Città
del Vaticano, 23 settembre 2014
(VIS). Pubblichiamo il Messaggio del Santo Padre Francesco per la
Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (18 gennaio 2015).
"Cari
fratelli e sorelle!
Gesù
è «l’evangelizzatore per eccellenza e il Vangelo in persona»
(Esort. ap. Evangelii gaudium, 209). La sua sollecitudine,
particolarmente verso i più vulnerabili ed emarginati, invita tutti
a prendersi cura delle persone più fragili e a riconoscere il suo
volto sofferente, soprattutto nelle vittime delle nuove forme di
povertà e di schiavitù. Il Signore dice: «Ho avuto fame e mi avete
dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero
straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi
avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt
25,35-36). Missione della Chiesa, pellegrina sulla terra e madre di
tutti, è perciò di amare Gesù Cristo, adorarlo e amarlo,
particolarmente nei più poveri e abbandonati; tra di essi rientrano
certamente i migranti ed i rifugiati, i quali cercano di lasciarsi
alle spalle dure condizioni di vita e pericoli di ogni sorta.
Pertanto, quest’anno la Giornata Mondiale del Migrante e del
Rifugiato ha per tema: Chiesa senza frontiere, madre di tutti.
In
effetti, la Chiesa allarga le sue braccia per accogliere tutti i
popoli, senza distinzioni e senza confini e per annunciare a tutti
che «Dio è amore» (1 Gv 4,8.16). Dopo la sua morte e risurrezione,
Gesù ha affidato ai discepoli la missione di essere suoi testimoni e
di proclamare il Vangelo della gioia e della misericordia. Nel giorno
di Pentecoste, con coraggio ed entusiasmo, essi sono usciti dal
Cenacolo; la forza dello Spirito Santo ha prevalso su dubbi e
incertezze e ha fatto sì che ciascuno comprendesse il loro annuncio
nella propria lingua; così fin dall’inizio la Chiesa è madre dal
cuore aperto sul mondo intero, senza frontiere. Quel mandato copre
ormai due millenni di storia, ma già dai primi secoli l’annuncio
missionario ha messo in luce la maternità universale della Chiesa,
sviluppata poi negli scritti dei Padri e ripresa dal Concilio
Ecumenico Vaticano II. I Padri conciliari hanno parlato di Ecclesia
mater per spiegarne la natura. Essa infatti genera figli e figlie e
«li incorpora e li avvolge con il proprio amore e con le proprie
cure» (Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 14).
La
Chiesa senza frontiere, madre di tutti, diffonde nel mondo la cultura
dell’accoglienza e della solidarietà, secondo la quale nessuno va
considerato inutile, fuori posto o da scartare. Se vive
effettivamente la sua maternità, la comunità cristiana nutre,
orienta e indica la strada, accompagna con pazienza, si fa vicina
nella preghiera e nelle opere di misericordia.
Oggi
tutto questo assume un significato particolare. Infatti, in un’epoca
di così vaste migrazioni, un gran numero di persone lascia i luoghi
d’origine e intraprende il rischioso viaggio della speranza con un
bagaglio pieno di desideri e di paure, alla ricerca di condizioni di
vita più umane. Non di rado, però, questi movimenti migratori
suscitano diffidenze e ostilità, anche nelle comunità ecclesiali,
prima ancora che si conoscano le storie di vita, di persecuzione o di
miseria delle persone coinvolte. In tal caso, sospetti e pregiudizi
si pongono in conflitto con il comandamento biblico di accogliere con
rispetto e solidarietà lo straniero bisognoso.
Da
una parte si avverte nel sacrario della coscienza la chiamata a
toccare la miseria umana e a mettere in pratica il comandamento
dell’amore che Gesù ci ha lasciato quando si è identificato con
lo straniero, con chi soffre, con tutte le vittime innocenti di
violenze e sfruttamento. Dall’altra, però, a causa della debolezza
della nostra natura, «sentiamo la tentazione di essere cristiani
mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore» (Esort.
ap. Evangelii gaudium, 270).
