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mercoledì 25 maggio 2011

PREGHIERA COMBATTIMENTO FEDE E VITTORIA PERSEVERANZA

CITTA' DEL VATICANO, 25 MAG. 2011 (VIS). Nell’Udienza Generale di questo Mercoledì, Benedetto XVI, nel proseguire le catechesi sulla preghiera, si è soffermato sulla figura del Patriarca Giacobbe e sulla sua lotta con lo sconosciuto nel guado dello Yabboq. L’Udienza di oggi si è tenuta in Piazza San Pietro con la partecipazione di 15.000 persone.

Il Patriarca Giacobbe, uomo astuto che aveva carpito con l’inganno la benedizione del padre Isacco, nel tornare nella terra natale, è pronto ad affrontare il fratello, al quale aveva sottratto la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie. Dopo aver fatto attraversare a coloro che erano con lui il guado del torrente che delimitava il territorio di Esaù, viene improvvisamente aggredito da uno sconosciuto con il quale lotta per tutta la notte. “È buio, Giacobbe non riesce a vedere distintamente il suo contendente e anche per il lettore esso rimane ignoto (...). Solo alla fine, quando la lotta sarà ormai terminata e quel ‘qualcuno’ sarà sparito, solo allora Giacobbe lo nominerà e potrà dire di aver lottato con Dio”.

Il Patriarca dice al suo assalitore: “Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto”. “Colui che con l’inganno aveva defraudato il fratello della benedizione del primogenito” – ha detto il Papa – “ora la pretende dallo sconosciuto, di cui forse comincia a intravedere i connotati divini, ma senza poterlo ancora veramente riconoscere. Il rivale, che sembrava trattenuto e dunque sconfitto da Giacobbe, invece di piegarsi alla richiesta del Patriarca, gli chiede il nome. (...) Conoscere il nome di qualcuno, infatti, implica una sorta di potere sulla persona, perché il nome, nella mentalità biblica, contiene la realtà più profonda dell’individuo, ne svela il segreto e il destino. (....) Quando dunque, alla richiesta dello sconosciuto, Giacobbe rivela il proprio nome, si sta mettendo nelle mani del suo oppositore, è una forma di resa, di consegna totale di sé all’altro”.

“Ma in questo gesto di arrendersi anche Giacobbe paradossalmente risulta vincitore, perché riceve un nome nuovo, insieme al riconoscimento di vittoria da parte dell’avversario” – ha proseguito Benedetto XVI - “’Giacobbe’ richiama anche il verbo ‘ingannare, soppiantare’. Ebbene, ora, nella lotta, il Patriarca rivela al suo oppositore, in un gesto di consegna e di resa, la propria realtà di ingannatore, di soppiantatore; ma l’altro, che è Dio, trasforma questa realtà negativa in positiva: Giacobbe l’ingannatore diventa Israele, gli viene dato un nome nuovo che segna una nuova identità. Ma anche qui, il racconto mantiene la sua voluta duplicità, perché il significato più probabile del nome Israele è ‘Dio è forte, Dio vince’. Quando Giacobbe chiederà a sua volta il nome al suo contendente, questi rifiuterà di dirlo, ma si rivelerà in un gesto inequivocabile, donando la benedizione. (...) E non è la benedizione ghermita con inganno, ma quella gratuitamente donata da Dio, che Giacobbe può ricevere perché ormai solo, senza protezione, senza astuzie e raggiri, si consegna inerme, accetta di arrendersi e confessa la verità su se stesso”.

“L’episodio della lotta allo Yabboq” – ha detto ancora il Papa – “si offre così al credente come testo paradigmatico in cui il popolo di Israele parla della propria origine e delinea i tratti di una particolare relazione tra Dio e l’uomo. Per questo, come affermato anche nel ‘Catechismo della Chiesa Cattolica’, ‘la tradizione spirituale della Chiesa ha visto in questo racconto il simbolo della preghiera come combattimento della fede e vittoria della perseveranza’”.

“Cari fratelli e sorelle, tutta la nostra vita è come questa lunga notte di lotta e di preghiera” – ha concluso il Pontefice – “da consumare nel desiderio e nella richiesta di una benedizione di Dio che non può essere strappata o vinta contando sulle nostre forze, ma deve essere ricevuta con umiltà da Lui, come dono gratuito che permette, infine, di riconoscere il volto del Signore. E quando questo avviene, tutta la nostra realtà cambia, riceviamo un nome nuovo e la benedizione di Dio”.
AG/ VIS 20110525 (650)

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