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Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

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mercoledì 11 aprile 2007

ALTRI ATTI PONTIFICI


CITTA' DEL VATICANO, 11 APR. 2007 (VIS). Il Santo Padre:

- Ha nominato l'Arcivescovo Geraldo Lyrio Rocha, finora Arcivescovo di Vitória da Conquista (Brasile), Arcivescovo Metropolita di Mariana (superficie: 22.680; popolazione: 1.163.320; cattolici: 927.300; sacerdoti: 200; religiosi: 286; diaconi permanenti: 15), Brasile.

- Ha nominato il Vescovo Bruno Pedron, S.D.B., finora Vescovo di Jardim (Brasile), Vescovo di Ji-Paraná (superficie: 100.000; popolazione: 733.000; cattolici: 409.000; sacerdoti:  49; religiosi: 103), Brasile.  Il Vescovo Pedron succede al Vescovo Antônio Possamai, S.D.B., del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della medesima Diocesi presentata per raggiunti limiti d'età.

- Ha nominato il Padre Santiago Agrelo Martínez, O.F.M., Arcivescovo di Tanger (superficie: 28.000; popolazione: 4.200.000; cattolici: 2.000; sacerdoti: 9; religiosi: 89), Marocco. Il Vescovo eletto, finora Professore all'Istituto Teologico di Compostela e Parroco in parrocchie rurali, è nato nel 1942 in Spagna. Ha emesso i voti Solenni nell'Ordine dei Frati Minori nel 1963 ed è stato ordinato sacerdote nel 1966.

  Martedì 10 aprile è stato reso noto che il Santo Padre:

- Ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Des Moines (Stati Uniti d'America), presentata dal Vescovo Joseph L. Charron, C.PP.S., in conformità al canone 401, paragrafo 2, del Codice di Diritto Canonico.

- Ha nominato il Vescovo Hipólito Reyes Larios, Arcivescovo Metropolita di Jalapa (superficie: 6.137; popolazione: 1.156.000; cattolici: 1.105.000; sacerdoti: 144; religiosi: 309), Messico. L'Arcivescovo eletto, finora Vescovo di Orizaba (Messico), è nato a Ciudad Mendoza (Messico) nel 1946, è stato ordinato sacerdote nel 1973 ed ha ricevuto la consacrazione episcopale nel 2000. Succede all'Arcivescovo Sergio Obeso Rivera, del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della medesima Arcidiocesi, presentata per raggiunti limiti d'età.

- Ha nominato il Vescovo Reinaldo Del Prette Lissot, Arcivescovo Metropolita di Valencia en Venezuela (superficie: 3.921; popolazione: 1.981.767; cattolici: 1.771.000; sacerdoti: 121; religiosi: 244; diaconi permanenti: 1), Venezuela.  L'Arcivescovo eletto, finora Vescovo di Maracay (Venezuela), è nato a Valencia (Venezuela), nel 1952, è stato ordinato sacerdote nel 1976 ed ha ricevuto la consacrazione episcopale nel 1994.

  Giovedì 5 aprile è stato reso noto che il Santo Padre ha nominato il Vescovo Salvatore Visco, Vescovo di Isernia-Venafro (superficie: 740; popolazione: 63.000; cattolici: 60.000; sacerdoti: 75; religiosi: 70; diaconi permanenti: 12), Italia. Il Vescovo Visco è stato  finora Vicario Generale della medesima Diocesi.
NER:RE/.../...                                               VIS 20070411 (390)


TESTIMONI MORTE E NUOVA VITA DI CRISTO


CITTA' DEL VATICANO, 11 APR. 2007 (VIS). Oltre 50.000 persone hanno partecipato, questa mattina, in Piazza San Pietro, all'Udienza Generale odierna. Il Papa che ha raggiunto la Piazza in elicottero proveniente da Castel Gandolfo, ha dedicato la catechesi al tempo pasquale.

  Rinnovando ai fedeli gli auguri di Pasqua, Benedetto XVI ha parlato delle diverse apparizioni di Gesù dopo la Risurrezione, apparizioni che costituiscono "anche per noi un invito ad approfondire il messaggio della Pasqua" e "ci stimolano a ripercorrere l'itinerario spirituale di quanti hanno incontrato Cristo e lo hanno riconosciuto in quei primi giorni dopo gli eventi pasquali".

