CITTA' DEL VATICANO, 16 GEN. 2003 (VIS). Oggi la Congregazione per la Dottrina della Fede ha reso pubblico il testo della "Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica". La Nota è indirizzata ai Vescovi della Chiesa Cattolica e, in special modo, ai politici cattolici e a tutti i fedeli laici chiamati alla partecipazione della vita pubblica e politica nelle società democratiche.
La Nota, datata 24 novembre 2002, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo, è firmata dal Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e dall'Arcivescovo Tarcisio Bertone, S.D.B., allora Segretario della medesima Congregazione. Il testo è stato pubblicato in lingua inglese, francese, spagnola, italiana, tedesca e portoghese e comprende quattro capitoli ed una conclusione.
Di seguito riportiamo alcuni estratti del Documento:
"I. UN INSEGNAMENTO COSTANTE. L'impegno del cristiano nel mondo in duemila anni di storia si è espresso seguendo percorsi diversi. Uno è stato attuato nella partecipazione all'azione politica. (…) La Chiesa venera tra i suoi Santi numerosi uomini e donne che hanno servito Dio mediante il loro generoso impegno nelle attività politiche e di governo. Tra di essi, S. Tommaso Moro, proclamato Patrono dei Governanti e dei Politici, seppe testimoniare fino al martirio la 'dignità inalienabile della coscienza'. (…) Affermò con la sua vita e con la sua morte che 'l'uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale'. (…) Mediante l'adempimento dei comuni doveri civili, 'guidati dalla coscienza cristiana', in conformità ai valori che con essa sono congruenti, i fedeli laici svolgono anche il compito loro proprio di animare cristianamente l'ordine temporale. (…) La presente 'Nota' non ha la pretesa di riproporre l'intero insegnamento della Chiesa in materia, riassunto peraltro nelle sue linee essenziali nel 'Catechismo della Chiesa Cattolica', ma intende soltanto richiamare alcuni principi propri della coscienza cristiana che ispirano l'impegno sociale e politico dei cattolici nelle società democratiche".
"II. ALCUNI PUNTI NODALI NELL'ATTUALE DIBATTITO CULTURALE E POLITICO. È oggi verificabile un certo relativismo culturale che offre evidenti segni di sé nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. A seguito di questa tendenza non è inusuale, purtroppo, riscontrare in dichiarazioni pubbliche affermazioni in cui si sostiene che tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia".
"Questa concezione relativista del pluralismo nulla ha a che vedere con la legittima libertà dei cittadini cattolici di scegliere, tra le opinioni politiche compatibili con la fede e la legge morale naturale, quella che secondo il proprio criterio meglio si adegua alle esigenze del bene comune. La libertà politica non è né può essere fondata sull'idea relativista che tutte le concezioni sul bene dell'uomo hanno la stessa verità e lo stesso valore. (…) Se il cristiano è tenuto ad 'ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali', egli è ugualmente chiamato a dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono 'negoziabili'. (…) La struttura democratica su cui uno Stato moderno intende costruirsi sarebbe alquanto fragile se non ponesse come suo fondamento la centralità della persona. È il rispetto della persona, peraltro, a rendere possibile la partecipazione democratica".
"La conquista scientifica, infatti, ha permesso di raggiungere obiettivi che scuotono la coscienza e impongono di trovare soluzioni capaci di rispettare in maniera coerente e solida i principi etici. (…) I cattolici, in questo frangente, hanno il diritto e il dovere di intervenire per richiamare al senso più profondo della vita e alla responsabilità che tutti possiedono dinanzi ad essa. Giovanni Paolo II, continuando il costante insegnamento della Chiesa, ha più volte ribadito che quanti sono impegnati direttamente nelle rappresentanze legislative hanno il 'preciso obbligo di opporsi' ad ogni legge che risulti un attentato alla vita umana. Per essi, come per ogni cattolico, vige l'impossibilità di partecipare a campagne di opinione in favore di simili leggi né ad alcuno è consentito dare ad esse il suo appoggio con il proprio voto. (…) In questo contesto, è necessario aggiungere che la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l'attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti".
"Quando l'azione politica viene a confrontarsi con principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno, allora l'impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità. Dinanzi a queste 'esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili' (…) è in gioco l'essenza dell'ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona. persona. È questo il caso delle leggi civili in materia di 'aborto' e di 'eutanasia' (da non confondersi con la rinuncia allo 'accanimento terapeutico', la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Allo stesso modo occorre ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dello 'embrione umano'. Analogamente, devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della 'famiglia', fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale".
