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martedì 22 gennaio 2013

STRETTO COLLEGAMENTO TRA CONCILIO VATICANO II E CODICE DI DIRITTO CANONICO

Città del Vaticano, 22 gennaio 2013 (VIS). Questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la presentazione della Giornata di Studio "Il Codice: una riforma voluta e richiesta dal Concilio" (25 gennaio, Sala San Pio X, Roma), in occasione del XXX anniversario della promulgazione del Codice di Diritto Canonico. La Giornata è stata promossa dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e dall'Istituto internazionale di Diritto Canonico e Diritto comparato delle Religioni di Lugano (Svizzera), con il patrocinio della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI e della Fondazione Giovanni Paolo II. Sono intervenuti il Cardinale Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi; il Vescovo Juan Ignacio Arrieta, Segretario del medesimo Dicastero e Monsignor Giuseppe Antonio Scotti, Presidente della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI.

Il Cardinale Coccopalmerio ha iniziato il suo intervento ricordando che il Beato Giovanni XXIII, nell'allocuzione con la quale convocò il Concilio Vaticano II nel 1959, affermò che la portata giuridica del Concilio avrebbe condotto all'auspicato aggiornamento del Codice del 1917. "Nella sua grande lungimiranza il Papa aveva ben chiaro che a guidare la revisione del Codice dovesse essere la nuova ecclesiologia scaturita da un’assise ecumenica e mondiale come quella di un Concilio!". Il Beato Giovanni Paolo II, sotto il cui Pontificato si promulgò il Codice, ribadiva che "l'impianto ecclesiologico conciliare" richiedeva "'nettamente' una rinnovata formulazione delle leggi".

"Il motivo dello stretto collegamento, già rilevato e sottolineato da Giovanni Paolo II nella parte iniziale della costituzione apostolica 'Sacrae disciplinae leges', è che il Codice del 1983 è in qualche modo il completamento del Vaticano II. Completamento in un duplice senso: il Codice, da una parte, recepisce il Concilio nel riproporre solennemente le istituzioni fondamentali e le innovazioni principali e, dall’altra, stabilisce norme positive per dare attuazione al Concilio".

Successivamente il Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi ha citato alcuni esempi dello stretto collegamento fra Concilio Vaticano II e Codice di Diritto Canonico.

"Il primo lo possiamo trovare nella dottrina sull’episcopato e in quella dei rapporti tra episcopato e primato, in altre parole nella collegialità episcopale. Non si tratta di una dottrina completamente nuova nella coscienza profonda della Chiesa, ma piuttosto di una felice riscoperta. Il Codice, da una parte, la ripresenta chiaramente nei cann. 330-341 e, dall’altra, la correda di una statuizione positiva costituendo nei cann 342-348 la struttura del Sinodo dei Vescovi, che permette di attuare concretamente la struttura della collegialità episcopale".

"Un secondo esempio lo possiamo collocare nella dottrina del Concilio sul laicato e quindi sulla missione, propria e attiva, dei fedeli laici nella vita della Chiesa. Anche questa non una novità in senso assoluto, ma piuttosto una riscoperta". E anche qui il Codice statuisce una serie di norme positive sul consiglio pastorale diocesano o sul consiglio pastorale parrocchiale, strutture che permettono una partecipazione effettiva dei fedeli laici nelle decisioni pastorali del Vescovo o del parroco. "E anche questa innovazione è voce eloquente del fedele rapporto Concilio – Codice".

"Un terzo esempio può provenire dalla concezione di parrocchia offerta dal Concilio e recepita dal Codice. Il Concilio, finalmente, concepisce la parrocchia come comunità di fedeli e non come struttura oppure come territorio. Ciò rappresenta una grossa innovazione rispetto alla visione precedente. Il Codice da parte sua recepisce tale concetto soprattutto nel can. 515 e lo sanziona, poi, con le norme positive dei canoni seguenti".

"Un ultimo esempio di dottrina e di innovazione portata dal Concilio può ritrovarsi in campo ecumenico nei documenti conciliari 'Lumen gentium', 'Orientalium Ecclesiarum', 'Unitatis redintegratio', dove si ritrova la dottrina della comunione ecclesiale non ancora perfetta, però già reale ed esistente tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese o Comunità non cattoliche. Anche questo è un dato di incalcolabile portata e valore che trova conseguenze già nel Concilio (...) nel Codice (cf. can. 844) con la possibilità di accogliere nei sacramenti della Chiesa cattolica, anche se a precise condizioni, i cristiani non cattolici".

"In conclusione - ha concluso il Cardinale Coccopalmerio - affermiamo che il felice connubio Concilio Vaticano II e Codice di diritto canonico ha prodotto frutti di rinnovamento, in molteplici ambiti e a vari livelli, nella vita della Chiesa".

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