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mercoledì 23 febbraio 2011

ROBERTO BELLARMINO PUNTO RIFERIMENTO ECCLESIOLOGIA CATTOLICA

CITTA' DEL VATICANO, 23 FEB. 2011 (VIS). Benedetto XVI ha dedicato la catechesi dell’Udienza Generale di oggi, tenutasi nell’Aula Paolo VI, con la partecipazione di 7.500 persone, alla figura di San Roberto Bellarmino (1542-1621), figura di spicco in un’epoca difficile “quando una grave crisi politica e religiosa provocò il distacco di intere Nazioni dalla Sede Apostolica”.

San Roberto Bellarmino “ebbe un’eccellente formazione umanistica prima di entrare nella Compagnia di Gesù il 20 settembre 1560”. Compì gli studi di filosofia e teologia, tra il Collegio Romano, Padova e Lovanio. Fu creato Cardinale dal Papa Clemente VIII e nominato Arcivescovo di Capua, ricoprendo incarichi di alta responsabilità al servizio del Papa. Fu membro delle Congregazioni del Sant’Uffizio, dell’Indice, dei Riti, dei Vescovi e della Propagazione della Fede. Ebbe anche incarichi diplomatici, presso la Repubblica di Venezia e l’Inghilterra, a difesa dei diritti della Sede Apostolica. Nei suoi ultimi anni compose vari libri di spiritualità nei quali condensò il frutto dei suoi esercizi spirituali annuali. Fu beatificato nel 1923 e canonizzato nel 1930 da Papa Pio XI che lo proclamò Dottore della Chiesa nel 1931.

“Le sue ‘Controversiae’ costituirono un punto di riferimento ancora valido per l’ecclesiologia cattolica sulle questioni circa la Rivelazione, la natura della Chiesa, i Sacramenti e l’antropologia teologica. In esse appare accentuato l’aspetto istituzionale della Chiesa, a motivo degli errori che allora circolavano su tali questioni. Tuttavia Bellarmino chiarì anche gli aspetti invisibili della Chiesa come Corpo Mistico e li illustrò con l’analogia del corpo e dell’anima, al fine di descrivere il rapporto tra le ricchezze interiori della Chiesa e gli aspetti esteriori che la rendono percepibile”.

“In questa monumentale opera, che tenta di sistematizzare le varie controversie teologiche dell’epoca” – ha spiegato il Pontefice – “egli evita ogni taglio polemico e aggressivo nei confronti delle idee della Riforma, ma utilizzando gli argomenti della ragione e della Tradizione della Chiesa, illustra in modo chiaro ed efficace la dottrina cattolica”.

“Tuttavia, la sua eredità sta nel modo in cui concepì il suo lavoro. I gravosi uffici di governo non gli impedirono, infatti, di tendere quotidianamente verso la santità con la fedeltà alle esigenze del proprio stato di religioso, sacerdote e vescovo. (...) La sua predicazione e le sue catechesi presentano quel medesimo carattere di essenzialità che aveva appreso dall’educazione ignaziana, tutta rivolta a concentrare le forze dell’anima sul Signore Gesù intensamente conosciuto, amato e imitato”.

“Nel ‘De gemitu columbae’ - Il gemito della colomba, dove la colomba rappresenta la Chiesa - richiama con forza clero e fedeli tutti ad una riforma personale e concreta della propria vita seguendo quello che insegnano la Scrittura e i Santi (...). Il Bellarmino insegna con grande chiarezza e con l’esempio della propria vita che non può esserci vera riforma della Chiesa se prima non c’è la nostra personale riforma e la conversione del nostro cuore”.

“’Se hai saggezza, comprendi che sei creato per la gloria di Dio e per la tua eterna salvezza’. (...) Avvenimenti prosperi o avversi, ricchezze e povertà, salute e malattia, onori e oltraggi, vita e morte, il sapiente non deve né cercarli, né fuggirli per se stesso” – scrive San Roberto Bellarmino – “Ma sono buoni e desiderabili solo se contribuiscono alla gloria di Dio e alla tua felicità eterna, sono cattivi e da fuggire se la ostacolano’”.

“Queste, ovviamente, non sono parole passate di moda, ma parole da meditare a lungo oggi da noi per orientare il nostro cammino su questa terra. Ci ricordano che il fine della nostra vita è il Signore (...). Ci ricordano l’importanza di confidare nel Signore, di spenderci in una vita fedele al Vangelo, di accettare e illuminare con la fede e con la preghiera ogni circostanza e ogni azione della nostra vita, sempre protesi all’unione con Lui”.

Prima dell’Udienza Generale il Santo Padre ha benedetto la Statua di San Marone – Fondatore della Chiesa Maronita, particolarmente diffusa in Siria e Libano – collocata nell’ultima nicchia esterna ancora libera della Basilica Vaticana. La statua, realizzata in marmo di Carrara, alta 5,40 metri, è opera dello scultore spagnolo Marco Augusto Dueñas.

Presenti il Cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti, il Presidente della Repubblica del Libano Michel Sleiman e Autorità civili e religiose.
AG/ VIS 20110223 (700)

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