  "L'Evangelista Giovanni" - ha ricordato il Pontefice - "narra che Pietro e lui stesso, udita la notizia data da Maria Maddalena, erano corsi, quasi a gara, verso il sepolcro (cfr Gv 20, 3s). I Padri della Chiesa hanno visto in questo loro rapido affrettarsi verso la tomba vuota un'esortazione a quell'unica competizione legittima tra credenti: la gara nella ricerca di Cristo. E che dire di Maria Maddalena? Piangente resta accanto alla tomba vuota con l'unico desiderio di sapere dove abbiano portato il suo Maestro. Lo ritrova e lo riconosce quando viene da Lui chiamata per nome".

  "Anche noi, se cerchiamo il Signore con animo semplice e sincero, lo incontreremo, anzi sarà Lui stesso a venirci incontro; si farà riconoscere, ci chiamerà per nome, ci farà cioè entrare nell'intimità del suo amore".

  "Quest'oggi, Mercoledì fra l'Ottava di Pasqua, la liturgia ci fa meditare su un altro singolare incontro del Risorto, quello con i due discepoli di Emmaus. (...) Avevano il Cristo alla loro tavola, noi lo abbiamo nella nostra anima! (...) Cari fratelli e sorelle, anche noi, come Maria Maddalena, Tommaso e gli altri apostoli, siamo chiamati ad essere testimoni della morte e risurrezione di Cristo. Non possiamo conservare per noi la grande notizia. Dobbiamo recarla al mondo intero".

 Se gli Apostoli hanno il Cristo alla loro tavola, ha detto il Pontefice ricordando la cena di Emmaus, "noi lo abbiamo nella nostra anima. (...) Nel prologo degli Atti degli Apostoli, San Luca afferma che il Signore risorto 'si mostrò (agli apostoli) vivo, dopo la sua passione (...). Quando l'autore sacro dice che 'si mostrò vivo' non vuole dire che Gesù fece ritorno alla vita di prima, come Lazzaro. La Pasqua che noi celebriamo, (...), significa 'passaggio' e non 'ritorno', perchè Gesù non è tornato nella situazione precedente, ma 'ha varcato una frontiera verso una condizione più gloriosa, nuova e definitiva".

 "A Maria Maddalena il Signore aveva detto: 'Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre'. (Gv 20,17). Un'espressione che ci sorprende, soprattutto se confrontata con quanto invece avviene con l'incredulo Tommaso. Lì, nel Cenacolo, fu il Risorto stesso a presentare le mani e il costato all'Apostolo perché li toccasse e da questo traesse la certezza che era proprio Lui (cfr Gv 20,27). In realtà, i due episodi non sono in contrasto; al contrario, l'uno aiuta a comprendere l'altro. Maria Maddalena vorrebbe riavere il suo Maestro come prima, ritenendo la croce un drammatico ricordo da dimenticare. Ormai però non c'è più posto per un rapporto con il Risorto che sia meramente umano. Per incontrarlo non bisogna tornare indietro, ma porsi in modo nuovo in relazione con Lui: bisogna andare avanti". Gesù mostra a Tommaso le sue ferite "non per dimenticare la croce, ma per renderla anche nel futuro indimenticabile (...). Compito del discepolo è di testimoniare la morte e la risurrezione del suo Maestro e la sua vita nuova".
AG/RISURREZIONE/...                            VIS 20070411 (590)


SANTA MESSA 80° GENETLIACO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI


CITTA' DEL VATICANO, 10 APR. 2007 (VIS).  L'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice ha annunciato oggi che il 15 aprile 2007, II Domenica di Pasqua "della Divina Misericordia", alle ore 10:00, il Santo Padre Benedetto XVI presiederà sul sagrato della Basilica Vaticana la celebrazione dell'Eucaristia, in occasione del suo 80° Genetliaco (16 aprile).

  Concelebreranno con il Santo Padre i Cardinali, gli Arcivescovi e Vescovi Capi Dicastero della Curia Romana, i Vescovi Ausiliari e una rappresentanza dei Presbiteri della Diocesi di Roma.