Il
coraggio della fede, della speranza e della carità permette di
ridurre le distanze che separano dai drammi umani. Gesù Cristo è
sempre in attesa di essere riconosciuto nei migranti e nei rifugiati,
nei profughi e negli esuli, e anche in questo modo ci chiama a
condividere le risorse, talvolta a rinunciare a qualcosa del nostro
acquisito benessere. Lo ricordava il Papa Paolo VI, dicendo che «i
più favoriti devono rinunciare ad alcuni dei loro diritti per
mettere con maggiore liberalità i loro beni al servizio degli altri»
(Lett. ap. Octogesima adveniens, 14 maggio 1971, 23).
Del
resto, il carattere multiculturale delle società odierne incoraggia
la Chiesa ad assumersi nuovi impegni di solidarietà, di comunione e
di evangelizzazione. I movimenti migratori, infatti, sollecitano ad
approfondire e a rafforzare i valori necessari a garantire la
convivenza armonica tra persone e culture. A tal fine non può
bastare la semplice tolleranza, che apre la strada al rispetto delle
diversità e avvia percorsi di condivisione tra persone di origini e
culture differenti. Qui si innesta la vocazione della Chiesa a
superare le frontiere e a favorire «il passaggio da un atteggiamento
di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione ... ad un
atteggiamento che abbia alla base la ‘cultura dell’incontro’,
l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno»
(Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato
2014).
I
movimenti migratori hanno tuttavia assunto tali dimensioni che solo
una sistematica e fattiva collaborazione che coinvolga gli Stati e le
Organizzazioni internazionali può essere in grado di regolarli
efficacemente e di gestirli. In effetti, le migrazioni interpellano
tutti, non solo a causa dell’entità del fenomeno, ma anche «per
le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e
religiose che sollevano, per le sfide drammatiche che pongono alle
comunità nazionali e a quella internazionale» (Benedetto XVI, Lett.
Enc. Caritas in veritate, 29 giugno 2009, 62).
Nell’agenda
internazionale trovano posto frequenti dibattiti sull’opportunità,
sui metodi e sulle normative per affrontare il fenomeno delle
migrazioni. Vi sono organismi e istituzioni, a livello
internazionale, nazionale e locale, che mettono il loro lavoro e le
loro energie al servizio di quanti cercano con l’emigrazione una
vita migliore. Nonostante i loro generosi e lodevoli sforzi, è
necessaria un’azione più incisiva ed efficace, che si avvalga di
una rete universale di collaborazione, fondata sulla tutela della
dignità e della centralità di ogni persona umana. In tal modo, sarà
più incisiva la lotta contro il vergognoso e criminale traffico di
esseri umani, contro la violazione dei diritti fondamentali, contro
tutte le forme di violenza, di sopraffazione e di riduzione in
schiavitù. Lavorare insieme, però, richiede reciprocità e
sinergia, con disponibilità e fiducia, ben sapendo che «nessun
Paese può affrontare da solo le difficoltà connesse a questo
fenomeno, che è così ampio da interessare ormai tutti i Continenti
nel duplice movimento di immigrazione e di emigrazione» (Messaggio
per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014).
Alla
globalizzazione del fenomeno migratorio occorre rispondere con la
globalizzazione della carità e della cooperazione, in modo da
umanizzare le condizioni dei migranti. Nel medesimo tempo, occorre
intensificare gli sforzi per creare le condizioni atte a garantire
una progressiva diminuzione delle ragioni che spingono interi popoli
a lasciare la loro terra natale a motivo di guerre e carestie, spesso
l’una causa delle altre.
Alla
solidarietà verso i migranti ed i rifugiati occorre unire il
coraggio e la creatività necessarie a sviluppare a livello mondiale
un ordine economico-finanziario più giusto ed equo insieme ad un
accresciuto impegno in favore della pace, condizione indispensabile
di ogni autentico progresso.
Cari
migranti e rifugiati! Voi avete un posto speciale nel cuore della
Chiesa, e la aiutate ad allargare le dimensioni del suo cuore per
manifestare la sua maternità verso l’intera famiglia umana. Non
perdete la vostra fiducia e la vostra speranza! Pensiamo alla santa
Famiglia esule in Egitto: come nel cuore materno della Vergine Maria
e in quello premuroso di san Giuseppe si è conservata la fiducia che
Dio mai abbandona, così in voi non manchi la medesima fiducia nel
Signore. Vi affido alla loro protezione e a tutti imparto di cuore la
Benedizione Apostolica".
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