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Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

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giovedì 20 dicembre 2012

BENEDETTO XVI RISPONDE AI GIOVANI "IN CERCA DI AUTORE"

Città del Vaticano, 20 dicembre 2012 (VIS). Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto i ragazzi e la ragazze dell'Azione Cattolica Italiana che nell'augurare al Papa Buon Natale hanno spiegato che la frase guida del loro cammino quest'anno è "in cerca di autore".

"Ma noi sappiamo chi è questo autore - ha risposto il Papa - è Dio, che ci ha mostrato il suo volto. Dio ci ha creati, ci ha fatti a sua immagine, soprattutto ci ha donato il suo Figlio Gesù, che si è fatto bambino - lo contempleremo tra poco nel Santo Natale -, è cresciuto da ragazzo come voi, ha percorso le strade di questo nostro mondo per comunicarci l’amore di Dio, che rende bella e felice la vita, piena di bontà e di generosità".

"Certamente voi cercate anche l’autore della vostra gioia. (...) Sono tanti che vi rendono felici, ma c’è un grande Amico che è l’autore della gioia di tutti e con il quale il nostro cuore si riempie di una gioia che sorpassa tutte le altre e che dura per tutta la vita: è Gesù. Ricordate, cari amici: quanto più imparerete a conoscerlo e a dialogare con Lui, tanto più sentirete nel cuore di essere contenti e sarete capaci di vincere le piccole tristezze che ci sono a volte nell’animo".

"Inoltre, siete in cerca dell’autore dell’amore. (...) Tutti abbiamo bisogno di voler bene e di sentire che qualcuno ci accetta e ci vuole bene. Sentirsi amati è necessario per vivere, ma è altrettanto importante essere capaci di amare gli altri, per rendere bella la vita di tutti, anche dei vostri coetanei che si trovano in situazioni difficili. Gesù ci ha fatto vedere con la sua vita che Dio ama tutti senza distinzione e vuole che tutti vivano felici".

"Infine, voi cercate sicuramente l’autore della pace, di cui il mondo ha tanto bisogno. Spesso gli uomini pensano di poter costruire la pace da soli, ma è importante capire che è Dio che può donarci una pace vera e solida. Se lo sappiamo ascoltare, se gli facciamo spazio nella nostra vita, Dio scioglie l’egoismo che spesso inquina i rapporti tra le persone e tra le Nazioni e fa sorgere desideri di riconciliazione, di perdono e di pace, anche in chi ha il cuore indurito".

"Se vi aiutate l’un l’altro a cercare il grande Autore della vita, della gioia, dell’amore, della pace, scoprirete che questo Autore non è mai lontano da voi, anzi, è vicinissimo: è il Dio che si è fatto bambino in Gesù!", ha concluso il Santo Padre.


mercoledì 19 dicembre 2012

LA FEDE DI MARIA ALLA LUCE DEL MISTERO DELL'ANNUNCIAZIONE

Città del Vaticano, 19 dicembre 2012 (VIS). La fede di Maria a partire dal grande mistero dell'Annunciazione è stato il tema della catechesi di Benedetto XVI per l'ultima udienza generale del 2012, tenutasi nell'Aula Paolo VI.

Nell'Annunciazione l'Arcangelo Gabriele saluta Maria con le parole: "Rallegrati, piena di Grazia: il Signore è con te". Questo saluto - ha detto il Papa - è "un invito alla gioia (...), annuncia la fine della tristezza che c'è nel mondo di fronte al limite della vita, alla sofferenza, alla morte, alla cattiveria, al buio del male che sembra oscurare la luce della bontà divina. È un saluto che segna l'inizio del Vangelo, della Buona Novella".

La risposta al motivo della gioia della Vergine si trova nella seconda parte del saluto: "il Signore è con te. In Maria "si compie l'attesa della venuta definitiva di Dio, in lei prende dimora il Dio vivente". L'espressione "piena di grazia" chiarisce ulteriormente la sorgente del rallegrarsi di Maria che "proviene dalla comunione con Dio, dall'avere una connessione così vitale con Lui, dall'essere dimora dello Spirito Santo. (...) Maria è la creatura che in modo unico ha spalancato la porta al suo Creatore, si è messa nelle sue mani, senza limiti" e "vive (...) attenta a cogliere i segni di Dio nel cammino del suo popolo; è inserita in una storia di fede e di speranza nelle promesse di Dio, che costituisce il tessuto della sua esistenza". Come Abramo "così Maria si affida con piena fiducia alla parole che le annuncia il messaggero di Dio e diventa modello e madre di tutti i credenti".

"Vorrei sottolineare - ha detto Benedetto XVI - un altro aspetto importante: l’apertura dell’anima a Dio e alla sua azione nella fede include anche l’elemento dell’oscurità. La relazione dell’essere umano con Dio non cancella la distanza tra Creatore e creatura (...) Ma proprio colui che - come Maria – è aperto in modo totale a Dio, giunge ad accettare il volere divino, anche se è misterioso, anche se spesso non corrisponde al proprio volere (...) Così è per Maria, la sua fede vive la gioia dell’Annunciazione, ma passa anche attraverso il buio della crocifissione del Figlio, per poter giungere fino alla luce della Risurrezione".

"Non è diverso anche il cammino di fede di ognuno di noi: incontriamo momenti di luce, ma incontriamo anche passaggi in cui Dio sembra assente, il suo silenzio pesa nel nostro cuore e la sua volontà non corrisponde alla nostra (...). Ma quanto più ci apriamo a Dio, (...) come Abramo e come Maria - tanto più Egli ci rende capaci, con la sua presenza, di vivere ogni situazione della vita nella pace e nella certezza della sua fedeltà e del suo amore. Questo però significa uscire da sé stessi e dai propri progetti, perché la Parola di Dio sia la lampada che guida i nostri pensieri e le nostre azioni".

Dalla perdita di Gesù al Tempio, Maria "deve rinnovare la fede profonda con cui ha detto 'sì' nell’Annunciazione; (...) deve saper lasciare libero quel Figlio che ha generato perché segua la sua missione. E il 'sì' di Maria alla volontà di Dio, nell’obbedienza della fede, si ripete lungo tutta la sua vita, fino al momento più difficile, quello della Croce".

"C’è un atteggiamento di fondo che Maria assume di fronte a ciò che avviene nella sua vita - ha spiegato il Papa - (...) Si afferma che Maria 'custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore', in greco il termine è symballon, potremmo dire che Ella (...) collocava ogni singolo elemento, ogni parola, ogni fatto all’interno del tutto e lo confrontava, lo conservava, riconoscendo che tutto proviene dalla volontà di Dio. Maria non si ferma ad una prima comprensione superficiale di ciò che avviene nella sua vita, ma sa guardare in profondità, si lascia interpellare dagli eventi, li elabora, li discerne, e acquista quella comprensione che solo la fede può garantire. È l’umiltà profonda della fede obbediente di Maria, che accoglie in sé anche ciò che non comprende dell’agire di Dio, lasciando che sia Dio ad aprirle la mente e il cuore".

"La solennità del Natale del Signore che tra poco celebreremo, ci invita a vivere questa stessa umiltà e obbedienza di fede. La gloria di Dio non si manifesta nel trionfo e nel potere di un re, non risplende in una città famosa, (...) ma prende dimora nel grembo di una vergine, si rivela nella povertà di un bambino. L’onnipotenza di Dio, anche nella nostra vita, agisce con la forza, spesso silenziosa, della verità e dell’amore. La fede ci dice, allora, che l’indifesa potenza di quel Bambino alla fine vince il rumore delle potenze del mondo".

ALTRI ATTI PONTIFICI

Città del Vaticano, 19 dicembre 2012 (VIS). Il Santo Padre:

- Ha nominato il Reverendo Peter Loy Chong, Arcivescovo di Suva (superficie: 18.333; popolazione: 1.297.683; cattolici: 101.050; sacerdoti: 81: religiosi: 162), Isole Fiji. L'Arcivescovo eletto è nato nel 1961 a Natovi (Isole Fiji) ed è stato ordinato sacerdote nel 1992. Dal 1992 al 1995 è stato Vicario parrocchiale di "Our Lady of Perpetual Help" a Lautoka; dal 1996 al 2000 è stato parroco della "Immaculate Heart of Mary" a Vatukoula. Dal 2005 al 2012 ha compiuto gli studi superiori alla "Jesuit School of Theology" della "Santa Clara University", in California, terminati con il Dottorato in Teologia. Succede all'Arcivescovo Petero Mataca, del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della medesima Arcidiocesi, presentata per raggiunti limiti d'età.

- Ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Chiesa Caldea presentata da Sua Beatitudine il Cardinale Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei (Iraq), ed ha convocato a Roma per il 28 gennaio 2013 il Sinodo dei Vescovi della medesima Chiesa per l'elezione del Successore, incaricando a presiederlo il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. A norma del diritto, l'Amministratore della Chiesa Caldea fino all'elezione del Patriarca è il Vescovo di Curia S.E.R. Mons. Jacques Ishaq, Arcivescovo titolare di Nisibi dei Caldei.


martedì 18 dicembre 2012

RELIGIONE E SPAZIO PUBBLICO

Città del Vaticano, 18 dicembre 2012 (VIS). Il Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Università di Roma Tre, ha promosso un seminario internazionale che si conclude oggi, sul tema: "Religione e spazio pubblico".