  "La Chiesa che è in Roma e nelle varie parti del mondo" - si legge nel Comunicato - "è invitata ad unirsi al Santo Padre Benedetto XVI per elevare a Dio Padre un'intensa preghiera di ringraziamento per il Suo 80° Genetliaco e il secondo anniversario della Sua Elezione".
OCL/ANNIVERSARIO PAPA/...                           VIS 20070411 (140)


REGINA CAELI: FARCI MESSAGGERI ANNUNZIO RISURREZIONE


CITTA' DEL VATICANO, 9 APR. 2007 (VIS). Alle ore 12:00 di questa mattina, Lunedì dell'Angelo, il Papa ha guidato la recita del 'Regina Cæli' con i fedeli e i pellegrini convenuti nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, dove trascorre un breve periodo di riposo, e in collegamento audio-video con Piazza San Pietro.

  Nell'introdurre la preghiera mariana del 'Regina Cæli', il Papa ha ricordato la "gioia indicibile" di Maria di Magdala e dell'altra Maria, nel rivedere il loro Signore e, "piene di entusiasmo, corsero a farne parte ai discepoli".

  "Anche a noi, oggi, come a queste donne che rimasero accanto a Gesù durante la Passione, il Risorto ripete di non avere paura nel farci messaggeri dell'annunzio della sua risurrezione. Non ha nulla da temere chi incontra Gesù risuscitato e a Lui si affida docilmente. È questo il messaggio che i cristiani sono chiamati a diffondere sino agli estremi confini del mondo. La fede cristiana come sappiamo nasce non dall'accoglienza di una dottrina, ma dall'incontro con una Persona, con Cristo morto e risuscitato".

  "Nella nostra esistenza quotidiana, cari amici, tante sono le occasioni per comunicare agli altri questa nostra fede in modo semplice e convinto, così che dal nostro incontro può nascere la loro fede. Ed è quanto mai urgente che gli uomini e le donne della nostra epoca conoscano e incontrino Gesù e, grazie anche al nostro esempio, si lascino conquistare da Lui".

  "Il Vangelo non dice nulla della Madre del Signore, di Maria, ma la tradizione cristiana ama contemplarla giustamente mentre si rallegra più di ogni altro nel riabbracciare il suo divin Figlio, che aveva stretto a sé quando venne deposto dalla Croce. Ora, dopo la risurrezione la Madre del Redentore gioisce con gli 'amici' di Gesù, che costituiscono la Chiesa nascente. Mentre rinnovo di cuore a tutti voi i miei auguri pasquali, invoco Lei, la 'Regina Caeli', perchè mantenga viva la fede nella risurrezione in ciascuno di noi e ci renda messaggeri della speranza e dell'amore del Cristo risorto".
ANG/RISURREZIONE/...                               VIS 20070411 (350)


PASQUA: DIO PRENDE SU DI SÈ PIAGHE UMANITÀ FERITA


CITTA' DEL VATICANO, 8 APR. 2007 (VIS). Alle ore 10.30 di questa mattina, Domenica di Pasqua nella Risurrezione del Signore, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto sul sagrato della Basilica Vaticana, adornata di piante e fiori provenienti dai Paesi Bassi, la solenne celebrazione della Messa del giorno. Al termine del Messaggio pasquale e prima di impartire la Benedizione 'Urbi et Orbi' ai fedeli radunati in Piazza San Pietro e a quanti lo hanno ascoltato attraverso la radio e la televisione, Benedetto XVI ha pronunciato l'augurio di Pasqua in 62 lingue.

  "Non è difficile immaginare" - ha detto il Papa riferendosi ai sentimenti delle donne accorse al sepolcro di Cristo "in quell'alba del primo giorno dopo il sabato", quali fossero, in quel momento, i loro sentimenti, "sentimenti di tristezza e sgomento per la morte del loro Signore, sentimenti di incredulità e stupore per un fatto troppo sorprendente per essere vero. La tomba però era aperta e vuota: il corpo non c'era più. Pietro e Giovanni, avvertiti dalle donne, corsero al sepolcro e verificarono che esse avevano ragione. La fede degli Apostoli in Gesù, l'atteso Messia, era stata messa a durissima prova dallo scandalo della croce. Durante il suo arresto, la sua condanna e la sua morte si erano dispersi, ed ora si ritrovavano insieme, perplessi e disorientati. Ma il Risorto stesso venne incontro alla loro incredula sete di certezze. Non fu sogno, né illusione o immaginazione soggettiva quell'incontro; fu un'esperienza vera, anche se inattesa e proprio per questo particolarmente toccante. 'Venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: 'Pace a voi!' (Gv 20,19)".

