CITTA' DEL VATICANO, 2 MAG. 2002 (VIS). Oggi è stato reso pubblico il testo della Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II, in forma di "Motu proprio" su alcuni aspetti della celebrazione del sacramento della penitenza, "Misericordia Dei". Nella Lettera, datata 7 aprile, Domenica della Divina Misericordia, il Santo Padre scrive: "Tutto ciò che con la presente Lettera apostolica in forma di 'Motu proprio' ho stabilito, ordino che abbia pieno e durevole valore e sia osservato a partire da questo giorno, nonostante qualsiasi altra disposizione in contrario. Quanto ho stabilito con questa Lettera ha valore, per sua natura, anche per le venerande Chiese Orientali Cattoliche, in conformità ai rispettivi canoni del Codice loro proprio".
Di seguito riportiamo alcuni estratti del Documento:
"La celebrazione del sacramento della Penitenza ha avuto nel corso dei secoli uno sviluppo che ha conosciuto diverse forme espressive, sempre, però, conservando la medesima struttura fondamentale che comprende necessariamente, oltre all'intervento del ministro - soltanto un Vescovo o un presbitero, che giudica e assolve, cura e guarisce nel nome di Cristo - gli atti del penitente: la contrizione, la confessione e la soddisfazione".
"Affinché il discernimento sulle disposizioni dei penitenti in ordine alla remissione o meno, e all'imposizione dell'opportuna penitenza da parte del ministro del Sacramento possa essere attuato, occorre che il fedele, oltre alla coscienza dei peccati commessi, al dolore per essi e alla volontà di non più ricaderci, confessi i suoi peccati. In questo senso, il Concilio di Trento dichiarò che è necessario 'per diritto divino confessare tutti e singoli i peccati mortali'. (…) Pertanto, essendo la confessione completa dei peccati gravi per istituzione divina parte costitutiva del Sacramento, essa non resta in alcun modo affidata alla libera disponibilità dei Pastori (dispensa, interpretazione, consuetudini locali, ecc.)".
"Nelle attuali circostanze pastorali, venendo incontro alle preoccupate richieste di numerosi Fratelli nell'Episcopato, considero conveniente richiamare alcune delle leggi canoniche vigenti circa la celebrazione di questo Sacramento, precisandone qualche aspetto. (…) Ciò appare specialmente necessario dal momento che si osserva in alcune regioni la tendenza all'abbandono della confessione personale insieme ad un ricorso abusivo alla 'assoluzione generale' o 'collettiva', sicché essa non appare come mezzo straordinario in situazioni del tutto eccezionali".
"Pertanto, dopo aver sentito in merito la Congregazione per la Dottrina della Fede, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, nonché i pareri di venerati Fratelli Cardinali preposti ai Dicasteri della Curia Romana, (…) dispongo quanto segue:
"1. Gli Ordinari ricordino a tutti i ministri del sacramento della Penitenza che la legge universale della Chiesa ha ribadito, in applicazione della dottrina cattolica in materia, che:
"a) 'La confessione individuale e integra e la assoluzione costituiscono l'unico modo ordinario con cui il fedele, consapevole di peccato grave, è riconciliato con Dio e con la Chiesa; solamente una impossibilità fisica o morale scusa da una tale confessione, nel qual caso la riconciliazione si può ottenere anche in altri modi'. (can. 960)".
"b) Perciò, 'tutti coloro cui è demandata in forza dell'ufficio la cura delle anime, sono tenuti all'obbligo di provvedere che siano ascoltate le confessioni dei fedeli a loro affidati, che ragionevolmente lo chiedano, e che sia ad essi data l'opportunità di accostarsi alla confessione individuale, stabiliti, per loro comodità, giorni e ore'. (can. 986, paragrafo 1)".
"2. Gli Ordinari del luogo, nonché i parroci e i rettori di chiese e santuari, devono verificare periodicamente che di fatto esistano le massime facilitazioni possibili per le confessioni dei fedeli".
"3. Poiché 'il fedele è tenuto all'obbligo di confessare secondo la specie e il numero tutti i peccati gravi commessi dopo il Battesimo e non ancora direttamente rimessi mediante il potere delle chiavi della Chiesa, né accusati nella confessione individuale, dei quali abbia coscienza dopo un diligente esame', (can. 988, paragrafo 1), va riprovato qualsiasi uso che limiti la confessione ad un'accusa generica o soltanto di uno o più peccati ritenuti più significativi".
