Città
del Vaticano, 21 settembre 2014 (VIS). Al termine dell'Incontro
Interreligioso, Papa Francesco si è diretto alla Cattedrale di San
Paolo, al centro di Tirana, per la celebrazione dei Vespri con i
sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i movimenti
laicali. La Cattedrale, consacrata nel 2002, ornata di una grande
vetrata raffigurante l'incontro di Papa Giovanni Paolo II con Madre
Teresa di Calcutta, può accogliere circa 700 persone.
Dopo
aver ascoltato la testimonianza di un sacerdote di 83 anni e di una
religiosa di 85, che hanno sofferto la persecuzione comunista, Papa
Francesco, commuovendosi fino alle lacrime, li ha abbracciati e,
lasciando da parte il testo ufficiale che ha consegnato
all'Arcivescovo di Tirana Rrok Mirdita, ha improvvisato alcune parole
che riportiamo di seguito:
"Ho
preparato alcune parole per voi, da dirvi, e le consegnerò
all’Arcivescovo perché lui dopo ve lo faccia arrivare. La
traduzione è già fatta. Si può fare arrivare.
Ma
adesso, mi è venuto di dirvi un’altra cosa… Abbiamo sentito
nella Lettura: “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù
Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci
consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi
consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione,
con la consolazione stessa con la quale siamo stati consolati noi da
Dio” (2 Cor 1,3-4). È il
testo su cui oggi la Chiesa ci fa riflettere nei Vespri. In questi
due mesi, mi sono preparato per questa visita, leggendo la storia
della persecuzione in Albania. E per me è stata una sorpresa: io non
sapevo che il vostro popolo avesse sofferto tanto!
Poi,
oggi, nella strada dall’aeroporto fino alla piazza, tutte queste
fotografie dei martiri: si vede che questo popolo ancora ha memoria
dei suoi martiri, di quelli che hanno sofferto tanto! Un popolo di
martiri… E oggi, all’inizio di questa celebrazione, ne ho toccati
due. Quello che io posso dirvi è quello che loro hanno detto, con la
loro vita, con le loro parole semplici… Raccontavano le cose con
una semplicità… ma tanto dolorosa! E noi possiamo domandare a
loro: 'Ma come avete fatto a sopravvivere a tanta tribolazione?'. E
ci diranno questo che abbiamo sentito in questo brano della Seconda
Lettera ai Corinzi: 'Dio è Padre misericordioso e Dio di ogni
consolazione. È stato Lui a
consolarci!'. Ce lo hanno detto con questa semplicità. Hanno
sofferto troppo. Hanno sofferto fisicamente, psichicamente, e anche
quell’angoscia dell’incertezza: se sarebbero stati fucilati o no,
e vivevano così, con quell’angoscia. E il Signore li consolava…
Penso a Pietro, nel carcere, incatenato, con le catene; tutta la
Chiesa pregava per lui. E il Signore consolò Pietro. E i martiri, e
questi due che abbiamo sentito oggi, il Signore li consolò perché
c’era gente nella Chiesa, il popolo di Dio - le vecchiette sante e
buone, tante suore di clausura… - che pregavano per loro.
E
questo è il mistero della Chiesa: quando la Chiesa chiede al Signore
di consolare il suo popolo; e il Signore consola umilmente, anche
nascostamente. Consola nell’intimità del cuore e consola con la
fortezza. Loro, sono sicuro, non si vantano di quello che hanno
vissuto, perché sanno che è stato il Signore a portarli avanti. Ma
loro ci dicono qualcosa! Ci dicono che per noi, che siamo stati
chiamati dal Signore per seguirlo da vicino, l’unica consolazione
viene da Lui. Guai a noi se cerchiamo un’altra consolazione! Guai
ai preti, ai sacerdoti, ai religiosi, alle suore, alle novizie, ai
consacrati quando cercano consolazione lontano dal Signore!
