Città
del Vaticano, 22 settembre 2013 (VIS). Questa mattina Papa Francesco
si è recato in visita pastorale a Cagliari. È
la seconda Visita pastorale in Italia, dopo quella a
Lampedusa, l'8 luglio scorso. Entrambe le isole vivono grandi
difficoltà: Lampedusa, meta di emigranti che fuggono da paesi in
conflitto, la Sardegna colpita dalla mancanza di lavoro per la
chiusura di molte fabbriche.
Il
Papa si è trasferito dall'aeroporto di Cagliari a Largo Carlo
Felice, dove con le Autorità religiose e civili, era ad attenderlo
una grande folla che issava striscioni chiedendo lavoro. Prima di
tenere il suo discorso, Papa Francesco ha ascoltato le parole di un
giovane disoccupato, di una imprenditrice e di un sindacalista. Papa
Francesco ha lasciato da parte il testo preparato e si è rivolto ai
presenti improvvisando.
"Con
questo incontro - ha detto il Papa - desidero soprattutto esprimervi
la mia vicinanza, specialmente alle situazioni di sofferenza: a tanti
giovani disoccupati, alle persone in cassa-integrazione o precarie,
agli imprenditori e commercianti che fanno fatica ad andare avanti. È
una realtà che conosco bene per l’esperienza avuta in Argentina.
Io non l’ho conosciuta, ma la mia famiglia sì: mio papà, giovane,
è andato in Argentina pieno di illusioni a 'farsi l’America'. E ha
sofferto la terribile crisi degli anni trenta. Hanno perso tutto! Non
c’era lavoro! E io ho sentito, nella mia infanzia, parlare di
questo tempo, a casa… Io non l’ho visto, non ero ancora nato, ma
ho sentito dentro casa questa sofferenza, parlare di questa
sofferenza. Conosco bene questo! Ma devo dirvi: 'Coraggio!'. Ma anche
sono cosciente che devo fare tutto da parte mia, perché questa
parola 'coraggio' non sia una bella parola di passaggio! Non sia
soltanto un sorriso di impiegato cordiale, un impiegato della Chiesa
che viene e vi dice: 'Coraggio!'. No! Questo non lo voglio! Io vorrei
che questo coraggio venga da dentro e mi spinga a fare di tutto come
Pastore, come uomo. Dobbiamo affrontare con solidarietà, fra voi -
anche fra noi -, tutti con solidarietà e intelligenza questa sfida
storica".
"Questa
è la seconda città che visito in Italia. È
curioso: tutte e due - la prima e questa - sono isole. Nella prima ho
visto la sofferenza di tanta gente che cerca, rischiando la vita,
dignità, pane, salute: il mondo dei rifugiati. E ho visto la
risposta di quella città, che - essendo isola - non ha voluto
isolarsi e riceve quello, lo fa suo; ci dà un esempio di
accoglienza: sofferenza e risposta positiva. Qui, in questa seconda
città, isola che visito, anche qui trovo sofferenza. Una sofferenza
che uno di voi ha detto che 'ti indebolisce e finisce per rubarti la
speranza'. Una sofferenza - la mancanza di lavoro - che ti porta -
scusatemi se sono un po’ forte, ma dico la verità - a sentirti
senza dignità! Dove non c’è lavoro, manca la dignità! E questo
non è un problema della Sardegna soltanto - ma c’è forte qui! -
non è un problema soltanto dell’Italia o di alcuni Paesi di
Europa, è la conseguenza di una scelta mondiale, di un sistema
economico che porta a questa tragedia; un sistema economico che ha al
centro un idolo, che si chiama denaro".
"Dio
ha voluto che al centro del mondo non sia un idolo, sia l’uomo,
l’uomo e la donna, che portino avanti, col proprio lavoro, il
mondo. Ma adesso, in questo sistema senza etica, al centro c’è un
idolo e il mondo è diventato idolatra di questo 'dio-denaro'.
