"L’uomo
d’oggi - ha affermato il Papa nel suo discorso - è considerato in
chiave prevalentemente biologica o come 'capitale umano', 'risorsa',
parte di un ingranaggio produttivo e finanziario che lo sovrasta. Se,
da una parte, si continua a proclamare la dignità della persona,
dall’altra, nuove ideologie - come quella edonistica ed egoistica
dei diritti sessuali e riproduttivi o quella di un capitalismo
finanziario sregolato che prevarica sulla politica e destruttura
l’economia reale - contribuiscono a considerare il lavoratore
dipendente e il suo lavoro come beni 'minori' e a minare i fondamenti
naturali della società, specialmente la famiglia. In realtà,
l’essere umano, costitutivamente trascendente rispetto agli altri
esseri e beni terreni, gode di un reale primato che lo pone come
responsabile di se stesso e del creato. Per il Cristianesimo, il
lavoro è un bene fondamentale per l’uomo, in vista della sua
personalizzazione, della sua socializzazione, della formazione di una
famiglia, dell’apporto al bene comune e alla pace. Proprio per
questo, l’obiettivo dell’accesso al lavoro per tutti è sempre
prioritario, anche nei periodi di recessione economica (cfr Caritas
in veritate, 32)".
"Da
una nuova evangelizzazione del sociale possono derivare un nuovo
umanesimo e un rinnovato impegno culturale e progettuale. Essa aiuta
a detronizzare gli idoli moderni, a sostituire l’individualismo, il
consumismo materialista e la tecnocrazia, con la cultura della
fraternità e della gratuità, dell’amore solidale. Gesù Cristo ha
riassunto e dato compimento ai precetti in un comandamento nuovo:
'Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri';
qui sta il segreto di ogni vita sociale pienamente umana e pacifica,
nonché del rinnovamento della politica e delle istituzioni nazionali
e mondiali. Il beato Papa Giovanni XXIII ha motivato l’impegno per
la costruzione di una comunità mondiale, con una corrispondente
autorità, proprio muovendo dall’amore, e precisamente dall’amore
per il bene comune della famiglia umana".
"La
Chiesa - ha concluso il Pontefice - non ha certo il compito di
suggerire, dal punto di vista giuridico e politico, la configurazione
concreta di un tale ordinamento internazionale, ma offre a chi ne ha
la responsabilità quei principi di riflessione, criteri di giudizio
e orientamenti pratici che possano garantirne l’intelaiatura
antropologica ed etica attorno al bene comune. Nella riflessione,
comunque, è da tenere presente che non si dovrebbe immaginare un
superpotere, concentrato nelle mani di pochi, che dominerebbe su
tutti i popoli, sfruttando i più deboli, ma che qualunque autorità
deve essere intesa, anzitutto, come forza morale, facoltà di
influire secondo ragione, ossia come autorità partecipata, limitata
per competenza e dal diritto".
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