Le questioni esaminate sono state: la ridefinizione dello spazio pubblico in rapporto alla nuova presenza del religioso; il dibattito sull'ammissione o sul rifiuto di simboli religiosi negli spazi pubblici; le modalità in cui le diverse presenze religiose si rapportano con la politica, con la cultura e con la presenza dei simboli negli spazi pubblici; la concezione dell'attuale pluralismo religioso in due nazioni in cui il cattolicesimo ha agito fino ad un passato recente in condizioni di monopolio o di quasi monopolio e/o all'interno di "mercati religiosi" protetti; i rapporti tra poteri politici e poteri religiosi.

Il filosofo Massimo Introvigne, coordinatore dell'Osservatorio della Libertà Religiosa del Ministero degli Esteri, ha aperto, nel pomeriggio di ieri, il seminario con una relazione dal titolo: "Libertà religiosa e rapporti fra Stati e religioni. Diversi modelli in conflitto?"". Successivamente ha avuto luogo una tavola rotonda su "Il caso Italia"; "Chiesa e Stato in Italia e Brasile: problemi e momenti" alla luce delle questioni: "Libertà religiosa, spazio pubblico e ordinamento giuridico, tra ridefinizioni e nuovi scenari"; "Laicità nell'Italia plurale"; "La laicità come ideologia"; "Aggregazioni laicali fra secolarizzazione e desecolarizzazione".

La prima giornata si è conclusa con un dibattito dedicato a "Religione e politica in Italia".

Questa mattina si è discusso de "Il caso Brasile" e si è esaminato il seguente tema: "Rinnovamento Carismatico Cattolico e Pentecostalismo evangelico in Brasile: divergenze dottrinarie e convergenze politiche". In tale contesto si sono esaminate le seguenti questioni: "I diritti umani nella Chiesa cattolica in Brasile: dal discorso politico al discorso morale"; e di "Simboli religiosi negli spazi pubblici: cattolicesimo in distinte configurazioni". Alle 10:30 il sociologo Franco Garelli ha presentato una relazione su: "La religione nello spazio pubblico", mentre "Religione e politica in America Latina è stato il tema della tavola rotonda delle 11:30. Si sono quindi esaminati i seguenti temi: "I Santuari Mariani come spazio pubblico: cattolicesimo e nazione in Argentina"; "Argentina: la complicità del silenzio"; "Pastorale rivoluzionaria: alcune considerazioni sui preti guerriglieri in America Latina"; "Rapporto Chiesa/Stato in Argentina durante l'ultimo governo militare (1976-1983"; "Chiesa della liberazione e nuovi governi popolari".

Alle 15:00 il sociologo Enzo Pace parlerà sul tema: "Achille e la tartaruga: il cattolicesimo italiano di fronte all'inedita diversità religiosa". Una tavola rotonda su "Religione e spazio pubblico" concluderà il Seminario.


lunedì 17 dicembre 2012

UDIENZA AL PRESIDENTE DELL'AUTORITÀ PALESTINESE

Città del Vaticano, 17 dicembre 2012 (VIS). Questa mattina il Santo Padre ha ricevuto in udienza nel Palazzo Apostolico Vaticano il Signor Mahmoud Abbas, Presidente dell’Autorità Palestinese, il quale successivamente si è incontrato con il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, accompagnato dall'Arcivescovo Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Nel corso dei cordiali colloqui si è fatto riferimento alla recente risoluzione approvata dall’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite con la quale si riconosce la Palestina come Stato Osservatore non membro della suddetta Organizzazione. Si è auspicato che tale iniziativa incoraggi l’impegno della comunità internazionale per una soluzione giusta e duratura del conflitto israelo-palestinese, che potrà raggiungersi solo riprendendo in buona fede il negoziato tra le Parti, nel rispetto dei diritti di tutti.

Ci si è soffermati poi sulla situazione della Regione, travagliata da tanti conflitti, auspicando il coraggio della riconciliazione e della pace.

Non è mancato, infine, un riferimento al contributo che le comunità cristiane offrono al bene comune della società nei Territori Palestinesi e in tutto il Medio Oriente.





IL PAPA AGLI ATLETI OLIMPICI: SIATE MODELLO DI LEALE PRATICA SPORTIVA

Città del Vaticano, 17 dicembre 2012 (VIS). "Ogni attività sportiva, sia a livello amatoriale che agonistico, richiede la lealtà nella competizione, il rispetto del proprio corpo, il senso di solidarietà e di altruismo e poi anche la gioia, la soddisfazione e la festa. Tutto ciò presuppone un cammino di autentica maturazione umana, fatto di rinunce, di tenacia, di pazienza, e soprattutto di umiltà, che non viene applaudita, ma che è il segreto della vittoria".

Con queste parole il Papa ha ricevuto questa mattina gli atleti che hanno rappresentato l'Italia nelle Olimpiadi di Londra 2012, e dove hanno conquistato 28 medaglie, di cui 8 d'oro. Erano presenti insieme agli atleti i Dirigenti del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI).

"La Chiesa si interessa di sport, perché le sta a cuore l’uomo, tutto l’uomo, e riconosce che l’attività sportiva incide sull’educazione, sulla formazione della persona, sulle relazioni, sulla spiritualità. (...) L’atleta che vive integralmente la propria esperienza si fa attento al progetto di Dio sulla sua vita, impara ad ascoltarne la voce nei lunghi tempi di allenamento, a riconoscerlo nel volto del compagno, e anche dell’avversario di gara! (...)

Penso dunque a voi, cari atleti, come a dei campioni-testimoni, con una missione da compiere: possiate essere, per quanti vi ammirano, validi modelli da imitare, (...) maestri di una pratica sportiva che sia sempre leale e limpida".

"La pressione di conseguire risultati significativi - ha affermato il Papa - non deve mai spingere a imboccare scorciatoie come avviene nel caso del doping. Lo stesso spirito di squadra sia di sprone ad evitare questi vicoli ciechi, ma anche di sostegno a chi riconosce di avere sbagliato, in modo che si senta accolto e aiutato".

"In questo Anno della fede vorrei sottolineare che l’attività sportiva può educare la persona anche all’“agonismo” spirituale, cioè a vivere ogni giorno cercando di far vincere il bene sul male, la verità sulla menzogna, l’amore sull’odio, e questo prima di tutto in se stessi. Pensando poi all’impegno della nuova evangelizzazione, anche il mondo dello sport può essere considerato un moderno 'cortile dei gentili', cioè un’opportunità preziosa di incontro aperta a tutti, credenti e non credenti, dove sperimentare la gioia e anche la fatica di confrontarsi con persone diverse per cultura, lingua e orientamento religioso".

Infine il Papa ha ricordato la figura del Beato Pier Giorgio Frassati "un giovane che univa in sé la passione per lo sport – amava specialmente le ascensioni in montagna – e la passione per Dio. Vi invito, cari atleti, a leggere una sua biografia: il beato Pier Giorgio ci mostra che essere cristiani significa amare la vita, amare la natura, ma soprattutto amare il prossimo, in particolare le persone in difficoltà. Auguro anche a ciascuno di voi di gustare la gioia più grande: quella di migliorarvi giorno dopo giorno, riuscendo ad amare sempre un po’ di più".

ACCORDO SANTA SEDE-REPUBBLICA DI CINA

Città del Vaticano, 17 dicembre 2012 (VIS). Questa mattina si è tenuto in Vaticano e a Taipei lo scambio di Note Verbali con le quali la Segreteria di Stato e il Ministero degli Affari Esteri hanno comunicato, rispettivamente, che la Santa Sede e la Repubblica di Cina, hanno compiuto le procedure necessarie per l'entrata in vigore dell'Accordo fra la Congregazione per l'Educazione della Santa Sede e il Ministero dell'Educazione della Repubblica di Cina relativamente alla collaborazione nell'ambito dell'educazione superiore e sul riconoscimento degli studi, delle qualificazioni, dei diplomi e delle lauree".

L'Accordo è stato firmato a Taipei il 2 dicembre 2011 dal Cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica e dal Dottor Wu Ching-ji, Ministro dell'Educazione della Repubblica di Cina (R.O.C.). Il 20 novembre scorso, l'Assemblea Parlamentare (Yuan Legislativo) della R.O.C. l'ha approvato all'unanimità.

Si tratta di un Accordo “di carattere culturale e amministrativo” (Art. 23), che è stato stipulato nel quadro della Convenzione Regionale dell’U.N.E.S.C.O. sul riconoscimento degli studi, diplomi e gradi nell’insegnamento superiore in Asia e nel Pacifico, firmata a Tokyo il 26 novembre 2011 con la partecipazione - fra gli altri Stati - della Repubblica Popolare Cinese e della Santa Sede. I settori, che vengono regolati, sono due: quello propriamente accademico-amministrativo del riconoscimento reciproco di studi, qualifiche, diplomi e gradi, e quello della collaborazione nel campo dell’insegnamento superiore, che prevede una presenza della Chiesa cattolica nell’ambito universitario dell’area di lingua cinese.