Comandano i soldi! Comanda il denaro! Comandano tutte queste cose che
servono a lui, a questo idolo. E cosa succede? Per difendere questo
idolo si ammucchiano tutti al centro e cadono gli estremi, cadono gli
anziani perché in questo mondo non c’è posto per loro! Alcuni
parlano di questa abitudine di 'eutanasia nascosta', di non curarli,
di non averli in conto… (...) E cadono i giovani che non trovano il
lavoro e la loro dignità. Ma pensa, in un mondo dove i giovani - due
generazioni di giovani - non hanno lavoro. Non ha futuro questo
mondo. Perché? Perché loro non hanno dignità! È
difficile avere dignità senza lavorare".
"Questa
è la vostra sofferenza qui. Questa è la preghiera che voi di là
gridavate: 'Lavoro', 'Lavoro', 'Lavoro'. È
una preghiera necessaria. Lavoro vuol dire dignità, lavoro vuol dire
portare il pane a casa, lavoro vuol dire amare! Per difendere questo
sistema economico idolatrico si instaura la 'cultura dello scarto':
si scartano i nonni e si scartano i giovani. E noi dobbiamo dire 'no'
a questa 'cultura dello scarto'. Noi dobbiamo dire: 'Vogliamo un
sistema giusto! un sistema che ci faccia andare avanti tutti'.
Dobbiamo dire: 'Noi non vogliamo questo sistema economico
globalizzato, che ci fa tanto male!'. Al centro ci deve essere l’uomo
e la donna, come Dio vuole, e non il denaro!".
"Io
avevo scritto alcune cose per voi, ma, guardandovi, sono venute
queste parole. (...) Ma ho preferito dirvi quello che mi viene dal
cuore guardandovi in questo momento! Guardate è facile dire non
perdere la speranza. Ma a tutti, a tutti voi, quelli che avete lavoro
e quelli che non avete lavoro, dico: 'Non lasciatevi rubare la
speranza! (...) Forse la speranza è come le braci sotto la cenere;
aiutiamoci con la solidarietà, soffiando sulle ceneri, perché il
fuoco venga un’altra volta. Ma la speranza ci porta avanti. Quello
non è ottimismo, è un’altra cosa. Ma la speranza non è di uno,
la speranza la facciamo tutti! La speranza dobbiamo sostenerla fra
tutti, tutti voi e tutti noi che siamo lontani. (...) Per questo vi
dico: 'Non lasciatevi rubare la speranza!'. Ma siamo furbi, perché
il Signore ci dice che gli idoli sono più furbi di noi. Il Signore
ci invita ad avere la furbizia del serpente, con la bontà della
colomba. Abbiamo questa furbizia e diciamo le cose col proprio nome.
In questo momento, nel nostro sistema economico, nel nostro sistema
proposto globalizzato di vita, al centro c’è un idolo e questo non
si può fare! Lottiamo tutti insieme perché al centro, almeno della
nostra vita, sia l’uomo e la donna, la famiglia, tutti noi, perché
la speranza possa andare avanti…”.
"Adesso
vorrei finire - ha detto infine Papa Francesco - pregando con tutti
voi, in silenzio, (...) Io dirò quello che mi viene dal cuore e voi,
in silenzio, pregate con me. 'Signore Dio guardaci! Guarda questa
città, questa isola. Guarda le nostre famiglie. Signore, a Te, non è
mancato il lavoro, hai fatto il falegname, Eri felice. Signore, ci
manca il lavoro. Gli idoli vogliono rubarci la dignità. I sistemi
ingiusti vogliono rubarci la speranza. Signore, non ci lasciare soli.
Aiutaci ad aiutarci fra noi; che dimentichiamo un po’ l’egoismo e
sentiamo nel cuore il 'noi', noi popolo che vuole andare avanti.
Signore Gesù, a Te non mancò il lavoro, dacci lavoro e insegnaci a
lottare per il lavoro e benedici tutti noi'".
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