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venerdì 10 giugno 2011

DIPLOMAZIA PONTIFICIA SERVIZIO PAPA E COMUNIONE ECCLESIALE

CITTA' DEL VATICANO, 10 GIU. 2011 (VIS). Questa mattina il Santo Padre ha ricevuto i Superiori ed Alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica, il cui Presidente è l’Arcivescovo Beniamino Stella.

“La diplomazia pontificia, come viene comunemente chiamata” – ha detto il Papa nel suo discorso – “ha una lunghissima tradizione e la sua attività ha contribuito in maniera non irrilevante a plasmare, in età moderna, la fisionomia stessa delle relazioni diplomatiche tra gli Stati”.

“Lealtà, coerenza, e profonda umanità sono le virtù fondamentali di qualsiasi inviato, il quale è chiamato a porre non solo il proprio lavoro e le proprie qualità, ma, in qualche modo, l’intera persona al servizio di una parola che non è sua”.

“Come si pongono, in tutto ciò, la persona e l’azione del diplomatico della Santa Sede, che, ovviamente, presenta aspetti del tutto particolari? Egli, in primo luogo – (...) - è un sacerdote, un vescovo. (...) Egli è un servitore della Parola di Dio, è stato investito, come ogni sacerdote, di una missione che non può essere svolta a tempo parziale, ma che gli richiede di essere, con l’intera vita, una risonanza del messaggio che gli è affidato, quello del Vangelo. Ed è proprio sulla base di questa identità sacerdotale, ben chiara e vissuta in modo profondo, che si viene ad inserire, con certa naturalezza, il compito specifico di farsi portatore della parola del Papa, dell’orizzonte universale del suo ministero e della sua carità pastorale, nei confronti delle Chiese particolari e di fronte alle istituzioni nelle quali viene legittimamente esercitata la sovranità nell’ambito statale o delle organizzazioni internazionali”.

“Ben si capisce come nell’esercizio di un ministero tanto delicato” – ha sottolineato il Pontefice – “la cura per la propria vita spirituale, la pratica delle virtù umane e la formazione di una solida cultura vadano di pari passo e si sostengano reciprocamente. Sono dimensioni che permettono di mantenere un profondo equilibrio interiore, in un lavoro che esige, fra l’altro, capacità di apertura all’altro, equanimità di giudizio, distanza critica dalle opinioni personali, sacrificio, pazienza, costanza e talora anche fermezza nel dialogo verso tutti”.

“D’altro canto” – ha concluso il Pontefice – “il servizio alla persona del Successore di Pietro, (...) consente di vivere in costante e profondo riferimento alla cattolicità della Chiesa. E laddove c’è apertura all’oggettività della cattolicità, lì c’è anche il principio di autentica personalizzazione: la vita spesa al servizio del Papa e della comunione ecclesiale è, sotto questo profilo, estremamente arricchente”.
AC/ VIS 20110610 (410)

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