CITTA' DEL VATICANO, 12 NOV. 2004 (VIS). Questa mattina il Santo Padre Giovanni Paolo II, nel ricevere i 600 partecipanti alla Conferenza Internazionale sulle Cure Palliative, promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, tuttora in corso in Vaticano, ha voluto ringraziarli per il loro "impegno scientifico e umano a favore di quanti si trovano in uno stato di sofferenza".
"La medicina" - ha detto il Papa - "si pone sempre al servizio della vita. Anche quando sa di non poter debellare una grave patologia, dedica le proprie capacità a lenirne le sofferenze. Lavorare con passione per aiutare il paziente in ogni situazione significa aver coscienza dell'inalienabile dignità di ogni essere umano, anche nelle estreme condizioni dello stato terminale".
Il Pontefice ha ribadito che la fede può aiutare la persona che soffre e renderla capace di lenire la sofferenza altrui. "Di fatto esiste una relazione direttamente proporzionale tra la capacità di soffrire e la capacità di aiutare chi soffre". Le persone più sensibili al dolore altrui e disponibili ad assistere chi soffre "sono anche più disposte ad accettare, con l'aiuto di Dio, le proprie sofferenze".
Il Santo Padre ha fatto riferimento al problema dell'eutanasia, definendolo uno "tra i drammi causati da un'etica che pretende di stabilire chi può vivere e chi deve morire. (...) Anche se motivata da sentimenti di una mal intesa compassione, (...) l'eutanasia invece che riscattare la persona dalla sofferenza ne realizza la soppressione. La compassione, quando è priva della volontà di affrontare la sofferenza (...) porta alla cancellazione della vita per annientare il dolore, stravolgendo così lo statuto etico della scienza medica. La vera compassione, al contrario, promuove ogni ragionevole sforzo per favorire la guarigione del paziente".
Sulla questione relativa alla terapia intensiva, il Papa ha affermato che: "L'eventuale decisione di non intraprendere o di interrompere una terapia sarà ritenuta eticamente corretta quando questa risulti inefficace o chiaramente sproporzionata ai fini del sostegno alla vita o del recupero della salute. Il rifiuto dell'accanimento terapeutico, pertanto, è espressione del rispetto che in ogni istante si deve al paziente".
Il Papa ha inoltre ribadito l'importanza di "accompagnare il paziente fino alla fine, ponendo in atto tutte le azioni e attenzioni possibili per diminuirne le sofferenze e favorirne nell'ultima parte dell'esistenza terrena un vissuto per quanto possibile sereno, che ne disponga l'animo all'incontro con il Padre celeste".
Precisando che le cure palliative mirano a lenire "una vasta gamma di sintomi di sofferenza di ordine fisico, psichico e mentale", il Santo Padre ha sottolineato che perciò richiedono l'intervento di personale specializzato. La somministrazione degli analgesici, ha specificato il Papa, "dovrà essere effettivamente proporzionata all'intensità e alla cura del dolore, evitando ogni forma di eutanasia quale si avrebbe somministrando ingenti dosi di analgesici proprio con lo scopo di provocare la morte".
Il Papa ha concluso il suo discorso ribadendo che: "La scienza e la tecnica, tuttavia, non potranno mai dare risposta soddisfacente agli interrogativi essenziali del cuore umano. A queste domande può rispondere solo la fede. La Chiesa intende continuare ad offrire il proprio contributo specifico attraverso l'accompagnamento umano e spirituale degli infermi".
AC/CURE PALLIATIVE/... VIS 20041112 (530)
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