Con il suddetto Accordo, la R.O.C. concede alla Santa Sede sia il riconoscimento dei titoli di studio e dei gradi ecclesiastici rilasciati in ogni parte del mondo, sia il rispetto della normativa canonica sulla struttura e sulla gestione delle università cattoliche e delle facoltà ecclesiastiche di teologia a Taiwan, sia ancora la possibilità di proporre i valori cristiani nell’ambito accademico anche nelle facoltà diverse da quelle di teologia. Queste ultime due garanzie sono contenute, fondamentalmente, nell’Art. 2 che prevede il riconoscimento del carattere unico del sistema educativo, proprio delle università e facoltà ecclesiastiche. Tale riconoscimento implica il rispetto della legislazione accademica canonica, la salvaguardia del profilo cattolico delle istituzioni accademiche, l’esclusiva competenza della Santa Sede per i contenuti, per i programmi e per la nomina dei responsabili e dei docenti, nonché l’impegno scritto individuale (dei docenti e del personale amministrativo) per una condotta morale compatibile con la dottrina e la morale cattolica. Il resto dell’Accordo tratta, per lo più, gli aspetti tecnico-burocratici del riconoscimento degli studi, delle qualificazioni, dei titoli e dei gradi: e ciò avviene citando, spesso alla lettera, le relative Convenzioni regionali dell’U.N.E.S.C.O.

L’Accordo porterà vantaggi anche agli ecclesiastici (sacerdoti, seminaristi e religiose), che dalla Cina Continentale andranno a studiare presso l’Università Cattolica Fu Jen di Taipei.


GIUSTIZIA E CARITÀ NON SI OPPONGONO

Città del Vaticano, 16 dicembre 2012 (VIS). Di ritorno dalla visita pastorale alla Parrocchia romana di San Patrizio a Colle Prenestino, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio per recitare l’Angelus con i fedeli convenuti in Piazza San Pietro.

Il Papa si è soffermato nuovamente sulla figura di San Giovanni Battista che il Vangelo di oggi presenta mentre parla alla gente che si reca da lui al fiume Giordano per farsi battezzare, esortandola a prepararsi alla venuta del Messia. Il dialogo fra la moltitudine che domanda "Che cosa dobbiamo fare" e il profeta si rivela "di grande attualità".

"La prima risposta è rivolta alla folla in generale. Il Battista dice: 'Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto'. Qui possiamo vedere - ha spiegato il Pontefice - un criterio di giustizia, animato dalla carità. La giustizia chiede di superare lo squilibrio tra chi ha il superfluo e chi manca del necessario; la carità spinge ad essere attenti all’altro e ad andare incontro al suo bisogno, invece di trovare giustificazioni per difendere i propri interessi. Giustizia e carità non si oppongono, ma sono entrambe necessarie e si completano a vicenda".

"E poi vediamo la seconda risposta, che è diretta ad alcuni 'pubblicani', cioè esattori delle tasse per conto dei Romani. Già per questo i pubblicani erano disprezzati, e anche perché spesso approfittavano della loro posizione per rubare. Ad essi il Battista non dice di cambiare mestiere, ma di non esigere nulla di più di quanto è stato fissato. Il profeta, a nome di Dio, non chiede gesti eccezionali, ma anzitutto il compimento onesto del proprio dovere. Il primo passo verso la vita eterna è sempre l’osservanza dei comandamenti; in questo caso il settimo: 'Non rubare'".

"La terza risposta riguarda i soldati, un’altra categoria dotata di un certo potere, e quindi tentata di abusarne. Ai soldati Giovanni dice: 'Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe'. Anche qui, la conversione comincia dall’onestà e dal rispetto degli altri: un’indicazione che vale per tutti, specialmente per chi ha maggiori responsabilità".

"Considerando nell’insieme questi dialoghi, colpisce la grande concretezza delle parole di Giovanni: dal momento che Dio ci giudicherà secondo le nostre opere, è lì, nei comportamenti, che bisogna dimostrare di seguire la sua volontà. E proprio per questo le indicazioni del Battista sono sempre attuali: anche nel nostro mondo così complesso, le cose andrebbero molto meglio se ciascuno osservasse queste regole di condotta".

Dopo l'Angelus, nelle parole di saluto nelle diverse lingue, il Papa ha ricordato che dal 28 dicembre al 2 gennaio prossimo, si terrà a Roma l'incontro europeo dei giovani, promosso dalla comunità di Taizé. Benedetto XVI ha ringraziato le famiglie per la loro disponibilità ad ospitare i giovani e poiché le richieste sono superiori alle attese, ha rinnovato l'appello rivolto alle parrocchie affinché altre famiglie "possano fare questa bella esperienza di amicizia cristiana".

Successivamente il Papa ha espresso la sua vicinanza spirituale a quanti in Polonia fanno parte dell'"Opera Natalizia Aiuti ai Bambini". "Auspico - ha detto - che questa iniziativa caritativa ed ecumenica, un gesto di concreto aiuto offerto ai bisognosi, porti la gioia nei cuori di molti bambini. La fiamma delle candele accese nelle famiglie durante la cena della Vigilia di Natale sia il simbolo di tale iniziativa. Sia Dio a premiare la generosità dei cuori e benedica tutti".

Infine il Papa ha rivolto uno speciale saluto ai bambini di Roma, venuti in Piazza San Pietro per la tradizionale benedizione dei 'Bambinelli', le statuine di Gesù Bambino che i ragazzi metteranno nei presepi delle famiglie, delle scuole e delle parrocchie.


LA GIOIA DEL TEMPO DI AVVENTO

Città del Vaticano, 16 dicembre 2012 (VIS). Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in visita pastorale alla parrocchia di San Patrizio a Colle Prenestino, un quartiere urbanizzato fra gli anni '60 e '80 del '900, che dal 2007 ha una nuova chiesa. Il Papa ha salutato la comunità parrocchiale, i bambini battezzati nel corso dell'anno, e i loro genitori. Alle 10:00 ha presieduto la Santa Messa.

Nella terza domenica di Avvento - domenica "Gaudete", perché invita alla gioia, il Santo Padre ha ricordato che il tempo di Avvento è non soltanto un tempo di conversione ma anche di gioia "perché in esso si risveglia nei cuori dei credenti l’attesa del Salvatore, e attendere la venuta di una persona amata è sempre motivo di gioia".

Il Papa ha commentato la prima lettura nella quale il profeta Sofonia usa l'espressione "Rallegrati, figlia di Sion", ed ha sottolineato che il profeta intende affermare "che non c’è più alcun motivo di sfiducia, (...) di tristezza, qualunque sia la situazione che si deve affrontare, perché siamo certi della presenza del Signore, che da sola basta a rasserenare e rallegrare i cuori. Il profeta (...) inoltre, fa capire che questa gioia è reciproca: noi siamo invitati a rallegrarci, ma anche il Signore si rallegra per la sua relazione con noi".

"Tra pochi giorni - ha ricordato il Pontefice - celebreremo il Natale, la festa della venuta di Dio, che si è fatto bambino e nostro fratello per stare con noi e condividere la nostra condizione umana. Dobbiamo rallegrarci per questa sua vicinanza, per questa sua presenza e cercare di capire sempre più che realmente è vicino, e così essere penetrati dalla realtà della bontà di Dio, della gioia che Cristo è con noi. Paolo dice con forza in un'altra Lettera che nulla può separarci dall’amore di Dio che si è manifestato in Cristo. Solo il peccato ci allontana da Lui, ma questo è un fattore di separazione che noi stessi introduciamo nel nostro rapporto con il Signore. Però, anche quando noi ci allontaniamo, Egli non cessa di amarci e continua ad esserci vicino con la sua misericordia, con la sua disponibilità a perdonare e a riaccoglierci nel suo amore".

"Perciò, (...) non dobbiamo mai angustiarci, possiamo sempre esporre al Signore le nostre richieste, le nostre necessità, le nostre preoccupazioni, 'con preghiere e suppliche'. E questo è un grande motivo di gioia: sapere che è sempre possibile pregare il Signore e che il Signore ci ascolta, che Dio non è lontano, ma ascolta realmente, ci conosce, e sapere che non respinge mai le nostre preghiere, anche se non risponde sempre così come noi desideriamo, ma risponde".

"La gioia che il Signore ci comunica deve trovare in noi l’amore riconoscente. Infatti, la gioia è piena quando riconosciamo la sua misericordia, quando diventiamo attenti ai segni della sua bontà (...). Chi accoglie i doni di Dio in modo egoistico, non trova la vera gioia; invece chi trae occasione dai doni ricevuti da Dio per amarlo con sincera gratitudine e per comunicare agli altri il suo amore, questi ha il cuore veramente pieno di gioia", ha concluso il Pontefice.

Al termine della celebrazione eucaristica il Papa ha salutato gli anziani e i malati della parrocchia ed ha fatto rientro in Vaticano per la recita dell'Angelus.

TELEGRAMMA PER "LA INSENSATA TRAGEDIA" DELLA SCUOLA ELEMENTARE DI SANDY HOOK

Città del Vaticano, 15 dicembre 2012 (VIS). Il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, ha fatto pervenire, a nome del Santo Padre, un telegramma di cordoglio al Monsignor Jerald A. Doyle, Amministratore Diocesano della Diocesi di Bridgeport (Stati Uniti d'America), per la sparatoria nella scuola elementare di Sandy Hook a Newton (Connecticut), nella quale sono rimaste uccise 26 persone, 20 bambini e sei adulti.

"Il Santo Padre è stato subito informato della sparatoria nella Scuola Elementare di Sandy Hook a Newton e mi ha pregato di trasmettere il suo sentito dolore e l'assicurazione della sua vicinanza nella preghiera alle vittime e alle loro famiglie e a tutti coloro che sono sotto choc per questo terribile avvenimento. A seguito di questa insensata tragedia il Papa chiede a Dio nostro Padre di consolare tutti coloro che sono in lutto e di sostenere l'intera comunità con la forza spirituale che trionfa sulla violenza, con il potere del perdono, della speranza e dell'amore che riconcilia".


