CITTA' DEL VATICANO, 13 MAG. 2010 (VIS). Questa sera, nella Casa “Nossa Senhora do Carmo” di Fatima, il Papa ha incontrato il Vescovi del Portogallo.
Nel suo discorso Benedetto XVI ha affermato: “Il Papa ha bisogno di aprirsi sempre di più al mistero della Croce, abbracciandola quale unica speranza e ultima via per guadagnare e radunare nel Crocifisso tutti i suoi fratelli e sorelle in umanità. Obbedendo alla Parola di Dio, egli è chiamato a vivere non per sé stesso ma per la presenza di Dio nel mondo”.
“In verità” – ha detto il Papa – “i tempi nei quali viviamo esigono un nuovo vigore missionario dei cristiani, chiamati a formare un laicato maturo, identificato con la Chiesa, solidale con la complessa trasformazione del mondo. C’è bisogno di autentici testimoni di Gesù Cristo, soprattutto in quegli ambienti umani dove il silenzio della fede è più ampio e profondo: i politici, gli intellettuali, i professionisti della comunicazione che professano e promuovono una proposta monoculturale, con disdegno per la dimensione religiosa e contemplativa della vita. In tali ambiti non mancano credenti che si vergognano e che danno una mano al secolarismo, costruttore di barriere all’ispirazione cristiana. Nel frattempo, amati Fratelli, quanti difendono in tali ambienti, con coraggio, un vigoroso pensiero cattolico, fedele al Magistero, continuino a ricevere il vostro stimolo e la vostra parola illuminante, per vivere, da fedeli laici, la libertà cristiana”.
“Decisivo” – ha ribadito il Pontefice – “è riuscire ad inculcare in ogni agente evangelizzatore un vero ardore di santità, consapevoli che il risultato deriva soprattutto dall’unione con Cristo e dall’azione del suo Spirito”.
“Quando, nel sentire di molti, la fede cattolica non è più patrimonio comune della società e, spesso, si vede come un seme insidiato e offuscato da ‘divinità’ e signori di questo mondo, molto difficilmente essa potrà toccare i cuori mediante semplici discorsi o richiami morali e meno ancora attraverso generici richiami ai valori cristiani. Il richiamo coraggioso e integrale ai principi è essenziale e indispensabile; tuttavia il semplice enunciato del messaggio non arriva fino in fondo al cuore della persona, non tocca la sua libertà, non cambia la vita. Ciò che affascina è soprattutto l’incontro con persone credenti che, mediante la loro fede, attirano verso la grazia di Cristo, rendendo testimonianza di Lui”.
“In un momento di fatica della Chiesa” – ha detto il Papa – “in un momento in cui si parlava di ‘inverno della Chiesa’, lo Spirito Santo creava una nuova primavera, risvegliando nei giovani e negli adulti la gioia di essere cristiani” – ha detto il Papa esprimendo gioia per il sorgere di tanti movimenti e nuove comunità ecclesiali. “Grazie ai carismi, la radicalità del Vangelo, il contenuto oggettivo della fede, il flusso vivo della sua tradizione vengono comunicati in modo persuasivo e sono accolti come esperienza personale, come adesione della libertà all’evento presente di Cristo”.
“Condizione necessaria, naturalmente, è che queste nuove realtà vogliano vivere nella Chiesa comune”. Esse “devono sentirsi fondamentalmente responsabili della comunione, della fede comune della Chiesa e devono sottomettersi alla guida dei Pastori. Sono questi che devono garantire l’ecclesialità dei movimenti”. “Noi Vescovi” – ha proseguito il Pontefice – “dobbiamo sentire la responsabilità di accogliere questi impulsi che sono doni per la Chiesa e le conferiscono nuova vitalità, ma, dall’altra, dobbiamo anche aiutare i movimenti a trovare la strada giusta, facendo delle correzioni con comprensione – quella comprensione spirituale e umana che sa unire guida, riconoscenza e una certa apertura e disponibilità ad accettare di imparare”.
“Nell’Anno sacerdotale (...), riscoprite, amati Fratelli, la paternità episcopale soprattutto verso il vostro clero. Per troppo tempo si è relegata in secondo piano la responsabilità dell’autorità come servizio alla crescita degli altri, e, prima di tutti, dei sacerdoti. Questi sono chiamati a servire, nel loro ministero pastorale, integrati in un’azione pastorale di comunione o di insieme”.
“Non si tratta di ritornare al passato” – ha detto ancora il Papa – “né di un semplice ritorno alle origini, ma di un ricupero del fervore delle origini, della gioia dell’inizio dell’esperienza cristiana, facendosi accompagnare da Cristo come i ‘discepoli di Emmaus’ nel giorno di Pasqua, lasciando che la sua parola ci riscaldi il cuore, che il ‘pane spezzato’ apra i nostri occhi alla contemplazione del suo volto. Soltanto così il fuoco della carità sarà ardente abbastanza da spingere ogni fedele cristiano a diventare dispensatore di luce e di vita nella Chiesa e tra gli uomini”.
Al termine del suo discorso il Papa ha invitato i Vescovi a “rinvigorire in voi stessi e intorno a voi i sentimenti di misericordia e di compassione per essere in grado di rispondere alle situazioni di gravi carenze sociali. Si costituiscano organizzazioni e si perfezionino quelle già esistenti, perché siano in grado di rispondere con creatività ad ogni povertà, includendo quelle della mancanza di senso della vita e dell’assenza di speranza”.
Il Papa ha elogiato l’impegno dei Vescovi nell’“aiutare le diocesi più bisognose, soprattutto dei Paesi lusofoni. Le difficoltà, che adesso si fanno sentire di più, non vi facciano indebolire nella logica del dono. Continui ben viva, nel Paese, la vostra testimonianza di profeti della giustizia e della pace, difensori dei diritti inalienabili della persona, unendo la vostra voce a quella dei più deboli, che avete saggiamente motivato a possedere voce propria, senza temere mai di alzare la voce in favore degli oppressi, degli umiliati e dei maltrattati”.
Al termine dell’incontro il Papa è rientrato alla Casa “Nossa Sehnora do Carmo” per la cena e il pernottamento.
PV-PORTOGALLO/ VIS 20100514 (880)
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