CITTA' DEL VATICANO, 15 MAG. 2010 (VIS). Oggi è stato reso pubblico un Messaggio del Papa ai partecipanti al secondo “Kirchentag” ecumenico, svoltosi dal 12 al 16 maggio a Monaco di Baviera (Germania), e che riunisce cristiani di diverse denominazioni e credenti di altre fedi sul tema della speranza.
Nel ricordare il tema dell’incontro: “Affinché abbiate speranza”, il Santo Padre sottolinea che: “Negli ultimi mesi ci siamo dovuti confrontare ripetutamente con notizie che ci vogliono togliere la gioia nella Chiesa, che la oscurano come luogo di speranza”.
“Se oggi siamo un po’ attenti, se non percepiamo solo il buio, ma anche ciò che è chiaro e buono nel nostro tempo, vediamo come la fede rende gli uomini puri e generosi e li educa all'amore. Di nuovo: La zizzania esiste anche in seno alla Chiesa e tra coloro che il Signore ha accolto al suo servizio in modo particolare. Ma la luce di Dio non è tramontata, il grano buono non è stato soffocato dalla semina del male”.
“La Chiesa è dunque un luogo di speranza? Sì, poiché da essa ci giunge sempre e di nuovo la Parola di Dio, che ci purifica e ci mostra la via della fede. Lo è, poiché in essa il Signore continua a donarci se stesso, nella grazia dei sacramenti, nella parola della riconciliazione, nei molteplici doni della sua consolazione. Nulla può oscurare o distruggere tutto ciò. Di questo dovremmo essere lieti in mezzo a tutte le tribolazioni”.
“Se parliamo della Chiesa come luogo della speranza che viene da Dio, allora ciò comporta, allo stesso tempo, un esame di coscienza: Che cosa faccio io della speranza che il Signore ci ha donato? Davvero mi lascio modellare dalla sua Parola? Mi lascio cambiare e guarire da Lui? Quanta zizzania in realtà cresce dentro di me? Sono disposto a sradicarla? Sono grato del dono del perdono e disposto a perdonare e a guarire a mia volta invece che a condannare?”
“Se riflettiamo su tutto ciò che possiamo e dobbiamo fare, allora notiamo che non possiamo fare le cose più grandi, le quali ci giungono solo come dono: l'amicizia, l'amore, la gioia, la felicità. (...) Quasi nessuno, però, oggi parla ancora della vita eterna, che in passato era il vero oggetto della speranza. Poiché non si osa credere in essa, bisogna sperare di ottenere tutto dalla vita presente. L'accantonare la speranza nella vita eterna porta all'avidità per una vita qui e ora, che diventa quasi inevitabilmente egoistica e, alla fine, rimane irrealizzabile. Proprio quando vogliamo impossessarci della vita come di una sorta di bene, essa ci sfugge”.
“Dio vive. Dio ci ama. In Gesù Cristo è diventato uno di noi. Mi posso rivolgere a lui e lui mi ascolta. Per questo, come Pietro, nella confusione dei nostri tempi, che ci persuadono a credere in tante altre vie, gli diciamo: ‘Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio’”.
Al termine del Messaggio il Santo Padre auspica “di essere di nuovo sopraffatti dalla gioia di poter conoscere Dio, di conoscere Cristo e che Egli ci conosce. È questa la nostra speranza e la nostra gioia in mezzo alle confusioni del tempo presente”.
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