CITTA' DEL VATICANO, 19 NOV. 2011 (VIS). Poco prima delle 9:00, Benedetto XVI è giunto al Palazzo presidenziale di Cotonou, edificato nel 1960 in occasione della proclamazione dell’indipendenza del Benin dalla Francia, dove si è svolto l’Incontro con i membri del Governo, i Rappresentanti delle Istituzioni della Repubblica e i Rappresentanti delle principali religioni. Il Papa è stato accolto dal Presidente del Benin, Signor Thomas Yayi Boni e dopo il saluto ai presenti, ha tenuto un discorso di cui riportiamo ampi estratti.
“Quando dico che l’Africa è il continente della speranza, non faccio della facile retorica, ma esprimo molto semplicemente una convinzione personale, che è anche quella della Chiesa. Troppo spesso il nostro spirito si ferma a pregiudizi o ad immagini che danno della realtà africana una visione negativa, frutto di un’analisi pessimista. Si è sempre tentati di sottolineare ciò che non va; meglio ancora, è facile assumere il tono sentenzioso del moralizzatore o dell’esperto, che impone le sue conclusioni e propone, in fin dei conti, poche soluzioni appropriate. Si è anche tentati di analizzare le realtà africane alla maniera di un etnologo curioso o come chi non vede in esse che un’enorme riserva energetica, minerale, agricola ed umana facilmente sfruttabile per interessi spesso poco nobili. Queste sono visioni riduttive e irrispettose, che riducono il continente ad uno oggetto, riduzione poco dignitosa dell’Africa e dei suoi abitanti”.
“Parlare della speranza, significa parlare del futuro, e dunque di Dio! (...) E’ su questo terreno composto da molteplici elementi contradditori e complementari che si tratta di costruire, con l’aiuto di Dio. Cari amici, vorrei leggere, alla luce di questa speranza che ci deve animare, due realtà africane che sono di attualità. La prima si riferisce piuttosto in maniera generale alla vita sociopolitica ed economica del Continente, la seconda al dialogo interreligioso”.
“In questi ultimi mesi, numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale, e la loro volontà di vivere armoniosamente nella diversità delle etnie e delle religioni. E’ anche nato un nuovo Stato nel vostro Continente. Numerosi sono stati anche i conflitti generati dall’accecamento dell’uomo, dalla sua volontà di potere e da interessi politico-economici che escludono la dignità delle persone o quella della natura. (...) Questi mali affliggono certamente il vostro Continente, ma ugualmente il resto del mondo. Ogni popolo vuole comprendere le scelte politiche ed economiche che vengono fatte a suo nome. Egli si accorge della manipolazione, e la sua reazione è a volte violenta. Vuole partecipare al buon governo. Sappiamo che nessun regime politico umano è l’ideale, che nessuna scelta economica è neutra. Ma essi devono sempre servire il bene comune. Ci troviamo dunque davanti ad una rivendicazione legittima che riguarda tutti i Paesi, per una maggiore dignità, e soprattutto una maggiore umanità. L’uomo vuole che sia rispettata e promossa la sua umanità. I responsabili politici ed economici dei Paesi si trovano di fronte a decisioni determinanti e a scelte che non possono più evitare”.
Approccio etico delle responsabilità politiche ed economiche
“Da questa tribuna, lancio un appello a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo. Non private i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente! Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza. (...) Il potere, qualunque sia, acceca con facilità, soprattutto quando sono in gioco interessi privati, familiari, etnici o religiosi. Dio solo purifica i cuori e le intenzioni”.
“La Chiesa non offre alcuna soluzione tecnica e non impone alcuna soluzione politica. Essa ripete: non abbiate paura! L’umanità non è sola davanti alle sfide del mondo. Dio è presente. E’ questo un messaggio di speranza, una speranza generatrice di energia, che stimola l’intelligenza e conferisce alla volontà tutto il suo dinamismo. (...) La speranza è comunione. Non è questa una via splendida che ci è proposta? Invito ad essa tutti i responsabili politici, economici, così come il mondo universitario e quello della cultura. Siate, anche voi, seminatori di speranza!”
