Città
del Vaticano, 16 gennaio 2014
(VIS). Di seguito pubblichiamo il Messaggio che il Santo Padre ha
fatto pervenire ai Vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati e ai fedeli
di tutto il mondo, in occasione della 51ma Giornata Mondiale di
preghiera per le Vocazioni, che si celebra l'11 maggio prossimo, sul
tema: "Le vocazioni, testimonianza della verità".
"Cari
fratelli e sorelle!
1.
Il Vangelo racconta che «Gesù percorreva tutte le città e i
villaggi ¼ Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano
stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai
suoi discepoli: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!
Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua
messe”» (Mt 9,35-38). Queste parole ci sorprendono, perché tutti
sappiamo che occorre prima arare, seminare e coltivare per poter poi,
a tempo debito, mietere una messe abbondante. Gesù afferma invece
che «la messe è abbondante». Ma chi ha lavorato perché il
risultato fosse tale? La risposta è una sola: Dio. Evidentemente il
campo di cui parla Gesù è l’umanità, siamo noi. E l’azione
efficace che è causa del «molto frutto» è la grazia di Dio, la
comunione con Lui (cfr Gv 15,5). La preghiera che Gesù chiede alla
Chiesa, dunque, riguarda la richiesta di accrescere il numero di
coloro che sono al servizio del suo Regno. San Paolo, che è stato
uno di questi “collaboratori di Dio”, instancabilmente si è
prodigato per la causa del Vangelo e della Chiesa. Con la
consapevolezza di chi ha sperimentato personalmente quanto la volontà
salvifica di Dio sia imperscrutabile e l’iniziativa della grazia
sia l’origine di ogni vocazione, l’Apostolo ricorda ai cristiani
di Corinto: «Voi siete campo di Dio» (1 Cor 3,9). Pertanto sorge
dentro il nostro cuore prima lo stupore per una messe abbondante che
Dio solo può elargire; poi la gratitudine per un amore che sempre ci
previene; infine l’adorazione per l’opera da Lui compiuta, che
richiede la nostra libera adesione ad agire con Lui e per Lui.
2.
Tante volte abbiamo pregato con le parole del Salmista: «Egli ci ha
fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo» (Sal
100,3); o anche: «Il Signore si è scelto Giacobbe, Israele come sua
proprietà» (Sal 135,4). Ebbene, noi siamo “proprietà” di Dio
non nel senso del possesso che rende schiavi, ma di un legame forte
che ci unisce a Dio e tra noi, secondo un patto di alleanza che
rimane in eterno «perché il suo amore è per sempre» (Sal 136).
Nel racconto della vocazione del profeta Geremia, ad esempio, Dio
ricorda che Egli veglia continuamente su ciascuno affinché si
realizzi la sua Parola in noi. L’immagine adottata è quella del
ramo di mandorlo che primo fra tutti fiorisce, annunziando la
rinascita della vita in primavera (cfr Ger 1,11-12). Tutto proviene
da Lui ed è suo dono: il mondo, la vita, la morte, il presente, il
futuro, ma – rassicura l’Apostolo – «voi siete di Cristo e
Cristo è di Dio» (1 Cor 3,23). Ecco spiegata la modalità di
appartenenza a Dio: attraverso il rapporto unico e personale con
Gesù, che il Battesimo ci ha conferito sin dall’inizio della
nostra rinascita a vita nuova. È Cristo, dunque, che continuamente
ci interpella con la sua Parola affinché poniamo fiducia in Lui,
amandolo «con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta
la forza» (Mc 12,33). Perciò ogni vocazione, pur nella pluralità
delle strade, richiede sempre un esodo da se stessi per centrare la
propria esistenza su Cristo e sul suo Vangelo. Sia nella vita
coniugale, sia nelle forme di consacrazione religiosa, sia nella vita
sacerdotale, occorre superare i modi di pensare e di agire non
conformi alla volontà di Dio. E’ un «esodo che ci porta a un
cammino di adorazione del Signore di servizio a Lui nei fratelli e
nelle sorelle» (Discorso all’Unione Internazionale delle Superiore
Generali, 8 maggio 2013). Perciò siamo tutti chiamati ad adorare
Cristo nei nostri cuori (cfr 1 Pt 3,15) per lasciarci raggiungere
dall'impulso della grazia contenuto nel seme della Parola, che deve
crescere in noi e trasformarsi in servizio concreto al prossimo. Non
dobbiamo avere paura: Dio segue con passione e perizia l’opera
uscita dalle sue mani, in ogni stagione della vita. Non ci abbandona
mai! Ha a cuore la realizzazione del suo progetto su di noi e,
tuttavia, intende conseguirlo con il nostro assenso e la nostra
collaborazione.