Io
non voglio 'bastonarvi', oggi, non voglio diventare il 'boia', qui;
ma sappiate bene: se voi cercate consolazione altrove, non sarete
felici! Di più: non potrai consolare nessuno, perché il tuo cuore
non è stato aperto alla consolazione del Signore. E finirai, come
dice il grande Elia al popolo di Israele, 'zoppicando con le due
gambe'. 'Sia benedetto Dio Padre, Dio di ogni consolazione, il quale
ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi
consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione,
con la consolazione con cui siamo stati consolati noi stessi da Dio'.
È quello che hanno fatto
questi due, oggi. Umilmente, senza pretese, senza vantarsi, facendo
un servizio per noi: di consolarci. Ci dicono anche: 'Siamo
peccatori, ma il Signore è stato con noi. Questa è la strada. Non
scoraggiatevi!'. Scusatemi, se vi uso oggi come esempio, ma tutti
dobbiamo essere d’esempio l’uno all’altro. Andiamo a casa
pensando bene: oggi abbiamo toccato i martiri".
Di
seguito riportiamo il discorso del Santo Padre, dato per letto,
destinato al clero albanese: (discorso 4):
è
per me una gioia incontrarvi nella vostra amata terra; ringrazio il
Signore e ringrazio tutti voi per la vostra accoglienza! Stando in
mezzo a voi posso meglio esprimere la mia vicinanza al vostro impegno
di evangelizzazione.
Da
quando il vostro Paese è uscito dalla dittatura, le comunità
ecclesiali hanno ripreso a camminare e a organizzarsi per l’azione
pastorale, e guardano con speranza verso il futuro. In particolare,
il mio pensiero riconoscente va a quei Pastori che hanno pagato a
caro prezzo la fedeltà a Cristo e la decisione di restare uniti al
Successore di Pietro. Sono stati coraggiosi nella difficoltà e nella
prova! Ci sono ancora tra noi sacerdoti e religiosi che hanno
sperimentato il carcere e la persecuzione, come la sorella e il
fratello che ci hanno raccontato la loro storia. Vi abbraccio
commosso e rendo lode a Dio per la vostra fedele testimonianza, che
stimola tutta la Chiesa a portare avanti con gioia l’annuncio del
Vangelo.
Facendo
tesoro di tale esperienza, la Chiesa in Albania può crescere nella
missionarietà e nel coraggio apostolico. Conosco e apprezzo
l’impegno con cui vi opponete a nuove forme di 'dittatura' che
rischiano di tenere schiave le persone e le comunità. Se il regime
ateo cercava di soffocare la fede, queste dittature, più subdole,
possono soffocare la carità. Penso all’individualismo, alle
rivalità e ai confronti esasperati: è una mentalità mondana che
può contagiare anche la comunità cristiana. Non serve scoraggiarsi
di fronte a queste difficoltà, non abbiate paura di andare avanti
sulla strada del Signore. Egli è sempre al vostro fianco, vi dona la
sua grazia e vi aiuta a sostenervi gli uni gli altri, ad accettarvi
così come siete, con comprensione e misericordia, a coltivare la
comunione fraterna.
L’evangelizzazione
è più efficace quando è attuata con unità di intenti e con una
collaborazione sincera tra le diverse realtà ecclesiali e tra
missionari e clero locale: questo comporta coraggio di proseguire
nella ricerca di forme di lavoro comune e di aiuto reciproco nei
campi della catechesi, dell’educazione cattolica, come pure della
promozione umana e della carità. In questi ambiti è prezioso anche
l’apporto dei movimenti ecclesiali, che sanno progettare e agire in
comunione con i Pastori e tra di loro. E’ quello che io vedo qui:
vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, una Chiesa che vuole camminare
nella fraternità e nell’unità.
