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lunedì 23 gennaio 2012

IL VERO DIRITTO È INSEPARABILE DALLA GIUSTIZIA



CITTÀ DEL VATICANO, 21 GEN 2012 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questo sabato, nella Sala Clementina, i membri del Tribunale della Rota Romana, in occasione dell'apertura dell'Anno Giudiziario.

  Il discorso di Benedetto XVI è stato incentrato su un aspetto primario del ministero giudiziale: l'interpretazione della legge canonica in vista della sua applicazione. Il Papa ha ricordato che l'ermeneutica del diritto canonico "è strettamente legata alla concezione stessa della legge della Chiesa", e ha rifiutato due modi di interpretare la legge che ne determinano l'impoverimento. Il primo tende a "identificare il diritto canonico con il sistema delle leggi canoniche", con il conseguente "oblio pratico del diritto naturale e del diritto divino positivo, come pure del rapporto vitale di ogni diritto con la comunione e la missione della Chiesa". Nel secondo, "la singola situazione diventerebbe fattore decisivo per accertare l'autentico significato del precetto legale nel caso concreto".  Ma in questo modo "l'opera interpretativa umana assurge a protagonista nello stabilire ciò che è giuridico. Manca il senso di un diritto oggettivo".

  In alternativa a queste vie inadeguate, il Papa ha fatto notare che, nella via ermeneutica corretta, "la comprensione adeguata della legge canonica apre la strada a un lavoro interpretativo che s'inserisce nella ricerca della verità sul diritto e sulla giustizia nella Chiesa. (...) Il vero diritto è inseparabile dalla giustizia. Il principio vale ovviamente anche per la legge canonica, nel senso che essa non può essere rinchiusa in un sistema normativo meramente umano, ma deve essere collegata a un ordine giusto della Chiesa, in cui vige una legge superiore. In quest'ottica la legge positiva umana perde il primato (...) giacché il diritto non si identifica più semplicemente con essa; tuttavia, la legge umana viene valorizzata in quanto espressione di giustizia, anzitutto per quanto essa dichiara come diritto divino, ma anche per quello che essa introduce come legittima determinazione di diritto umano".
  "In tal modo, si rende possibile un'ermeneutica legale che sia autenticamente giuridica, nel senso che, mettendosi in sintonia con il significato proprio della legge, si può porre la domanda cruciale su quel che è giusto in ciascun caso. (...) Le regole umane vanno interpretate anche alla luce della realtà regolata, la quale contiene sempre un nucleo di diritto naturale e divino positivo, con il quale deve essere in armonia ogni norma per essere razionale e veramente giuridica".

  In questa prospettiva, che il Papa ha definito "realista", il lavoro interpretativo acquista un senso e un obbiettivo, dal momento che "è vivificato da un autentico contatto con la realtà complessiva della Chiesa, che consente di penetrare nel vero senso della lettera della legge. (...) Ne segue che l'interpretazione della legge canonica deve avvenire nella Chiesa. (...) Il 'sentire cum Ecclesia' ha senso anche nella disciplina, a motivo dei fondamenti dottrinali che sono sempre presenti e operanti nelle norme legali della Chiesa. In questo modo, va applicata anche alla legge canonica quell'ermeneutica del rinnovamento nella continuità di cui ho parlato in riferimento al Concilio Vaticano II, così strettamente legato all'attuale legislazione canonica".

  "Questi atteggiamenti di fondo", ha sottolineato il Pontefice, "si applicano a tutte le categorie di interpretazione: dalla ricerca scientifica sul diritto canonico, (...) fino alla ricerca quotidiana delle soluzioni giuste nella vita dei fedeli e delle comunità. Occorre spirito di docilità per accogliere le leggi, cercando di studiare (...) la tradizione giuridica della Chiesa per potersi identificare con essa e anche con le disposizioni legali emanate dai Pastori, specialmente le leggi pontificie nonché il magistero su questioni canoniche, il quale è di per sé vincolante in ciò che insegna sul diritto".

  "Queste riflessioni acquistano una peculiare rilevanza nell'ambito delle leggi riguardanti l’atto costitutivo del matrimonio e la sua consumazione e la ricezione dell’Ordine sacro, e di quelle attinenti ai rispettivi processi. (...) In particolare, vanno anche applicati tutti i mezzi giuridicamente vincolanti che tendono ad assicurare quell'unità nell'interpretazione e nell'applicazione delle leggi che è richiesta dalla giustizia: il magistero pontificio specificamente concernente questo campo, contenuto soprattutto nelle Allocuzioni alla Rota Romana; (...) le norme e le dichiarazioni emanate da altri Dicasteri della Curia Romana".

  "Tale unità ermeneutica in ciò che è essenziale, ha evidenziato il Santo Padre, non mortifica in alcun modo le funzioni dei tribunali locali, chiamati a confrontarsi per primi con le complesse situazioni reali che si danno in ogni contesto culturale. Ciascuno di essi, infatti, è tenuto a procedere con un senso di vera riverenza nei riguardi della verità sul diritto, cercando di praticare esemplarmente, nell’applicazione degli istituti giudiziali e amministrativi, la comunione nella disciplina, quale aspetto essenziale dell'unità della Chiesa".
  Benedetto XVI, infine, ha parlato dell'innovazione relativa al trasferimento a un Ufficio della Rota le competenze circa i procedimenti di dispensa dal matrimonio rato e non consumato e le cause di nullità della sacra Ordinanza: "Sono certo che vi sarà una generosa risposta a questo nuovo impegno ecclesiale".
AC/         VIS 20120123 (800)

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