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sabato 3 settembre 2011

RISPOSTA DELLA SANTA SEDE AL “CLOYNE REPORT”

CITTA' DEL VATICANO, 3 SET. 2011 (VIS). Questa mattina, l’Arcivescovo Ettore Balestrero, Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati, nel corso di un incontro con la Signora Helena Kelcher, Incaricato d’Affari a.i. dell’Ambasciata d’Irlanda presso la Santa Sede, ha consegnato la risposta della Santa Sede al governo irlandese relativamente al “Cloyne Report”.

Il “Cloyne Report” è un Rapporto della Commissione d’Inchiesta sulla Diocesi di Cloyne, che il Vice-Primo Ministro e Ministro degli Esteri e del Commercio d’Irlanda, On. Eamon Gilmore ha consegnato, con le considerazioni del Governo irlandese sulla questione, il 14 luglio scorso, all’Arcivescovo Giuseppe Leanza, Nunzio Apostolico in Irlanda, pregandolo di trasmetterlo alla Santa Sede con la richiesta di una risposta.

La Santa Sede, nel riconoscere la gravità dei crimini esposti nel “Cloyne Report”, che non avrebbero dovuto mai verificarsi nella Chiesa di Gesù Cristo, e desiderando rispondere alla richiesta del Governo irlandese, dopo aver esaminato in modo particolareggiato il “Cloyne Report” e tenendo conto delle numerose questioni che esso solleva, ha deciso di rispondere in forma esauriente.

Pubblichiamo una sintesi di detta risposta, mentre il testo integrale, in lingua inglese, può essere consultato in questo link.

Il 14 luglio 2011, a seguito della pubblicazione del Rapporto della Commissione d’Inchiesta sulla diocesi di Cloyne, conosciuto come Cloyne Report, l’On. Eamon Gilmore, Vice-Primo Ministro d’Irlanda (Tánaiste) e Ministro degli Esteri e del Commercio, nel corso di un incontro con S.E. Mons. Giuseppe Leanza, Nunzio Apostolico in Irlanda, ha chiesto alla Santa Sede, a nome del Governo irlandese, di intervenire a riguardo del Cloyne Report e delle considerazioni formulate sullo stesso da parte del Governo.

1. Osservazioni generali circa il Cloyne Report

La Santa Sede ha esaminato con attenzione il Cloyne Report, riscontrando gravi ed inquietanti errori nel modo di affrontare le accuse di abuso sessuale di bambini e minori da parte di sacerdoti della diocesi di Cloyne.

La Santa Sede desidera riaffermare, anzitutto, il proprio orrore verso i crimini di abuso sessuale che sono avvenuti in quella diocesi; è profondamente addolorata e si vergogna per le terribili sofferenze che le vittime e le loro famiglie hanno dovuto sopportare nella Chiesa di Gesù Cristo, un luogo dove ciò non deve mai accadere. La Santa Sede, inoltre, non può nascondere la propria grave preoccupazione per le conclusioni della Commissione, circa le gravi mancanze nel governo della Diocesi e il trattamento inadeguato delle accuse di abuso. È particolarmente inquietante che tali mancanze siano potute accadere nonostante i Vescovi e i Superiori religiosi avessero assunto l’impegno di applicare le linee guida sviluppate dalla Chiesa in Irlanda per garantire la protezione dei minori, e nonostante le norme e le procedure della Santa Sede relative ai casi di abuso sessuale. Comunque, l’approccio adottato dalla Chiesa in Irlanda nei tempi recenti a riguardo del problema dell’abuso sessuale sui minori sta beneficiando dell’esperienza in corso e si sta dimostrando sempre più efficace nel prevenire la ripetizione di tali crimini e nel trattare i casi che emergono.

2. Questioni sollevate dal Cloyne Report

Il testo della Risposta della Santa Sede affronta nel dettaglio le diverse accuse mosse contro di essa, che sembrano essere fondate principalmente sul resoconto e la valutazione che il Cloyne Report ha dato della lettera indirizzata ai Vescovi irlandesi, il 31 gennaio 1997, da S.E. Mons. Luciano Storero, allora Nunzio Apostolico in Irlanda. Tale lettera comunicava la risposta della Congregazione per il Clero al documento Child Sexual Abuse: Framework for a Church Response (d’ora in poi, Documento Quadro). La Commissione d’Inchiesta afferma che la suddetta risposta ha fornito appoggio a coloro che dissentivano dalla linea ufficiale della Chiesa ed è stata di poco aiuto specialmente rispetto alla denuncia alle Autorità civili.

