CITTA' DEL VATICANO, 13 MAG. 2009 (VIS). Il Santo Padre ha percorso in "papamobile" i due chilometri che separano il "Caritas Bay Hospital" dal Campo Profughi di Aida a Betlemme, dove era ad accoglierlo il Responsabile del Campo.
Il Campo Profughi di Aida è uno dei campi profughi nei Territori Palestinesi che ospitano in totale 1.300.000 sfollati palestinesi giunti in due ondate principali: nel 1948, alla nascita dello Stato di Israele, e poi nel 1967, dopo la "Guerra dei Sei Giorni". Nel campo a nord di Betlemme, esempio di convivenza tra musulmani e cristiani, risiedono circa cinquemila persone tra cui alcune famiglie cristiane. Nei Territori Palestinesi, vivono, secondo le varie stime, tra 3 e 4 milioni di persone. Secondo i dati dell'UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East), l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Profughi di Palestina in Medio Oriente, i profughi erano nel 2008 circa 4.600.000. In Giordania 1.700.000, di cui 329.000 in 10 campi; in Cisgiordania 500.000 in 19 campi; nella Striscia di Gaza, 1 milione in 8 campi su una popolazione totale di 1.500.000 abitanti; in Libano 409.000 in 12 campi, e in Siria 120.000 in 9 campi.
All'arrivo il Papa ha detto: "La mia visita al Campo Profughi di Aida questo pomeriggio mi offre la gradita opportunità di esprimere la mia solidarietà a tutti i Palestinesi senza casa, che anelano di poter tornare ai luoghi natii, o di vivere permanentemente in una patria propria. (...) A tutti gli ufficiali della 'United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East' che si prendono cura dei profughi, manifesto l'apprezzamento che provano innumerevoli uomini e donne di tutto il mondo per l'opera svolta qui ed in altri campi nella regione".
Ancora una volta Papa Benedetto XVI ha ribadito l'importanza dell'istruzione scolastica ed ha esortato tutti i giovani presenti con queste parole: "Rinnovate i vostri sforzi per prepararvi al tempo in cui sarete responsabili degli affari del popolo Palestinese negli anni a venire. (...) A tutte le famiglie presenti in questo campo dico: non mancate di sostenere i vostri figli nei loro studi e nel coltivare i loro doni, così che non vi sia scarsità di personale ben formato per occupare nel futuro posizioni di responsabilità nella comunità Palestinese".
"So che molte vostre famiglie sono divise - a causa di imprigionamento di membri della famiglia o di restrizioni alla libertà di movimento - e che molti tra voi hanno sperimentato perdite nel corso delle ostilità. Il mio cuore si unisce a quello di coloro che, per tale ragione, soffrono. Siate certi" - ha sottolineato il Papa - "che tutti i profughi Palestinesi nel mondo, specie quelli che hanno perso casa e persone care durante il recente conflitto di Gaza, sono costantemente ricordati nelle mie preghiere".
"Desidero dare atto del buon lavoro svolto da molte agenzie della Chiesa" - ha proseguito il Pontefice - "nel prendersi cura dei profughi qui e in altre parti dei Territori Palestinesi", come la Missione Pontificia per la Palestina, la presenza delle Suore Missionarie Francescane del Cuore Immacolato di Maria che "richiama alla mente la figura carismatica di San Francesco, grande apostolo di pace e di riconciliazione" e i diversi membri della Famiglia francescana che nel prendersi cura della gente di queste terre, fanno di se stessi degli 'strumenti di pace'".
"Strumenti di pace" - ha esclamato il Papa - "Quanto le persone di questo campo, di questi Territori e dell'intera regione anelano alla pace! In questi giorni tale desiderio assume una particolare intensità mentre ricordate gli eventi del maggio del 1948 (l'esodo della popolazione araba, che si intensificò a partire dal 15 maggio 1948 quando il Regno Unito si ritirò dalla Palestina e da Israele, come prevedeva un Piano di spartizione della Palestina approvato dalla risoluzione 181 dell'O.N.U., nel novembre 1947 n.d.r.) e gli anni di un conflitto tuttora irrisolto, che seguirono a quegli eventi. Voi ora vivete in condizioni precarie e difficili, con limitate opportunità di occupazione".
