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lunedì 31 gennaio 2005

ROTA ROMANA: DIMENSIONE MORALE ATTIVITÀ DEI GIUDICI


CITTA' DEL VATICANO, 29 GEN. 2005 (VIS). Come di consueto nella solenne inaugurazione dell'Anno Giudiziario, il Papa ha ricevuto oggi il Decano, i Prelati Uditori, gli Officiali e gli Avvocati del Tribunale della Rota Romana.

Il Santo Padre ha presentato quest'anno alcune considerazioni relative alla dimensione morale dell'attività degli operatori giuridici presso i tribunali ecclesiastici, "soprattutto per quel che riguarda il dovere di adeguarsi alla verità sul matrimonio, così come essa è insegnata dalla Chiesa".

"Gli interessi individuali e collettivi" - ha detto ancora il Papa - "possono, infatti, indurre le parti a ricorrere a vari tipi di falsità e perfino di corruzione allo scopo di raggiungere una sentenza favorevole. Da questo rischio non sono immuni nemmeno i processi canonici, in cui si cerca di conoscere la verità sull'esistenza o meno di un matrimonio".

Giovanni Paolo II ha proseguito affermando: "In nome di pretese esigenze pastorali, qualche voce s'è levata per proporre di dichiarare nulle le unioni totalmente fallite. Per ottenere tale risultato si suggerisce di ricorrere all'espediente di mantenere le apparenze procedurali e sostanziali, dissimulando l'inesistenza di un vero giudizio processuale. Si è così tentati di provvedere ad un'impostazione dei capi di nullità e ad una loro prova in contrasto con i più elementari principi della normativa e del magistero della Chiesa".

"È evidente" - ha ribadito il Pontefice - "l'oggettiva gravità giuridica e morale di tali comportamenti, che non costituiscono sicuramente la soluzione pastoralmente valida ai problemi posti dalle crisi matrimoniali".

Il Papa ha ricordato di aver fatto riferimento, in diversi discorsi alla Curia Romana, all'"essenziale rapporto che il processo ha con la ricerca della verità oggettiva. Di ciò devono farsi carico innanzitutto i Vescovi, che sono i giudici per diritto divino delle loro comunità" e devono "impegnarsi in prima persona per curare l'idoneità dei membri dei tribunali (...), per accertare la conformità delle sentenze con la retta dottrina".

Il giudice, ha sottolineato ancora il Santo Padre "deve essere innanzitutto convinto che la verità esiste. (...) Bisogna resistere alla paura della verità" e non lasciarsi "condizionare né da sentimenti di falsa compassione per le persone, né da falsi modelli di pensiero, anche se diffusi nell'ambiente. Egli sa che le sentenze ingiuste non costituiscono mai una vera soluzione pastorale, e che il giudizio di Dio sul proprio agire è ciò che conta per l'eternità".

Giovanni Paolo II ha affermato ancora che il giudice "deve attenersi alle leggi canoniche, rettamente interpretate" senza "separare le leggi della Chiesa dagli insegnamenti magisteriali, come se appartenessero a due sfere distinte, di cui la prima sarebbe l'unica ad avere forza giuridicamente vincolante, mentre la seconda avrebbe un valore meramente orientativo od esortativo. Una simile impostazione rivela in fondo una mentalità positivistica".

"Infine, un momento importante della ricerca della verità è quello dell'istruttoria della causa". Il Papa ha concluso il suo discorso sottolineando che "il dovere di una giustizia tempestiva fa parte del servizio concreto della verità, e costituisce un diritto delle persone. Tuttavia, una falsa celerità, che sia a scapito della verità, è ancor più gravemente ingiusta".
AC/.../TRIBUNALE ROTA ROMANA VIS 20050131 (510)

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