La Santa Sede desidera affermare quanto segue in relazione alla risposta della Congregazione per il Clero:

- La Congregazione ha descritto il Documento Quadro come “documento di studio” sulla base delle informazioni fornitele dai Vescovi irlandesi, che hanno descritto il testo non come un documento ufficiale della Conferenza Episcopale Irlandese, ma piuttosto come un “rapporto” della Commissione consultiva dei Vescovi Cattolici irlandesi sugli abusi sessuali sui minori compiuti dal clero e da religiosi. Tale rapporto era stato allora raccomandato “alle singole diocesi e alle congregazioni religiose come documento quadro per affrontare le problematiche relative all’abuso sessuale sui minori”.

- I Vescovi irlandesi non hanno mai chiesto la “recognitio” della Santa Sede per il Documento Quadro, che, secondo il Can. 455 del Codice di Diritto Canonico, sarebbe stato necessario richiedere solo se essi intendevano che il documento fosse un decreto generale della Conferenza Episcopale, con forza obbligante su tutti i suoi membri. Comunque, la mancanza della “recognitio” di per sé non precludeva l’applicazione delle indicazioni contenute nel documento, dato che ogni singolo Vescovo poteva adottarle, senza dover riferire alla Santa Sede. E tale applicazione è quanto è generalmente accaduto in Irlanda.

- I Vescovi irlandesi hanno consultato la Congregazione per risolvere delle difficoltà relative ad alcuni contenuti del Documento Quadro. La Congregazione ha consigliato i Vescovi al fine di assicurare che le misure che essi volevano applicare, risultassero efficaci e non problematiche da un punto di vista canonico. Per tale ragione, la Congregazione ha richiamato l’attenzione sulla necessità che tali misure fossero in armonia con le procedure canoniche per evitare conflitti che avrebbero potuto generare appelli dall’esito positivo nei Tribunali ecclesiastici. La Congregazione non ha respinto il Documento Quadro. Essa ha, piuttosto, voluto assicurare che le misure contenute nel Documento Quadro non ostacolassero gli sforzi dei Vescovi nell’applicare le misure disciplinari contro coloro che erano colpevoli di abuso sessuale nella Chiesa. Allo stesso tempo, è importante ricordare la decisione della Santa Sede nel 1994 che accordava una normativa speciale ai Vescovi degli Stati Uniti nel trattare l’abuso sessuale sui minori nella Chiesa. Questa normativa fu accordata ai Vescovi d’Irlanda nel 1996 per assisterli nel superare le difficoltà che stavano sperimentando a quel tempo (Cfr. Parte VI della Risposta).

- La necessità di seguire il Diritto Canonico per assicurare la corretta amministrazione della giustizia nella Chiesa in nessun modo impediva la cooperazione con le Autorità civili. La Congregazione per il Clero ha espresso riserve circa l’obbligo di denuncia; non ha però proibito ai Vescovi irlandesi di denunciare alle Autorità civili le accuse di abuso sessuale sui minori, né ha incoraggiato i Vescovi a non osservare la legge. A tale riguardo, l’allora Prefetto della Congregazione, Cardinal Darío Castrillón Hoyos, nel suo incontro con i Vescovi irlandesi a Rosses Point, Contea di Sligo, in Irlanda, il 12 novembre 1998, ha inequivocabilmente affermato: “Desidero anche dire con grande chiarezza che la Chiesa, specialmente attraverso i suoi Pastori (i Vescovi), non deve in nessun modo porre ostacoli al legittimo percorso della giustizia civile, quando esso è stato avviato da coloro che ne hanno diritto, mentre allo stesso tempo la Chiesa deve proseguire con le proprie procedure canoniche, nella verità, nella giustizia e nella carità verso tutti”. Si deve poi notare che, a quel tempo, non solo la Chiesa ma anche lo Stato in Irlanda erano impegnati a sforzarsi di migliorare la propria legislazione concernente gli abusi sessuali sui minori. A tal fine, il Governo Irlandese organizzò nel 1996 un’ampia consultazione sull’obbligo di denuncia alle Autorità civili e, dopo aver preso in considerazione le riserve espresse da vari gruppi di professionisti e da individui della società civile, che erano in larga misura in linea con quelle segnalate dalla Congregazione, decise di non introdurre l’obbligo di denuncia all’interno del sistema giuridico irlandese. Dato che il Governo Irlandese di allora ha deciso di non legiferare sulla materia, è difficile comprendere come la lettera di Mons. Storero ai Vescovi irlandesi, che è stata scritta successivamente, abbia potuto essere interpretata come uno strumento che in qualche modo sovvertiva la legge irlandese o ostacolava lo Stato irlandese nei suoi sforzi per affrontare il problema in questione.