MESSAGGIO GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

Città del Vaticano, 15 dicembre 2012 (VIS). Questa mattina è stato reso pubblico il Messaggio del Santo Padre per la L Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni che si celebrerà il 21 aprile 2012, quarta domenica di Pasqua, sul tema: "Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede". Di seguito ne riportiamo ampi estratti.

"Cari fratelli e sorelle, in che cosa consiste la fedeltà di Dio alla quale affidarci con ferma speranza? Nel suo amore. Egli, che è Padre, riversa nel nostro io più profondo, mediante lo Spirito Santo, il suo amore (cfr Rm 5,5). E proprio questo amore, manifestatosi pienamente in Gesù Cristo, interpella la nostra esistenza, chiede una risposta su ciò che ciascuno vuole fare della propria vita, su quanto è disposto a mettere in gioco per realizzarla pienamente".

"L’amore di Dio segue a volte percorsi impensabili, ma raggiunge sempre coloro che si lasciano trovare. La speranza si nutre, dunque, di questa certezza: 'Noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi' (1 Gv 4,16). E questo amore esigente, profondo, che va oltre la superficialità, ci dà coraggio, ci fa sperare nel cammino della vita e nel futuro, ci fa avere fiducia in noi stessi, nella storia e negli altri".

"Vorrei rivolgermi in modo particolare a voi giovani e ripetervi: 'Che cosa sarebbe la vostra vita senza questo amore? Dio si prende cura dell’uomo dalla creazione fino alla fine dei tempi, quando porterà a compimento il suo progetto di salvezza. Nel Signore Risorto abbiamo la certezza della nostra speranza'".

"Come avvenne nel corso della sua esistenza terrena, anche oggi Gesù, il Risorto, passa lungo le strade della nostra vita, e ci vede immersi nelle nostre attività, con i nostri desideri e i nostri bisogni. Proprio nel quotidiano continua a rivolgerci la sua parola; ci chiama a realizzare la nostra vita con Lui, il solo capace di appagare la nostra sete di speranza. Egli, Vivente nella comunità di discepoli che è la Chiesa, anche oggi chiama a seguirlo. E questo appello può giungere in qualsiasi momento".

"Anche oggi Gesù ripete: 'Vieni! Seguimi!' (Mc 10,21). Per accogliere questo invito, occorre non scegliere più da sé il proprio cammino. Seguirlo significa immergere la propria volontà nella volontà di Gesù, dargli davvero la precedenza, metterlo al primo posto rispetto a tutto ciò che fa parte della nostra vita: alla famiglia, al lavoro, agli interessi personali, a se stessi. Significa consegnare la propria vita a Lui, vivere con Lui in profonda intimità, entrare attraverso di Lui in comunione col Padre nello Spirito Santo e, di conseguenza, con i fratelli e le sorelle. E questa comunione di vita con Gesù il 'luogo' privilegiato dove sperimentare la speranza e dove la vita sarà libera e piena!".

"Le vocazioni sacerdotali e religiose nascono dall’esperienza dell’incontro personale con Cristo, dal dialogo sincero e confidente con Lui, per entrare nella sua volontà. È necessario, quindi, crescere nell’esperienza di fede, intesa come relazione profonda con Gesù, come ascolto interiore della sua voce, che risuona dentro di noi. Questo itinerario, che rende capaci di accogliere la chiamata di Dio, può avvenire all’interno di comunità cristiane che vivono un intenso clima di fede, una generosa testimonianza di adesione al Vangelo, una passione missionaria che induca al dono totale di sé per il Regno di Dio, alimentato dall’accostamento ai Sacramenti, in particolare all’Eucaristia, e da una fervida vita di preghiera. Quest’ultima 'deve, da una parte, essere molto personale, un confronto del mio io con Dio, con il Dio vivente. Dall’altra, tuttavia, essa deve essere sempre di nuovo guidata e illuminata dalle grandi preghiere della Chiesa e dei santi, dalla preghiera liturgica, nella quale il Signore ci insegna continuamente a pregare nel modo giusto'".

"La preghiera costante e profonda fa crescere la fede della comunità cristiana, nella certezza sempre rinnovata che Dio mai abbandona il suo popolo e che lo sostiene suscitando vocazioni speciali, al sacerdozio e alla vita consacrata, perché siano segni di speranza per il mondo. I presbiteri e i religiosi, infatti, sono chiamati a donarsi in modo incondizionato al Popolo di Dio, in un servizio di amore al Vangelo e alla Chiesa, un servizio a quella salda speranza che solo l’apertura all’orizzonte di Dio può donare".

"Pertanto essi, con la testimonianza della loro fede e con il loro fervore apostolico, possono trasmettere, in particolare alle nuove generazioni, il vivo desiderio di rispondere generosamente e prontamente a Cristo che chiama a seguirlo più da vicino. Quando un discepolo di Gesù accoglie la divina chiamata per dedicarsi al ministero sacerdotale o alla vita consacrata, si manifesta uno dei frutti più maturi della comunità cristiana, che aiuta a guardare con particolare fiducia e speranza al futuro della Chiesa e al suo impegno di evangelizzazione. Esso infatti necessita sempre di nuovi operai per la predicazione del Vangelo, per la celebrazione dell’Eucaristia, per il Sacramento della Riconciliazione. Non manchino perciò sacerdoti zelanti, che sappiano accompagnare i giovani quali 'compagni di viaggio' per aiutarli a riconoscere, nel cammino a volte tortuoso e oscuro della vita, il Cristo, Via, Verità e Vita; per proporre loro, con coraggio evangelico, la bellezza del servizio a Dio, alla comunità cristiana, ai fratelli. Sacerdoti che mostrino la fecondità di un impegno entusiasmante, che conferisce un senso di pienezza alla propria esistenza, perché fondato sulla fede in Colui che ci ha amati per primo".

"Ugualmente, auspico che i giovani, in mezzo a tante proposte superficiali ed effimere, sappiano coltivare l’attrazione verso i valori, le mete alte, le scelte radicali, per un servizio agli altri sulle orme di Gesù. Cari giovani, non abbiate paura di seguirlo e di percorrere le vie esigenti e coraggiose della carità e dell’impegno generoso! Così sarete felici di servire, sarete testimoni di quella gioia che il mondo non può dare, sarete fiamme vive di un amore infinito ed eterno, imparerete a 'rendere ragione della speranza che è in voi'".


UDIENZE

Città del Vaticano, 17 dicembre 2012 (VIS). Questa mattina il Santo Padre ha ricevuto in udienza i Cardinali Julian Herranz, Jozef Tomko, e Salvatore De Giorgi.

ALTRI ATTI PONTIFICI

Città del Vaticano, 15 dicembre 2012 (VIS). Il Santo Padre ha nominato:

- Il Monsignore Nicolas Henry Marie Denis Thevenin, Consigliere di Nunziatura, affidandogli allo stesso tempo l'ufficio di Nunzio Apostolico.

- Consultori della Congregazione per la Dottrina della Fede: l'Arcivescovo Angelo Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica, ed il Reverendo Professore Achim Buckenmaier (Germania), Docente di Teologia Dogmatica e Direttore della Cattedra per la Teologia del Popolo di Dio presso la Pontificia Università Lateranense in Roma.

venerdì 14 dicembre 2012

PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Città del Vaticano, 14 dicembre 2012 (VIS). Questa mattina presso la Sala Stampa della Santa Sede si è tenuta la conferenza stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre per la XLVI Giornata Mondiale della Pace che si celebra il 1° gennaio, sul tema quest'anno: "Beati gli operatori di pace". Alla conferenza stampa sono intervenuti il Cardinale Peter K.A. Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ed il Monsignor Mario Toso, Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.

Il Cardinale ha rilevato, come primo punto, "la concretezza del Messaggio". "L'espressione evangelica del titolo può far pensare ad un Messaggio di carattere piuttosto spirituale, per così dire, teorico. Invece l'argomentazione del Papa è estremamente aderente alla realtà. Constata un fatto, l'esistenza, in mezzo a conflitti, tensioni e violenze, dell'esistenza di molteplici operatori di pace; nella spiegazione della beatitudine evangelica sottolinea come si tratti di una promessa che è certezza, in quanto proviene da Dio, non legata al futuro, ma che già si realizza in questa vita; indica chiaramente cosa devono fare gli operatori di pace: promuovere la vita in pienezza, nella sua integralità, quindi in tutte le dimensioni della persona umana; richiama l'attenzione sui problemi più urgenti, la retta visione del matrimonio, il diritto all'obiezione di coscienza, la libertà religiosa (...), la questione del lavoro e della disoccupazione, la crisi alimentare, la crisi finanziaria, il ruolo della famiglia nell'educazione".

In un secondo punto il Cardinale Turkson ha sottolineato la "positività del Messaggio" che "oltre ad aprire alla speranza, riflette l'amore alla vita e alla vita in pienezza, per cui accanto ai temi della difesa della vita, il Papa mette in luce quelli legati alla giustizia, necessari per una vita degna, in pienezza, cioè nella quale tutti abbiano la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità".

Un terzo punto è "l'aspetto educativo-pedagogico del Messaggio. "È questo un aspetto che sta sempre a cuore alla Chiesa la quale ha fra i suoi compiti quello di 'formare le coscienze'. Sotto questo aspetto, forte è il richiamo del Pontefice alla responsabilità della varie istanze educative chiamate a formare classi dirigenti adeguate e studiare modelli economici e finanziari nuovi. Ciò è necessario per superare la fase particolarmente grave che sta vivendo il mondo globalizzato, una fase di profonda cristi spirituale e morale in cui sanguinosi sono ancora i conflitti e le molteplici minacce di pace".