  "A quelle parole, la fede quasi spenta nei loro animi si riaccese. Gli Apostoli riferirono a Tommaso, assente in quel primo incontro straordinario: Sì, il Signore ha compiuto quanto aveva preannunciato; è veramente risorto e noi lo abbiamo visto e toccato! Tommaso però rimase dubbioso e perplesso. Quando Gesù venne una seconda volta, otto giorni dopo nel Cenacolo, gli disse: 'Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!'. La risposta dell'Apostolo è una commovente professione di fede: 'Mio Signore e mio Dio!' (Gv 20,27-28)".

  "'Mio Signore e mio Dio'! Rinnoviamo anche noi la professione di fede di Tommaso. Come augurio pasquale, quest'anno, ho voluto scegliere proprio le sue parole, perché l'odierna umanità attende dai cristiani una rinnovata testimonianza della risurrezione di Cristo; ha bisogno di incontrarlo e di poterlo conoscere come vero Dio e vero Uomo. Se in questo Apostolo possiamo riscontrare i dubbi e le incertezze di tanti cristiani di oggi, le paure e le delusioni di innumerevoli nostri contemporanei, con lui possiamo anche riscoprire con convinzione rinnovata la fede in Cristo morto e risorto per noi".

  "Ciascuno di noi può essere tentato dall'incredulità di Tommaso. Il dolore, il male, le ingiustizie, la morte, specialmente quando colpiscono gli innocenti - ad esempio, i bambini vittime della guerra e del terrorismo, delle malattie e della fame - non mettono forse a dura prova la nostra fede? Eppure paradossalmente, proprio in questi casi, l'incredulità di Tommaso ci è utile e preziosa, perché ci aiuta a purificare ogni falsa concezione di Dio e ci conduce a scoprirne il volto autentico: il volto di un Dio che, in Cristo, si è caricato delle piaghe dell'umanità ferita. Tommaso ha ricevuto dal Signore e, a sua volta, ha trasmesso alla Chiesa il dono di una fede provata dalla passione e morte di Gesù e confermata dall'incontro con Lui risorto. Una fede che era quasi morta ed è rinata grazie al contatto con le piaghe di Cristo, con le ferite che il Risorto non ha nascosto, ma ha mostrato e continua a indicarci nelle pene e nelle sofferenze di ogni essere umano".

  "Queste piaghe che Cristo ha contratto per amore nostro ci aiutano a capire chi è Dio e a ripetere anche noi: 'Mio Signore e mio Dio'. Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede. Quante ferite, quanto dolore nel mondo! Non mancano calamità naturali e tragedie umane che provocano innumerevoli vittime e ingenti danni materiali. Penso a quanto è avvenuto di recente in Madagascar, nelle Isole Salomone, in America Latina e in altre Regioni del mondo".

  "Penso al flagello della fame, alle malattie incurabili, al terrorismo e ai sequestri di persona, ai mille volti della violenza - talora giustificata in nome della religione - al disprezzo della vita e alla violazione dei diritti umani, allo sfruttamento della persona. Guardo con apprensione alla condizione in cui si trovano non poche regioni dell'Africa: nel Darfur e nei Paesi vicini permane una catastrofica e purtroppo sottovalutata situazione umanitaria; a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, gli scontri e i saccheggi delle scorse settimane fanno temere per il futuro del processo democratico congolese e per la ricostruzione del Paese; in Somalia la ripresa dei combattimenti allontana la prospettiva della pace e appesantisce la crisi regionale, specialmente per quanto riguarda gli spostamenti della popolazione e il traffico di armi; una grave crisi attanaglia lo Zimbabwe, per la quale i Vescovi del Paese, in un loro recente documento, hanno indicato come unica via di superamento la preghiera e l'impegno condiviso per il bene comune".

