Città
del Vaticano, 27 maggio 2014
(VIS). Alle 11:45, il Santo Padre è arrivato al "Notre Dame
Jerusalem Center" dove ha ricevuto in udienza privata Benjamin
Netanyahu, Primo Ministro di Israele. Un'ora e mezzo dopo il
Pontefice avrebbe dovuto consumare il pranzo con il seguito papale,
ma ha cambiato programma e ha deciso di attraversare la strada per
pranzare nel refettorio del Convento Francescano di San Salvatore.
Alle 14:15, prima di lasciare il "Notre Dame of Jerusalem
Center", il Papa ha benedetto nella Cappella del Pontificio
Istituto, il Tabernacolo destinato alla chiesa che i Legionari di
Cristo hanno costruito in Galilea. Quindi il Santo Padre si è recato
alla piccola chiesa greco-ortodossa sul Monte degli Ulivi "Viri
Galileai" per la visita privata al Patriarca Ecumenico di
Costantinopoli. All'uscita il Papa e il Patriarca Ecumenico hanno
benedetto insieme un gruppo di fedeli ortodossi riuniti nel cortile.
Il Papa si è poi diretto in auto alla chiesa del Getsemani, affidata
alla Custodia di Terra Santa, accanto all'Orto degli Ulivi,
All'arrivo il Papa ha venerato per alcuni minuti la santa Roccia, ai
piedi dell'Altare, dove Gesù pregò prima del suo arresto. Infine si
è svolto l'incontro del Papa con i sacerdoti, i religiosi, le
religiose e i seminaristi nella chiesa del Getsemani.
"Quando
giunge l’ora segnata da Dio per salvare l’umanità dalla
schiavitù del peccato - ha detto il Papa - Gesù si ritira qui, nel
Getsemani, ai piedi del monte degli Ulivi. Ci ritroviamo in questo
luogo santo, santificato dalla preghiera di Gesù, dalla sua
angoscia, dal suo sudore di sangue; santificato soprattutto dal suo
'sì' alla volontà d’amore del Padre. Abbiamo quasi timore di
accostarci ai sentimenti che Gesù ha sperimentato in quell’ora;
entriamo in punta di piedi in quello spazio interiore dove si è
deciso il dramma del mondo. In quell’ora, Gesù ha sentito la
necessità di pregare e di avere accanto a sé i suoi discepoli, i
suoi amici, che lo avevano seguito e avevano condiviso più da vicino
la sua missione. Ma qui, al Getsemani, la sequela si fa difficile e
incerta; c’è il sopravvento del dubbio, della stanchezza e del
terrore. Nel succedersi incalzante della passione di Gesù, i
discepoli assumeranno diversi atteggiamenti nei confronti del
Maestro: atteggiamenti di vicinanza, di allontanamento, di
incertezza".
"Farà
bene a tutti noi, vescovi, sacerdoti, persone consacrate,
seminaristi, in questo luogo, domandarci: chi sono io davanti al mio
Signore che soffre? - Rivolgendosi ai presenti il Papa ha detto: Sono
di quelli che, invitati da Gesù a vegliare con Lui, si addormentano,
e invece di pregare cercano di evadere chiudendo gli occhi di fronte
alla realtà? O mi riconosco in quelli che sono fuggiti per paura,
abbandonando il Maestro nell’ora più tragica della sua vita
terrena? C’è forse in me la doppiezza, la falsità di colui che lo
ha venduto per trenta monete, che era stato chiamato amico, eppure ha
tradito Gesù? Mi riconosco in quelli che sono stati deboli e lo
hanno rinnegato, come Pietro? Egli poco prima aveva promesso a Gesù
di seguirlo fino alla morte; poi, messo alle strette e assalito dalla
paura, giura di non conoscerlo. Assomiglio a quelli che ormai
organizzavano la loro vita senza di Lui, come i due discepoli di
Emmaus, stolti e lenti di cuore a credere nelle parole dei profeti?".
"Oppure,
grazie a Dio - ha proseguito il Pontefice - mi ritrovo tra coloro che
sono stati fedeli sino alla fine, come la Vergine Maria e l’apostolo
Giovanni? Quando sul Golgota tutto diventa buio e ogni speranza
sembra finita, solo l’amore è più forte della morte. L’amore
della Madre e del discepolo prediletto li spinge a rimanere ai piedi
della croce, per condividere fino in fondo il dolore di Gesù. Mi
riconosco in quelli che hanno imitato il loro Maestro fino al
martirio, testimoniando quanto Egli fosse tutto per loro, la forza
incomparabile della loro missione e l’orizzonte ultimo della loro
vita? L’amicizia di Gesù nei nostri confronti, la sua fedeltà e
la sua misericordia sono il dono inestimabile che ci incoraggia a
proseguire con fiducia la nostra sequela di Lui, nonostante le nostre
cadute, i nostri errori, anche e i nostri tradimenti".
"Ma
questa bontà del Signore - ha ribadito il Papa - non ci esime dalla
vigilanza di fronte al tentatore, al peccato, al male e al tradimento
che possono attraversare anche la vita sacerdotale e religiosa. Tutti
noi siamo esposti al peccato, al male, al tradimento. Avvertiamo la
sproporzione tra la grandezza della chiamata di Gesù e la nostra
piccolezza, tra la sublimità della missione e la nostra fragilità
umana. Ma il Signore, nella sua grande bontà e nella sua infinita
misericordia, ci prende sempre per mano, perché non affoghiamo nel
mare dello sgomento. Egli è sempre al nostro fianco, non ci lascia
mai soli. Dunque, non lasciamoci vincere dalla paura e dallo
sconforto, ma con coraggio e fiducia andiamo avanti nel nostro
cammino e nella nostra missione".
A
tutti i presenti, Papa Francesco ha detto: "Voi, cari fratelli e
sorelle, siete chiamati a seguire il Signore con gioia in questa
Terra benedetta! È un dono e anche è una responsabilità. La vostra
presenza qui è molto importante; tutta la Chiesa vi è grata e vi
sostiene con la preghiera. Da questo luogo santo, desidero inoltre
rivolgere un affettuoso saluto a tutti i cristiani di Gerusalemme:
vorrei assicurare che li ricordo con affetto e che prego per loro,
ben conoscendo la difficoltà della loro vita nella città. Li esorto
ad essere testimoni coraggiosi della passione del Signore, ma anche
della sua Risurrezione, con gioia e nella speranza. Imitiamo la
Vergine Maria e San Giovanni - ha detto infine il Pontefice - e
stiamo accanto alle tante croci dove Gesù è ancora crocifisso.
Questa è la strada nella quale il nostro Redentore ci chiama a
seguirlo: non ce n’è un’altra, è questa! 'Se uno mi vuole
servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio
servitore'".
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