"Il Messaggio di Benedetto XVI - ha affermato Monsignor Toso - è invito ad essere operatori di pace a trecentosessanta gradi, tutelando ed implementando tutti i diritti e doveri dell'uomo e delle comunità".

"Sintomatico di questo modo di sentire e di vedere del Pontefice - ha continuato Monsignor Toso - è il passaggio in cui egli, in un contesto di recessione economica - provocata anche dalla crisi finanziaria iniziata nel 2007 -, polemizzando con le ideologia del liberismo radicale e della tecnocrazia secondo le quali sarebbe possibile lo sviluppo senza il progresso sociale e democratico, invita a non erodere i diritti sociali, tra i quali soprattutto il diritto al lavoro. Questo è un diritto fondamentale, non marginale. Senza la difesa e la promozione dei diritti sociali - lo insegnavano già liberali, comunisti, socialisti e cattolici nel secolo scorso - non si realizzano adeguatamente i diritti civili e politici. La stessa democrazia sostanziale, sociale e partecipativa sarebbe messa a repentaglio".

In breve, il Messaggio è per la crescita di una famiglia umana che non sia divisa tra gruppi e popoli a favore della vita e gruppi e popoli che militano, invece, per la pace, senza tuttavia un'uguale 'passione' per la difesa della vita umana, dal suo sbocciare al suo tramonto", ha concluso il Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace".


BEATI GLI OPERATORI DI PACE

Città del Vaticano, 14 dicembre 2012 (VIS). "Beati gli operatori di pace" è il titolo del Messaggio del Santo Padre per la XLVI Giornata Mondiale della Pace che si celebra ogni anno il 1° gennaio. Di seguito pubblichiamo il testo integrale, datato dal Vaticano, 8 dicembre 2012.

1.- Ogni nuovo anno porta con sé l'attesa di un mondo migliore. In tale prospettiva, prego Dio, Padre dell'umanità, di concederci la concordia e la pace, perché possano compiersi per tutti le aspirazioni di una vita felice e prospera. A 50 anni dall'inizio del Concilio Vaticano II, che ha consentito di rafforzare la missione della Chiesa nel mondo, rincuora constatare che i cristiani, quale Popolo di Dio in comunione con Lui e in cammino tra gli uomini, si impegnano nella storia condividendo gioie e speranze, tristezze ed angosce, annunciando la salvezza di Cristo e promuovendo la pace per tutti.

In effetti, i nostri tempi, contrassegnati alla globalizzazione, con i suoi aspetti positivi e negativi, nonché da sanguinosi conflitti ancora in atto e da minacce di guerra, reclamano un rinnovato e corale impegno nella ricerca del bene comune, dello sviluppo di tutti gli uomini e di tutto l'uomo.

Allarmano i focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti diseguaglianze fra ricchi e poveri, dal prevalere di una mentalità egoistica e individualista espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato. Oltre a svariate forme di terrorismo e di criminalità internazionale, sono pericolosi per la pace quei fondamentalismi e quei fanatismi che stravolgono la vera natura della religione, chiamata a favorire la comunione e la riconciliazione tra gli uomini.

E tuttavia, le molteplici opere di pace, di cui è ricco il mondo, testimoniano l'innata vocazione dell'umanità alla pace. In ogni persona il desiderio di pace è aspirazione essenziale e coincide, in certa maniera, con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizzata. In altri termini, il desiderio di pace corrisponde ad un principio morale fondamentale, ossia, al dovere-diritto di uno sviluppo integrale, sociale, comunitario, e ciò fa parte del disegno di Dio sull'uomo. L'uomo è fatto per la pace che è dono di Dio. Tutto ciò mi ha suggerito di ispirarmi per questo Messaggio alle parole di Gesù Cristo: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio".

La beatitudine evangelica

2. Le beatitudini, proclamate da Gesù (cfr Mt 5,3-12 e Lc 6,20-23), sono promesse. Nella tradizione biblica, infatti, quello della beatitudine è un genere letterario che porta sempre con sé una buona notizia, ossia un vangelo, che culmina in una promessa. Quindi, le beatitudini non sono solo raccomandazioni morali, la cui osservanza prevede a tempo debito – tempo situato di solito nell’altra vita – una ricompensa, ossia una situazione di futura felicità. La beatitudine consiste, piuttosto, nell’adempimento di una promessa rivolta a tutti coloro che si lasciano guidare dalle esigenze della verità, della giustizia e dell’amore. Coloro che si affidano a Dio e alle sue promesse appaiono spesso agli occhi del mondo ingenui o lontani dalla realtà. Ebbene, Gesù dichiara ad essi che non solo nell’altra vita, ma già in questa scopriranno di essere figli di Dio, e che da sempre e per sempre Dio è del tutto solidale con loro. Comprenderanno che non sono soli, perché Egli è dalla parte di coloro che s’impegnano per la verità, la giustizia e l’amore. Gesù, rivelazione dell’amore del Padre, non esita ad offrirsi nel sacrificio di se stesso. Quando si accoglie Gesù Cristo, Uomo-Dio, si vive l’esperienza gioiosa di un dono immenso: la condivisione della vita stessa di Dio, cioè la vita della grazia, pegno di un’esistenza pienamente beata. Gesù Cristo, in particolare, ci dona la pace vera che nasce dall’incontro fiducioso dell’uomo con Dio.

La beatitudine di Gesù dice che la pace è dono messianico e opera umana ad un tempo. In effetti, la pace presuppone un umanesimo aperto alla trascendenza. È frutto del dono reciproco, di un mutuo arricchimento, grazie al dono che scaturisce da Dio e permette di vivere con gli altri e per gli altri. L’etica della pace è etica della comunione e della condivisione. È indispensabile, allora, che le varie culture odierne superino antropologie ed etiche basate su assunti teorico-pratici meramente soggettivistici e pragmatici, in forza dei quali i rapporti della convivenza vengono ispirati a criteri di potere o di profitto, i mezzi diventano fini e viceversa, la cultura e l’educazione sono centrate soltanto sugli strumenti, sulla tecnica e sull’efficienza. Precondizione della pace è lo smantellamento della dittatura del relativismo e dell’assunto di una morale totalmente autonoma, che preclude il riconoscimento dell’imprescindibile legge morale naturale scritta da Dio nella coscienza di ogni uomo. La pace è costruzione della convivenza in termini razionali e morali, poggiando su un fondamento la cui misura non è creata dall’uomo, bensì da Dio. «Il Signore darà potenza al suo popolo, benedirà il suo popolo con la pace», ricorda il Salmo 29 (v. 11).


La pace: dono di Dio e opera dell’uomo

3. La pace concerne l’integrità della persona umana ed implica il coinvolgimento di tutto l’uomo. È pace con Dio, nel vivere secondo la sua volontà. È pace interiore con se stessi, e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato. Comporta principalmente, come scrisse il beato Giovanni XXIII nell’Enciclica Pacem in terris, di cui tra pochi mesi ricorrerà il cinquantesimo anniversario, la costruzione di una convivenza fondata sulla verità, sulla libertà, sull’amore e sulla giustizia. 2 La negazione di ciò che costituisce la vera natura dell’essere umano, nelle sue dimensioni essenziali, nella sua intrinseca capacità di conoscere il vero e il bene e, in ultima analisi, Dio stesso, mette a repentaglio la costruzione della pace. Senza la verità sull’uomo, iscritta dal Creatore nel suo cuore, la libertà e l’amore sviliscono, la giustizia perde il fondamento del suo esercizio. Per diventare autentici operatori di pace sono fondamentali l’attenzione alla dimensione trascendente e il colloquio costante con Dio, Padre misericordioso, mediante il quale si implora la redenzione conquistataci dal suo Figlio Unigenito. Così l’uomo può vincere quel germe di oscuramento e di negazione della pace che è il peccato in tutte le sue forme: egoismo e violenza, avidità e volontà di potenza e di dominio, intolleranza, odio e strutture ingiuste. La realizzazione della pace dipende soprattutto dal riconoscimento di essere, in Dio, un’unica famiglia umana. Essa si struttura, come ha insegnato l’Enciclica Pacem in terris, mediante relazioni interpersonali ed istituzioni sorrette ed animate da un «noi» comunitario, implicante un ordine morale, interno ed esterno, ove si riconoscono sinceramente, secondo verità e giustizia, i reciproci diritti e i vicendevoli doveri. La pace è ordine vivificato ed integrato dall’amore, così da sentire come propri i bisogni e le esigenze altrui, fare partecipi gli altri dei propri beni e rendere sempre più diffusa nel mondo la comunione dei valori spirituali. È ordine realizzato nella libertà, nel modo cioè che si addice alla dignità di persone, che per la loro stessa natura razionale, assumono la responsabilità del proprio operare.

La pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile. I nostri occhi devono vedere più in profondità, sotto la superficie delle apparenze e dei fenomeni, per scorgere una realtà positiva che esiste nei cuori, perché ogni uomo è creato ad immagine di Dio e chiamato a crescere, contribuendo all’edificazione di un mondo nuovo. Infatti, Dio stesso, mediante l’incarnazione del Figlio e la redenzione da Lui operata, è entrato nella storia facendo sorgere una nuova creazione e una nuova alleanza tra Dio e l’uomo (cfr Ger 31,31-34), dandoci la possibilità di avere «un cuore nuovo» e «uno spirito nuovo» (cfr Ez 36,26). Proprio per questo, la Chiesa è convinta che vi sia l’urgenza di un nuovo annuncio di Gesù Cristo, primo e principale fattore dello sviluppo integrale dei popoli e anche della pace. Gesù, infatti, è la nostra pace, la nostra giustizia, la nostra riconciliazione (cfr Ef 2,14; 2 Cor 5,18). L’operatore di pace, secondo la beatitudine di Gesù, è colui che ricerca il bene dell’altro, il bene pieno dell’anima e del corpo, oggi e domani.

Da questo insegnamento si può evincere che ogni persona e ogni comunità – religiosa, civile, educativa e culturale –, è chiamata ad operare la pace. La pace è principalmente realizzazione del bene comune delle varie società, primarie ed intermedie, nazionali, internazionali e in quella mondiale. Proprio per questo si può ritenere che le vie di attuazione del bene comune siano anche le vie da percorrere per ottenere la pace.


Operatori di pace sono coloro che amano, difendono e promuovono la vita nella sua integralità

4. Via di realizzazione del bene comune e della pace è anzitutto il rispetto per la vita umana, considerata nella molteplicità dei suoi aspetti, a cominciare dal suo concepimento, nel suo svilupparsi, e sino alla sua fine naturale. Veri operatori di pace sono, allora, coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente. La vita in pienezza è il vertice della pace. Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita.

Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana e, per conseguenza, sostengono per esempio la liberalizzazione dell’aborto, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria. La fuga dalle responsabilità, che svilisce la persona umana, e tanto più l’uccisione di un essere inerme e innocente, non potranno mai produrre felicità o pace. Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace, lo sviluppo integrale dei popoli o la stessa salvaguardia dell’ambiente, senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri? Ogni lesione alla vita, specie nella sua origine, provoca inevitabilmente danni irreparabili allo sviluppo, alla pace, all’ambiente. Nemmeno è giusto codificare in maniera subdola falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica dell’essere umano e sull’abile utilizzo di espressioni ambigue, volte a favorire un preteso diritto all’aborto e all’eutanasia, minacciano il diritto fondamentale alla vita.

Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale.
Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace.

Perciò, è anche un’importante cooperazione alla pace che gli ordinamenti giuridici e l’amministrazione della giustizia riconoscano il diritto all’uso del principio dell’obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l’aborto e l’eutanasia.

Tra i diritti umani basilari, anche per la vita pacifica dei popoli, vi è quello dei singoli e delle comunità alla libertà religiosa. In questo momento storico, diventa sempre più importante che tale diritto sia promosso non solo dal punto di vista negativo, come libertà da – ad esempio, da obblighi e costrizioni circa la libertà di scegliere la propria religione –, ma anche dal punto di vista positivo, nelle sue varie articolazioni, come libertà di: ad esempio, di testimoniare la propria religione, di annunciare e comunicare il suo insegnamento; di compiere attività educative, di beneficenza e di assistenza che permettono di applicare i precetti religiosi; di esistere e agire come organismi sociali, strutturati secondo i principi dottrinali e i fini istituzionali che sono loro propri. Purtroppo, anche in Paesi di antica tradizione cristiana si stanno moltiplicando gli episodi di intolleranza religiosa, specie nei confronti del cristianesimo e di coloro che semplicemente indossano i segni identitari della propria religione.

L’operatore di pace deve anche tener presente che, presso porzioni crescenti dell’opinione pubblica, le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia insinuano il convincimento  che la crescita economica sia da conseguire anche a prezzo dell’erosione della funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali. Ora, va considerato che questi diritti e doveri sono fondamentali per la piena realizzazione di altri, a cominciare da quelli civili e politici.

Tra i diritti e i doveri sociali oggi maggiormente minacciati vi è il diritto al lavoro. Ciò è dovuto al fatto che sempre più il lavoro e il giusto riconoscimento dello statuto giuridico dei lavoratori non vengono adeguatamente valorizzati, perché lo sviluppo economico dipenderebbe soprattutto dalla piena libertà dei mercati. Il lavoro viene considerato così una variabile dipendente dei meccanismi economici e finanziari. A tale proposito, ribadisco che la dignità dell’uomo, nonché le ragioni economiche, sociali e politiche, esigono che si continui «a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti». In vista della realizzazione di questo ambizioso obiettivo è precondizione una rinnovata considerazione del lavoro, basata su principi etici e valori spirituali, che ne irrobustisca la concezione come bene fondamentale per la persona, la famiglia, la società. A un tale bene corrispondono un dovere e un diritto che esigono coraggiose e nuove politiche del lavoro per tutti.


Costruire il bene della pace mediante un nuovo modello di sviluppo e di economia

5. Da più parti viene riconosciuto che oggi è necessario un nuovo modello di sviluppo, come anche un nuovo sguardo sull’economia. Sia uno sviluppo integrale, solidale e sostenibile, sia il bene comune esigono una corretta scala di beni-valori, che è possibile strutturare avendo Dio come riferimento ultimo. Non è sufficiente avere a disposizione molti mezzi e molte opportunità di scelta, pur apprezzabili. Tanto i molteplici beni funzionali allo sviluppo, quanto le opportunità di scelta devono essere usati secondo la prospettiva di una vita buona, di una condotta retta che riconosca il primato della dimensione spirituale e l’appello alla realizzazione del bene comune. In caso contrario, essi perdono la loro giusta valenza, finendo per assurgere a nuovi idoli.

Per uscire dall’attuale crisi finanziaria ed economica – che ha per effetto una crescita delle disuguaglianze – sono necessarie persone, gruppi, istituzioni che promuovano la vita favorendo la creatività umana per trarre, perfino dalla crisi, un’occasione di discernimento e di un nuovo modello economico. Quello prevalso negli ultimi decenni postulava la ricerca della massimizzazione del profitto e del consumo, in un’ottica individualistica ed egoistica, intesa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esigenze della competitività. In un’altra prospettiva, invece, il vero e duraturo successo lo si ottiene con il dono di sé, delle proprie capacità intellettuali, della propria intraprendenza, poiché lo sviluppo economico vivibile, cioè autenticamente umano, ha bisogno del principio di gratuità come espressione di fraternità e della logica del dono. Concretamente, nell’attività economica l’operatore di pace si configura come colui che instaura con i collaboratori e i colleghi, con i committenti e gli utenti, rapporti di lealtà e di reciprocità. Egli esercita l’attività economica per il bene comune, vive il suo impegno come qualcosa che va al di là del proprio interesse, a beneficio delle generazioni presenti e future. Si trova così a lavorare non solo per sé, ma anche per dare agli altri un futuro e un lavoro dignitoso.

Nell’ambito economico, sono richieste, specialmente da parte degli Stati, politiche di sviluppo industriale ed agricolo che abbiano cura del progresso sociale e dell’universalizzazione di uno Stato di diritto e democratico. È poi fondamentale ed imprescindibile la strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali; essi vanno stabilizzati e maggiormente coordinati e controllati, in modo da non arrecare danno ai più poveri. La sollecitudine dei molteplici operatori di pace deve inoltre volgersi – con maggior risolutezza rispetto a quanto si è fatto sino ad oggi – a considerare la crisi alimentare, ben più grave di quella finanziaria. Il tema della sicurezza degli approvvigionamenti alimentari è tornato ad essere centrale nell’agenda politica internazionale, a causa di crisi connesse, tra l’altro, alle oscillazioni repentine dei prezzi delle materie prime agricole, a comportamenti irresponsabili da parte di taluni operatori economici e a un insufficiente controllo da parte dei Governi e della Comunità internazionale. Per fronteggiare tale crisi, gli operatori di pace sono chiamati a operare insieme in spirito di solidarietà, dal livello locale a quello internazionale, con l’obiettivo di mettere gli agricoltori, in particolare nelle piccole realtà rurali, in condizione di poter svolgere la loro attività in modo dignitoso e sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico.


Educazione per una cultura di pace: il ruolo della famiglia e delle istituzioni

6. Desidero ribadire con forza che i molteplici operatori di pace sono chiamati a coltivare la passione per il bene comune della famiglia e per la giustizia sociale, nonché l’impegno di una valida educazione sociale.

Nessuno può ignorare o sottovalutare il ruolo decisivo della famiglia, cellula base della società dal punto di vista demografico, etico, pedagogico, economico e politico. Essa ha una naturale vocazione a promuovere la vita: accompagna le persone nella loro crescita e le sollecita al mutuo potenziamento mediante la cura vicendevole. In specie, la famiglia cristiana reca in sé il germinale progetto dell’educazione delle persone secondo la misura dell’amore divino. La famiglia è uno dei soggetti sociali indispensabili nella realizzazione di una cultura della pace. Bisogna tutelare il diritto dei genitori e il loro ruolo primario nell’educazione dei figli, in primo luogo nell’ambito morale e religioso. Nella famiglia nascono e crescono gli operatori di pace, i futuri promotori di una cultura della vita e dell’amore.

6 In questo immenso compito di educazione alla pace sono coinvolte in particolare le comunità religiose. La Chiesa si sente partecipe di una così grande responsabilità attraverso la nuova evangelizzazione, che ha come suoi cardini la conversione alla verità e all’amore di Cristo e, di conseguenza, la rinascita spirituale e morale delle persone e delle società. L’incontro con Gesù Cristo plasma gli operatori di pace impegnandoli alla comunione e al superamento dell’ingiustizia.

