CITTA' DEL VATICANO, 9 APR. 2009 (VIS). Alle 9:30 di oggi, Giovedì Santo, il Papa ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la Santa Messa Crismale, Liturgia che si celebra in questo giorno in tutte le Chiese Cattedrali del mondo. La Messa del Crisma è concelebrata dal Santo Padre Benedetto XVI con i Cardinali, i Vescovi e i Presbiteri - diocesani e religiosi - presenti a Roma. Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la rinnovazione delle promesse sacerdotali, vengono benedetti l'olio dei catecumeni, l'olio degli infermi e il crisma.
"Nel Cenacolo, la sera prima della sua passione" - ha detto il Santo Padre nell'omelia - "il Signore ha pregato per i suoi discepoli riuniti intorno a Lui, guardando al contempo in avanti alla comunità dei discepoli di tutti i secoli, a 'quelli che crederanno in me mediante la loro parola' (Gv 17, 20). (...) Ascoltiamo, che cosa chiede per i Dodici e per noi qui riuniti: 'Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità' (17, 17ss)".
"Nell'Antico Testamento" - ha spiegato il Papa - "la consegna di una persona a Dio, cioè la sua 'santificazione' si identifica con l'Ordinazione sacerdotale, e in questo modo si definisce anche in che cosa consista il sacerdozio (...). Il sacerdote viene sottratto alle connessioni del mondo e donato a Dio, e proprio così, a partire da Dio, deve essere disponibile per gli altri, per tutti".
"La parola di Dio è, per così dire, il lavacro che li purifica, il potere creatore che li trasforma nell'essere di Dio. E allora, come stanno le cose nella nostra vita? Siamo veramente pervasi dalla parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto non lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa parola al punto che essa realmente dà un'impronta alla nostra vita e forma il nostro pensiero? O non è piuttosto che il nostro pensiero sempre di nuovo si modella con tutto ciò che si dice e che si fa?".
"'Consacrali nella verità; la tua parola è verità'" - ha spiegato Benedetto XVI - "questa parola dell'inserimento nel sacerdozio illumina la nostra vita e ci chiama a diventare sempre di nuovo discepoli di quella verità, che si dischiude nella parola di Dio. (...) Consacrali nella verità - ciò vuol dire, dunque, nel più profondo: rendili una cosa sola con me, Cristo. (...) L'unirsi a Cristo suppone la rinuncia. Comporta che non vogliamo imporre la nostra strada e la nostra volontà; che non desideriamo diventare questo o quest'altro, ma ci abbandoniamo a Lui, ovunque e in qualunque modo Egli voglia servirsi di noi".
"Celebrare l'Eucaristia vuol dire pregare. Celebriamo l'Eucaristia in modo giusto, se col nostro pensiero e col nostro essere entriamo nelle parole, che la Chiesa ci propone".
"Essere immersi nella verità e così nella santità di Dio - ciò significa per noi anche accettare il carattere esigente della verità; contrapporsi nelle cose grandi come in quelle piccole alla menzogna, che in modo così svariato è presente nel mondo; accettare la fatica della verità, perché la sua gioia più profonda sia presente in noi".
"Se diventiamo una cosa sola con Cristo, impariamo a riconoscerLo proprio nei sofferenti, nei poveri, nei piccoli di questo mondo; allora diventiamo persone che servono, che riconoscono i fratelli e le sorelle di Lui e in essi incontrano Lui stesso".
Alle 17:30 del Giovedì Santo, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, la concelebrazione della Santa Messa 'nella Cena del Signore. Nel corso della Liturgia, il Papa ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a dodici sacerdoti. Al momento della presentazione dei doni è stata affidata al Santo Padre un'offerta a sostegno della Comunità cattolica di Gaza.
Commentando nell'omelia il racconto dell'istituzione dell'Eucaristia, il Papa ha sottolineato che: "È preghiera. E soltanto nella preghiera si realizza l'atto sacerdotale della consacrazione che diventa trasformazione, transustanziazione dei nostri doni di pane e vino in Corpo e Sangue di Cristo".