  "Di riconciliazione e di pace ha bisogno la popolazione di Timor Est"- ha detto ancora il Papa - "che si appresta a vivere importanti scadenze elettorali. Di pace hanno bisogno anche lo Sri Lanka, dove solo una soluzione negoziata porrà fine al dramma del conflitto che lo insanguina, e l'Afghanistan, segnato da crescente inquietudine e instabilità. In Medio Oriente, accanto a segni di speranza nel dialogo fra Israele e l'Autorità palestinese, nulla di positivo purtroppo viene dall'Iraq, insanguinato da continue stragi, mentre fuggono le popolazioni civili; in Libano lo stallo delle istituzioni politiche minaccia il ruolo che il Paese è chiamato a svolgere nell'area mediorientale e ne ipoteca gravemente il futuro. Non posso infine dimenticare le difficoltà che le comunità cristiane affrontano quotidianamente e l'esodo dei cristiani dalla Terra benedetta che è la culla della nostra fede. A quelle popolazioni rinnovo con affetto l'espressione della mia vicinanza spirituale".

  "Cari fratelli e sorelle" - ha concluso il Pontefice - "attraverso le piaghe di Cristo risorto possiamo vedere questi mali che affliggono l'umanità con occhi di speranza. Risorgendo, infatti, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice con la sovrabbondanza della sua Grazia. Alla prepotenza del Male ha opposto l'onnipotenza del suo Amore. Ci ha lasciato come via alla pace e alla gioia l'Amore che non teme la morte. 'Come io vi ho amato - ha detto agli Apostoli prima di morire -, così amatevi anche voi gli uni gli altri' (Gv 13,34)".
BXVI-SETTIMANA SANTA/DOMENICA PASQUA/...             VIS 20070411 (1150)


SABATO SANTO: CON LA RISURREZIOE AMORE VINCE LA MORTE


CITTA' DEL VATICANO, 7 APR. 2007 (VIS). Alle 22:00 il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto nella Basilica Vaticana la solenne Veglia nella Notte Santa di Pasqua e nel corso della Liturgia Battesimale, ha amministrato i Sacramenti dell'iniziazione cristiana a sei catecumeni adulti, provenienti da diversi Paesi, ed il Battesimo a due bambini.

  La Veglia ha avuto inizio nell'atrio della Basilica di San Pietro con la benedizione del fuoco e l'accensione del cero pasquale. Alla processione verso l'Altare con il cero pasquale e il canto dell'Exsultet, hanno fatto seguito la Liturgia della Parola, la Liturgia Battesimale e la Liturgia Eucaristica, concelebrata con i Cardinali

  Il Santo Padre nell'omelia, ricordando le parole: "'Resurrexi et adhuc tecum sum' - sono risorto e sono sempre con te; tu hai posto su di me la tua mano", ha affermato: "La liturgia vi vede la prima parola del Figlio rivolta al Padre dopo la risurrezione, dopo il ritorno dalla notte della morte nel mondo dei viventi".

  "La parola è tratta dal Salmo 138" - ha spiegato il Papa - "Questo Salmo è un canto di meraviglia per l'onnipotenza e l'onnipresenza di Dio, un canto di fiducia in quel Dio che non ci lascia mai cadere dalle sue mani. (...) L'orante immagina un viaggio attraverso tutte le dimensioni dell'universo". Le parole del Risorto al Padre sono diventate anche una parola che il Signore dice ad ognuno di noi:  "Sono risorto e ora sono sempre con te. La mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani. Sono presente perfino alla porta della morte. Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là ti aspetto io e trasformo per te le tenebre in luce".

  Queste parole, ha detto ancora il Pontefice, sono "una spiegazione di ciò che succede nel Battesimo. Il Battesimo, infatti, è più di un lavacro, di una purificazione. È più dell'assunzione in una comunità. È una nuova nascita. Un nuovo inizio della vita (...). Nel Battesimo ci doniamo a Cristo - Egli ci assume in sé, affinché poi non viviamo più per noi stessi, ma grazie a Lui, con Lui e in Lui; affinché viviamo con Lui e così per gli altri. Nel Battesimo abbandoniamo noi stessi, deponiamo la nostra vita nelle sue mani, così da poter dire con San Paolo: 'Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me'. (...) Cari battezzandi, è questa la novità del Battesimo: la nostra vita appartiene a Cristo, non più a noi stessi. Ma proprio per questo non siamo soli neppure nella morte, ma siamo con Lui che vive sempre".