Una missione speciale nei confronti della pace è ricoperta dalle istituzioni culturali, scolastiche ed universitarie. Da queste è richiesto un notevole contributo non solo alla formazione di nuove generazioni di leader, ma anche al rinnovamento delle istituzioni pubbliche, nazionali e internazionali Esse possono anche contribuire ad una riflessione scientifica che radichi le attività economiche e finanziarie in un solido fondamento antropologico ed etico. Il mondo attuale, in particolare quello politico, necessita del supporto di un nuovo pensiero, di una nuova sintesi culturale, per superare tecnicismi ed armonizzare le molteplici tendenze politiche in vista del bene comune. Esso, considerato come insieme di relazioni interpersonali ed istituzionali positive, a servizio della crescita integrale degli individui e dei gruppi, è alla base di ogni vera educazione alla pace.


Una pedagogia dell’operatore di pace

7. Emerge, in conclusione, la necessità di proporre e promuovere una pedagogia della pace. Essa richiede una ricca vita interiore, chiari e validi riferimenti morali, atteggiamenti e stili di vita appropriati. Difatti, le opere di pace concorrono a realizzare il bene comune e creano l’interesse per la pace, educando ad essa. Pensieri, parole e gesti di pace creano una mentalità e una cultura della pace, un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità. Bisogna, allora, insegnare agli uomini ad amarsi e a educarsi alla pace, e a vivere con benevolenza, più che con semplice tolleranza. Incoraggiamento fondamentale è quello di «dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle, e infine di perdonare», in modo che gli sbagli e le offese possano essere riconosciuti in verità per avanzare insieme verso la riconciliazione. Ciò richiede il diffondersi di una pedagogia del perdono. Il male, infatti, si vince col bene, e la giustizia va ricercata imitando Dio Padre che ama tutti i suoi figli (cfr Mt 5,21-48). È un lavoro lento, perché suppone un’evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana. Occorre rinunciare alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo e ai pericoli che la accompagnano, a quella falsa pace che rende le coscienze sempre più insensibili, che porta verso il ripiegamento su se stessi, verso un’esistenza atrofizzata vissuta nell’indifferenza. Al contrario, la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza.

Gesù incarna l’insieme di questi atteggiamenti nella sua esistenza, fino al dono totale di sé, fino a «perdere la vita» (cfr Mt 10,39; Lc 17,33; Gv 12,25). Egli promette ai suoi discepoli che, prima o poi, faranno la straordinaria scoperta di cui abbiamo parlato inizialmente, e cioè che nel mondo c’è Dio, il Dio di Gesù, pienamente solidale con gli uomini. In questo contesto, vorrei ricordare la preghiera con cui si chiede a Dio di renderci strumenti della sua pace, per portare il suo amore ove è odio, il suo perdono ove è offesa, la vera fede ove è dubbio. Da parte nostra, insieme al beato Giovanni XXIII, chiediamo a Dio che illumini i responsabili dei popoli, affinché accanto alla sollecitudine per il giusto benessere dei loro cittadini garantiscano e difendano il prezioso dono della pace; accenda le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, a rafforzare i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri e a perdonare coloro che hanno recato ingiurie, così che in virtù della sua azione, tutti i popoli della terra si affratellino e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace.

Con questa invocazione, auspico che tutti possano essere veri operatori e costruttori di pace, in modo che la città dell’uomo cresca in fraterna concordia, nella prosperità e nella pace.


L'ALBERO DI NATALE SEGNO E RICORDO DELLA LUCE DIVINA

Città del Vaticano, 14 dicembre 2012 (VIS). Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza una delegazione della regione italiana del Molise, che quest'anno ha donato l'abete che a Natale si colloca in Piazza San Pietro e le cui luci saranno accese questa sera.

Il Papa ha ringraziato la delegazione per il dono dell'abete e per gli alberi più piccoli destinati al Palazzo Apostolico e alle sale del Vaticano ed ha pronunciato un breve discorso.

"Dio si è fatto uomo ed è venuto in mezzo a noi, per dissipare le tenebre dell'errore e del peccato, recando all'umanità la sua luce divina. Questa luce altissima, di cui l'albero natalizio è segno e richiamo, non solo non ha subito alcun calo di tensione col passare dei secoli e dei millenni, ma continua a risplendere su di noi e a illuminare ogni uomo che viene al mondo, specialmente quando dobbiamo attraversare momenti di incertezza e difficoltà. Gesù stesso dirà di sé: 'Io sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita. (...) e quando nelle varie epoche si è tentato di spegnere la luce di Dio, per accendere bagliori illusori e ingannevoli, si sono aperte stagioni segnate da tragiche violenze sull'uomo. Questo perché, quando si cerca di cancellare il nome di Dio sulle pagine della storia, il risultato è che si tracciano righe storte dove anche le parole più belle e nobili perdono il loro vero significato".

UDIENZE

Città del Vaticano, 14 dicembre 2012 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza il Cardinale Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi.

giovedì 13 dicembre 2012

UDIENZE

Città del Vaticano, 13 dicembre 2012 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza:

- La Signora Anne Leahy, Ambasciatore del Canada, in visita di congedo.

- Il Professor Carl A. Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo.

- Il Vescovo Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

LE TRE PRIME RISPOSTE DEL PAPA IN TWITTER

Città del Vaticano, 13 dicembre 2012 (VIS). Pontifex@, l'account in Twitter di Benedetto XVI ha superato nel suo primo giorno di esistenza il milione e mezzo di followers. Il Papa, dopo il tweet iniziale, al termine dell'Udienza Generale del mercoledì, ha risposto ieri a tre domande provenienti da tre continenti. La prima domanda è stata: "Come vivere meglio l'Anno della Fede nella nostra esistenza quotidiana?" La risposta del Santo Padre: "Dialoga con Gesù nella preghiera, ascolta Gesù che ti parla nel Vangelo, incontra Gesù presente in chi ha bisogno".

La seconda domanda: "Come vivere la fede in Gesù Cristo in un mondo senza speranza?"
"Con la certezza che chi crede non è mai solo. Dio è la roccia sicura su cui costruire la vita e il suo amore è sempre fedele", ha risposto Benedetto XVI.

L'ultimo tweet, delle 18:00 circa, è stato: "Offrire ogni cosa che fai al Signore, chiedere il suo aiuto in ogni circostanza della vita quotidiana e ricordare che ti è sempre accanto" in risposta alla domanda: "Come essere più portati alla preghiera quando siamo così occupati con le questioni del lavoro, della famiglia e del mondo?".



IL PAPA SOTTOLINEA L'IMPORTANZA DELL'EDUCAZIONE NEI NUOVI CONTESTI DELLA NOSTRA EPOCA

Città del Vaticano, 13 dicembre 2012 (VIS). Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto i nuovi ambasciatori ed ambasciatrici non-residenti accreditati presso la Santa Sede: il Signor Bizwayo Newton Nkunika (Zambia); il Signor Chalermpol Thanchitt (Thailandia); il Signor Ravinatha Pandukabhaya Aryasinha (Sri Landa); Il Signor Wafic Rida Said (Saint Vincent e Grenadine); la Signora Aminatou Batouré Gaoh (Niger) e il Signor Ibrahima Sory Sow (Guinea).

Nel suo discorso ai diplomatici il Papa si è soffermato soprattutto sul tema dell'educazione, una delle principali sfide della nostra epoca che "si impartisce oggi in contesti dove l'evoluzione dei modi di vita e di conoscenza crea rotture umane, culturali, sociali e spirituali inedite nella storia dell'umanità".

Nel medesimo ambito il Papa ha ricordato anche le reti sociali che "hanno la tendenza a sostituire gli spazi naturali della società e della comunicazione divenendo l'unico riferimento dell'informazione e della conoscenza. La famiglia e la scuola non sembrano più essere terreno fertile, primario e naturale, dove le giovani generazioni acquisiscono la fonte vitale per la loro esistenza. (...) La scuola e l'università sembrano essere divenute incapaci di progetti creatori portando in essi una teleologia trascendentale adatta a sedurre i giovani nel loro essere più profondo (...). Il mondo attuale e gli adulti responsabili non hanno saputo dare loro i punti di riferimento necessari".

Dopo essersi chiesto se il mal funzionamento di determinate istituzioni e determinati servizi pubblici e privati non possa spiegarsi partendo da una educazione deficitaria e non ben recepita, il Santo Padre ha invitato i governanti delle nazioni di provenienza degli ambasciatori "a contribuire con coraggio al progresso della nostra umanità favorendo l'educazione delle nuove generazioni grazie alla promozione di una sana antropologia, base indispensabile per ogni educazione autentica e conforme al patrimonio naturale comune. Tale compito potrebbe partire dapprima da una seria riflessione sulle differenti problematiche esistenti nei vostri rispettivi paesi o certe opzioni politiche od economiche possono erodere a poco a poco i vostri patrimoni antropologici e spirituali. Tali patrimoni sono passati al vaglio dei secoli e si sono costituti pazientemente su basi che rispettano l'essenza della persona umana nella sua realtà pluralistica, rimanendo in perfetta sintonia con l'insieme del cosmo. Invito ancora i vostri governanti - ha riaffermato il Santo Padre - ad avere il coraggio di lavorare al consolidamento dell'autorità morale - intesa come un appello alla coerenza di vita - necessaria per una vera e sana educazione delle giovani generazioni".