Quando
l’amore per Cristo è posto al di sopra di tutto, anche di
legittime esigenze particolari, allora si diventa capaci di uscire da
noi stessi, dalle nostre 'piccolezze' personali o di gruppo, e andare
verso Gesù che ci viene incontro nei fratelli; le sue piaghe sono
ancora visibili oggi sul corpo di tanti uomini e donne che hanno fame
e sete, che sono umiliati, che si trovano in carcere o in ospedale. E
proprio toccando e curando con tenerezza queste piaghe è possibile
vivere fino in fondo il Vangelo e adorare Dio vivo in mezzo a noi.
Sono
tanti i problemi che affrontate ogni giorno! Essi vi spingono ad
immergervi con passione in una generosa attività apostolica.
Tuttavia, noi sappiamo che da soli non possiamo fare nulla. 'Se il
Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori'
(Sal 127,1). Questa consapevolezza ci chiama a dare ogni giorno il
giusto spazio al Signore, a dedicargli tempo, ad aprirgli il cuore,
affinché Lui agisca nella nostra vita e nella nostra missione. Ciò
che il Signore promette alla preghiera fiduciosa e perseverante
supera quello che noi immaginiamo (cfr Lc 11,11-12): oltre a quello
che chiediamo ci dà anche lo Spirito Santo. La dimensione
contemplativa diventa indispensabile, in mezzo agli impegni più
urgenti e pesanti. E più la missione ci chiama ad andare verso le
periferie esistenziali, più il nostro cuore sente il bisogno intimo
di essere unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore.
E
considerando che i sacerdoti e i consacrati non sono ancora
sufficienti, il Signore Gesù ripete oggi anche a voi: 'La messe è
abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della
messe, perché mandi operai nella sua messe!' (Mt 9,37-38). Non
bisogna dimenticare che questa preghiera parte da uno sguardo: lo
sguardo di Gesù, che vede l’abbondanza del raccolto. Abbiamo anche
noi questo sguardo? Sappiamo riconoscere l’abbondanza dei frutti
che la grazia di Dio ha fatto crescere, e del lavoro che c’è da
fare nel campo del Signore? E’ da questo sguardo di fede sul campo
di Dio che nasce la preghiera, l’invocazione quotidiana e pressante
al Signore per le vocazioni sacerdotali e religiose. Voi, cari
seminaristi, e voi, cari postulanti e novizi, siete frutto di questa
preghiera del popolo di Dio, che sempre precede e accompagna la
vostra risposta personale. La Chiesa in Albania ha bisogno del vostro
entusiasmo e della vostra generosità. Il tempo che oggi dedicate a
una solida formazione spirituale, teologica, comunitaria e pastorale,
è fecondo in ordine a servire adeguatamente, domani, il popolo di
Dio. La gente, più che dei maestri, cerca dei testimoni: testimoni
umili della misericordia e della tenerezza di Dio; sacerdoti e
religiosi conformati a Gesù Buon Pastore, capaci di comunicare a
tutti la carità di Cristo.
A
questo proposito, insieme con voi e insieme a tutto il popolo
albanese, voglio rendere grazie a Dio per tanti missionari e
missionarie, la cui azione è stata determinante per la rinascita
della Chiesa in Albania e rimane ancora oggi di grande rilevanza.
Essi hanno contribuito notevolmente a consolidare il patrimonio
spirituale che vescovi, sacerdoti, persone consacrate e laici
albanesi hanno conservato, in mezzo a durissime prove e tribolazioni.
Pensiamo al grande lavoro fatto dagli Istituti religiosi per il
rilancio dell’educazione cattolica: questo lavoro merita di essere
riconosciuto e sostenuto.
Cari
fratelli e sorelle, non scoraggiatevi di fronte alle difficoltà;
sulle orme dei vostri padri, siate tenaci nel rendere testimonianza a
Cristo, camminando “insieme con Dio, verso la speranza che non
delude mai”. Nel vostro cammino sentitevi sempre accompagnati e
sostenuti dall’affetto di tutta la Chiesa. Vi ringrazio di cuore di
questo incontro e affido ciascuno di voi e le vostre comunità, i
progetti e le speranze alla santa Madre di Dio. Vi benedico di cuore
e vi chiedo per favore di pregare per me".
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