"La Chiesa orante guarda alle mani e agli occhi del Signore" - ha affermato il Papa ricordando che: "Nell'ordinazione sacerdotale, le nostre mani sono state unte, affinché diventino mani di benedizione. Preghiamo in quest'ora il Signore che le nostre mani servano sempre di più a portare la salvezza, a portare la benedizione, a rendere presente la sua bontà!".
"Dall'introduzione alla Preghiera sacerdotale di Gesù, il Canone prende poi le parole: 'Alzando gli occhi al cielo a te, Dio Padre suo onnipotente…' Il Signore ci insegna ad alzare gli occhi e soprattutto il cuore. A sollevare lo sguardo, distogliendolo dalle cose del mondo, ad orientarci nella preghiera verso Dio e così a risollevarci".
"Lo spezzare il pane" - ha detto il Papa - " è il gesto del padre di famiglia che si preoccupa dei suoi e dà loro ciò di cui hanno bisogno per la vita. (...) Così, nel gesto stesso è già accennata l'intima natura dell'Eucaristia: essa è 'agape', è amore reso corporeo. Nella parola 'agape' i significati di Eucaristia e amore si compènetrano".
Nelle parole dell'Ultima Cena il calice di vino che Gesù offre ai discepoli è "il calice glorioso, il calice della grande gioia, dell'autentica festa a cui tutti aneliamo (...). Egli superando ogni distanza, ci rende poi veramente 'partner' e si realizza il mistero nuziale dell'amore".
"Possiamo adesso farci almeno un'idea di ciò che avvenne nell'ora dell'Ultima Cena e che, da allora, si rinnova ogni volta che celebriamo l'Eucaristia? Dio, il Dio vivente stabilisce con noi una comunione di pace, anzi, Egli crea una 'consanguineità' tra sé e noi. (...) Il sangue di Gesù è il suo amore, nel quale la vita divina e quella umana sono divenute una cosa sola".
"Preghiamo il Signore" - ha concluso il Pontefice - "affinché comprendiamo sempre di più la grandezza di questo mistero! Affinché esso sviluppi la sua forza trasformatrice nel nostro intimo, in modo che diventiamo veramente consanguinei di Gesù, pervasi dalla sua pace e così anche in comunione gli uni con gli altri".
BXVI-SETTIMANA SANTA/GIOVEDÌ SANTO/... VIS 20090415 (1040)
"Nel Cenacolo, la sera prima della sua passione" - ha detto il Santo Padre nell'omelia - "il Signore ha pregato per i suoi discepoli riuniti intorno a Lui, guardando al contempo in avanti alla comunità dei discepoli di tutti i secoli, a 'quelli che crederanno in me mediante la loro parola' (Gv 17, 20). (...) Ascoltiamo, che cosa chiede per i Dodici e per noi qui riuniti: 'Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità' (17, 17ss)".
"Nell'Antico Testamento" - ha spiegato il Papa - "la consegna di una persona a Dio, cioè la sua 'santificazione' si identifica con l'Ordinazione sacerdotale, e in questo modo si definisce anche in che cosa consista il sacerdozio (...). Il sacerdote viene sottratto alle connessioni del mondo e donato a Dio, e proprio così, a partire da Dio, deve essere disponibile per gli altri, per tutti".
"La parola di Dio è, per così dire, il lavacro che li purifica, il potere creatore che li trasforma nell'essere di Dio. E allora, come stanno le cose nella nostra vita? Siamo veramente pervasi dalla parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto non lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa parola al punto che essa realmente dà un'impronta alla nostra vita e forma il nostro pensiero? O non è piuttosto che il nostro pensiero sempre di nuovo si modella con tutto ciò che si dice e che si fa?".
"'Consacrali nella verità; la tua parola è verità'" - ha spiegato Benedetto XVI - "questa parola dell'inserimento nel sacerdozio illumina la nostra vita e ci chiama a diventare sempre di nuovo discepoli di quella verità, che si dischiude nella parola di Dio. (...) Consacrali nella verità - ciò vuol dire, dunque, nel più profondo: rendili una cosa sola con me, Cristo. (...) L'unirsi a Cristo suppone la rinuncia. Comporta che non vogliamo imporre la nostra strada e la nostra volontà; che non desideriamo diventare questo o quest'altro, ma ci abbandoniamo a Lui, ovunque e in qualunque modo Egli voglia servirsi di noi".
