Città
del Vaticano, 15 aprile 2013
(VIS). Nel pomeriggio di ieri, in occasione della sua prima visita
alla Basilica Ostiense, Papa Francesco ha presieduto la Santa Messa
nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Hanno concelebrato con il
Santo Padre il Cardinale James Michael Harvey, Arciprete della
Basilica e Dom Edmund Power, O.S.B, Padre Abate dell'Abbazia di San
Paolo.
"Siamo
sulla tomba di San Paolo - ha ricordato il Papa nell'omelia - un
umile e grande Apostolo del Signore, che lo ha annunciato con la
parola, lo ha testimoniato col martirio e lo ha adorato con tutto il
cuore. Sono proprio questi i tre verbi sui quali vorrei riflettere
alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato: annunciare,
testimoniare, adorare".
"Nella
Prima Lettura colpisce la forza di Pietro e degli altri Apostoli. Al
comando di tacere, di non insegnare più nel nome di Gesù, di non
annunciare più il suo Messaggio, essi rispondono con chiarezza:
'Bisogna obbedire a Dio, invece che agli uomini'. E non li ferma
nemmeno l’essere flagellati, il subire oltraggi, il venire
incarcerati. Pietro e gli Apostoli annunciano con coraggio, con
parresia, quello che hanno ricevuto, il Vangelo di Gesù. E noi?
Siamo capaci di portare la Parola di Dio nei nostri ambienti di vita?
Sappiamo parlare di Cristo, di ciò che rappresenta per noi, in
famiglia, con le persone che fanno parte della nostra vita
quotidiana? La fede nasce dall’ascolto, e si rafforza
nell’annuncio".
"L’annuncio
di Pietro e degli Apostoli - ha sottolineato Papa Francesco - non è
fatto solo di parole, ma la fedeltà a Cristo tocca la loro vita, che
viene cambiata, riceve una direzione nuova, ed è proprio con la loro
vita che essi rendono testimonianza alla fede e all’annuncio di
Cristo. Nel Vangelo, Gesù chiede a Pietro per tre volte di pascere
il suo gregge e di pascerlo con il suo amore, e gli profetizza:
'Quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e
ti porterà dove tu non vuoi'. È
una parola rivolta anzitutto a noi Pastori: non si può pascere il
gregge di Dio se non si accetta di essere portati dalla volontà di
Dio anche dove non vorremmo, se non si è disposti a testimoniare
Cristo con il dono di noi stessi, senza riserve, senza calcoli, a
volte anche a prezzo della nostra vita".
"Ma
questo vale per tutti: il Vangelo va annunciato e testimoniato. (...)
Nel grande disegno di Dio ogni dettaglio è importante, anche la tua,
la mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta di chi
vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di
famiglia, di lavoro, di amicizia. Ci sono i santi di tutti i giorni,
i santi 'nascosti', una sorta di 'classe media della santità', come
diceva uno scrittore francese, quella 'classe media della santità'
di cui tutti possiamo fare parte".
"Ma
in varie parti del mondo c’è anche chi soffre (...) a causa del
Vangelo; c’è chi dona la sua vita per rimanere fedele a Cristo
(...). Ricordiamolo bene tutti: non si può annunciare il Vangelo di
Gesù senza la testimonianza concreta della vita. (...) Mi viene in
mente adesso un consiglio che san Francesco d’Assisi dava ai suoi
fratelli: predicate il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le
parole. Predicare con la vita: la testimonianza. L’incoerenza dei
fedeli e dei Pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra la
parola e il modo di vivere mina la credibilità della Chiesa".
"Ma
tutto questo è possibile soltanto se riconosciamo Gesù Cristo,
perché è Lui che ci ha chiamati, ci ha invitati a percorrere la sua
strada, ci ha scelti. Annunciare e testimoniare è possibile solo se
siamo vicini a Lui, proprio come Pietro, Giovanni e gli altri
discepoli nel brano del Vangelo di oggi sono attorno a Gesù Risorto;
c’è una vicinanza quotidiana con Lui, ed essi sanno bene chi è,
lo conoscono (...). E questo è un punto importante per noi: vivere
un rapporto intenso con Gesù, un’intimità di dialogo e di vita,
così da riconoscerlo come 'il Signore'. da Adorarlo!".
"Vorrei
che ci ponessimo tutti una domanda: Tu, io, adoriamo il Signore?
Andiamo da Dio solo per chiedere, per ringraziare, o andiamo da Lui
anche per adorarlo? Che cosa vuol dire allora adorare Dio? (...)
Ognuno di noi, nella propria vita, in modo consapevole e forse a
volte senza rendersene conto, ha un ben preciso ordine delle cose
ritenute più o meno importanti. Adorare il Signore vuol dire dare a
Lui il posto che deve avere; adorare il Signore vuol dire affermare,
credere, non però semplicemente a parole, che Lui solo guida
veramente la nostra vita; adorare il Signore vuol dire che siamo
convinti davanti a Lui che è il solo Dio, il Dio della nostra vita,
il Dio della nostra storia".
"Questo
- ha affermato il Pontefice - ha una conseguenza nella nostra vita:
spogliarci dei tanti idoli piccoli o grandi che abbiamo e nei quali
ci rifugiamo, nei quali cerchiamo e molte volte riponiamo la nostra
sicurezza. Sono idoli che spesso teniamo ben nascosti; possono essere
l’ambizione, il carrierismo, il gusto del successo, il mettere al
centro se stessi, la tendenza a prevalere sugli altri, la pretesa di
essere gli unici padroni della nostra vita, qualche peccato a cui
siamo legati, e molti altri. Questa sera vorrei che una domanda
risuonasse nel cuore di ciascuno di noi e che vi rispondessimo con
sincerità: ho pensato io a quale idolo nascosto ho nella mia vita,
che mi impedisce di adorare il Signore? Adorare è spogliarci dei
nostri idoli anche quelli più nascosti, e scegliere il Signore come
centro, come via maestra della nostra vita".
"Il
Signore - ha concluso Papa Francesco - ci chiama ogni giorno a
seguirlo con coraggio e fedeltà; ci ha fatto il grande dono di
sceglierci come suoi discepoli; ci invita ad annunciarlo con gioia
come il Risorto, ma ci chiede di farlo con la parola e con la
testimonianza della nostra vita, nella quotidianità. Il Signore è
l’unico, l’unico Dio della nostra vita e ci invita a spogliarci
dei tanti idoli e ad adorare Lui solo. Annunciare, testimoniare,
adorare".