"È comprensibile che vi sentiate spesso frustrati. Le vostre legittime aspirazioni ad una patria permanente, ad uno Stato Palestinese indipendente, restano incompiute. E voi, al contrario, vi sentite intrappolati, come molti in questa regione e nel mondo, in una spirale di violenza, di attacchi e contrattacchi, di vendette e di distruzioni continue. Tutto il mondo desidera fortemente che sia spezzata questa spirale, anela a che la pace metta fine alle perenni ostilità. Incombente su di noi, mentre siamo qui riuniti questo pomeriggio, è la dura consapevolezza del punto morto a cui sembrano essere giunti i contatti tra Israeliani e Palestinesi - il muro".
"In un mondo in cui le frontiere vengono sempre più aperte - al commercio, ai viaggi, alla mobilità della gente, agli scambi culturali - è tragico vedere che vengono tuttora eretti dei muri. Quanto aspiriamo a vedere i frutti del ben più difficile compito di edificare la pace! Quanto ardentemente preghiamo perché finiscano le ostilità che hanno causato l'erezione di questo muro!".
"Da entrambe le parti del muro è necessario grande coraggio per superare la paura e la sfiducia, se si vuole contrastare il bisogno di vendetta per perdite o ferimenti. Occorre magnanimità per ricercare la riconciliazione dopo anni di scontri armati. E tuttavia la storia ci insegna che la pace viene soltanto quando le parti in conflitto sono disposte ad andare oltre le recriminazioni e a lavorare insieme a fini comuni, prendendo sul serio gli interessi e le preoccupazioni degli altri e cercando decisamente di costruire un'atmosfera di fiducia. Deve esserci una determinazione ad intraprendere iniziative forti e creative per la riconciliazione: se ciascuno insiste su concessioni preliminari da parte dell'altro, il risultato sarà soltanto lo stallo delle trattative".
"L'aiuto umanitario" - ha ricordato Benedetto XVI - "come quello che viene offerto in questo campo, ha un ruolo essenziale da svolgere, ma la soluzione a lungo termine ad un conflitto come questo non può essere che politica. Nessuno s'attende che i popoli Palestinese e Israeliano vi arrivino da soli. È vitale il sostegno della comunità internazionale. Rinnovo perciò il mio appello a tutte le parti coinvolte perché esercitino la propria influenza in favore di una soluzione giusta e duratura, nel rispetto delle legittime esigenze di tutte le parti e riconoscendo il loro diritto di vivere in pace e con dignità, secondo il diritto internazionale. Allo stesso tempo, tuttavia, gli sforzi diplomatici potranno avere successo soltanto se gli stessi Palestinesi e Israeliani saranno disposti a rompere con il ciclo delle aggressioni".
"A ciascuno di voi rinnovo l'invito ad un profondo impegno nel coltivare la pace e la non violenza" - ha concluso il Papa - "seguendo l'esempio di San Francesco e di altri grandi costruttori di pace. La pace deve aver inizio nel proprio ambiente, nella propria famiglia, nel proprio cuore. Continuo a pregare perché tutte le parti in conflitto in questa terra abbiano il coraggio e l'immaginazione di perseguire l'esigente ma indispensabile via della riconciliazione. Possa la pace fiorire ancora una volta in queste terre! Dio benedica il suo popolo con la pace!".
Al termine del suo discorso il Santo Padre si è recato al Palazzo Presidenziale di Betlemme ed ha reso una visita di cortesia al Presidente dell'Autorità Palestinese.
PV-TERRITORI PALESTINESI/RIFUGIATI/BETLEMME VIS 20090514 (1190)
Nessun commento:
Posta un commento