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mercoledì 29 novembre 2006

INCORAGGIAMENTO PAPA "PICCOLO GREGGE" DI CRISTO


CITTA' DEL VATICANO, 29 NOV. 2006 (VIS). Alle 8:00 di questa mattina il Santo Padre è partito in aereo da Ankara alla volta di Izmir da dove, in automobile, ha raggiunto Efeso.

  Antica città sulla costa dell'Asia Minore, Efeso è una delle più note località archeologiche del Mediterraneo ed attualmente conta 18.000 abitanti. Fra i suoi insigni monumenti il Tempio di Artemide, una delle sette meraviglie del mondo antico. Fu anche uno dei centri del nascente cristianesimo e qui trascorse tre anni l'Apostolo Paolo. La presenza e la morte di San Giovanni Evangelista ad Efeso ispirò la costruzione di una grande Basilica, voluta da Giustiniano, che attirò folle di pellegrini. Infine, Efeso è nota per il Concilio Ecumenico che nel 431 solennemente proclamò la divina maternità di Maria.

  Il Santuario di Meryem Ana Eví (Casa della Madre Maria), dista 4 chilometri da Efeso, dove il Papa ha incontrato la comunità cattolica residente in Turchia. La città è un centro di culto mariano unico al mondo, sebbene non esistano prove archeologiche che Maria abbia effettivamente vissuto ad Efeso, tranne una notizia del I secolo secondo la quale vi abitò con Giovanni Evangelista e una testimonianza siriana del XIII secolo. Il Santuario è frequentato non soltanto da cristiani, ma anche da fedeli musulmani che qui si recano per venerare "Meryem Ana", la Madre Maria, prima di recarsi in pellegrinaggio alla vicina Moschea di Isa Bey.

  Alle 11:30 il Santo Padre Benedetto XVI è giunto al Convento dei Frati Cappuccini del Santuario e dopo una breve sosta nella Cappella del Convento, si è recato nella Sacrestia, allestita all'interno della Casa della Madonna. Alle 12:00 ha avuto inizio la Santa Messa. Nell'omelia il Papa ha reso grazie a Dio per la "divina maternità di Maria" ed ha affermato che: "In questo luogo, uno dei più cari alla Comunità cristiana, sono venuti in pellegrinaggio i miei venerati predecessori i Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II" e "un altro mio Predecessore che in questo Paese non è stato da Papa", il Beato Giovanni XXIII, Rappresentante Pontificio in Turchia dal 1935 al 1944.

  Giovanni XXIII, ha detto Benedetto XVI, "ha lasciato in dono alla Chiesa e al mondo un atteggiamento spirituale di ottimismo cristiano, fondato su una fede profonda e una costante unione con Dio. Animato da tale spirito, mi rivolgo a questa nazione e, in modo particolare, al 'piccolo gregge' di Cristo che vive in mezzo ad essa, per incoraggiarlo e manifestargli l'affetto della Chiesa intera".

  Ricordando la Lettera di San Paolo agli Efesini, testo che contiene l'espressione scelta quale motto del Viaggio Apostolico in Turchia, 'Egli, Cristo, è la nostra pace', Papa Benedetto XVI ha affermato: "L'Apostolo spiega in quale senso, veramente  imprevedibile, la pace messianica si sia realizzata nella Persona stessa di Cristo e nel suo mistero salvifico. Lo spiega scrivendo, mentre si trova prigioniero, alla comunità cristiana che abitava qui, a Efeso: (...) L'Apostolo augura 'grazia e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo' . 'Grazia' è la forza che trasforma l'uomo e il mondo; 'pace' è il frutto maturo di tale trasformazione. Cristo è la grazia; Cristo è la pace".

  Benedetto XVI precisa che San Paolo scrive, riguardo al rapporto tra Giudei e Gentili, che Cristo "'ha fatto dei due un popolo solo': affermazione, questa, che si riferisce (...) in ordine al mistero della salvezza eterna; affermazione, però, che può anche estendersi, su piano analogico, alle relazioni tra popoli e civiltà presenti nel mondo. Cristo 'è venuto ad annunziare pace',  non solo tra ebrei e non ebrei, bensì tra tutte le nazioni, perché tutte provengono dallo stesso Dio, unico Creatore e Signore dell'universo".

  "Da questo lembo della Penisola anatolica, ponte naturale tra continenti, invochiamo" - ha esclamato il Papa - "pace e riconciliazione anzitutto per coloro che abitano nella Terra che chiamiamo 'santa', e che tale è ritenuta sia dai cristiani, che dagli ebrei e dai musulmani: è la terra di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, destinata ad ospitare un popolo che diventasse benedizione per tutte le genti. Pace per l'intera umanità! Possa presto realizzarsi la profezia di Isaia: 'Forgeranno le loro spade in vomeri, / le loro lance in falci; / un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, / non si eserciteranno più nell'arte della guerra'".

  "Di questa pace universale abbiamo tutti bisogno; di questa pace la Chiesa è chiamata ad essere non solo annunciatrice profetica ma, più ancora, 'segno e strumento'" - ha proseguito il Pontefice - "Proprio in questa prospettiva di universale pacificazione, più profondo ed intenso si fa l'anelito verso la piena comunione e concordia fra tutti i cristiani".

  "All'odierna celebrazione sono presenti fedeli cattolici di diversi Riti, e questo è motivo di gioia e di lode a Dio. Tali Riti, infatti, sono espressione di quella mirabile varietà di cui è adornata la Sposa di Cristo, purché sappiano convergere nell'unità e nella comune testimonianza".

  "Cari fratelli e sorelle" - ha concluso il Pontefice - "con questa visita ho voluto far sentire l'amore e la vicinanza spirituale non solo miei, ma della Chiesa universale alla comunità cristiana che qui, in Turchia, è davvero una piccola minoranza ed affronta ogni giorno non poche sfide e difficoltà. Con salda fiducia cantiamo, insieme a Maria, il 'magnificat' della lode e del ringraziamento a Dio, che guarda l'umiltà della sua serva. Cantiamolo con gioia anche quando siamo provati da difficoltà e pericoli, come attesta la bella testimonianza del sacerdote romano Don Andrea Santoro, (assassinato nel febbraio scorso mentre era raccolto in preghiera nella Chiesa di Trebisonda, n.d.r.), che mi piace ricordare anche in questa nostra celebrazione".

  Nel pomeriggio il Papa lascerà Izmir diretto a Istanbul dove incontrerà il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I.
PV-TURCHIA/COMUNITÀ CATTOLICA/EFESO               VIS 20061129 (920)


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