"Celebrare l'Eucaristia vuol dire pregare. Celebriamo l'Eucaristia in modo giusto, se col nostro pensiero e col nostro essere entriamo nelle parole, che la Chiesa ci propone".
"Essere immersi nella verità e così nella santità di Dio - ciò significa per noi anche accettare il carattere esigente della verità; contrapporsi nelle cose grandi come in quelle piccole alla menzogna, che in modo così svariato è presente nel mondo; accettare la fatica della verità, perché la sua gioia più profonda sia presente in noi".
"Se diventiamo una cosa sola con Cristo, impariamo a riconoscerLo proprio nei sofferenti, nei poveri, nei piccoli di questo mondo; allora diventiamo persone che servono, che riconoscono i fratelli e le sorelle di Lui e in essi incontrano Lui stesso".
Alle 17:30 del Giovedì Santo, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, la concelebrazione della Santa Messa 'nella Cena del Signore. Nel corso della Liturgia, il Papa ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a dodici sacerdoti. Al momento della presentazione dei doni è stata affidata al Santo Padre un'offerta a sostegno della Comunità cattolica di Gaza.
Commentando nell'omelia il racconto dell'istituzione dell'Eucaristia, il Papa ha sottolineato che: "È preghiera. E soltanto nella preghiera si realizza l'atto sacerdotale della consacrazione che diventa trasformazione, transustanziazione dei nostri doni di pane e vino in Corpo e Sangue di Cristo".
"La Chiesa orante guarda alle mani e agli occhi del Signore" - ha affermato il Papa ricordando che: "Nell'ordinazione sacerdotale, le nostre mani sono state unte, affinché diventino mani di benedizione. Preghiamo in quest'ora il Signore che le nostre mani servano sempre di più a portare la salvezza, a portare la benedizione, a rendere presente la sua bontà!".
"Dall'introduzione alla Preghiera sacerdotale di Gesù, il Canone prende poi le parole: 'Alzando gli occhi al cielo a te, Dio Padre suo onnipotente…' Il Signore ci insegna ad alzare gli occhi e soprattutto il cuore. A sollevare lo sguardo, distogliendolo dalle cose del mondo, ad orientarci nella preghiera verso Dio e così a risollevarci".
"Lo spezzare il pane" - ha detto il Papa - " è il gesto del padre di famiglia che si preoccupa dei suoi e dà loro ciò di cui hanno bisogno per la vita. (...) Così, nel gesto stesso è già accennata l'intima natura dell'Eucaristia: essa è 'agape', è amore reso corporeo. Nella parola 'agape' i significati di Eucaristia e amore si compènetrano".
Nelle parole dell'Ultima Cena il calice di vino che Gesù offre ai discepoli è "il calice glorioso, il calice della grande gioia, dell'autentica festa a cui tutti aneliamo (...). Egli superando ogni distanza, ci rende poi veramente 'partner' e si realizza il mistero nuziale dell'amore".
"Possiamo adesso farci almeno un'idea di ciò che avvenne nell'ora dell'Ultima Cena e che, da allora, si rinnova ogni volta che celebriamo l'Eucaristia? Dio, il Dio vivente stabilisce con noi una comunione di pace, anzi, Egli crea una 'consanguineità' tra sé e noi. (...) Il sangue di Gesù è il suo amore, nel quale la vita divina e quella umana sono divenute una cosa sola".
"Preghiamo il Signore" - ha concluso il Pontefice - "affinché comprendiamo sempre di più la grandezza di questo mistero! Affinché esso sviluppi la sua forza trasformatrice nel nostro intimo, in modo che diventiamo veramente consanguinei di Gesù, pervasi dalla sua pace e così anche in comunione gli uni con gli altri".
BXVI-SETTIMANA SANTA/GIOVEDÌ SANTO/... VIS 20090415 (1040)
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