"Il diritto ad una educazione ai giusti valori non deve mai essere negato o dimenticato. Il dovere di educare a questi valori non deve mai essere mutilato o indebolito da un qualunque interesse politico nazionale o sovranazionale. Per cui è necessario educare nella verità e alla verità: (...) la verità sull'uomo, la verità sulla creazione, la verità sulle istituzioni e così via. Con l'educazione alla rettitudine del cuore e del pensiero, i giovani hanno anche bisogno, oggi più che mai, di essere educati al senso dell'impegno e delle perseveranza nelle difficoltà. Bisogna insegnare loro che ogni atto compiuto dalla persona umana deve essere responsabile e coerente con il suo desiderio di infinito, e che questo atto accompagna la sua crescita in vista della formazione ad una umanità sempre più fraterna e libera dalle tentazioni individualiste e materialiste".

Benedetto XVI ha concluso il suo discorso salutando, tramite gli ambasciatori, le comunità cattoliche presenti nei loro paesi. "La Chiesa compie la sua missione nella fedeltà al Signore e con l'ardente desiderio di apportare il proprio contributo specifico alla promozione integrale dei vostri compatrioti, in particolare con l'educazione dei bambini e dei giovani. Essa partecipa quotidianamente agli sforzi comuni per la fioritura spirituale e umana di tutti, con le sue strutture educative, caritative e sanitarie, avendo a cuore il risveglio delle coscienze al rispetto reciproco e alla responsabilità. In questo senso incoraggio i vostri governanti a continuare a permettere alla Chiesa di occuparsi liberamente dei suoi ambiti di attività tradizionali che, come voi sapete, contribuiscono allo sviluppo dei vostri paesi e al bene comune".

mercoledì 12 dicembre 2012

L'AVVENTO CI RICORDA CHE DIO ENTRA NELLA NOSTRA STORIA

Città del Vaticano, 12 dicembre 2012 (VIS). Le tappe della Rivelazione, segnalata nelle Scritture, culminanti con l'Avvento di Gesù, è stato il tema della catechesi di Benedetto XVI per l'Udienza Generale del mercoledì che si è tenuta nell'Aula Paolo VI. Nell'anno della Fede il Papa ha rinnovato l'invito a prendere in mano più spesso la Bibbia per leggerla e meditarla e a prestare maggiore attenzione alle Letture nella Messa domenicale sottolineando che tutto ciò costituisce un alimento prezioso per la nostra fede.

"Leggendo l’Antico Testamento - ha affermato il Pontefice - possiamo vedere come gli interventi di Dio nella storia del popolo che si è scelto e con cui stringe alleanza non sono fatti che passano e cadono nella dimenticanza, ma diventano 'memoria', costituiscono insieme la 'storia della salvezza', mantenuta viva nella coscienza del popolo d’Israele attraverso la celebrazione degli avvenimenti salvifici" come la Pasqua. "Per l’intero popolo d’Israele ricordare ciò che Dio ha operato diventa una sorta di imperativo costante perché il trascorrere del tempo sia segnato dalla memoria vivente degli eventi passati, che così formano, giorno per giorno, di nuovo la storia e rimangono presenti. (...) La fede è alimentata dalla scoperta e dalla memoria del Dio sempre fedele, che guida la storia e che costituisce il fondamento sicuro e stabile su cui poggiare la propria vita".

"Per Israele - ha spiegato Benedetto XVI - l’Esodo è l’evento storico centrale in cui Dio rivela la sua azione potente. Dio libera gli Israeliti dalla schiavitù dell’Egitto perché possano ritornare alla Terra Promessa e adorarlo come l’unico e vero Signore. Israele non si mette in cammino per essere un popolo come gli altri - per avere anche lui un'indipendenza nazionale - ma per servire Dio nel culto e nella vita, per creare per Dio un luogo dove l'uomo è in obbedienza a Lui, dove Dio è presente e adorato nel mondo; e naturalmente, non solo per loro, ma e per testimoniarlo in mezzo agli altri popoli. La celebrazione di questo evento è un renderlo presente e attuale, perché l’opera di Dio non viene meno. (...) Dio quindi rivela Se stesso non solo nell’atto primordiale della creazione, ma entrando nella nostra storia, nella storia di un piccolo popolo che non era né il più numeroso, né il più forte. E questa Rivelazione di Dio, che va avanti nella storia, culmina in Gesù Cristo: Dio". Essa si è incarnata in Gesù e ha mostrato il vero volto di Dio. "In Gesù si compie ogni promessa, in Lui culmina la storia di Dio con l’umanità".

"Il Catechismo della Chiesa Cattolica - ha ricordato il Santo Padre - riassume le tappe della Rivelazione divina mostrandone sinteticamente lo sviluppo: Dio ha invitato l’uomo fin dagli inizi ad un’intima comunione con Sé e anche quando l’uomo, per la propria disobbedienza, ha perso la sua amicizia, Dio non l’ha abbandonato in potere della morte, ma ha offerto molte volte agli uomini la sua alleanza. Il Catechismo ripercorre il cammino di Dio con l’uomo dall’alleanza con Noé dopo il diluvio, alla chiamata di Abramo ad uscire dalla sua terra per renderlo padre di una moltitudine di popoli. Dio forma Israele quale suo popolo, attraverso l’evento dell’Esodo, l’alleanza del Sinai e il dono, per mezzo di Mosè, della Legge per essere riconosciuto e servito come l’unico Dio vivo e vero. Con i profeti, Dio guida il suo popolo nella speranza della salvezza. (...) Alla fine non si aspetta più solo un re, Davide, un figlio di Davide, ma un 'Figlio d'uomo', la salvezza di tutti i popoli. (...) Così vediamo come il cammino di Dio si allarga, si apre sempre più verso il Mistero di Cristo, il Re dell'universo. In Cristo si realizza finalmente la Rivelazione nella sua pienezza (...) Egli stesso si fa uno di noi". Le tappe di questo grande disegno dimostrano "un unico disegno di salvezza rivolto all’intera umanità, progressivamente rivelato e realizzato dalla potenza di Dio. (...) Siamo nel tempo liturgico dell’Avvento che ci prepara al Santo Natale. Come sappiamo tutti bene - ha detto il Papa - il termine 'Avvento' significa 'venuta', 'presenza', e anticamente indicava proprio l’arrivo del re o dell’imperatore in una determinata provincia. Per noi cristiani la parola indica una realtà meravigliosa e sconvolgente: Dio stesso ha varcato il suo Cielo e si è chinato sull’uomo; ha stretto alleanza con lui entrando nella storia di un popolo; Egli è il re che è sceso in questa povera provincia che è la terra e ha fatto dono a noi della sua visita assumendo la nostra carne, diventando uomo come noi. L’Avvento ci invita a ripercorrere il cammino di questa presenza e ci ricorda sempre di nuovo che Dio non si è tolto dal mondo, non è assente, non ci ha abbandonato a noi stessi, ma ci viene incontro in diversi modi, che dobbiamo imparare a discernere. E anche noi con la nostra fede, la nostra speranza e la nostra carità, siamo chiamati ogni giorno a scorgere e a testimoniare questa presenza, nel mondo spesso superficiale e distratto, e a far risplendere nella nostra vita la luce che ha illuminato la grotta di Betlemme".



IL PAPA ENTRA IN TWITTER CON UNA BENEDIZIONE

Città del Vaticano, 12 dicembre 2012 (VIS). "Cari amici, è con gioia che mi unisco a voi via Twitter. Grazie per la generosa risposta. Vi benedico tutti di cuore".

Questo è stato il primo tweet di Benedetto XVI lanciato dopo la benedizione che conclude l'Udienza Generale del mercoledì. Il Papa ha utilizzato un tablet e il suo primo tweet è stato proiettato in otto lingue (inglese, italiano, spagnolo, francese, tedesco, portoghese, polacco e arabo) su di uno schermo installato nell'Aula Paolo VI.

Nel corso della giornata il Papa risponderà via Twitter a tre domande che sono state scelte fra quelle inviata e che provengono da tre diversi continenti.

L'account del Santo Padre in Twitter supera già il milione di accessi.

ALTRI ATTI PONTIFICI

Città del Vaticano, 12 dicembre 2012 (VIS). Il Santo Padre ha nominato il Vescovo Sérgio Eduardo Castriani, C.S.Sp., Arcivescovo Metropolita di Manaus (superficie: 64.079; popolazione: 1.551.000; cattolici: 1.331.000; sacerdoti: 163; religiosi: 298; diaconi permanenti: 16), Brasile. L'Arcivescovo eletto è nato nel 1954 a Regente Feijó (Brasile); nel 1974 è entrato nel Noviziato nella Congregazione dello Spirito Santo, ha emesso la professione religiosa nel 1978 ed ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale nel 1978. Dal 1979 al 1983 è stato Vicario Parrocchiale e Parroco a Feijó; dal 1984 al 1991 è stato Direttore della Casa di Filosofia della Congregazione dello Spirito Santo, Professore e Vicario Parrocchiale a São Paulo; nel 1992 è stato Economo Provinciale e dal 1992 al 1998 è stato Consigliere Generale dell'Ordine a Roma. Nel 1998 è stato nominato Coadiutore della Prelatura Territoriale di Tefé ed ha ricevuto l'ordinazione episcopale nel 1998. Dal 2000 Vescovo Prelato della Prelatura territoriale di Tefé (Brasile), succede all'Arcivescovo Luis Soares Vieira, del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'Arcidiocesi di Manaus, presentata per raggiunti limiti d'età.

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