3. Questioni sollevate da alcuni esponenti politici irlandesi

La Santa Sede desidera precisare quanto segue in relazione ad alcune reazioni di esponenti politici irlandesi:

- La Santa Sede comprende e condivide i profondi sentimenti di rabbia e frustrazione manifestati pubblicamente a fronte di ciò che è emerso con il Cloyne Report, e che ha trovato espressione nel discorso dell’On. Enda Kenny, Primo Ministro (Taoiseach), tenuto alla Camera dei Deputati (Dáil Éireann) il 20 luglio 2011. Tuttavia la Santa Sede nutre significative riserve su alcuni aspetti del discorso. In particolare, è infondata l’accusa che la Sede Apostolica abbia tentato “di ostacolare un’Inchiesta in una Repubblica sovrana e democratica, appena tre anni fa, non trent’anni fa”. Del resto, un portavoce governativo, quando è stato interrogato in merito, ha chiarito che l’On. Kenny non si riferiva ad alcun episodio specifico.

Del resto, le accuse di ingerenza da parte della Santa Sede sono smentite dai molti rapporti che pure vengono utilizzati per criticarla. Quei rapporti, lodati per la loro esaustiva investigazione degli abusi sessuali e del modo in cui essa è avvenuta, non forniscono prove che la Santa Sede abbia interferito negli affari interni dello Stato Irlandese o, addirittura, sia stata implicata nell’ordinaria gestione delle diocesi irlandesi o delle congregazioni religiose circa i problemi degli abusi sessuali. Piuttosto, ciò che colpisce di questi rapporti e delle numerose informazioni sulle quali sono basati è la mancanza di documentazione a supporto di tali accuse.

A tale riguardo, la Santa Sede desidera sottolineare che in nessun modo essa ha ostacolato o tentato d’interferire in alcuna delle indagini sui casi di abuso sessuale sui minori nella diocesi di Cloyne. Inoltre, in nessun momento, la Santa Sede ha cercato d’interferire nel diritto irlandese o di intralciare le Autorità civili nell’esercizio delle loro funzioni.

- La Santa Sede desidera anche sottolineare che il testo dell’allora Cardinale Joseph Ratzinger, richiamato dall’On. Kenny, è una citazione tratta dal N. 39 dell’Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, pubblicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 24 maggio 1990. Tale testo non riguarda la maniera con cui la Chiesa dovrebbe comportarsi all’interno di una società democratica e nemmeno ha a che fare con tematiche inerenti la protezione dell’infanzia, come l’uso della citazione che ne fa l’On. Kenny sembrerebbe sostenere, ma riguarda il servizio del teologo alla comunità ecclesiale.

- Nel suo incontro con il Nunzio Apostolico, il Vice-Primo Ministro d’Irlanda (Tánaiste) e Ministro degli Esteri e del Commercio, On. Eamon Gilmore, ha affermato che “tra le più inquietanti conclusioni del Cloyne Report c’è quella secondo la quale le Autorità vaticane, descrivendo il Documento Quadro adottato dalla Conferenza Episcopale come un mero ‘documento di studio’, hanno ostacolato gli sforzi della Chiesa irlandese nel trattare gli abusi sessuali sui minori commessi dal clero,”. Come è chiarito nella Risposta della Santa Sede, detta espressione era fondata sulle spiegazioni della sua natura fornite dai Vescovi irlandesi e sullo stesso testo pubblicato. In nessun modo intendeva squalificare i seri sforzi intrapresi dai Vescovi irlandesi per affrontare il flagello dell’abuso sessuale sui minori.