"4. Alla luce e nel contesto delle norme precedenti, deve essere compresa e rettamente applicata la assoluzione a più penitenti insieme senza la previa confessione individuale, prevista al can. 961 del Codice di Diritto Canonico. Essa, infatti, 'riveste un carattere di eccezionalità' e 'non può essere impartita in modo generale se non:
"1º vi sia imminente pericolo di morte ed al sacerdote o ai sacerdoti non basti il tempo per ascoltare le confessioni dei singoli penitenti;
"2º vi sia grave necessità, ossia quando, dato il numero dei penitenti, non si hanno a disposizione confessori sufficienti per ascoltare, come si conviene, le confessioni dei singoli entro un tempo conveniente, sicché i penitenti, senza loro colpa, sarebbero costretti a rimanere a lungo privi della grazia sacramentale o della sacra comunione; però la necessità non si considera sufficiente quando non possono essere a disposizione dei confessori, per la sola ragione di una grande affluenza di penitenti, quale può aversi in occasione di una grande festa o di un pellegrinaggio'.
"Circa il caso di grave necessità, si precisa quanto segue:
"a) Si tratta di situazioni che, oggettivamente, sono eccezionali, come quelle che si possono verificare in territori di missione o in comunità di fedeli isolati, dove il sacerdote può passare soltanto una o poche volte l'anno o quando le condizioni belliche, meteorologiche o altre simili circostanze lo consentano".
"b) Le due condizioni stabilite nel canone per configurare la grave necessità sono inseparabili (…)".
"La prima condizione, l'impossibilità di poter ascoltare le confessioni 'come si conviene' 'entro un tempo conveniente', fa riferimento solo al tempo ragionevolmente richiesto per l'essenziale amministrazione valida e degna del Sacramento (…)".
"d) Circa la seconda condizione, sarà un giudizio prudenziale a valutare quanto lungo debba essere il tempo di privazione della grazia sacramentale affinché si abbia vera impossibilità a norma del can. 960, allorché non vi sia imminente pericolo di morte".
"e) Non è ammissibile il creare o il permettere che si creino situazioni di apparente grave necessità, derivanti dalla mancata amministrazione ordinaria del Sacramento per inosservanza delle norme sopra ricordate e tanto meno, dall'opzione dei penitenti in favore della assoluzione in modo generale, come se si trattasse di una possibilità normale ed equivalente alle due forme ordinarie descritte nel Rituale".
"f) La sola grande affluenza di penitenti non costituisce sufficiente necessità, non soltanto in occasione di una festa solenne o di un pellegrinaggio, ma neppure per turismo o altre simili ragioni dovute alla crescente mobilità delle persone".
"5. Giudicare se ricorrano le condizioni richieste a norma del can. 961, paragrafo 1, 2°, non spetta al confessore, ma 'al Vescovo diocesano, il quale, tenuto conto dei criteri concordati con gli altri membri della Conferenza Episcopale, può determinare i casi di tale necessità'. (Can. 961, paragrafo 2)".
"6. Essendo di fondamentale importanza, in una materia tanto essenziale per la vita della Chiesa, la piena armonia tra i vari Episcopati del mondo, le Conferenze Episcopali, a norma del can. 455, paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico, faranno pervenire quanto prima alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il testo delle norme che esse intendono emanare oppure aggiornare, alla luce del presente 'Motu proprio' sull'applicazione del can. 961 del Codice di Diritto Canonico".
"7. Quanto alle disposizioni personali dei penitenti viene ribadito che:
"a) 'Affinché un fedele usufruisca validamente della assoluzione sacramentale impartita simultaneamente a più persone, si richiede che non solo sia ben disposto, ma insieme faccia il proposito di confessare a tempo debito i singoli peccati gravi, che al momento non può confessare'. (can. 962, paragrafo 1)".
"b) Per quanto è possibile, anche nel caso di imminente pericolo di morte, venga premessa ai fedeli 'l'esortazione che ciascuno provveda a porre l'atto di contrizione'. (can. 962, paragrafo 2).
"c) È chiaro che non possono ricevere validamente la assoluzione i penitenti che vivono in stato abituale di peccato grave e non intendono cambiare la loro situazione".
"8. Fermo restando l'obbligo 'di confessare i propri peccati gravi almeno una volta all'anno', (can. 989), 'colui al quale sono rimessi i peccati gravi mediante la assoluzione generale, si accosti quanto prima, offrendosene l'occasione, alla confessione individuale, prima che abbia a ricevere un'altra assoluzione generale, a meno che non sopraggiunga una giusta causa'. (can. 963)".
"9. Circa il luogo e la sede per la celebrazione del Sacramento, si tenga presente che:
"a) 'il luogo proprio per ricevere le confessioni sacramentali è la chiesa o l'oratorio', (can. 964, paragrafo 1), pur restando chiaro che ragioni di ordine pastorale possono giustificare la celebrazione del Sacramento in luoghi diversi; (cfr. can. 964, paragrafo 3)".
"b) la sede per le confessioni è disciplinata dalle norme emanate dalle rispettive Conferenze Episcopali, le quali garantiranno che essa sia collocata 'in luogo visibile' e sia anche 'provvista di grata fissa', così da consentire ai fedeli ed agli stessi confessori che lo desiderano di potersene liberamente servire".
LIT/SACRAMENTO PENITENZA/… VIS 20020502 (1440)
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