3.
Anche oggi Gesù vive e cammina nelle nostre realtà della vita
ordinaria per accostarsi a tutti, a cominciare dagli ultimi, e
guarirci dalle nostre infermità e malattie. Mi rivolgo ora a coloro
che sono ben disposti a mettersi in ascolto della voce di Cristo che
risuona nella Chiesa, per comprendere quale sia la propria vocazione.
Vi invito ad ascoltare e seguire Gesù, a lasciarvi trasformare
interiormente dalle sue parole che «sono spirito e sono vita» (Gv
6,62). Maria, Madre di Gesù e nostra, ripete anche a noi: «Qualsiasi
cosa vi dica, fatela!» (Gv 2,5). Vi farà bene partecipare con
fiducia ad un cammino comunitario che sappia sprigionare in voi e
attorno a voi le energie migliori. La vocazione è un frutto che
matura nel campo ben coltivato dell’amore reciproco che si fa
servizio vicendevole, nel contesto di un’autentica vita ecclesiale.
Nessuna vocazione nasce da sé o vive per se stessa. La vocazione
scaturisce dal cuore di Dio e germoglia nella terra buona del popolo
fedele, nell’esperienza dell’amore fraterno. Non ha forse detto
Gesù: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete
amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35)?
4.
Cari fratelli e sorelle, vivere questa «misura alta della vita
cristiana ordinaria» (cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo
millennio ineunte, 31), significa talvolta andare controcorrente e
comporta incontrare anche ostacoli, fuori di noi e dentro di noi.
Gesù stesso ci avverte: il buon seme della Parola di Dio spesso
viene rubato dal Maligno, bloccato dalle tribolazioni, soffocato da
preoccupazioni e seduzioni mondane (cfr Mt 13,19-22). Tutte queste
difficoltà potrebbero scoraggiarci, facendoci ripiegare su vie
apparentemente più comode. Ma la vera gioia dei chiamati consiste
nel credere e sperimentare che Lui, il Signore, è fedele, e con Lui
possiamo camminare, essere discepoli e testimoni dell’amore di Dio,
aprire il cuore a grandi ideali, a cose grandi. «Noi cristiani non
siamo scelti dal Signore per cosine piccole, andate sempre al di là,
verso le cose grandi. Giocate la vita per grandi ideali!» (Omelia
nella Messa per i cresimandi, 28 aprile 2013). A voi Vescovi,
sacerdoti, religiosi, comunità e famiglie cristiane chiedo di
orientare la pastorale vocazionale in questa direzione, accompagnando
i giovani su percorsi di santità che, essendo personali, «esigono
una vera e propria pedagogia della santità, che sia capace di
adattarsi ai ritmi delle singole persone. Essa dovrà integrare le
ricchezze della proposta rivolta a tutti con le forme tradizionali di
aiuto personale e di gruppo e con forme più recenti offerte nelle
associazioni e nei movimenti riconosciuti dalla Chiesa» (Giovanni
Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 31).
Disponiamo
dunque il nostro cuore ad essere “terreno buono” per ascoltare,
accogliere e vivere la Parola e portare così frutto. Quanto più
sapremo unirci a Gesù con la preghiera, la Sacra Scrittura,
l’Eucaristia, i Sacramenti celebrati e vissuti nella Chiesa, con la
fraternità vissuta, tanto più crescerà in noi la gioia di
collaborare con Dio al servizio del Regno di misericordia e di
verità, di giustizia e di pace. E il raccolto sarà abbondante,
proporzionato alla grazia che con docilità avremo saputo accogliere
in noi. Con questo auspicio, e chiedendovi di pregare per me, imparto
di cuore a tutti la mia Apostolica Benedizione.
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