"Così pure la garanzia della libertà di 'educazione' ai genitori per i propri figli è un diritto inalienabile, riconosciuto tra l'altro nelle Dichiarazioni internazionali dei diritti umani. Alla stessa stregua, si deve pensare alla 'tutela sociale dei minori' e alla liberazione delle vittime dalle 'moderne forme di schiavitù' (si pensi ad esempio, alla droga e allo sfruttamento della prostituzione). Non può essere esente da questo elenco il diritto alla 'libertà religiosa' e lo sviluppo per una 'economia' che sia al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di solidarietà umana e di quello di sussidiarietà. (…) Come non vedere, infine, in questa esemplificazione il grande tema della 'pace'. (…) La pace è sempre 'frutto della giustizia ed effetto della carità'; esige il rifiuto radicale e assoluto della violenza e del terrorismo e richiede un impegno costante e vigile da parte di chi ha la responsabilità politica".
III. PRINCIPI DELLA DOTTRINA CATTOLICA SU LAICITÀ E PLURALISMO. Per la dottrina morale cattolica la laicità intesa come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica - ma non da quella morale - è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà che è stato raggiunto. Giovanni Paolo II ha più volte messo in guardia contro i pericoli derivanti da qualsiasi confusione tra la sfera religiosa e la sfera politica. (…) Questione completamente diversa è il diritto-dovere dei cittadini cattolici, come di tutti gli altri cittadini, di cercare sinceramente la verità e di promuovere e difendere con mezzi leciti le verità morali riguardanti la vita sociale, la giustizia, la libertà, il rispetto della vita e degli altri diritti della persona. Il fatto che alcune di queste verità siano anche insegnate dalla Chiesa non diminuisce la legittimità civile e la 'laicità' dell'impegno di coloro che in esse si riconoscono, indipendentemente dal ruolo che la ricerca razionale e la conferma procedente dalla fede abbiano svolto nel loro riconoscimento da parte di ogni singolo cittadino. (…) Sarebbe un errore confondere la giusta 'autonomia' che i cattolici in politica debbono assumere con la rivendicazione di un principio che prescinde dall'insegnamento morale e sociale della Chiesa".
"Vivere ed agire politicamente in conformità alla propria coscienza non è un succube adagiarsi su posizioni estranee all'impegno politico o su una forma di confessionalismo, ma l'espressione con cui i cristiani offrono il loro coerente apporto perché attraverso la politica si instauri un ordinamento sociale più giusto e coerente con la dignità della persona umana. (…) Coloro che in nome del rispetto della coscienza individuale volessero vedere nel dovere morale dei cristiani di essere coerenti con la propria coscienza un segno per squalificarli politicamente, negando loro la legittimità di agire in politica coerentemente alle proprie convinzioni riguardanti il bene comune, incorrerebbero in una forma di intollerante laicismo".
IV. CONSIDERAZIONI SU ASPETTI PARTICOLARI. È avvenuto in recenti circostanze che anche all'interno di alcune associazioni o organizzazioni di ispirazione cattolica, siano emersi orientamenti a sostegno di forze e movimenti politici che su questioni etiche fondamentali hanno espresso posizioni contrarie all'insegnamento morale e sociale della Chiesa. Tali scelte e condivisioni, (…) non sono compatibili con l'appartenenza ad associazioni o organizzazioni che si definiscono cattoliche. (…) È insufficiente e riduttivo pensare che l'impegno sociale dei cattolici possa limitarsi a una semplice trasformazione delle strutture, perché se alla base non vi è una cultura in grado di accogliere, giustificare e progettare le istanze che derivano dalla fede e dalla morale, le trasformazioni poggeranno sempre su fragili fondamenta. (…) In una società dove la verità non viene prospettata e non si cerca di raggiungerla, viene debilitata anche ogni forma di esercizio autentico di libertà, aprendo la via ad un libertinismo e individualismo, dannosi alla tutela del bene della persona e della società intera".
"A questo proposito è bene ricordare una verità che non sempre oggi viene percepita o formulata esattamente nell'opinione pubblica corrente: il diritto alla libertà di coscienza e in special modo alla libertà religiosa, proclamato dalla Dichiarazione 'Dignitatis humanae' del Concilio Vaticano II, si fonda sulla dignità ontologica della persona umana, e non su di una inesistente uguaglianza tra le religioni e tra i sistemi culturali umani. (…) L'affermazione della libertà di coscienza e della libertà religiosa non contraddice quindi affatto la condanna dell'indifferentismo e del relativismo religioso da parte della dottrina cattolica, anzi con essa è pienamente coerente".
"V. CONCLUSIONE. Gli orientamenti contenuti nella presente 'Nota' intendono illuminare uno dei più importanti aspetti dell'unità di vita del cristiano: la coerenza tra fede e vita, tra vangelo e cultura, richiamata dal Concilio Vaticano II".
CDF/CATTOLICI:POLITICA/RATZINGER VIS 20030116 (1730)