CITTA' DEL VATICANO, 7 MAG. 2005 (VIS). Alle 17:30 di oggi pomeriggio, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto la Celebrazione dell'Eucaristia in occasione del suo insediamento sulla Cattedra di Vescovo di Roma. Con il Santo Padre hanno concelebrato 40 Cardinali, i membri del Consiglio Episcopale della Diocesi, i Canonici della Basilica Lateranense e i membri del Consiglio dei Parroci Prefetti.
All'inizio della celebrazione, il Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale per la Diocesi di Roma, ha espresso la gioia della Chiesa di Roma nel momento in cui il Romano Pontefice ha preso possesso della Sua Cattedra. Il Santo Padre è salito e si è seduto sulla Sua Cattedra, con la mitra e il pastorale, mentre la schola e l'assemblea cantavano: "A te, Benedetto, Vescovo di Roma: gioia, pace e vita; gioia, pace e vita!". Successivamente una rappresentanza della Chiesa Romana ha prestato "obbedienza" al Santo Padre: il Cardinale Ruini, Arciprete della Basilica Cattedrale Lateranense, l'Arcivescovo Vicegerente, due Presbiteri (un parroco e un viceparroco dell'Urbe), un Diacono permanente e un Diacono che si prepara al presbiterato, un Religioso e una Religiosa in servizio nella Chiesa di Roma, una laica e un laico, una ragazza e un ragazzo già cresimati della Diocesi Romana.
Al principio dell'omelia, il Papa ha ricordato la celebrazione, questa domenica, in Italia e in molti Paesi, della Solennità dell'Ascensione del Signore, ed ha detto: "L'Ascensione del Signore significa che Cristo non si è allontanato da noi, ma che adesso, grazie al Suo essere con il Padre, è vicino ad ognuno di noi, per sempre. Ognuno di noi può darGli del tu; ognuno può chiamarLo. Il Signore si trova sempre a portata di voce. Possiamo allontanarci da Lui interiormente. Possiamo vivere voltandoGli le spalle. Ma Egli ci aspetta sempre, ed è sempre vicino a noi".
Benedetto XVI ha sottolineato che il Cristo Risorto "ha bisogno di testimoni che Lo hanno incontrato, di uomini che Lo hanno conosciuto intimamente, attraverso la forza dello Spirito Santo. (...) Ma questa sinfonia di testimonianze è dotata anche di una struttura ben definita: ai successori degli Apostoli, e cioè ai Vescovi, spetta la pubblica responsabilità di far sì che la rete di queste testimonianze permanga nel tempo. (...) In questa rete di testimoni, al Successore di Pietro compete uno speciale compito".
Il Papa "deve avere la consapevolezza di essere un uomo fragile e debole (...) costantemente bisognoso di purificazione e di conversione. Ma egli può anche avere la consapevolezza che dal Signore gli viene la forza per confermare i suoi fratelli nella fede e tenerli uniti nella confessione del Cristo crocifisso e risorto".
"Il Vescovo di Roma" - ha proseguito Benedetto XVI - "siede sulla sua Cattedra per dare testimonianza di Cristo. Così la Cattedra è il simbolo della 'potestas docendi' quella potestà di insegnamento che è parte essenziale del mandato di legare e di sciogliere conferito dal Signore a Pietro e, dopo di lui, ai Dodici". In merito, il Papa ha affermato: "Dove la Sacra Scrittura viene staccata dalla voce vivente della Chiesa, cade in preda alle dispute degli esperti".
"Questa potestà di insegnamento spaventa tanti uomini dentro e fuori della Chiesa. Si chiedono se essa non minacci la libertà di coscienza, se non sia una presunzione contrapposta alla libertà di pensiero. Non è così. Il potere conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori è, in senso assoluto, un mandato per servire. (...) Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell'obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all'obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo".
Benedetto XVI ha sottolineato che questa fu la missione di Giovanni Paolo II, "quando, davanti a tutti i tentativi, apparentemente benevoli verso l'uomo, di fronte alle errate interpretazioni della libertà, sottolineò in modo inequivocabile l'inviolabilità dell'essere umano, l'inviolabilità della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale. La libertà di uccidere non è una vera libertà, ma è una tirannia che riduce l'essere umano in schiavitù".
"Il Papa è consapevole di essere, nella sue grandi decisioni, legato alla grande comunità della fede di tutti i tempi, alle interpretazioni vincolanti cresciute lungo il cammino pellegrinante della Chiesa. Così, il suo potere non sta al di sopra, ma è al servizio della Parola di Dio, e su di lui incombe la responsabilità di far sì che questa Parola continui a rimanere presente nella sua grandezza e a risuonare nella sua purezza, così che non venga fatta a pezzi dai continui cambiamenti delle mode".
Al termine dell'omelia, rivolgendosi ai Romani, il Santo Padre ha detto: "adesso sono il vostro Vescovo. Grazie per la vostra generosità, grazie per la vostra simpatia, grazie per la vostra pazienza! In quanto cattolici, in qualche modo, tutti siamo anche romani. Così voglio cercare, con tutto il cuore, di essere il vostro Vescovo, il Vescovo di Roma. E tutti noi vogliamo cercare di essere sempre più cattolici - sempre più fratelli e sorelle nella grande famiglia di Dio, quella famiglia in cui non esistono stranieri".
Alla fine della Messa il Papa si è recato in autovettura scoperta alla Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore per rendere omaggio all'Icona di "Sancta Maria Salus Populi Romani", custodita nella cappella Borghesiana della Basilica Mariana. L'atto di venerazione del nuovo Papa si collega alla ininterrotta tradizione del devoto appellarsi del popolo di Roma alla Madre della Salvezza.
BXVI-PRESA POSSESSO CATTEDRA LATERANO/.../... VIS 20050509 (940)
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