

Città del Vaticano, 28 luglio 2014 (VIS). Alle 15:00 di sabato 26 luglio, il Santo Padre Francesco è partito in elicottero dall’eliporto vaticano per la Visita Pastorale a Caserta. Al Suo arrivo nell’eliporto della Scuola Sottufficiali dell’Aeronautica Militare presso la Reggia di Caserta, il Papa è stato accolto dal Vescovo Giovanni D’Alise, Vescovo di Caserta e dalle Autorità locali. Successivamente, raggiunta in auto la Reggia di Caserta, intorno alle ore 16:00, il Santo Padre ha incontrato, nella Cappella Palatina, i Sacerdoti della diocesi rispondendo alle loro domande e consegnando al Vescovo il discorso che aveva preparato.

Papa Francesco ha affermato che i Vescovi devono dare l'esempio dell'unità che Gesù ha chiesto al Padre per la Chiesa. "Non si può andare sparlando uno dell'altro (...) Nell'unità della Chiesa è importante l'unità tra i Vescovi" ed ha sottolineato che è nei conflitti che "il diavolo (...) festeggia! È lui che guadagna". I Vescovi devono "sempre essere d’accordo: ma d’accordo nell’unità, non nell’uniformità. Ognuno ha il suo carisma, ognuno ha il suo modo di pensare, di vedere le cose: questa varietà a volte è frutto di sbagli, ma tante volte è frutto dello stesso Spirito. (...) Lo stesso Spirito che fa la diversità, poi è riuscito a fare l’unità; un’unità nella diversità di ognuno, senza che nessuno perda la propria personalità".

Alla richiesta di uno suo suggerimento per una pastorale che senza mortificare la pietà popolare, possa rilanciare il primato del Vangelo, il Santo Padre ha detto: "La pietà popolare vera nasce dal quel 'sensus fidei' di cui parla l'Enciclica 'Lumen Gentium' e guida nella devozione dei Santi, della Madonna, anche con espressioni folkloristiche nel senso buono della parola. Per questo la pietà popolare è fondamentalmente inculturata, non può essere una pietà popolare di laboratorio, asettica, ma nasce sempre dalla nostra vita".

Alla domanda sull'identità del sacerdote del terzo millennio e su come superare la crisi esistenziale dei sacerdoti suscitata dalla rivoluzione linguistica, semantica, culturale della testimonianza evangelica, il Santo Padre ha risposto "Con creatività. (...) È il comandamento che Dio ha dato ad Adamo: 'Va e fa crescere la Terra'". La condizione per essere creativi nello Spirito, nello Spirito del Signore Gesù, è soltanto la preghiera, non c'è altra strada. "Un Vescovo che non prega, un prete che non prega ha chiuso la porta, ha chiuso la strada della creatività".

Alla domanda su quale potrebbe essere il fondamento di una spiritualità del prete diocesano, il Santo Padre ha risposto che il sacerdote deve avere una capacità di contemplazione sia verso Dio sia verso gli uomini. un uomo che guarda, che riempie i suoi occhi e il suo cuore di questa contemplazione: con il Vangelo davanti a Dio, e con i problemi umani davanti agli uomini. In questo senso deve essere un contemplativo. Non bisogna fare confusione: il monaco è un’altra cosa".

Il Papa ha poi sottolineato che il centro della spiritualità del sacerdote diocesano è nella diocesanità", che significa "avere un rapporto con il Vescovo e un rapporto con gli altri sacerdoti. (...) È tutto qui: è semplice, ma al tempo stesso non è facile. (...) E qual è il nemico più grande di questi due rapporti? Le chiacchiere (...). Il diavolo sa che quel seme gli dà frutti e semina bene (...). Un uomo solo finisce amareggiato, non è fecondo e chiacchiera sugli altri. Questa è un'aria che non fa bene, è proprio quello che impedisce quel rapporto evangelico e spirituale e fecondo con il Vescovo e con il presbiterio". Papa Francesco ha ricordato che è meglio dire le cose in faccia e non abbandonarsi alle chiacchiere perché "Il diavolo è felice con quel 'banchetto', perché così attacca proprio il centro della spiritualità del clero diocesano". infine il Papa si è soffermato sul segno dell'amarezza dei sacerdoti, dell'immagine di una Chiesa degli arrabbiati. "Uno può arrabbiarsi: è anche sano arrabbiarsi una volta. Ma lo stato di arrabbiamento non è del Signore e porta alla tristezza e alla disunione", ha concluso.


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