  "Ritorniamo ancora alla notte del Sabato Santo. Nel 'Credo' professiamo circa il cammino di Cristo: 'Discese agli inferi'. Che cosa accadde allora? Poiché non conosciamo il mondo della morte, possiamo figurarci questo processo del superamento della morte solo mediante immagini che rimangono sempre poco adatte. Con tutta la loro insufficienza, tuttavia, esse ci aiutano a capire qualcosa del mistero. La liturgia applica alla discesa di Gesù nella notte della morte la parola del Salmo 23 [24]: 'Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche!' La porta della morte è chiusa, nessuno può tornare indietro da lì. Non c'è una chiave per questa porta ferrea. Cristo, però, ne possiede la chiave. La sua Croce spalanca le porte della morte, le porte irrevocabili. Esse ora non sono più invalicabili. La sua Croce, la radicalità del suo amore è la chiave che apre questa porta. L'amore di Colui che, essendo Dio, si è fatto uomo per poter morire - questo amore ha la forza per aprire la porta. Questo amore è più forte della morte".

  "Quale novità è lì realmente accaduta per mezzo di Cristo?" - si è chiesto il Pontefice -  "L'anima dell'uomo, appunto, è di per sé immortale fin dalla creazione - che cosa di nuovo ha portato Cristo? Sì, l'anima è immortale, perché l'uomo in modo singolare sta nella memoria e nell'amore di Dio, anche dopo la sua caduta. Ma la sua forza non basta per elevarsi verso Dio. Non abbiamo ali che potrebbero portarci fino a tale altezza. E tuttavia, nient'altro può appagare l'uomo eternamente, se non l'essere con Dio. Un'eternità senza questa unione con Dio sarebbe una condanna. L'uomo non riesce a giungere in alto, ma anela verso l'alto: 'Dal profondo grido a te…' Solo il Cristo risorto può portarci su fino all'unione con Dio, fin dove le nostre forze non possono arrivare. Egli prende davvero la pecora smarrita sulle sue spalle e la porta a casa. Aggrappati al suo Corpo noi viviamo, e in comunione con il suo Corpo giungiamo fino al cuore di Dio. E solo così è vinta la morte, siamo liberi e la nostra vita è speranza".

  "È questo il giubilo della Veglia Pasquale" - ha esclamato il Santo Padre - "noi siamo liberi. Mediante la risurrezione di Gesù l'amore si è rivelato più forte della morte, più forte del male. L'amore Lo ha fatto discendere ed è al contempo la forza nella quale Egli ascende. La forza per mezzo della quale ci porta con sé. Uniti col suo amore, portati sulle ali dell'amore, come persone che amano scendiamo insieme con Lui nelle tenebre del mondo, sapendo che proprio così saliamo anche con Lui. Preghiamo quindi in questa notte: Signore, dimostra anche oggi che l'amore è più forte dell'odio. Che è più forte della morte. Discendi anche nelle notti e negli inferi di questo nostro tempo moderno e prendi per mano coloro che aspettano. Portali alla luce!"
BXVI-SETTIMANA SANTA/SABATO SANTO/...               VIS 20070411 (900)


VENERDÌ SANTO: PASSIONE DEL SIGNORE E VIA CRUCIS COLOSSEO


CITTA' DEL VATICANO, 6 APR. 2007 (VIS). Alle ore 17.00 di oggi, Venerdì Santo, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la celebrazione della Passione del Signore. Come di consueto, durante la Liturgia della Parola, è stato riascoltato il racconto della Passione secondo Giovanni e quindi il Predicatore della Casa Pontificia, Padre Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto l'omelia. La Liturgia della Passione è proseguita con la Preghiera universale e l'adorazione della Santa Croce e si è conclusa con la Santa Comunione.

  Alle ore 21:15, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto al Colosseo il pio esercizio della Via Crucis, trasmesso in mondovisione. I testi delle meditazioni proposte quest'anno per le stazioni della Via Crucis sono stati composti da Monsignor Gianfranco Ravasi, Prefetto della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana di Milano.

  Nel corso della Via Crucis al Colosseo il Santo Padre Benedetto XVI ha portato la croce alla I e alla XIV stazione. Nella II stazione la Croce è stata portata dal Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale della Diocesi di Roma, e nelle successive stazioni, è stata portata da una famiglia della città di Roma, da quattro giovani donne provenienti rispettivamente dalla Repubblica Democratica del Congo, dalla Corea, dalla Cina e dall'Angola, da un giovane del Cile e da due frati francescani della Custodia di Terra Santa.