Dialogo interreligioso
“Non mi sembra necessario ricordare i recenti conflitti nati in nome di Dio, e le morti date in nome di Colui che è la Vita. Ogni persona di buon senso comprende che bisogna sempre promuovere la cooperazione serena e rispettosa delle diversità culturali e religiose. Il vero dialogo interreligioso rigetta la verità umanamente egocentrica, perché la sola ed unica verità è in Dio. (...) Per questo fatto, nessuna religione, nessuna cultura può giustificare l’appello o il ricorso all’intolleranza e alla violenza. L’aggressività è una forma relazionale piuttosto arcaica che fa appello ad istinti facili e poco nobili. Utilizzare le parole rivelate, le Sacre Scritture o il nome di Dio per giustificare i nostri interessi, le nostre politiche così facilmente accomodanti, o le nostre violenze, è un gravissimo errore”.
“Non posso conoscere l’altro se non conosco me stesso. (...) La conoscenza, l’approfondimento e la pratica della propria religione sono dunque essenziali al vero dialogo interreligioso. (...) Conviene dunque che ognuno si ponga in verità davanti a Dio e davanti all’altro. Questa verità non esclude, e non è una confusione. Il dialogo interreligioso mal compreso porta alla confusione o al sincretismo. Non è questo il dialogo che si cerca”.
“Sappiamo anche che, talvolta, il dialogo interreligioso non è facile, o anche che è impedito per diverse ragioni. Questo non significa affatto una sconfitta. Le forme del dialogo interreligioso sono molteplici. La cooperazione nel campo sociale o culturale può aiutare le persone a comprendersi meglio e a vivere insieme serenamente. E’ anche bene sapere che non si dialoga per debolezza, ma che si dialoga perché si crede in Dio. Dialogare è un modo supplementare di amare Dio ed il prossimo senza abdicare a ciò che si è”.
Promuovere una pedagogia del dialogo
“Avere speranza non significa essere ingenui, ma compiere un atto di fede in un avvenire migliore. La Chiesa cattolica attua così una delle intuizioni del Concilio Vaticano II, quella di favorire le relazioni amichevoli tra essa e i membri di religioni non cristiane. (...) Saluto tutti i responsabili religiosi che hanno avuto l’amabilità di venire qui ad incontrarmi. Voglio assicurare a loro, come pure a quelli di altri Paesi africani, che il dialogo offerto dalla Chiesa cattolica viene dal cuore. Li incoraggio a promuovere, soprattutto tra i giovani, una pedagogia del dialogo, affinché scoprano che la coscienza di ciascuno è un santuario da rispettare, e che la dimensione spirituale costruisce la fraternità. La vera fede conduce invariabilmente all’amore. E’ in questo spirito che vi invito tutti alla speranza”.
“Per finire, vorrei utilizzare l’immagine della mano. La compongono cinque dita, diverse tra loro. Ognuna di esse però è essenziale e la loro unità forma la mano. La buona intesa tra le culture, la considerazione non accondiscendente delle une per le altre e il rispetto dei diritti di ciascuno sono un dovere vitale. Occorre insegnarlo a tutti i fedeli delle diverse religioni. L’odio è una sconfitta, l’indifferenza un vicolo cieco, e il dialogo un’apertura! Non è questo un buon terreno in cui saranno seminati dei semi di speranza? Tendere la mano significa sperare per arrivare, in un secondo tempo, ad amare. (...) Accanto al cuore e all’intelligenza, la mano può diventare, anch’essa, uno strumento di dialogo. Essa può fare fiorire la speranza, soprattutto quando l’intelligenza balbetta e il cuore inciampa”.
“Avere paura, dubitare e temere, porsi nel presente senza Dio, o non avere nulla da attendere, sono atteggiamenti estranei alla fede cristiana e, credo, ad ogni altra credenza in Dio. (...) Seguendo Pietro, di cui sono il successore, auguro che la vostra fede e la vostra speranza siano in Dio. E’ questo l’augurio che formulo per l’Africa intera, che mi è tanto cara! Abbi fiducia, Africa, ed alzati! Il Signore ti chiama”.
Al termine del suo discorso il Papa ha avuto un incontro privato con il Presidente della Repubblica del Benin nel suo studio nel corso del quale c’è stato uno scambio di doni ed ha apposto la sua firma nel Libro d’Oro. Infine ha salutato i familiari del Presidente Thomas Yayo Boni.
PV-BENIN/ VIS 20111118 (1360)
PV-BENIN/ VIS 20111118 (1360)
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