- Quanto alla mozione passata alla Camera dei Deputati (Dáil Éireann), il 20 luglio 2011, e al Senato (Seanad Éireann), una settimana dopo, che deplora “l’intervento del Vaticano che ha contribuito ad ostacolare il Documento Quadro per la protezione dell’infanzia e delle linee guida dello Stato irlandese e dei Vescovi irlandesi”, la Santa Sede desidera chiarire che, in nessun momento, si è espressa sulla misure di protezione dell’infanzia adottate dallo Stato irlandese, e tanto meno ha mai cercato di ostacolarle. La Santa Sede osserva che non ci sono prove citate in alcuna parte del Cloyne Report che permettano di concludere che il suo “presunto intervento” abbia contribuito ad ostacolare dette misure. Per quanto riguarda, poi, le linee guida stabilite dai Vescovi irlandesi, la Risposta offre sufficienti chiarimenti per mostrare che esse in nessun modo sono state indebolite da alcun intervento della Santa Sede.

4. Osservazioni conclusive

Nella sua Risposta, la Santa Sede offre una presentazione dell’approccio della Chiesa alla protezione dei minori, includendo la relativa normativa canonica, e fa riferimento alla Lettera ai Cattolici d’Irlanda del Santo Padre Benedetto XVI, pubblicata il 19 marzo 2010, nella quale il Pontefice indica che si attende che i Vescovi irlandesi cooperino con le Autorità civili, applichino pienamente le norme del Diritto Canonico e assicurino piena e imparziale applicazione delle norme della Chiesa in Irlanda per la protezione dei minori.

La pubblicazione del Cloyne Report segna un ulteriore passaggio nel lungo e difficile cammino di accertamento della verità, di penitenza e purificazione, di guarigione e rinnovamento della Chiesa in Irlanda. La Santa Sede non si considera estranea a questo processo ma lo condivide in spirito di solidarietà ed impegno.

La Santa Sede, mentre rigetta le accuse infondate, accoglie in spirito d’umiltà tutte le osservazioni e i suggerimenti obiettivi e utili per combattere con determinazione lo spaventoso crimine dell’abuso sessuale sui minori. La Santa Sede desidera ribadire che condivide la profonda preoccupazione e l’inquietudine espresse dalle Autorità irlandesi, dai cittadini irlandesi in generale e dai Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici d’Irlanda a riguardo dei criminali e peccaminosi atti di abuso sessuale perpetrati da membri del clero e da religiosi. La Sede Apostolica è anche consapevole della comprensibile rabbia, della delusione e del senso di tradimento sperimentati da coloro, particolarmente le vittime e le loro famiglie, che sono stati segnati da questi vili e deplorevoli atti e dal modo in cui essi talvolta sono stati affrontati dalle autorità ecclesiastiche. Per questo la Santa Sede desidera riaffermare il proprio dolore per ciò che è accaduto. Essa si augura che le misure che la Chiesa ha introdotto negli ultimi anni a livello universale, come anche in Irlanda, si dimostrino più efficaci nell’impedire il ripetersi di tali atti e contribuiscano alla guarigione di coloro che hanno sofferto per gli abusi, come pure a ristabilire la fiducia reciproca e la collaborazione tra le Autorità ecclesiastiche e quelle statali, che sono essenziali per combattere efficacemente il flagello dell’abuso. Naturalmente, la Santa Sede sa bene che la dolorosa situazione provocata dagli episodi di abuso non può essere risolta rapidamente o facilmente e che, benché siano stati compiuti molti progressi, molto rimane ancora da fare.

Sin dai primi giorni dello Stato Irlandese, e specialmente dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche nel 1929, la Santa Sede ha sempre rispettato la sovranità dell’Irlanda, ha mantenuto relazioni cordiali e amichevoli con il Paese e le sue Autorità, ha frequentemente espresso la propria ammirazione per lo straordinario contributo offerto da uomini e donne irlandesi alla missione della Chiesa e al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni in tutto il mondo; inoltre, la Santa Sede non ha fatto mancare il proprio supporto a tutti gli sforzi per promuovere la pace sull’isola durante gli ultimi travagliati decenni. In linea con tale atteggiamento, la Santa Sede desidera riaffermare il suo impegno ad un dialogo costruttivo e alla cooperazione con il Governo irlandese, naturalmente sulla base del reciproco rispetto, così che tutte le istituzioni, sia pubbliche che private, religiose o civili, possano cooperare per assicurare che la Chiesa, e anzi la società in generale, siano sempre un luogo sicuro per l’infanzia e i giovani.
OP/ VIS 20110903 (2510)

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