  Al termine della Via Crucis, il Papa ha rivolto ai fedeli presenti e a quanti lo seguivano attraverso la radio e la televisione, le seguenti parole: "Cari fratelli e sorelle, seguendo Gesù nella via della Sua passione vediamo non soltanto la passione di Gesù, ma vediamo tutti i sofferenti del mondo ed è questa la profonda intenzione della preghiera della Via Crucis: di aprire i nostri cuori e aiutarci a vedere con il cuore".

  "I Padri della Chiesa hanno considerato come il più grande peccato del mondo pagano la insensibilità, la durezza del cuore e amavano la profezia del profeta Ezechiele: 'Vi toglierò il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne' (cf Ez 36,26). Convertirsi a Cristo, divenire cristiano voleva dire ricevere un cuore di carne, un cuore sensibile per la passione e la sofferenza degli altri".

  "Il nostro Dio non è un Dio lontano, intoccabile nella sua beatitudine: il nostro Dio ha un cuore. Anzi ha un cuore di carne, si è fatto carne proprio per poter soffrire con noi ed essere con noi nelle nostre sofferenze. Si è fatto uomo per darci un cuore di carne e per risvegliare in noi l'amore per i sofferenti, per i bisognosi".
 
  "Preghiamo in questa ora il Signore per tutti i sofferenti del mondo. Preghiamo il Signore perché ci dia realmente un cuore di carne, ci faccia messaggeri del Suo amore non solo con parole, ma con tutta la nostra vita. Amen".
BXVI-SETTIMANA SANTA/VENERDÌ SANTO/...               VIS 20070411 (470)


GIOVEDÌ SANTO: SANTA MESSA CRISMA E IN COENA DOMINI


CITTA' DEL VATICANO, 5 APR. 2007 (VIS). Alle ore 9.30 di questa mattina, ricorrenza del Giovedì Santo, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la Santa Messa Crismale, Liturgia che si celebra in questo giorno in tutte le Chiese Cattedrali. La Messa del Crisma è stata concelebrata dal Santo Padre Benedetto XVI con i Cardinali, i Vescovi e i Presbiteri, diocesani e religiosi, presenti a Roma. Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la rinnovazione delle promesse sacerdotali, sono stati benedetti l'olio dei catecumeni, l'olio degli infermi e il crisma.

  Ricordando il momento dell'Ordinazione sacerdotale quando il sacerdote riveste i paramenti liturgici, il Papa ha affermato: "In questo gesto esterno la Chiesa vuole renderci evidente l'evento interiore e il compito che da esso ci viene: rivestire Cristo; donarsi a Lui come Egli si è donato a noi. Questo evento, il 'rivestirsi di Cristo', viene rappresentato sempre di nuovo in ogni Santa Messa mediante il rivestirci dei paramenti liturgici" che "vogliono illustrare che cosa significhi 'rivestirsi di Cristo', parlare ed agire 'in persona Christi'".

  "L'indossare le vesti sacerdotali" - ha detto il Papa - "era una volta accompagnato da preghiere che ci aiutano a capire meglio i singoli elementi del ministero sacerdotale. Cominciamo con l''amitto'. In passato - e negli ordini monastici ancora oggi - esso veniva posto prima sulla testa, come una specie di cappuccio, diventando così un simbolo della disciplina dei sensi e del pensiero necessaria per una giusta celebrazione della Santa Messa".

  "I testi della preghiera che interpretano il 'camice' e la 'stola'" - ha proseguito il Pontefice - "vanno ambedue nella stessa direzione. Evocano il vestito festivo che il padre donò al figlio prodigo tornato a casa cencioso e sporco. Quando ci accostiamo alla liturgia per agire nella persona di Cristo ci accorgiamo tutti quanto siamo lontani da Lui; quanta sporcizia esiste nella nostra vita. Egli solo può donarci il vestito festivo, renderci degni di presiedere alla sua mensa, di stare al suo servizio".

  "Indossando il camice dovremmo ricordarci: Egli ha sofferto anche per me. E soltanto perché il suo amore è più grande di tutti i miei peccati, posso rappresentarlo ed essere testimone della sua luce. (...) Chiediamo al Signore di allontanare ogni ostilità dal nostro intimo, di toglierci ogni senso di autosufficienza e di rivestirci veramente con la veste dell'amore, affinché siamo persone luminose e non appartenenti alle tenebre".

  "Infine ancora una breve parola riguardo alla casula. La preghiera tradizionale quando si riveste la casula vede rappresentato in essa il giogo del Signore che a noi come sacerdoti è stato imposto. (...) Portare il giogo del Signore significa innanzitutto: imparare da Lui. Essere sempre disposti ad andare a scuola da Lui. Da Lui dobbiamo imparare la mitezza e l'umiltà - l'umiltà di Dio che si mostra nel suo essere uomo".

 Alle 17.30 il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, la concelebrazione della Santa Messa 'nella Cena del Signore'.  Nel corso della Liturgia il Papa ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a dodici uomini, rappresentanti delle aggregazioni laicali della Diocesi di Roma.

  Al momento della presentazione dei doni è stata affidata al Santo Padre un'offerta a sostegno del Dispensario medico di Baidoa in Somalia".

  "Nei racconti degli evangelisti" - ha spiegato il Papa nell'omelia - "esiste un'apparente contraddizione tra il Vangelo di Giovanni, da una parte, e ciò che, dall'altra, ci comunicano Matteo, Marco e Luca. Secondo Giovanni, Gesù morì sulla croce precisamente nel momento in cui, nel tempio, venivano immolati gli agnelli pasquali. La sua morte e il sacrificio degli agnelli coincisero. Ciò significa, però, che Egli morì alla vigilia della Pasqua e quindi non poté personalmente celebrare la cena pasquale - questo, almeno, è ciò che appare. Secondo i tre Vangeli sinottici, invece, l'Ultima Cena di Gesù fu una cena pasquale, nella cui forma tradizionale Egli inserì la novità del dono del suo corpo e del suo sangue. Questa contraddizione fino a qualche anno fa sembrava insolubile".

  "La scoperta degli scritti di Qumran" - ha proseguito il Santo Padre - "ci ha nel frattempo condotto ad una possibile soluzione convincente che, pur non essendo ancora accettata da tutti, possiede tuttavia un alto grado di probabilità. Siamo ora in grado di dire che quanto Giovanni ha riferito è storicamente preciso. Gesù ha realmente sparso il suo sangue alla vigilia della Pasqua nell'ora dell'immolazione degli agnelli. Egli però ha celebrato la Pasqua con i suoi discepoli probabilmente secondo il calendario di Qumran, quindi almeno un giorno prima - l'ha celebrata senza agnello, come la comunità di Qumran, che non riconosceva il tempio di Erode ed era in attesa del nuovo tempio. Gesù dunque ha celebrato la Pasqua senza agnello - no, non senza agnello: in luogo dell'agnello ha donato se stesso, il suo corpo e il suo sangue. (...) Ha offerto Egli stesso la sua vita. Solo così l'antica Pasqua otteneva il suo vero senso".

  Benedetto XVI ha inoltre sottolineato che: "Il gesto nostalgico, in qualche modo privo di efficacia, che era l'immolazione dell'innocente ed immacolato agnello, ha trovato risposta in Colui che per noi è diventato insieme Agnello e Tempio".

  "Così al centro della Pasqua nuova di Gesù stava la Croce. Da essa veniva il dono nuovo portato da Lui. E così essa rimane sempre nella Santa Eucaristia, nella quale possiamo celebrare con gli Apostoli lungo il corso dei tempi la nuova Pasqua".

  Il Papa ha concluso l'omelia pregando il Signore "di aiutarci a comprendere sempre più profondamente questo mistero meraviglioso, ad amarlo sempre di più e in esso amare sempre di più Lui stesso. Preghiamolo di attirarci con la santa comunione sempre di più in se stesso. Preghiamolo di aiutarci a non trattenere la nostra vita per noi stessi, ma a donarla a Lui e così ad operare insieme con Lui, affinché gli uomini trovino la vita - la vita vera che può venire solo da Colui che è Egli stesso la Via, la Verità e la Vita. Amen".
BXVI-SETTIMANA SANTA/GIOVEDÍ SANTO/...             VIS 20070411 (1020)


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